Il colore distorto della cima del mondo mi attirava
dal basso. Il blu del profondo, che mi teneva segreta da una
verità lontana, si allargava sempre di più in un
in un azzurro chiaro e lucente. Dal freddo mi ritrovai sempre
più vicina ad un calore tanto affascinante quanto
sconosciuto.
Il manto che mi teneva unita al tutto si faceva
sempre più leggero man mano che salivo verso
l’ignoto. Finché in alto, proprio sopra di me,
vidi delle luci dorate che si agitavano tranquille sospese in un punto
tanto lontano quanto vicino. Era come se la luce stessa fosse caduta in
pezzi, per poi rimbalzare su un velo invisibile che divideva il mondo
da tutto il resto. Allungai le mani verso i piccoli frammenti, ma erano
ancora troppo lontani, così cominciai ad avanzare
spingendomi sempre più su, cercando almeno di sfiorare quei
frammenti che sembravano irraggiungibili.
L’azzurro che mi circondava
iniziò a perdere colore, fino a diventare parte di qualcosa
di indefinito. Dietro le luci ebbi l’impressione di vedere un
blu del tutto diverso, stranamente lontano.
Quando mi sembrò di essere abbastanza
vicina, cercai nuovamente di afferrare quelle macchie che danzavano
sopra di me. Sapevo di averle raggiunte. Distesi il braccio convinta
che le avrei finalmente afferrate. Ma quando le mie dita le
attraversarono, sentii uno strano freddo che mi accarezzava le mani.
Non appena tirai indietro il braccio il corpo fu improvvisamente spinto
in alto, e quel freddo mi sferzò il viso come uno schiaffo
impalpabile.
Luce e freddo era tutto quello che provai nei primi
istanti. La testa cominciò a girare, mentre fluttuavo alla
cieca, alla ricerca di un appiglio che mi fermasse da quel improvviso
smarrimento. Dopo aver afferrato il nulla per qualche istante, con le
mani tastai il ruvido di una roccia e mi ci aggrappai. Strisciai su di
essa con tutte le mie forze, mi sentivo terribilmente pesante,
finché quella strana sensazione di freddo non mi avvolse
completamente. Mi trascinavo con una fatica mai provata, ma ormai
dovevo continuare ad avanzare. Volevo sapere.
A un tratto la mia gola mi sembrò
improvvisamente troppo stretta, l’acqua era diventata
qualcosa di troppo e la sputai fuori con uno spasmo improvviso. Sentii
poi una pienezza intangibile che mi entrò dentro
fino al petto, la trattenei in me per qualche istante per poi lasciarla
andare con una forza più docile e morbida. Questa azione
diventò sempre più semplice e naturale. Quasi mi
stupii della semplicità di un gesto tanto strano, che aveva
però in sé un qualcosa di puro e solenne allo
stesso tempo. Il cuore che mi bussava da sotto la gola
rallentò poco a poco la sua agitazione. Nel mentre alzai lo
sguardo dalla cima della roccia sulla quale mi ero avventurata.
Osservai ciò che avevo di fronte come se vedessi per la
prima volta. I colori erano vivi, travolgenti; sembravano pulsare
insieme al sangue nelle mie vene. Ero al di là di tutto, ero
sopra al tetto della vita che conoscevo. Quello che per me era mondo
diventò di colpo un piccolo angolo del tutto. Dalla roccia
scrutai il velo che mi imprigionava fino a poco prima, poi osservai la
cornice scura che avvolgeva il velo della mia culla in un abbraccio
lontano. Solo allora la meraviglia investì tutto il mio
essere. Sopra l’anello scuro un morbido candore si aprii su
un’esplosione di luce vivente che si intrecciava con una
oscurità discreta e gentile. Alzai la testa per cercare un
qualche limite, un confine, però non lo trovai. Quel
infinito si allargò come un manto freddo e remoto,
inizialmente sembrava quasi che si estendeva come a esitare a cadere su
di me; questo pensiero mi spaventò e mi fece sentire
smarrita come non mai. Poi un rumore mi fece trasalire e
attirò la mia attenzione, facendomi distogliere lo sguardo
da quello spettacolo affascinate e terribile. Una strana creatura
arrivata da chissà dove scese su quel velo sfiorandolo
appena, per poi appoggiarcisi sopra con una grazia semplice e
innocente. Il mio sguardo esitò in direzione della candida
creatura: dalla divina eleganza con cui si era presentata ora sembrava
davvero bizzarra, in certi momenti anche goffa. Fu solo allora che
senza accorgermene mi ritrovai ad osservare di nuovo
l’infinità sopra di me. Ma non avevo
più paura. Al contrario me ne sentivo avvolta, protetta. Non
mi ero persa, non ero abbandonata, ero sempre parte del tutto, quello
che osservavo era un altro tetto del mondo che proteggeva tutti gli
altri. In quel momento la creatura alata si innalzò di
nuovo, riacquistando la sua grazia perduta, e si spinse in lontananza,
verso il profondo della luce lontana; forse cercando di toccarla, al di
là del mondo, al di là di tutto. Verso la cima
del mondo.
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