Capitolo 1
Nota
della traduttrice:
E'
la mia prima traduzione per il fandom di HP e spero
possa
incuriosirvi e interessarvi com'è accaduto a me. Trovate la storia
in originale qui.
Questa è la prima di una trilogia con protagonisti
Hermione e Snape, in un'alternativa versione degli ultimi due libri
della saga. L'autrice grangerous, di cui curo l'account su questo
sito, è stata molto gentile da acconsentire alla traduzione. Conosce
abbastanza bene la lingua italiana, quindi penso potrà
apprezzerare ogni vostro commento alla storia senza bisogno di
traduzione.
Alcune precisazioni:
-
ho deciso di non tradurre i nomi dei personaggi, mentre
tutto il resto lo troverete in italiano;
-
le frasi sottolineate sono prese pari pari dal testo
originale;
-
le
forme di rispetto sono qui espresse più o meno come nei libri: gli
studenti danno sempre del lei ai professori, mentre i prof danno del
tu agli studenti, ma antepongono le forme Signor e Signorina prima
del cognome (approfitto per ringraziare ThePortraitOfMrsBlack
per le precisazioni a riguardo).
Infine, il capitolo non sarebbe
leggibile senza il prezioso intervento della mia beta silviabella
che vi ha evitato errori ed orrori degni di un girone dell'inferno
dantesco.
Buona lettura,
Anne London
Capitolo
1
Song
of Healing
"Innerva."
La voce la rese improvvisamente
conscia del suo corpo, nell'improvvisa consapevolezza di dolore e
panico. Harry. La profezia. Si
sforzò di
alzarsi, strizzando gli occhi contro la luce intensa. Una mano fredda
sulla fronte la spinse gentilmente, ma fermamente, indietro nel
letto. Un letto?
Dove sono?
"Signorina Granger,"
conosceva quella voce: fredda come la mano sulla fronte, profonda e
molto rassicurante. “Sei ad Hogwarts, nell'infermeria per essere
precisi. Preferirei stessi sdraiata.”
“Do-dov'è Harry?” chiese, il
panico che pulsava nelle vene.
“Malgrado abbia trascinato cinque
dei suoi compagni in un'idiota tentativo di salvataggio studiato
male, né Harry Potter né altri studenti sono stati gravemente
feriti. Tu, invece, devi stare ferma.”
Gradualmente i suoi occhi si
assestavano all'illuminazione della corsia. Il Maestro di Pozioni
incombeva sul suo letto, i capelli scuri davanti al viso.
“Mi è sembrato di capire dal
signor Potter che sei stata colpita da Antonin Dolohov, mentre lui
stesso era affetto da un incantesimo tacitante. E' andata così? ”
La botta di adrenalina iniziale
ormai andava scemando e parlare diventava sempre più difficile. “Sì,
signore,” suonava più come
“Sissssore...”
“Né Potter né Longbottom sono
stati in grado di dirmi qualche maledizione ha usato Dolohov.” Il
tono di Snape implicava che una tale ignoranza era imperdonabile.
Sollevò un sopracciglio con aria interrogativa
in attesa di una risposta.
“Non lo so neanch'io,” riuscì a
rispondere. Snape appariva straordinariamente indifferente. “Mi
dispiace signore...”
Snape si raddrizzò e incrociò le
braccia sul petto. “Signorina Granger,” iniziò, scivolando in
automatico in modalità lezione. “Un incantesimo scagliato sotto
l'effetto tacitante si differenzia enormemente da un incantesimo
non-verbale dello stesso tipo. Le conseguenze possono essere
difficili da prevedere. In molti casi, tuttavia, l'incantesimo si
installa nel ricevente come potenziale magico, crescendo in intensità
fino all'esplosione di energia magica risultante. La situazione è
altamente pericolosa per il ricevente. Sono stato abbastanza chiaro?”
Gli occhi di Hermione si
spalancarono e iniziò a sentire un diverso tipo di panico crescerle
nel petto. “Vuol dire che la maledizione è bloccata dentro di me,
pronta ad esplodere da un momento all'altro.”
Snape la guardò negli occhi,
un'espressione seria in volto. “Corretto.”
“Cosa...” iniziò, ma lui alzò
un dito per interromperla.
“Senza conoscere la maledizione
usata non c'è niente che si possa fare.” S'interruppe, deglutendo
leggermente prima di continuare. “Ho bisogno che mi mostri il
ricordo dell'evento.”
"Legilimanzia?"
“Esatto.”
Hermione poteva sentire il cuore
batterle forte nel
petto. Devo farlo entrare nella mia mente? Non mi meraviglio che
il professor Snape sia qui al posto di Madama Pomfrey. Tutto
iniziava ad avere un senso, dalla presenza dell'uomo
al suo capezzale al terribile dolore che andava pulsando per tutto il
corpo. Hermione si morse il labbro inferiore per un breve momento.
“Cosa devo fare?” chiese.
“Il contatto con la pelle aumenta
la connessione,” replicò Snape. Sembrava quasi annoiato, un
leggero tocco di disgusto colorava la sua voce. “Altrimenti può
essere sufficiente mantenere un contatto visivo; cerca di rilassarti
il più possibile.”
Rilassarmi? Corro un pericolo
mortale per una maledizione inesplosa e il professor Snape sta per
rovistare nel mio cervello. Dovrebbe essere un gioco da ragazzi.
Lui si avvicinò al letto e le
prese il mento con la mano sinistra, alzandole il viso per guardarlo
direttamente. Con la mano destra posizionò la bacchetta contro la
tempia di lei. “Pronta?”
Hermione strinse le labbra e annuì
con determinazione. Il movimento era così leggero che, se la mano
del professore non fosse stata a
contatto con il suo mento, lui non l'avrebbe notato.
I
suoi occhi si strinsero. “Legilimens.”
Sentì allora la sua presenza, ai
margini della coscienza. Mentre si spingeva avanti il dolore nel suo
corpo cresceva schiacciandola da tutti i lati. Non riusciva a
resistere. Sopraffatta dal dolore rispose d'istinto. “NO!” Aveva
davvero urlato? Era tutto nella sua testa? In un disperato tentativo
di mantenere il controllo respinse il dolore, bloccandolo dentro
all'equivalente mentale di un grosso baule, non dissimile da quello
usato negli anni per trasportare i suoi vestiti e libri a Hogwarts.
“Signorina Granger,” La sua
voce, come il viso, manifestava shock. “Mi pare di capire che hai
studiato occlumanzia?”
“Io... no, certo che no.” Lo
guardò confusa, realizzando all'improvviso che anche la sua presenza
nella sua testa era andata scomparsa.
“Certo che no,” le fece eco,
deridendola. “Eppure sembrerebbe abbia approcciato l'argomento con
il tuo consueto entusiasmo.”
“Io...” Hermione contorse il
viso, incapace di articolare una frase
coerente. Il dolore era diminuito in qualche modo, ma si sentiva
esausta. “Stavo occludendo?”
“Sì.” Snape sospirò. “In
altre circostanze avrei spinto fino a smantellare le tue difese
mentali, ma vista la maledizione bloccata dentro il tuo corpo il
rischio è troppo alto. Ho bisogno che tu mi faccia entrare.” Esitò
un momento, “Sarebbe molto più semplice se ti fidassi di me,
almeno per la durata del procedimento.”
“Non è... è solo...” Persino
con il dolore che spingeva profondamente dentro di lei, respirare era
difficile e conversare quasi impossibile. Girò la testa a guardare
il soffitto sopra di lei, combattendo le lacrime che pizzicavano
pericolosamente. Respira Granger, pensò.
Dentro, fuori. Non vuoi che lui scopra quanto sei
spaventata. “Fa male,”
sussurrò finalmente, evitando il suo sguardo.
“Sì. Farà molto male.” In
qualche modo la sua onesta risposta alleviò la durezza delle sue
parole e la paura diminuì leggermente. “Vista la tua situazione
corrente, tuttavia, affrontare il dolore sarà inevitabile.” Lei
continuava a non far caso a lui, guardando fisso il soffitto. Ci
siamo, a breve nominerà il tanto celebrato coraggio da Grifondoro;
probabilmente è un brutto momento per confessare che non ne posseggo
neanche un po'. Con la coda
dell'occhio vedeva il suo viso, immobile, in attesa di una sua
risposta. I secondi passavano dolorosi. Non ha intenzione
di dire nulla? Finalmente si
azzardò a guardarlo in viso. Quando lei espirò, lui lasciò andare
il respiro che chiaramente tratteneva in
simpatia. “Allora,
signorina Granger?”
“Professore, ho fiducia in lei. Ma
non so come farla entrare.”
Snape la osservò ponderando.
“Hai spinto il dolore in un baule nel lato più profondo della
coscienza.”
Era un'affermazione, non una
domanda. “Hai solo bisogno di aprire il baule e invitarmi a
guardare dentro.”
Snape continuava a sostenere il suo
sguardo e Hermione sperò che non riuscisse a
leggere quanto disperatamente sopraffatta si sentisse. Forza,
Granger; Grifondoro, ricordi? Finalmente
lei annuì. Al suo cenno d'intesa le spalle di Snape si rilassarono
leggermente. Ancora una volta prese il suo mento fermamente con la
mano. “Legilimens.”
Il dolore iniziò a riecheggiare,
annebbiandole la vista, le membra doloranti. Combattendo per rimanere
calma, Hermione si focalizzò sugli occhi scuri e le lunghe ciglia
del suo professore di pozioni. Professor Snape, Professor Snape.
Il suo nome era un mantra che
offriva un filo di pensiero razionale lungo la rossa foschia che
minacciava di sommergerla. Sovrapposte alla visione dell'infermeria
riconobbe scene dei suoi ricordi, tutte rappresentanti l'uomo di
fronte a lei. Osservò il suo corpo incosciente attraversare il
tunnel della Stamberga Strillante con la testa che sbatteva e si
graffiava contro il muro; lei seduta in classe durante la prima
settimana ad Hogwarts elettrizzata dalla sua voce, “Io
posso insegnarvi a distillare la fama, imbottigliare la gloria e
perfino porre un fermo alla morte.”
Guardò mentre torreggiava sopra allo sfortunato professor Lockhart
all'unico incontro del Club dei Duellanti, la minaccia evidente in
ogni fibra del suo corpo; lo osservò sollevare la manica, in un
inutile tentativo di convincere Fudge che Lord Voldemort era
tornato...
“Signorina Granger,” la voce
reale di Snape attraversò gli strati di memoria. Riecheggiava in
modo strano, come se potesse sentirlo dentro e fuori la propria
testa. “Per quanto tu possa trovare piacevole abbandonarsi al
ricordo di ogni nostro incontro avuto durante gli scorsi cinque anni,
non ho né il tempo né il temperamento per godermi lo spettacolo. Ho
bisogno che mi mostri cos'è accaduto nell'Ufficio Misteri.”
Hermione sospirò con riluttanza,
lasciando andare l'ultima visione del professor Snape ritardare
l'inevitabile. L'ufficio della Umbridge si
delineò davanti a lei. Millicent Buldstrode teneva Hermione
premuta scomodamente contro il muro, mentre Snape rimaneva accigliato
sulla soglia. Prima che la scena svanisse, Hermione dovette rivivere
il fervente urlo di Harry. “Ha preso Padfoot! Ha preso Padfoot
dal luogo dov'era nascosto!” così come la ringhiante risposta
del professore, “Potter, quando vorrò che mi vengano urlate
contro delle sciocchezze ti darò una pozione Tartagliante...”
Secondi dopo, Hermione era
accovacciata sotto una scrivania, il panico martellante nelle vene.
Il ricordo era così vivido che la corsia dell'infermeria era
completamente sbiadita alla vista. A portata di mano sentì Harry
colpire uno dei due Mangiamorte vicini, a pochi metri da dove si
nascondeva. Il più vicino paio di gambe schivò il colpo
e la sua sfera d'attenzione si concentrò sulla bacchetta puntata
direttamente su di lei. Non riusciva a muoversi, non riusciva a
parlare. Come da una grande distanza sentì una voce.
"Avada...”
Solo quando il corpo di Harry sbatté
contro il ginocchio del Mangiamorte, buttandolo sul pavimento,
Hermione riprese il controllo delle sue membra riluttanti. Il suo
miglior amico ingaggiando una lotta sul pavimento con il Mangiamorte
che avrebbe potuto ucciderla, aveva evitato un colpo sicuro. Neville,
tuttavia, si lanciò ugualmente in avanti.
“EXPELLIARMUS!”
urlò, ansimando con orrore mentre sia la bacchetta di Harry che
quella del Mangiamorte volavano fuori dalla loro portata.
Hermione si lanciò in avanti e si precipitò dietro di loro. Neville
continuava ad urlare, riuscendo a lanciare un'altra maledizione, che
per fortuna finì lontano da entrambi gli uomini, finché Hermione,
finalmente, riuscì a colpire il
Mangiamorte. Richiamò la bacchetta di Harry e gliela restituì
prima di notare che il Mangiamorte era caduto contro e attraverso la
bizzarra campana di vetro che dominava la stanza. Orribilmente la sua
testa si contraeva sulle spalle, distorcendo i suoi lineamenti e
sostituendoli con quelli di un infante, malgrado il suo corpo fosse
rimasto uguale fuori dalla campana.
Mentre lo strano effetto procedeva
ora al contrario, Hermione capì cosa stava osservando. “È il
tempo,” sussurrò,
“Tempo...”
Delle urla dalla stanza adiacente la
riportarono con l'attenzione verso il grosso problema della fuga.
Allungò un braccio verso Harry, ma prima che potesse bloccarlo urlò
verso i suoi amici.
"RON? GINNY? LUNA?"
"Harry!" lo
rimproverò, nessuna speranza che la loro posizione
potesse passare inosservata. Harry la guardò, immediatamente
contrito, quindi alzò la bacchetta verso il Mangiamorte con la testa
da neonato che era riuscito a rimettersi in piedi. Sconvolta,
Hermione lo prese per un braccio. “Non puoi far del male ad un
bambino!” sibilò,
spingendolo verso la porta.
Per un secondo, Harry la guardò
come se fosse pazza. Sembrava pronto a ribattere, ma dei passi in
avvicinamento lo spinsero a muoversi “Avanti!” incoraggiò,
spingendo Hermione verso il salone delle porte e gesticolando
urgentemente verso Neville.
Mentre correvano,
altri due Mangiamorte apparvero nella stanza davanti a loro e Harry
schivò di lato, verso una piccola porta e dentro un ufficio
disordinato. Mentre Harry chiudeva la porta, Hermione cercava di
sigillarla.
"Collo..."
Iniziò troppo tardi. La porta venne spalancata e due Mangiamorte si
lanciarono dentro la stanza.
“IMPEDIMENTA!”
Urlarono entrambi i Mangiamorte. Hermione venne lanciata indietro
nella stanza, sbattendo dolorosamente contro uno scaffale.
Automaticamente alzò le braccia per proteggersi la testa, bloccando
diversi pesanti volumi che erano stati scagliati via dalle mensole
dalla forza dell'impatto. Harry e Neville erano stati scaraventati
per la stanza, Neville era scomparso
dietro ad una scrivania e Harry sembrava avesse perso conoscenza.
Carponi sulle ginocchia, Hermione alzò la sua bacchetta, il suo
primo pensiero quello di ammutolire il Mangiamorte vicino ad Harry,
che iniziava ad urlare agli altri il punto in
cui si trovavano.
"Silencio!"
urlò. Hermione quasi pianse di sollievo quando sentì la voce di
Harry dietro di lei.
"Petrificus
Totalus!"
disse e l'altro Mangiamorte cadde di lato.
Uno giù, uno muto. Hermione
non riuscì a trattenere un sorriso e si girò per congratularsi con
Harry. “Ben fatto,
Ha...”Ancora prima che
avesse finito di parlare, lo sguardo orripilato sul viso di Harry la
fece voltare indietro verso il Mangiamorte ammutolito. Con uno
sguardo vendicativo sul viso, frustò l'aria con la bacchetta verso
di lei, una striscia porpora la colpì sul petto e il dolore esplose
nel suo corpo. Un debole “Oh!”
le uscì con l'impatto e mentre la scena intorno a lei sbiadiva la
consapevolezza della propria stupidità la travolse. Perché
silencio? Perché non l'ho pietrificato quando ne avevo la
possibilità?
Ancora una volta il dolore stava
avendo la meglio, si sentiva affogare sotto le onde rosse, mentre
malediva la sua stupidità ancora e ancora. La voce di Snape la
riportò al presente, riecheggiando negli spazi interni ed esterni
che entrambi occupavano.
“Rimettilo
nel baule,
signorina Granger, ORA!” Debolmente all'inizio,
Hermione iniziò a respingere la sofferenza. Con sollievo si rese
conto che Snape la stava aiutando. Solo quando il baule si chiuse di
colpo i contorni e
i colori
dell'infermeria tornarono a fuoco, il viso del professor Snape a
pochi centimetri dal suo.
Raddrizzandosi,
lasciò andare il mento e passò rudemente la mano sul suo viso.
Appariva scosso, ma quando iniziò a parlare la sua voce era
regolare.
“Conosco la maledizione utilizzata
da Dolohov: una rara maledizione-frusta a cui pochi sanno come
contrastare. Fortunatamente sono a conoscenza
del contro incantesimo.” A quel punto abbassò leggermente la testa
e capelli gli scivolarono lungo il viso. Con gli occhi così celati
alla vista, continuò: “A questo punto ho bisogno di attivare la
maledizione. Il tuo petto si aprirà. Riuscirò a guarirlo
immediatamente, ma la procedura sarà ugualmente molto dolorosa.
Corri anche il rischio di una cicatrice permanente.”
Snape s'interruppe, aspettando forse
una risposta da Hermione. Ad un certo punto lei registrò il fatto
che avesse smesso di parlare e voltò lo sguardo assente verso di
lui, anche se non riusciva a smettere di pensare a quanto fosse stata
stupida. Il suo continuo silenzio sembrò irritare il professore.
“Una cicatrice, signorina Granger.
Per quanto non dubiti che possa trovare l'idea rivoltante, non ho
bisogno di evidenziare il fatto che ogni altra azione aumenterebbe il
rischio di danni permanente al cervello.”
“Professore,
non m'importa della cicatrice.” La riteneva così superficiale da
pensare che potesse importarle di una cicatrice quando avrebbe
potuto quasi essere uccisa? Hermione si sentì improvvisamente male
per l'umiliazione. Il professor Snape aveva visto il suo errore e
chiaramente la pensava una vanesia, stupida ragazzina. “Non sta per
dirmi quanto sono stata stupida?” Il tono di voce era
inusualmente amaro mentre voltava il viso contro il cuscino.
Snape incrociò le braccia e
appoggiò un fianco contro il letto. Quando parlò la sua voce era
sarcastica come sempre, eppure in qualche modo più gentile di quanto
l'avesse mai sentita. “Una volta che questa vicenda sarà
terminata, signorina Granger, sarò deliziato dal dirti, con rigorosi
dettagli, precisamente quanto stupida sia stata l'intera iniziativa
dal momento in cui vi ho visti nell'ufficio della Umbridge. Per
adesso, tuttavia, il tempo è fondamentale. La tua vita rimane in
pericolo e ho bisogno che collabori per liberare la maledizione di
Dolohov. Sei pronta?”
Hermione aveva
chiuso gli occhi mentre parlava, ma li riaprì quasi
immediatamente in risposta alla sua domanda. Ancora una volta annuì.
Snape sembrò inspiegabilmente sollevato. “Bene,” replicò. Se un
sollevato professor Snape era una visione inusuale, lo sguardo
imbarazzato che ne seguì appariva ancora più strano sui suoi
lineamenti. “Nell'interesse dell'efficienza sarebbe meglio
rimuovere i tuoi vestiti prima di attivare la maledizione.”
Hermione ebbe appena
il tempo di sbattere le palpebre per la sorpresa. Snape si avvicinò
al letto e afferrò le lenzuola fermamente con la mano sinistra.
Vedendolo far questo, Hermione respirò
brusca, ma inaspettatamente Snape la coprì fino al mento. Muovendo
la bacchetta con un intricato movimento circolare mormorò un
incantesimo che Hermione non capì. La sensazione dei vestiti che si
contorcevano era bizzarra. Bottoni uscivano fuori dalle asole e
strati di vestiti si districavano sotto il peso del suo corpo.
Spuntarono da sotto il bordo delle lenzuola e si sollevarono verso
una sedia, dove rimasero quasi piegati in una pila. Hermione realizzò
con sollievo che, malgrado avesse perso mantello, maglione, maglietta
e reggiseno, manteneva ancora tutto dalla
vita in giù.
Snape fissò in modo determinato un
punto diversi centimetri a sinistra del suo orecchio e fece ricorso
al suo tono più sarcastico. “Puoi star certa che non rimuoverò le
lenzuola fino all'ultimo momento possibile.”
Dopo questo si voltò. Dopo aver
guardato i suoi stessi abiti per un lungo momento, rimosse il
mantello e la lunga giacca, sbottonando con attenzione e appendendo
entrambi sulla sedia. La rimozione della giacca rivelò un gilè nero
e una camicia bianca, la sua figura stranamente sottile senza i
voluminosi vestiti. Prima di girarsi verso il letto sollevò le
maniche con cura. Hermione riuscì a intravedere il marchio nero,
molto visibile sulla pelle pallida dell'avambraccio.
Quando si girò di nuovo verso di
lei il suo viso era calmo, l'evidenza del precedente imbarazzo
sapientemente acquietata.
Per la terza volta le prese il mento
con la mano e la guardò negli occhi. “Sei pronta, signorina
Granger?” chiese.
Hermione era estremamente
consapevole del lenzuolo sottile che parava il
suo corpo dalla
vista, insegnante e studentessa spogliati entrambi di diversi strati
dei loro abiti tipici. Le sue dita erano premute contro la guancia in
un gesto intimo e protettivo che contrastava con le sue precedenti
esperienze con lo strano e imprevedibile uomo. Il cuore le batteva
forte nel petto. Quando aprì la bocca per parlare, la gola era arida
e le parole suonarono strane e rauche.
“Sì, signore,” sussurrò.
"Legilimens."
Pochi secondi dopo l'immagine del
baule chiuso a chiave era di fronte ai suoi occhi. Sentì Snape
parlare nella strana voce dentro-fuori che accompagnava le incursioni
dentro la sua mente. “Al tre...”
All'uno la sua mano si staccò dal
mento e afferrò le lenzuola.
Al due spinse indietro le lenzuola
con un gesto armonioso, esponendo il suo corpo dalla vita in su.
Al tre il mondo di spaccò. Il suo
corpo si aprì dalla spalla alla vita, tagliando diagonalmente lungo
il suo petto. Aprendo la bocca per urlare riuscì solo ad articolare
un gemito. Nello sforzo di rimanere cosciente, Hermione vide Snape
trasalire quando il suo sangue gli schizzò sul viso e sui vestiti.
Tuttavia non interruppe il contatto visivo. Respirando profondamente
iniziò a cantare.
Hermione sentì il suo canto dentro
la testa e anche fuori, lo sentì nel midollo e in ogni fibra della
sua carne. Filtrava attraverso il corpo, cancellando il dolore e
ricucendo insieme i bordi lacerati della ferita. Con la sensazione di
sollievo che accompagnava il suo canto, Hermione ebbe una rivelazione
che sembrava talmente ovvia che si chiese come non lo avesse notato
prima.
Gli occhi di Snape erano fissi nei
suoi, mentre la bacchetta tracciava elaborate curve sopra la ferita
che andava sanando. Euforica per l'adeguatezza della sua scoperta,
Hermione sorrise al suo professore.
“È ovvio,” sussurrò, “Lei è
una fenice.”
Sempre sorridendo, Hermione vide i
suoi occhi spalancarsi per la sorpresa, anche se il suo cantare non
vacillò mai. Il suono creò un bozzolo caldo dentro cui si sistemò
grata, sentendosi al sicuro come mai prima.
Dopo tre o quattro minuti del canto
di Snape, il taglio profondo nel corpo di Hermione era completamente
sostituito da un fresca e all'apparenza
dolorosa cicatrice. La sua voce si calmò fino al silenzio e Hermione
sentì la sua presenza indietreggiare gentilmente dalla sua
coscienza. La mano che reggeva la bacchetta cadde sul letto e
diede un'occhiata al petto esposto per un velocissimo secondo, prima
di girare il volto e frettolosamente sollevare le lenzuola per
coprirla.
Hermione si sentiva come se stesse
galleggiando. Provò a parlare, ma nessuna parola ne uscì. Avrebbe
voluto dire grazie.
“Poppy?” chiamò Snape con voce
tranquilla. Sembrava esausto e le spalle erano curve per la
stanchezza. Hermione sentì l'avvicinarsi di rapidi passi e le tende
intorno al suo letto aprirsi per rivelare il viso preoccupato
dell'infermiera della scuola.
Pomfrey si avvicinò immediatamente
ad Hermione e tirò via le lenzuola. Snape si voltò, trovando da
fare con la sua giacca. Pomfrey passò leggermente la mano lungo la
brutta cicatrice rossa sul petto di Hermione. Provò diversi
incantesimi diagnostici prima di metter via la sua bacchetta nel
grembiule. “Oh, Severus,” sospirò. “Ben fatto.” Con mani
capaci rimise a posto le lenzuola intorno alle spalle di Hermione e
spostò una ciocca di capelli scomposta dalla fronte della giovane
donna. “Benderò la ferita a breve,” sussurrò ad Hermione.
“Andrà tutto bene.”
Snape schioccò le dita della mano
destra e sul tavolo vicino al letto apparve una penna con inchiostro
sospesa in aria. Malgrado rimanesse un po' lontano la penna iniziò a
elencare una lista di pozioni medicinali nella sua distinta scrittura
spigolosa. “Queste sono le pozioni che le servono.” commentò
dando ancora le spalle al letto.
Pomfrey si girò e prese la
pergamena, facendo scorrere un'esperta occhiata
lungo la lista con una certa preoccupazione. “Severus,” iniziò
incerta. “Abbiamo solo tre di queste nell'inventario.”
Snape quindi si voltò verso il
letto. Pomfrey rimase allibita nel vederlo. La sua faccia e i vestiti
erano abbondantemente schizzati con il sangue di Hermione e occhiaie
scure erano visibili sotto gli occhi. Aveva rimesso la giacca e il
mantello da insegnante, ma erano ancora sbottonati. Mentre si voltava
si strofinò con il dorso della mano lungo la fronte, spargendo le
gocce di sangue che vi erano, lasciando delle strisciate scure.
“Quali sono quelle già presenti?”
chiese, portando avanti l'altra mano verso la lista.
“Abbiamo la pozione
rimpolpasangue, la sonno senza sogni, ovviamente, e antidolorifici
basilari... ma Severus hai bisogno di riposare, non puoi
assolutamente fare le restanti nel tuo stato attuale!”
Snape alzò un sopracciglio. L'ombra
del suo abituale ghigno fece sollevare il bordo della sua bocca.
“Andiamo, Poppy,” la rimproverò. “Non c'è riposo per i
malvagi.” Si voltò allora, i suoi vestiti sbottonati che si
gonfiavano in teatralmente. Fece per andar via, ma la mano tesa di
Pomfrey lo agguantò per un gomito.
“Aspetta!” lo chiamò. Lui si
voltò lievemente verso di lei, ma senza parlare. Schioccando la
lingua contro i denti, Pomfrey tirò fuori la bacchetta. “Tergeo.
Ecco, ora va un po' meglio.” L'incantesimo asciugò il sangue dai
vestiti e dal volto di Snape, migliorando nettamente il suo aspetto.
In modo quasi affettuoso gli
diede un paio di colpetti sul suo
petto con la bacchetta. “Sei un brav'uomo, Severus Snape,”
disse.
Snape alzò gli occhi al cielo,
malgrado un piccolo
sorriso, che fece capolino all'angolo della bocca, tradisse il suo
piacere per il commento. “Se hai finito...” osservò con tono
esasperato. Scuotendo il braccio e liberandolo dalla presa, girò sui
tacchi e con lunghe falcate si allontanò dalla stanza.
Hermione stava ancora cercando di
ringraziarlo, ma senza successo. Solo un leggero sospiro uscì dalle
sue labbra. Il suono attirò comunque l'attenzione di Madama Pomfrey
che si voltò verso la sua paziente, le braccia incrociate sul petto.
“E
tu, giovane donna. Spero tu abbia capito quanto sei stata fortunata.
Tremo al pensiero di cosa sarebbe potuto succedere se il professor
Snape non fosse stato qui, disposto ad aiutarti!” Mentre
parlava rimosse diverse fiale dalle tasche spaziose del suo grembiule
e le allineò sul comodino di fianco al letto. Dopo averle stappate
le portò alle labbra di Hermione una per una, aiutandola ad
ingoiare. “Queste ti aiuteranno a dormire e diminuiranno il dolore.
Adesso dormire è la cosa migliore che tu possa fare.”
|