Tutta
colpa di Edipo
Prologo
Un pesce azzurro con le squame argentate nuotava tranquillo in
compagnia del suo banco, spostandosi perfettamente in sincronia insieme
a tutti i suoi compagni, in quel bellissimo tratto di oceano che non
era altri che il Grande Blu. Improvvisamente, la sua attenzione venne
attirata da un piccolo oggetto che galleggiava nell’acqua e,
per paura di essere preceduto, guizzò in avanti per
afferrarlo.
Sfortunatamente, si accorse solo in quel momento che quel piccolo pezzo
di pane era sorretto da un amo.
- Guarda Usop! Ne ho preso uno! - urlò il ragazzo di gomma
riavvolgendo il filo della canna da pesca e spaventando a morte il
cecchino seduto a fianco a lui, che per poco non finì in
acqua.
- Soddisfatto adesso? Possiamo andare a dormire? - affermò
assonnato il povero Usop, trattenendo a stento uno sbadiglio. Un
po’ si pentiva di aver regalato a Rufy una nuova canna da
pesca per il suo compleanno: era già passata una settimana
ormai, ma sul volto del capitano ancora non erano spariti il sorriso e
l’eccitazione che erano scaturiti non appena aveva aperto il
proprio regalo. Lo utilizzava tutti i giorni e a tutti gli orari
possibili, anche quella sera, coinvolgendo sempre il povero Usop, che
non poteva fare altro se non sopportare le stramberie del proprio
capitano.
Non tutti i componenti della ciurma erano, però,
già andati a dormire: come dimostrato dalla luce ancora
accesa, Sanji si trovava in cucina per riordinarla come tutte le sere.
Era il suo piccolo regno personale e amava prendersene cura: oltre a
lavare i piatti, riordinare le stoviglie, e mettere in ordine tutto
ciò che era stato lasciato fuori posto dai suoi compagni
più esagitati, ricontrollava frigorifero e dispensa (prima
di averli sigillati per prevenire un qualsiasi spuntino notturno del
capitano) e organizzava, in base alle disponibilità degli
ingredienti, i pasti della giornata successiva. Da persona precisa e
puntigliosa, rifiutava sempre l’aiuto dei compagni:
nonostante apprezzasse il gesto, voleva essere il solo a occuparsi
della cucina.
Oltre al cuoco, anche il carpentiere si dava da fare sotto coperta:
controllava sempre la sua bellissima nave prima di andare a dormire.
Voleva essere sicuro che tutto procedesse per il meglio, prima di
riuscire ad addormentarsi placidamente. Ma Franky non era
l’ultimo mugiwara ancora in piedi.
- ... e così Issunboshi visse per sempre felice e contento
insieme alla sua principessa.
Robin si trovava nell’osservatorio in compagnia di Chopper, e
stava leggendo una favola alla piccola renna.
- Che bella storia! - disse il dottore tutto contento, guardando ancora
l’illustrazione stampata sulla pagina del libro che
l’archeologa teneva in grembo. - Ma non credo che possa
esistere un bambino grande quanto un pollice.
Robin rise di fronte allo scetticismo scientifico del piccolo.
- Si tratta di una leggenda Chopper. È normale che vi sia
qualche particolare di fantasia.
- Come per la coppia di anziani che desideravano un figlio. Dopo una
certa età è impossibile averne, ne sono
certissimo. L’ho studiato in uno dei miei libri.
- Non nego la tua preparazione, ma... hai mai pensato che dietro ad
ogni leggenda possa celarsi un fondo di verità?
Chopper la guardò sorpreso e parve riflettere per qualche
momento sulle parole della donna.
- Tu pensi che sia vero, Robin?
- Non lo so. Ma i fatti inspiegabili accadono. Tu come medico dovresti
saperlo bene.
Chopper riprese a pensarci, mettendosi una zampa a sostegno del mento,
come se dovesse fare un ragionamento molto complicato.
- Intendi ad esempio, - riprese il piccolo con calma. - la
capacità di Zoro di riprendersi da qualsiasi colpo subisca?
- Cosa centro io adesso? - si intromise lo spadaccino entrando nella
stanza.
Chopper esibì un sorriso a trentadue denti vedendolo in
piedi: nessuno avrebbe mai sospettato che fosse rimasto gravemente
ferito nel loro ultimo attacco contro i marines, se non avesse avuto il
braccio e la spalla sinistra bendati con cura e assicurati al collo con
una banda scura.
Tralasciando quel particolare, sembrava lo stesso Zoro di sempre:
neanche un proiettile nella spalla poteva fermarlo.
- Ciao Zoro! - lo salutò la piccola renna. - Come va la
spalla adesso?
- Molto meglio. Anche se hai esagerato con i tranquillanti.
- Se non l’avessi fatto, avresti passato tutto il giorno in
palestra a sollevare pesi nonostante il dolore!
- E invece da bravo medico mi hai fatto dormire quattordici ore filate.
- Sempre meglio che vederti mentre ti distruggi quel poco di
articolazione che ti è rimasta!
- Chopper ha ragione, Kenshi-san.
Lo spadaccino si abbandonò ad un grugnito di rassegnazione,
mentre abbassava lo sguardo verso il pavimento.
- Comunque. - riprese poi riconcentrando l’unico occhio sano
sui due compagni seduti davanti a lui. - Cosa state facendo?
- Robin mi ha appena letto una storia molto bella!
Zoro prese il libro dal grembo dell’archeologa senza farsi
troppi problemi e, girando faticosamente poche pagine con la mano
destra mentre reggeva il tomo, lesse il titolo del racconto.
- “La leggenda di Issunboshi”? - chiese incredulo,
ponendo lo sguardo verso la renna. - Non è una favola per
bambini?
- Non esistono le favole per bambini Kenshi-san. - disse Robin
alzandosi in piedi e prendendo il libro dalla mano dello spadaccino. -
Ognuno è libero di leggere ciò che più
lo aggrada.
- Penso solo che Chopper possa trovarsi qualcosa di più
interessante da leggere, o da farsi leggere. - affermò lui
prontamente guardandola fissa negli occhi.
Chopper si godeva tranquillo lo scambio di battute, sapendo
perfettamente come sarebbe finita.
- Forse. - esordì lei spostandolo di lato e riponendo il
libro su uno degli scaffali. - Ma ci vorrebbe qualcuno capace di
consigliarlo al meglio.
- Per questo ci sei tu, o sbaglio? - finì lui trionfante, e
andò a sedersi a fianco della piccola renna, rimasta un
po’ sorpresa dal termine del discorso. Di solito era Robin ad
averla vinta.
- Beh, di certo non si può chiedere a qualcuno che passa la
propria vita tra palestra e allenamenti, e prende ciò che
vuole senza nemmeno chiedere, giusto Kenshi-san?
Chopper sorrise. Era sicuro che l’archeologa non avesse
finito. Per quanto Zoro ci tentasse, non riusciva mai ad averla vinta
contro di lei.
Lo spadaccino, infatti, se ne stava contrariato accanto alla renna, ma
non sembrava volesse terminare lo scambio di opinioni.
- Sempre meglio che passare tutto il proprio tempo con il naso tra i
libri, no? E credo che anche tu mi abbia tolto il libro dalle mani.
- Passare il tempo tra i libri non è affatto uno spreco.
- Nemmeno passarlo in palestra, te l’assicuro.
Ormai si era giunti alle battute finali, Chopper se lo sentiva.
- Chopper. - disse poi l’archeologa attirando
l’attenzione della renna. - Credo che sia ora che tu vada a
dormire.
- Cosa?!
Ma il volto di Robin era impassibile, e il dottore scese dalla panchina
su cui era seduto per avvicinarsi all’archeologa che, al suo
arrivo, si abbassò sulle ginocchia per arrivare alla sua
altezza.
- Buonanotte Robin. - disse il piccolo lasciandole un lievissimo bacio
sulla guancia. Lei sorrise e rispose al saluto, mentre la renna si
avvicinava allo spadaccino, lo salutava, ed usciva dalla stanza.
- Ma che brava mammina abbiamo qui. - scherzò subito lo
spadaccino, non appena Chopper si fu allontanato.
L’archeologa rimase in silenzio e si limitò ad
alzarsi, aggiustandosi la lunga gonna rosa. Si rivolse immediatamente
allo scaffale, traendone un tomo piuttosto corposo. Cominciò
a sfogliarlo velocemente, rimanendo concentrata sulle pagine coperte da
una scrittura molto fitta, mentre lo spadaccino la guardava impotente,
aspettando la risposta che, sapeva, sarebbe arrivata.
- Mammina... è questo che pensi? - Lui le fece cenno di
avvicinarsi, quando lei alzò lo sguardo dal libro.
Robin si sedette al suo fianco, guardandolo con sufficienza.
- Lo tratti come un bambino.
- Tu invece lo tratti come un uomo, vero?
- Sì, esatto. Di certo non mi metto a leggergli le fiabe
della buonanotte.
- Certo... tu preferisci mostrargli come si comporta il vero guerriero.
Per esempio cercando di farti ammazzare come tuo solito. - Robin
parlava con tono pacato, ma si notava chiaramente dai suoi occhi la
rabbia leggera che la stava animando da dentro.
Era stanca di vedere lo spadaccino che si sacrificava per la ciurma:
era già successo molte volte in passato, la più
eclatante due anni prima a Thriller Bark, ma quando l’aveva
visto sacrificarsi per salvare Chopper dai proiettili dei marines,
aveva paura che la storia potesse ripetersi.
- Ci risiamo... sono vivo, non lo vedi?
- Per stavolta... forse. - L’archeologa volse lo sguardo
nuovamente verso il libro aperto posto sul suo grembo. - Non
è detto che adesso tu sia fuori pericolo.
C’è sempre la possibilità di un
infezione o di una degenerazione della ferita. È per questo
che Chopper si preoccupa tanto.
Lui le prese il mento con la mano destra, rivolgendole lo sguardo verso
di sé. - Solo Chopper, vero? - Ghignò.
- Sì. Solo Chopper. - Lei sorrise e, alzandosi in piedi, si
liberò dalla sua presa. - In fondo ti considera quasi come
un padre.
- Non esageriamo. Non credo proprio di poterlo essere.
- È un vero peccato. - riprese lei furba, con un sorriso che
poteva significare tutto e niente. - Eppure ti stava così
bene la divisa da “mammo” a Water Seven.
Si godette per qualche secondo lo sguardo minaccioso dello spadaccino,
intenerito dal rossore che prendeva posto sulle sue guance, e
uscì portando il libro con sé, mormorando appena
un lieve “Buonanotte, Kenshi-san”.
Zoro rimase da solo, in quella stanza che frequentava molto raramente,
e si mise a riflettere su ciò che Robin gli aveva detto: non
si era mai reso conto del ruolo che poteva avere per la renna, a
differenza di Robin che dimostrava al piccolo medico tutto il suo
affetto materno. Doveva ammettere a sé stesso che,
però, la discussione accaduta poco prima sembrava davvero
avvenuta in una coppia di genitori.
- Tsk, dovremmo anche finire il discorso... - ragionò ad
alta voce lo spadaccino. In quel momento, come se
l’archeologa lo avesse sentito, un braccio
germogliò sulla parete e avvicinandosi alla guancia di Zoro,
la accarezzò con il dorso di una mano, prima di svanire in
leggeri petali bianchi.
Zoro ghignò, appoggiandosi allo schienale del divano su cui
era seduto.
I pensieri dello spadaccino erano inutili, Robin aveva ragione: nella
mente della renna, era lui la figura paterna della ciurma. Forse anche
più di Franky, considerando il suo carattere a volte troppo
infantile. Nulla da togliere al cyborg: Chopper lo ammirava moltissimo
per le sue capacità, la sua forza e la sua simpatia, ma in
Zoro aveva sempre visto qualcosa in più. La piccola renna se
ne stava sdraiata sul suo letto negli alloggi maschili e, tranquilla e
in silenzio, ascoltava i suoi compagni che russavano. Ormai solo lo
spadaccino mancava all’appello, e Chopper si chiedeva tra
quanto li avrebbe raggiunti: solitamente, Zoro e Robin lo allontanavano
o perché la discussione in corso stava prendendo una piega a
cui non volevano la renna assistesse, o perché volevano
passare del tempo da soli. Considerando poi che il discorso di poco
prima non aveva creato particolari tensioni, e tenendo in conto che i
due litigavano raramente, a Chopper non rimase che sorridere.
Aveva ancora bene in mente la sera in cui aveva scoperto la loro
relazione...
Si era risvegliato nel
cuore della notte. Non sapeva nemmeno lui bene
il motivo: nessun incubo aveva disturbato il suo sonno, né,
e ne era certo, aveva mai sofferto in vita sua d’insonnia. Si
guardò intorno con gli occhi assonnati, stropicciandoseli
con le zampette per svegliarsi del tutto, e cercò la figura
di Zoro, perché di solito era a lui che si rivolgeva se
aveva qualche problema. Lo spadaccino, però, non era nella
stanza.
- Stanotte doveva stare
di guardia... - si disse la renna, dandosi un
leggero schiaffo sulla fronte. Il resto dei suoi compagni russava
tranquillo, e, vedendoli, preferì lasciarli dormire e
cercare di risolvere il suo problema da solo.
La soluzione migliore
che gli venne in mente, fu di recarsi in cucina
per bere qualcosa.
Ancora mezzo
addormentato, percorse tutto il ponte, provando dei
leggeri brividi sulla schiena a causa della gelida brezza notturna, e
salì piano le scale che lo avrebbero portato davanti alla
porta della cucina, senza fare il minimo rumore, e senza nemmeno
rendersi conto che la luce era già accesa.
Appena entrato, si
rivolse subito verso i fornelli e la dispensa,
ignorando la presenza di Robin e Zoro nella stanza: lei era poggiata al
tavolo e teneva le braccia intorno al collo dello spadaccino, mentre
lui aveva appoggiato le mani sui fianchi dell’archeologa,
cercando di tenerla vicina. La cosa curiosa era il bacio che si stavano
scambiando, ma la renna era troppo addormentata per accorgersene.
Almeno in un primo momento.
Prima di spostarsi
effettivamente verso il piano cottura, Chopper si
rivolse nuovamente ai due, che ora lo guardavano stupiti, ma sempre
abbracciati. Di certo non si aspettavano di essere scoperti da qualcuno.
Quando videro gli
occhioni di Chopper che si spalancavano per la
sorpresa, capirono che la renna era arrivata ad una conclusione.
- Chopper, possiamo
spiegarti... - cominciò
l’archeologa, distaccandosi dallo spadaccino e muovendosi
verso il medico di bordo.
- Robin, non
è stupido. Penso che abbia già
capito. - affermò lapidario lo spadaccino, incrociando le
braccia al petto.
- Non lo metto in
dubbio, - continuò la donna. - ma forse
avrai qualcosa da chiederci, giusto Chopper?
La renna non rispondeva:
guardava il vuoto, come se fosse scioccata, ma
Robin aspettò pazientemente che si riprendesse da
sé.
Non ci volle molto. La
renna guardò l’archeologa.
- Anche tu non riuscivi a dormire, Robin?
Zoro non poteva credere
alle proprie orecchie.
- Esatto, - disse
sorridente l’archeologa. - e ho pensato di
fare compagnia allo spadaccino.
- Ho capito. Ma
così non si distrae dal suo turno di guardia?
- Forse, - riprese Robin
ridendo. - ma è sempre meglio
così piuttosto che rischiare che si addormenti.
Zoro li osservava a
metà tra l’imbarazzato e il
rabbioso: il volto severo era arrossito violentemente, mentre sentiva
l’archeologa che scherzava con la renna come se non fosse
successo nulla.
- Come mai sei sveglio,
Chopper? - chiese poi la donna.
- Non riuscivo a dormire
e volevo bere qualcosa.
- Ti va qualcosa di
caldo? Lo preparo in un attimo.
- Sì,
volentieri!
- Tu bevi qualcosa
Kenshi-san?
Ma lo spadaccino
negò scuotendo la testa, ed andò
a sedersi al tavolo, seguito dalla renna.
La situazione tra i due
era piuttosto tesa: seduti l’uno di
fronte all’altro, Chopper non riusciva a sostenere lo sguardo
severo di Zoro e teneva gli occhi bassi sul piano del tavolo,
aspettando pazientemente l’arrivo dell’archeologa.
- Chopper. -
cominciò lo spadaccino, attirando
l’attenzione dell’animale. - Quello che
è successo...
- Cosa? - chiese lui
innocente.
- Quello che
è successo poco fa... - cercò di
spiegare imbarazzato l’altro. - Hai capito?
- Si riferisce al bacio,
Chopper. - intervenne l’archeologa.
- Ah, ok. -
annuì la renna riportando lo sguardo sullo
spadaccino.
- Sì,
comunque... credo che sia meglio che tu non lo dica a
nessuno.
- Perché? -
disse subito stupito il medico. - È
giusto che lo sappiano tutti. Che male c’è se vi
volete bene?
- Non vogliamo che
l’equilibrio della ciurma subisca dei
cambiamenti a causa nostra. - disse l’archeologa portando due
tazze al tavolo e sedendosi a fianco della renna. - Né che
qualcuno vada in escandescenze. - aggiunse Zoro.
- Non avrai paura del
nostro cuoco, Kenshi-san? - fece Robin con un
sorriso furbo.
- Di
quell’imbecille? Mai avuta e mai ne avrò. -
Zoro ghignò, sicuro di sé.
- Potrebbe avere un
infarto... - disse Chopper mogio mogio guardando la
sua tazza.
Cadde il silenzio. Sia
Robin che Chopper bevvero dalle loro tazze,
mentre Zoro commentò la frase della renna.
- Non ci avevo
pensato... Potremmo anche dirglielo allora.
Lo sguardo assassino di
Robin bastò a fargli cambiare umore.
Chopper era confuso:
scoprire una relazione tra due membri della ciurma
era già un fatto abbastanza singolare, ma tra i due membri
che considerava più vicini a sé... lo era ancora
di più. Però era contento: era felice di vedere
che quei due, proprio quei due che all’inizio del loro
viaggio sembrava non potessero nemmeno guardarsi in faccia, ora
andassero così d’accordo. Li guardò
tutto sorridente, mentre allontanava da sé la tazza ormai
vuota.
- Posso chiederti una
cosa, Robin? - domandò la renna mentre
l’amica si alzava per lavare le due tazze.
- Certo, dì
pure.
- Ormai è da
tanto tempo che ci chiami tutti per nome, ma
non riesco a capire perché non lo fai con Zoro. E lo capisco
ancora meno dopo quello che ho scoperto stasera.
- Perché si
diverte a farmi venire il nervoso, ecco
perché. - affermò sicuro lo spadaccino. - Sa
benissimo quanto odio che mi chiami in quel modo, ma continua.
Robin
ridacchiò tra sé vedendo
l’espressione infastidita di Zoro. - Non lo chiamo sempre
Kenshi-san, - cominciò allora, mentre lavava le due tazze. -
ma Zoro ha ragione, lo faccio per divertimento, per prenderlo un
po’ in giro.
Mentre due braccia
finivano di asciugare le tazze e le rimettevano al
proprio posto, Robin si riavvicinò ai due seduti al tavolo,
e invitò la renna a tornare a dormire, lasciando Zoro da
solo in cucina.
La renna si girò su un lato e chiuse gli occhi, pensando
ancora a quella strana sera, e a quanto poteva considerarsi fortunato a
sapere un segreto simile.
Angolino
dell’autrice
Ciao a tutti! ^^
Se siete arrivati vivi fin qui significa che non ho scritto un capitolo
troppo noioso. XD Questa è solo una grande premessa... la
vera avventura comincerà dal prossimo capitolo! ^^
E' la prima storia che pubblico, per cui spero che mi lascerete un
commento per farmi sapere cosa ne pensate. :)
Ciao ^^
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