Mardrömmar

di Flick Ic
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Fu uno di quei crepuscoli, pensò Marie,
che nel momento esatto in cui ti incammini
vorresti che qualcuno ti seguisse per dirti
di non girare le spalle così in fretta, di non
farti prendere dal panico. Si sentiva come
le foglie d’alloro nel giorno della festa,
e subito dopo come se avesse ingoiato
tutte le parole che non volevano uscire,
asciugate sulla sua lingua una ad una.
E su quei pensieri, sorti e uccisi troppo in
fretta, aveva avuto dei rimpianti grandi come
l’angoscia che le schiacciava le ossa e le
riduceva in piccoli frammenti, tanto che
a pronunciarlo, il suo nome, si divideva
in due sillabe per mancanza di sangue.
Sì, non era l’aria che mancava, di quella
ne aveva in abbondanza; aveva respirato
aria e solitudine per tutti quegli anni, ma
mai sangue.Respirare sangue era vita.
Se ne accorse quando si mise a correre
cercando di scacciarle via: le ossa, i pensieri
e le parole e la lingua. Ma non si rese
conto che avrebbe dovuto fermarsi e
lasciare che la terra la inghiottisse, perché
una volta caduti ti si pongono davanti due
scelte, la vita o la morte. Mentre, chi corre
in eterno, finisce sempre per inciampare.
 

 
Note dell’autore: In realtà non credo ci sia granché da commentare a proposito di questo primo capitolo. E’ tutto qui, nero su bianco, pronto alla lettura.
Immagino che, giunti a questo punto, vi chiediate cosa significhi tutto ciò, quale sia il filo logico che accompagna questo testo, a cosa pensavo mentre l’ho scritto.
Non sarò così stolta dal rivelarlo, preferirei che rimanesse come una sorta di alone offuscante che impedisca il totale assorbimento e recepimento della trama.
Detto questo, posso solo augurarmi che questo mardröm ­– in svedese, incubo – possa essere degno di lettura.

--Flick 





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