Un uomo alto mi si avvicinò.
Era vestito in modo bizzarro, non come un babbano e nemmeno come un
mago. Sembrava provenire quasi da un altro universo, ma roba come
quella non esisteva... giusto?
L'uomo dagli occhi azzurri come il cielo pronunciò
parole che non riuscivo a capire, ma il sorriso sincero disteso sul suo
viso e la morbida voce fecero sì che il mio cuore saltasse
un battito.
Allungò una mano forte ma dalle dita delicate
verso di me, che l'afferrai quasi inconsciamente.
In quel momento, qualcosa cambiò. L'ambiente quasi
paradisiaco in cui ci trovavamo sembrò trasformarsi in un
inferno: il cielo diventò rosso sangue, la terra
inaridì e una strana piogga iniziò a cadere
fitta, bruciando tutta la flora che ci circondava, come se fosse acida.
Sentire la mia mano, ancora intrecciata a quella dell'uomo,
essere strattonata, richiamò la mia attenzione su di lui,
ormai caduto sulle ginocchia, come inerme. Il bel volto incorniciato da
capelli corvini aveva perso tutta la sua gioia, lasciando spazio a
un'espressione di terrore, gli occhi pieni di lacrime.
Anche io mi misi in ginocchio e lo guardai. Quando i nostri
sguardi si incontrarono, si accese una strana scintilla e l'espressione
dell'uomo ebbe un guizzo quasi impercettibile.
Avrei potuto lasciarlo lì e andare via, dopotutto
non lo conoscevo nemmeno, ma c'era qualcosa che traspariva da quegli
occhi che mi avevano convinta a non farlo. Le nostre mani si strinsero
forte, la pioggia cessò.
Hermione si svegliò di soprassalto, il cuore a mille, madida
di sudore sia per il caldo sia per... ah, che sogno strano aveva fatto.
Forse aveva solo letto troppo, ma quell'uomo sembrava così
reale...
Le sembrava ancora di poter stringere le sue mani e annegare nei suoi
occhi...
Sospirò. Erano le 7 di mattina. Avrebbe potuto dormire un
altro paio di ore, ma non aveva proprio più sonno. Si mise a
sedere, facendo scivolare a terra il libro su cui si era addormentata
la notte prima e che aveva abbandonato aperto sul suo petto, dopo aver
"chiuso gli occhi per due minuti".
Normalmente l'avrebbe raccolto e rimesso sullo scaffale, ma sembrava
che quella mattina anche le cose abitudinarie le passassero di mente.
Aprì il frigorifero e constatò con disappunto che
era quasi vuoto. Una scusa per uscire.
Mise un paio di jeans e una t-shirt che aveva rubato tempo prima a Ron,
quando ancora stavano insieme, e uscì.
Si sarebbe dovuta sbrigare se avesse voluto evitare il traffico di
persone dell'ora di punta, quindi iniziò a marciare a ritmo
sostenuto verso il supermercato.
In sovrappensiero, sbattè contro un passante. Si
girò per scusarsi con un volto sconosciuto, ma
incontrò due occhi familiari. Senza aspettare nulla, il tipo
distolse lo sguardo e continuò per la sua strada.
Hermione rimase interdetta. Fece altri due passi senza vedere davvero
dove andava, con lo stesso azzurro che aveva incontrato quella notte
stampato in testa.
Si fermò e si girò per dare un'altra occhiata al
passante, ma la sua figura era già svanita nella folla
immensa di gente che iniziava ad uscire da casa per recarsi al posto di
lavoro.
Qualche settimana dopo, Hermione saltò giù dal
treno, arrivata alla sua fermata. Si allontanò un po' dalle
porte e iniziò a cercare il telefono, che aveva iniziato a
squillare, nella borsa.
Qualcosa, forse l'istinto, la indusse a girarsi e lanciare un'occhiata
nel treno.
Dei capelli corvini attirarono la sua attenzione. L'uomo che li
possedeva girò la testa, permettendole di vedere il suo
profilo.
Ancora quegli occhi.
Che fosse il passante dell'altra volta? Eppure sembrava che qualcosa
nel suo aspetto fosse degenerato, sembrava...meno curato, forse?
Era passato un mese ed Hermione non aveva più visto occhi
familiari nei dintorni.
Chiuse il libro, sospirando dopo aver letto l'ultima pagina.
Guardò fuori dalla finestra: si era fatto buio e iniziava a
fare abbastanza freddo.
Mentre si metteva un giacchetto, vide qualcuno sedersi con aria esausta
sul marciapiede.
Hermione si avvicinò al vetro della finestra.
Capelli corvini... occhi così azzurri che brillavano come
quelli di un gatto sotto la luce fioca dei lampioni... gli stessi abiti
del passante e del tipo sul treno, solo ridotti peggio, così
come il viso, che aveva un' aria molto più consumata di
quello del passante...
Hermione trattenne il fiato. Non poteva lasciarlo lì
così, anche se nemmeno lo conosceva...
Corse a prendere una coperta calda e mise due pentole d'acqua a
bollire, poi corse alla porta. Con la mano già sulla
maniglia, si bloccò. Poteva fidarsi a lasciarlo entrare?
Be', dopotutto non poteva nemmeno farlo morire da solo lì
fuori, quindì aprì la porta e sperò
per il meglio.
Attraversò la strada con una corsetta e si fermò
a qualche passo dall'uomo.
Se ne stava seduto rannicchiato, le braccia che stringevano le gambe
assieme e la fronte sulle ginocchia.
Hermione aprì la coperta, si avvicinò piano e la
avvolse attorno alle larghe spalle.
L'uomo sussultò, ma privo di forze com'era sembrò
più un brivido, e alzo la testa.
Un volto quasi impaurito e occhi pieni di lacrime la guardavano dal
basso.
Hermione lo guardò sopraffatta da un tumulto di pensieri
e...quel sogno....
Scosse la testa piano, poi aiutò l'uomo ad alzarzi
circondandogli le spalle e disse secca «Andiamo»
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