The meeting 1
The
meeting
Ok,
messaggio rivolto a tutte le fan del Royai: Non
lapidatemi, vi supplico! ç__ç
L’idea
mi è venuta in mente così: cosa posso fare per
evitare di studiare? (XD Cosa che mi chiedo ogni giorno)
Uhm… Scrivere, ovvio!
Ma cosa? Non ho niente di ben concreto per l’aggiornamento
degli Apprendisti
(mi farò venire in mente qualcosa per il fine settimana,
spero ^^”), e in più
la musa ispiratrice delle mie adorate songfiction…
Be’, o è andata in vacanza
insieme a Samara, la mia adorata bimba di The Ring, oppure si
è suicidata, per
il suo fallimento in quanto a musa, visto quello che scrivo…
Ovviamente, la prima implica la seconda! ^^ Poi, fisso la
pila di volumetti di FMA (tirati fuori appositamente per
l’aggiornamento e le
songff, peccato che mi sia messa a rileggere tutto, tralasciando il
resto) e
vedo la copertina del 9 ammiccarmi (ok, no, non faccio uso di sostanze
stupefacenti, anche se lo pensate! XD)… Roy
e tutta la banda al seguito… Roy…
Riza… Roy + Riza… Royai! Ecco qui
l’idea! Scrivere qualcosa che abbia a
che fare con loro due, ma non “contemporanei”, li
voglio pucciosi, li voglio
piccoli e pucciosi! (Me ripensa a Riza) Ok, non li voglio pucciosi
ç__ç mi
bastano piccoli! Piccoli ma insieme! E inizia così la mia
versione dei fatti
(tengo a sottolineare il mia, perché di come siano andati
effettivamente i
fatti, non ne ho la più pallida idea ^^”) del
periodo di apprendistato di Roy a
casa Hawkeye!! (Sì, lo so, lo so. Effettivamente sono un
po’ fissata con
apprendistati e allievi vari, in questo periodo…) Ed ecco
quello che ne è
venuto fuori: sappiatemi dire. Critiche, apprezzamenti, minacce di
morte,
strillettere, bombe puzzone, video di voi stessi che prendete a
freccette un
foglio con su scritto “Lely1441”…
Accetterò di tutto! XD Be’, magari le bombe
puzzone no XD comunque il significato è quello ^^ Basta che
mi sappiate dire se
sono riuscita nel mio intento di scrivere qualcosa che almeno
assomigliasse
alla veridicità dei fatti, e se come inizio vi piace. Riza
inizialmente sembra OOC, ma è per i miei loschi fini se l'ho
resa così, per spiegare com'è adesso. Per casa
Hawkeye… Ho inventato! XD Mi sono ispirata
principalmente a casa mia e a tutti i ricordi che ho di quando ero
bambina su
una casa che adoravo… Un mix, insomma! XD
Scusate
se vi ho trattenuto con i miei lunghi, noiosi e
inutili, assolutamente inutili, monologhi interiori! XD Kissoni!!
“Eccoci
qui”.
Un
ragazzo moro se ne stava impalato davanti alla porta di
casa Hawkeye. Una casa enorme, anche se non abbastanza curata.
Mah… Un
imprenditore edilizio l’avrebbe probabilmente descritta in
una sola parola: “rustica”. Grandi
tralci di edera si arrampicavano sulla facciata principale, coprendo la
ragnatela di minuscole crepe che si aprivano nel muro. Una classica
villetta di
campagna, con il suo bel giardino davanti, e imponenti pioppi al
confine
dell’appezzamento di terra erbosa a segnarne il confine, che
gettavano ombra
tutt’intorno. Poco distante da lui, un gelso vecchissimo, a
giudicare dalla sua
circonferenza. Da uno dei rami principali partivano due corde, alle cui
estremità inferiori era agganciato un piccolo asse di legno.
Un’altalena, che si
muoveva lentamente, sospinta dalla leggera brezza che si poteva avere
in pieno
autunno, quasi come se la spingesse un fantasma.
Il
ragazzo rabbrividì, e si diede dello stupido. Certo, lo
avevano avvertito che quella famiglia aveva subito un lutto non molti
anni
prima, ma da qui ad un fantasma ne correva di fantasia…
“Non
credevo di essere così impressionabile…”
Guardando
quel campanello sopra di lui, sospirò pensando che
la sua vita da adolescente poteva anche considerarsi bella che finita.
Il
classico addio mentale ai giorni felici e spensierati, e
tirò la cordicella del
campanello. Forse usando troppa forza. Fatto sta, che la corda del
suddetto gli
rimase in mano, e la piccola campana cadde miserevolmente a terra.
“Che
diamine…?”
Non
fece in tempo a formulare la frase, che un fulmine
biondo gli saettò accanto, prendendogli la funicella dalla
mano
ancora tesa, sparendo così com'era apparso.
“Che
diamine…?”
Si
chiese per la seconda volta. Era sbigottito, e molto
buffo, con il braccio ancora rigido nella posizione di prima. E con
un’espressione attonita dipinta sul volto che avrebbe fatto
ridere chiunque.
Mentre
ripeteva mentalmente la sua domanda silenziosa per
la terza volta, la porta davanti a lui si aprì.
-
Ma tu… Tu sei la saetta di prima!
Dinanzi
a lui c’era una bimba che dimostrava una dozzina di
anni a malapena; magra e scarmigliata com’era, assomigliava
più a un trovatello
che a una signorina di buona famiglia. Era arrossata dalla corsa che
aveva
dovuto fare (saltar giù da un albero, rubare la corda, fare
il giro della grande casa,
entrare dalla porta di servizio, ritornare alla porta principale ed
aprire allo
sconosciuto) e aveva un fiatone tale da costringerla a rimanere piegata
in due,
con le mani appoggiate alle ginocchia. Stringeva ancora in mano la
cordicella
del campanello.
Il
moro stava per rivolgerle la parola di nuovo, quando un
urlo risuonò per tutta l’abitazione, giungendo
fino ai due.
-
Riza!!
La
bambina si raddrizzò immediatamente al suono di quella
voce maschile e profonda. Portandosi l’indice al dito, fece
capire allo
sconosciuto di mantenere il segreto.
-
Riza! Dove ti eri cacciata?
Dietro
alle spalle della ragazzina apparve un uomo alto e
ben poco avvenente. Osservò seriamente sia il ragazzo che la
figlia, prima di
notare la cordicella che penzolava dalla sua mano.
-
Riza! Quante volte ti ho detto che non devi appenderti
alle cose? Non sei una scimmia, né tanto meno un animale! E
per di più, sul
campanello di casa!
La
bambina, ancora senza fiato, sussurrò delle frasi
scomposte. Accorgendosi che i presenti non riuscivano a capirla,
sospirò con
tono afflitto, e indicò prima l’oggetto preso in
esame, e poi l’estraneo. Il
padre a questo punto guardò con fare accusatorio
l’innocente ragazzo. Il quale
stava per ribattere, quando incontrò gli occhi nocciola
della ragazzina,
spalancati e con una forza espressiva unica nel suo genere.
“Ti prego, non
dirgli niente! Mi metterà in punizione!”
sembrò suggerirgli. Con un’unica
occhiata.
Il
giovane aprì e richiuse la bocca, per poi riaprirla.
-
E’ vero, ho tirato troppo e mi è rimasto in mano
il
campanello.
Il
resto del marchingegno era caduto lì accanto,
nell’erba.
Guardando quella bambina sorridere grata, il ragazzo si
rinfrancò; per lo meno,
aveva appena compiuto una buona azione.
-
Mi chiamo Roy Mustang, vengo da parte di Joyce Thales.
Accompagnò
le sue parole con una lettera di raccomandazione.
L’uomo gliela prese di mano e l’aprì,
scorrendola velocemente con lo sguardo.
La ripiegò e la mise nella tasca della camicia.
-
Molto bene, ragazzo mio. Entra pure.
Roy
fece come gli era stato ordinato, e l’uomo lo
accompagnò
al piano superiore, in una stanza stipata di libri e appunti, che
evidentemente
doveva essere il suo studio personale.
-
Riza, preparaci un the, se non ti dispiace. E per favore,
cambiati i vestiti, sembri appena uscita da un ovile.
La
bambina annuì contrita, era chiaro il rimprovero tra le
righe. Quello era il terzo vestito che rovinava, in quel mese. Appena
si
dileguò dalla loro vista, l’uomo si sedette dietro
una massiccia scrivania e
fece cenno a Roy di fare altrettanto.
-
Bene, per essere raccomandato dal vecchio Joyce in
persona, devi essere proprio bravo. Io sono il signor Hawkeye, ma
d’ora in poi
mi chiamerai maestro. Quella piccola pesta che hai avuto modo di
incontrare – breve sospiro – è mia
figlia Riza. Mi dispiace, sicuramente ti sarai fatto
un’idea sbagliata su di lei, non è cattiva come
sembra. E’ solamente molto
vivace. Ma credo che sia normale per un maschiaccio come lei, cresciuta
senza
avere una figura materna di riferimento. Sempre che si possa escludere
Mrs.
Bennet. Ah, beninteso, lo so che è stata la piccola canaglia
a rompere il
campanello.
Roy
si concesse un sorriso. Allora, quell’uomo non era poi
tanto severo e minaccioso come sembrava.
-
Soggiornerai qui con noi finché riterrò
opportuno, oppure
fin quando lo vorrai tu. Sei libero di andartene in qualsiasi momento,
ma se lo
farai senza il mio consenso, non mi farò scrupolo di
avvertire chi di dovere
che non hai la stoffa dell’alchimista. Il che ti
chiuderà tutte le porte di un
tuo futuro lavoro in questo campo.
Ok.
Ritirava tutto riguardo a “severo” e
“minaccioso”. Lo
era eccome.
-
Farò del mio meglio, signore. Cioè, maestro.
-
Ma ecco qui la nostra Riza!
Roy
sobbalzò per il cambio d’argomento improvviso. La
bambina era riapparsa alla porta, reggendo in mano un vassoio con
l’occorrente
per il the.
-
Grazie, cara. Sai, stavamo giusto parlando della punizione
da dare al signorino qui presente, per aver rotto quel campanello.
Penso
proprio che passerà tutta la notte in cantina, in quella cantina, al
freddo. Al
buio. E con i topi.
La
schiena di Riza venne percorsa da un brivido. Topi.
Guardò con preoccupazione Roy, non essendosi accorta del
gioco di sguardi tra i
due.
-
Eh, povero Roy. Un’intera notte in cantina. Tu moriresti
dalla paura, non è così, Riza?
La
bambina annuì con contrizione. Roy trattenne a stento un
sorriso nel vederla così combattuta tra il desiderio di
scagionarlo, e quello
di non essere punita. Sparì velocemente come era apparsa, e
a quel punto il
signor Hawkeye fu libero di parlare.
-
Le do quattro minuti.
Disse,
fissando l’orologio da tavolo davanti a lui.
Due
minuti e cinquantatre secondi dopo Riza tornò correndo.
Ignorando deliberatamente Roy, si diresse verso il padre, si
portò le mani a
coppa attorno alla bocca e gli sussurrò qualcosa
all’orecchio, prima di
scappare nuovamente via.
-
Dice che anche se sei stato tu, ti perdona per il fatto
che sei un estraneo e che non potevi sapere che il campanello era
delicato.
Quindi, prega anche me di concederti la mia indulgenza, e di non
punirti.
I
due si guardarono un secondo negli occhi, prima di
scoppiare in una fragorosa risata.
-
Be’, ci ha messo meno del previsto, a cercare di salvarti.
Di solito, arriva giusto giusto allo scadere del tempo. Le devi essere
simpatico.
“Di
solito…?”
-
Quindi deve farlo spesso.
-
Uh? Cosa, colpevolizzare gli altri per quello che ha fatto
lei? Diciamo… Che succede, di tanto in tanto…
Il
maestro si concesse un breve sorriso vedendo
l’espressione allarmata di Roy, prima di alzarsi e dirgli:
-
Ti mostro la casa, e ti accompagno nella camera degli
ospiti. Ti offrirò vitto e alloggio gratuito, in cambio di
piccoli lavori
manuali, come riparare la grondaia o altro. Ti va bene?
-
Benissimo, maestro.
Fecero
come aveva detto, e giunti davanti alla sua nuova
camera, l’uomo aggiunse:
-
Spero che ti troverai bene, qui con noi.
Roy
entrò, appoggiò il soprabito e la valigia che
aveva con
sé sulla scrivania, e si diresse alla finestra.
Ormai la giornata era giunta al tramonto, e gli
ultimi raggi del sole tingevano di rosso i tetti delle case del paese
vicino.
Il campanile batté le sei pomeridiane.
“Sì,
spero anch’io di trovarmi bene, qui.”
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