Amami
Amami
-
A Te che vieni da
lontano -
na fitta
coltre di nuvole nasconde il freddo sole invernale dietro il suo spettro nero.
Seduta alla
mia scrivania, osservo la tempesta avvicinarsi minacciosamente.
Il vento
soffia violento contro gli alberi, costringendoli a piegarsi –
impotenti – sotto la sua furia disarmante.
Il suono del
suo imperioso ululato accompagna le prime gocce di pioggia che iniziano a
cadere a ritmo cadenzato – monotono – contro il vetro della finestra.
Il freddo
sembra oltrepassare la labile barriera di quella realtà artefatta
che mi circonda, mi stringe nella sua gelida morsa.
Mi paralizza.
Ottenebra la
mente.
Mi strazia.
Mi costringe
a trattenere l’aria e astrarre gli occhi.
Dietro il
buio dell’incertezza c’è il tuo volto.
Quel ghigno
compiaciuto dipinto sulle labbra violacee.
Sorriso
sprezzante e sarcastico in contrasto con la gentilezza dei tuoi lineamenti
aggraziati, incorniciati da soffici crini bronzei.
Fattezze
tanto perfette da sembrare irreali.
Fiabesche.
Arcane.
Sublimi.
Sovraumane.
Mi sembra di
sentire la tua pelle sotto il tocco delle mie mani.
Liscia.
Fredda,
come il ghiaccio.
Come la
morte.
Il volto
d’alabastro in grado di catturare – avido – i bagliori argentei della
luna.
Gli occhi
color topazio brillano della luce delle stelle.
La tua voce
risuona nelle mie orecchie.
Lontana.
Troppo
distante.
È un flebile
sussurro.
Uno
straziante lamento.
Non riesco ad
afferrare le parole.
Non ne
capisco il senso.
Sfuggono.
Scivolano dal
mio controllo.
Ridi della
mia confusione.
“Cosa c’è di
tanto divertente?” – ti provoco apparentemente sicura di me.
Mento.
Fingo.
E’ solo
spavalderia la mia, non coraggio.
Quello
sparisce davanti al tuo solo ricordo.
Scompare.
Si dissolve come la mia speranza.
Fissandomi
divertito, continui a prenderti gioco di me.
Come sempre.
Come è sempre
stato.
Come
continuerà ad essere.
Forse.
Sento gli
occhi inumidirsi ed iniziare a pizzicare.
“Dannazione!”
– impreco a denti stretti, strizzando violentemente gli occhi per impedire alle
lacrime di avere il sopravvento.
Adesso le
sento.
Le tue parole
diventano più nitide.
Sono parole amare.
Mi turbano.
Che celano
odio.
Mi feriscono.
Abbasso il
capo, sconfitta.
Mi trapassano
da parte a parte, mentre sento il tuo sguardo avido di vittoria e
disprezzo scorrere sulla mia figura.
Credi di aver
vinto?
Mi sento
morire.
Io.Sto.Morendo.
Ancora.
Di nuovo.
Ancora.
Tuttavia,
sono ancora in piedi.
Trovo la
forza di rialzare lo sguardi e puntarlo dritto nel tuo.
Non parlo.
Non ne ho
bisogno.
Tu sai.
Tu senti.
Tu sei Me.
Amami, ti
prego.
Non mi
importa come, ma fallo!
Non lo dai a
vedere, ma so che i miei pensieri ti inquietano.
Sconvolgono
anche me.
Ti amo,
dopo tutto.
Sai fingere
bene, lo sai.
Tutti hanno
sempre creduto alla tua farsa.
Io sono stata
l’unica a vedere cosa si nascondesse dietro di essa.
Paura.
Timore.
Forse per te
stesso.
Di te stesso.
Dietro la tua
maschera si cela l’essere umano che non sei mai stato.
Amami
sinceramente.
Amami
mentendomi.
Illudimi, non
mi importa.
Inizi ad
indietreggiare di qualche passo.
Sgomentato.
Ti ho preso
alla sprovvista?
Ti ho
allarmato?
Scappi.
Le tue parole
mi hanno confusa.
I tuoi
inganni illusa.
Ma non sono
mai scappata.
Non ci
riuscivo.
Nemmeno
stretta tra le tue braccia, in bilico tra la vita e la morte.
Mi ammaliavi.
Ti ho amato.
Non lo farò
per sempre.
Amami, perché
sono l’unica.
Perché ci ho
provato ancora.
Fallo perché
ti ho accettato.
Ho coperto i
tuoi silenzi.
Accettato i
tuoi segreti.
Nascosto le
tue menzogne.
Amami in
questo inferno che hai creato.
Cercami tra
le sue fiamme.
Mossa dal
desiderio di averti allungo le braccia verso di te.
Con le mani
ti cerco.
Con la mente
ti trovo.
Bramo ciò che
non mi hai mai concesso.
Sospiri
sognati.
Tocchi
bramati.
A Me
proibiti.
Amami
gridandolo al mondo.
Sussurrandolo.
Amami.
Improvvisamente, ti fermi.
Sorridi.
Sei dolce.
Mi permetti
di raggiungerti.
Le tue mani
appena mi sfiorano, ma la mia pelle accaldata – viva – a contatto con il
gelo della tua – morta – è scossa da languidi brividi.
Amami per la
vita che ti ho donato.
La mia.
Amami per la
morte che mi hai concesso.
Amami con il
tuo letale tocco.
Amami con le
tue labbra tormentate.
Amami.
Con le tue
dita affusolate mi carezzi le gote purpuree.
Ti avvicini
sempre di più, inchiodandomi con il tuo sguardo incomprensibile.
Avverto il
tuo freddo respiro solleticarmi la pelle.
Il mio cuore
rimbomba senza sosta.
Un dubbio mi
assale.
Tu hai un
cuore?
Lo senti mai
battere?
Faccio
scorrere le mia mani sul tuo ampio torace, fino a giungere al punto in cui
noi uomini sentiamo il nostro cuore palpitare.
Poggio la
mano.
La mia è una
lieve pressione, ma, d’un tratto, la tua espressione cambia.
Ti vedo
sgranare gli occhi.
Il sorriso
muore sulle labbra.
Lo strazio –
il dolore – scolpito in volto.
Il vento
invade il nostro spazio.
Il nostro
sogno.
L’incubo.
Mi allontana
da te.
Ti accasci a
terra, portandoti una mano al petto.
Sanguini.
Mi guardi.
Parli.
L’urlo del
vento si placa, copre il tuo gemito strozzato.
“T-t…”
E’ inutile,
non ti sento.
“…a”
Lo sguardo
cade sulle mie mani.
Stille
sanguigne imbrattano la mia pelle.
Stringo
qualcosa nella sinistra.
Il senso di
repulsione mi invade, alla consapevolezza del gesto appena compiuto.
Non volevo...
Il tuo cuore
palpita – forte e vivo – tra le mie dita.
Non riesco a
piangere.
Non mi sento
in colpa.
Un’ immensa
soddisfazione mi avvolge con il suo immenso calore.
… o forse
sì.
La tempesta
si placa, il vento si calma.
“Ti ho
amata.” – un leggero soffio portata alle mie orecchie dall’ultima folata di
vento.
Buio.
Apro gli
occhi di scatto.
La fronte
madida di sudore.
Sono ancora
seduta nella mia camera, fissando lo spettacolo al di fuori di quelle mura.
Il sole
splende nel cielo sereno.
Azzurro e
terso.
Gli alberi si
tingono d’oro sotto i suoi raggi.
Regna la
calma.
Mi capita
sempre più spesso imbattermi in queste situazioni.
In questi
sprazzi di alienazione.
Chiudo gli
occhi e la mia mente vaga.
Quando li
riapro non ricordo ciò che ho visto.
Come se
rimovessi il tutto prima di prendere completamente coscienza.
Solo una cosa
mi resta impressa, avvolgendomi con il suo vigore.
Un appagante
e reale senso di soddisfazione.
Il calore del
trionfo che mi porta ad increspare le labbra in un malevolo sorriso che si
rispecchia sul mio volto ogni volta che mi risveglio.
Ed odio me
stessa per quel sorriso e per quella lacrima solitaria che scivola sulla mia
guancia.
***
Amami perché
ti ho amato.
Fallo perché ti ho odiato.
Odiami perché
ti ho ucciso.
- Fine -
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