BUTTERFLY
Capitolo 31
Tsubasa
"Nervoso?"
"Concentrato."
Mi volto a guardarlo con aria sospetta, arcuando leggermente le
sopracciglia, decisa a trovare nel suo volto questa sua ostentata
sicurezza.
"Oh certo, in fondo domani dovrai solo giocare la semifinale del
mondiale! Che domande sceme, come fai a essere nervoso!" esclamo,
continuando a fissarlo con un'espressione scettica mentre le mie labbra
si arricciano in una smorfia dubbiosa.
"Ok... Forse un po' lo sono…"
Tsubasa si gratta la nuca imbarazzato, perché per lui deve
essere davvero difficile ammettere questa piccola debolezza, nemmeno si
dovesse vergognare di provare emozioni normali, come una persona
qualsiasi.
E la sua espressione incerta quando i suoi occhi incrociano i miei, mi
strappa un sorriso, o sarebbe meglio dire, proprio una risata sonora,
capace di metterlo ancora di più in difficoltà.
Intenerita, poggio una mano e il mento sulla sua spalla mentre noto che
le sue gote si colorano di rosso, nonostante il suo viso sia piuttosto
abbronzato.
"Così va meglio, Tsubasa..." sussurro, perché
vorrei che capissse che non c'è nulla di male,
nell'ammettere di non essere una persona impassibile, che non si
scompone mai.
In cambio ricevo un’occhiataccia, che dovrebbe essere torva
se non fosse per le sue labbra, che si distendono per arcuarsi
dolcemente.
"Riti propiziatori?" domando divertita, per continuare a prenderlo un
po' in giro, una volta tanto che posso sentirmi rilassata, senza pesi
che gravano sulle mie spalle.
Non ci sono infatti nubi ad oscurare l'orizzonte, nessuna ansia per il
tempo che scorre, con aeri in partenza a causa d'impegni inderogabili
di entrambi.
Posso tranquillamente godermi il pomeriggio, prima che Tsubasa torni
dagli altri in ritiro e concentrarmi così solo su cose
futili, che in linea di massima ignorerei, se fossi nella mia
condizione abituale di solitudine.
Ma da tanto tempo ho deciso ormai di vivere alla giornata, lasciandomi
trasportare dai momenti e quindi va bene così.
"Tsè!" mi risponde con una smorfia sprezzante, della serie: chi ci crede a queste cose!
"Forse Ryo..." aggiunge, aggrottando le sopracciglia e posando una mano
sul mento, come se stesse riflettendo seriamente.
Non trattengo un'altra risata, perché ricordo benissimo i
vari rituali scaccia sfortuna, che Ishizaki ci costringeva a fare prima
di ogni partita del campionato nazionale.
Rituali diversi ogni volta ma sempre ugualmente assurdi.
"La fa ancora quella cosa camminando all’indietro, tirando
sale e aglio?"
Tsubasa annuisce, incrociando le braccia sul petto con aria scoraggiata
ma anche rassegnata.
"E quei mormorii con la testa ficcata nell’armadietto?" lo
incalzo, sogghignando divertita.
Un altro movimento della testa per confermare, serrando le labbra in
una morsa, per non ridere, prima di voltarsi a guardarmi.
Ci fissiamo per un attimo, sbattendo le palpebre poi incapaci di
resistere oltre, scoppiamo a ridere di gusto.
Mi tengo ancora la pancia con un braccio, quando cerco di asciugare i
lacrimoni dagli occhi.
D'un tratto però lo sguardo di Tsubasa su di me, attira la
mia attenzione, perché i suoi occhi mi scrutano seri,
passando dai miei capelli sciolti fino a scorrere sulla mia fronte, per
raggiungere infine le mie spalle.
La sua espressione mi sembra così scontenta, che mi muore
lentamente il sorriso sulle labbra.
Quando il suo sguardo si posa sulla collana che porto al collo, la sua
mano si muove e io penso voglia sfiorarmi…
E invece no…
Le sue dita si soffermano sulla mia catenina, come a volerla soppesare.
Involontariamente le mie sopracciglia s’increspano, quando la
sua espressione si fa accigliata.
Irritata, continuo a fissare la sua mano, che come in un ispezione, si
ferma ora sul braccialetto che porto al polso, per poi giungere al
semplice anello al mio anulare.
Tsubasa scuote la testa ancora ed io comincio a sentirmi davvero molto
alterata, soprattutto ora che sta addirittura sbuffando!
"Problemi?" chiedo con un tono acido, sentendomi in parte anche offesa.
Il mio ragazzo non sembra però minimamente turbato dal mio
atteggiamento, quasi intimidatorio, cosa che non giova affatto al mio
umore, di già pessimo.
"Perché sei così piccola, Sanae?" mi chiede
all'improvviso con innocenza, alzando gli occhi al cielo.
Le mie guance prendono fuoco, lo avverto chiaramente, appena ha
terminato di pronunciare l'ultima sillaba.
"Prego?!" e la mia voce ora è tendente allo stridulo.
Tsubasa tossisce per schiarirsi la voce, portando un pugno chiuso
all'altezza della bocca, visibilmente imbarazzato.
"Supponiamo..."
"Sì?" lo esorto, guardandolo sempre accigliata.
"Supponiamo ho detto, ok?" esclama, scandendo le parole come se
dovessero entrarmi bene in testa mentre le sue gote si
colorano un po' di più.
"Sto supponendo..." rispondo sbrigativa, chiudendo gli occhi per un
istante e facendogli cenno di continuare.
"Bene, ecco... Mettiamo che domani volessi portare con me qualcosa di
tuo, durante la partita..."
Sbatto le palpebre per qualche secondo, prima di cogliere il senso
delle sue parole.
"Tipo un portafortuna?" domando poi mentre i lineamenti del mio
viso si distendono di nuovo.
"Chiamalo un po' come ti pare!" risponde sempre imbarazzato prima di
aggiungere, o meglio lamentarsi, del fatto che non ho nulla da potergli
lasciare ora, visto che ci rivedremo solo dopo la partita.
"Sei troppo piccola!" esclama infine, sentenziando che tutto
ciò che indosso è troppo ridotto, per essere
portato anche da lui.
Sorridendo divertita, capisco finalmente che la sua ispezione di poco
fa era mirata a trovare qualcosa da prendermi, senza dovermi queste
spiegazioni compromettenti.
Effettivamente non ho nulla che possa portare con sé, che
non sia vietata dal regolamento…
All'improvviso però un vecchio ricordo si affaccia nella mia
memoria, strappandomi un'espressione di gioia.
"Aspetta!" esclamo entusiasta, prima di mettermi a frugare con foga
nella mia borsa, tra la miriade di oggetti inutili che mi porto
appresso.
Tsubasa mi osserva perplesso, finché non scovo finalmente
l'oggetto desiderato.
"Ecco!" esulto, voltandomi verso di lui mentre pigio con il pollice
l'estremità di una penna, che si apre scattando.
"Ti scriverò una frase propiziatoria! Proprio come al
campionato nazionale, sulla fasciatura della tua spalla, ricordi?"
Tsubasa mi osserva ancora per qualche istante in silenzio poi la sua
espressione si fa scettica.
"Fortunatamente, ora non ho nessuna fasciatura, Sanae..."
"Lo so benissimo!" rispondo, ignorando la sua obiezione.
"Ma cosa me ne faccio della garza, quando posso contare su centimetri e
centimetri di pelle umana!" e lo fisso, continuando a far scattare
ritmicamente la punta della penna.
"Vada per la pelle umana, allora! Devo spogliarmi?" mi domanda allegro,
dopo qualche attimo di esitazione.
Scuoto la testa divertita, avvicinandomi di più a lui, per
capire dove porre il mio personale portafortuna.
"Possibilmente escluderei la fronte, sai com'è..." lo sento
aggiungere con tono scherzoso mentre continuo la mia ispezione.
Non trattengo una risata, prima di far finta di dispiacermi
perché avevo scelto proprio quel posto da scarabocchiare.
Il mio sguardo si posa nel frattempo sulle sue mani grandi, poggiate
sulle gambe, particolarmente attratto dalle sue dita…
Le mie guance si scanldano, quando un'idea romantica balena nella mia
testa…
Con un po' di esitazione prendo la sua mano sinistra tra le mie e
quando alzo gli occhi sul suo viso, dichiaro sorridendo di aver scelto
il posto dove scrivere.
La mia testa si china poi subito, a causa dell'imbarazzo mentre le mie
dita distanziano leggermente le sue.
Mi soffermo con la penna a pochi centimetri dal suo anulare,
perché sto arrossendo ancora di più.
Prendo infine coraggio, dandomi mentalmente della sciocca e inspirando
bene aria nei polmoni, avvicino la punta della biro alla sua pelle.
Con precisione e calcando leggermente, disegno gli ideogrammi del mio
nome circondando l'intera falange.
Tra un tratto e l'altro, quando la penna si stacca dalla pelle, noto
che le mie dita tremano impercettibilmente.
Appena terminata la mia opera, soffio delicatamente sull'nchiostro, in
modo che si asciughi un po' più in fretta.
Rimango a testa bassa a fissare il mio nome, tracciato in nero intorno
al suo anulare sinistro mentre le mie guance vanno in fiamme, per
l'imbarazzo e l'emozione.
Un sospiro e rialzo gli occhi su Tsubasa, per sorridergli dolcemente.
Lui mi fissa poi sfilando delicatamente la sua mano dalle mie, la porta
all'altezza del volto, dei suoi occhi.
Ma non riesco a controllare per molto le mie emozioni mentre osservo i
suoi occhi fissare gli idiogrammi del mio nome, così chino
di nuovo la testa d'istinto.
"Che fantasia per una che scrive canzoni!" lo sento esclamare
all'improvviso.
Un moto di delusione fa sì che rialzi subito gli occhi su di
lui, stupita ma anche risentita per la superficialità delle
sue parole…
Ma l'espressione sul volto di Tsubasa e il suo sorriso, tradiscono
invece le sue vere emozioni, prima che mi abbracci forte, cicondando le
mie spalle con le braccia.
"Ora vincerò di sicuro!" sussurra al mio orecchio con voce
calda e sicura ed io lo stringo ancora più forte al mio
petto.
Il rumore da stadio è in assoluto uno dei suoni
più familiari per me.
Il chiacchiericcio della gente, le grida dei tifosi e quel brusio
perpetuo, fatto anche di esclamazioni più o meno
colorite…
La voce di Yukari, che si alza di almeno un tono quando siamo in
tribuna e lei non la smette di blaterare, per tutta la durata della
partita.
"Lo ammazzo se non vince! Giuro che lo faccio secco!"
Ovviamente il destinatario delle sue minacce è sempre e solo
lui: Ryo Ishizaki, difensore della nazionale giapponese.
Yukari non si limita però a borbottare ma gesticola
nervosamente, indicando il perimetro di gioco, come se fosse lei
l’allenatore.
Un sorriso distende le mie labbra prima che la mia attenzione di sposti
da lei al campo, dove è in corso la semifinale nel mondiale
giovanile.
Uno stato di agitazione continuo mi tortura il petto,
come ogni volta che seguo una partita, il fatto poi che la
situazione sia ferma a un pareggio, non aiuta di certo a mentenermi
calma.
Sfortunatamente il primo tempo si è chiuso sullo zero a
zero, perché la squadra olandese si è difesa
molto bene, mettendoci in difficoltà più di una
volta, anche nella ripresa.
Un buon lavoro della nostra difesa e le grandi mani di Wakabayashi, ci
hanno permesso di non andare sotto in un paio di occasioni ma il
problema rimane comuque quello di non riuscire a concludere, nonostante
gli sforzi dei ragazzi.
Tsubasa poi subisce una marcatura talmente stretta, da non riuscire a
giocare come vorrebbe.
Un sospiro fatto di ansia m'incurva le spalle, quando una mano si
poggia sulla mia spalla.
"Che scocciatura questi olandesi! Tanta fatica e non riusciamo ancora a
rimandarli a casa loro!"
Azumi sbuffa esasperata alle mie spalle mentre mi volto a guardarla.
"Non lo so! Tutta la faccenda del ritiro, dell'astinenza... E stai a
vedere che per colpa di questi, nemmeno si festeggia come si deve
stasera!"
"Astinenza?" chiedo titubante mentre Yukari inizia a sghignazzare senza
ritegno.
"Esatto! Francamente questa faccenda del sesso proibito prima di una
partita, mi manda proprio al manicomio! Insomma, è la parte
più odiosa della relazione con un calciatore! E qui
è quasi un mese, che tra una cosa è l'altra..." e
la sua mano fa un cenno, come a voler salutare.
"Puoi dirlo forte!" s'intromette immediatamente la mia migliore amica,
che annuisce con decisione, alzando gli occhi al cielo.
Per qualche secondo le osservo arrossendo per la loro franchezza poi
scoppio in una risata fragorosa, scuotendo la testa.
"Siete due sceme!" esclamo mentre anche loro ridono divertite, dandosi
delle spintarelle con le braccia.
Un boato di entusiasmo però ci fa sussultare, riportando la
nostra attenzione verso il campo, dove è in corso un
contropiede della nostra nazionale, nato proprio da un ottimo
intervento di Ishizaki.
L'azione portata avanti in questo momento da Taro, punta dritta nella
nostra direzione, ovvero verso la porta olandese.
I miei occhi si staccano dal possessore di palla, spostandosi rapidi
alla ricerca di Tsubasa, che si trova ancora sottomesso alla pesante
copertura del giocatore avversario, che lo marca sempre strettissimo.
Il cuore mi batte forte nel petto mentre mi concentro sui suoi
movimenti per liberarsi.
Di tanto in tanto butto l'occhio su Matsuyama che, fascia in fronte,
supera un contrasto avversario, senza perdere il controllo palla.
Esulto, quando Tsubasa riesce ad approfittare di un attimo di
distrazione del suo marcatore e con uno scatto deciso, se lo lascia
alle spalle, distanziandolo di parecchi metri.
D’istinto mi alzo in piedi, seguita dalle mie amiche e dal
resto della tribuna.
Quando il pallone tocca i piedi del mio Capitano,
un’ovazione si alza da ogni parte dello stadio.
Quando supera con facilità un paio di difensori, la folla
è proprio in delirio.
Uno sguardo alla sua sinistra, prima di affrontare un altro avversario
che si frappone tra lui e la porta.
Tsubasa calcia la palla, che attraversa in diagonale l'area per
raggiungere Taro, che stoppa preciso di petto, prima di avanzare ancora
di qualche metro, il pallone sempre attaccato ai piedi, come una
calamita.
Taro si appresta al tiro ma non mira verso la porta, eseguendo invece
un passaggio preciso verso il numero dieci, che attende libero
nell'aria di rigore.
Butto uno sguardo veloce al portiere, che però non si
è fatto fregare, rimanendo in posizione favorevole a una
parata.
Ma questo non basta.
Il tiro al volo di Tsubasa parte forte, arcuandosi appena verso
l’alto, prima che l’effetto dato alla palla ne
incurvi la traiettoria, improvvisamente.
Il pallone s’insacca alle spalle del portiere, continuando a
girare su se stesso, trattenuto dalle maglie della rete.
Gridando il nome di Tsubasa con tutto il fiato che ho in corpo, scatto
verso la balaustra.
Yukari appesa al mio collo, continua a urlare di gioia mentre
il rumore familiare dello stadio si trasforma in quello che
più amo di più.
È un eccesso di euforia, eccitazione e perché no,
anche pazzia.
Azumi saltella sul posto e sembra indemoniata, quando incrocia il mio
guarda mi sorride, come se potesse ringraziare Tsubasa tramite me.
Ricambio il sorriso poi torno inevitabilmente a guardare lui, che corre
festante, inseguito dai compagni di squadra.
E mi sento euforica, che il mio cuore rimbomba nel petto, facendomi
quasi male.
Tsubasa ora salta i cartelli pubblicitari con le braccia aperte,
correndo ancora, sotto la nostra tribuna.
Sorridendo, immagino che stia venendo da me e il mio cuore sembra
impazzire sul serio, quando lui si ferma veramente sotto la mia
postazione.
Il suo viso si alza verso di me…
E mi sorride.
Un sorriso il suo…
Bellissimo.
Le mie mani rimangono strette al metallo al quale mi sorreggo, quando
la sua mano raggiunge il suo viso.
Spalanco gli occhi, incredula…
Le sue labbra poggiano infatti un bacio sull'anulare sinistro mentre
socchiude gli occhi.
Bacia il mio nome!
Bacia me!
Tsubasa alza il braccio in alto mentre poggia l’altra mano
sul cuore, tornando a sorridere.
Fiero, vincente.
Questo goal
è... Mio!
Porto le mani alla bocca, le lacrime mi appannano la vista ma riesco
comunque a vedere i ragazzi, che lo circondano esultanti.
E non riesco a staccare il mio sguardo dalla sua immagine.
Non riesco nemmeno a pensare, in questo momento.
"Sanae… Perché stai piangendo?"
Ma la voce di Yukari è come un suono lontano, che a malapena
mi raggiunge, perché nascosto con prepotenza dai battiti del
mio cuore.
"Riesci a spiegarmi perché sono sempre matematicamente in
ritardo?"
Le porte scorrevoli si aprono, permettendomi di entrare nell'elegante
atrio del palazzo, in cui ha sede la mia casa discografica.
Mendo mi segue senza proferire una parola, ma posso notare comunque il
suo sguardo perplesso.
"E non negli impegni di lavoro, perché lì riesco
a essere un orologio svizzero! Arrivo sempre tardi ai miei di
appuntamenti, quelli privati!" continuo a borbottare, avvicinandomi
alla segretaria, che mi sorride cordiale, quando raggiungo la
reception.
Il mio assistente persiste nel suo mutismo, senza nascondere
però un sorrisetto divertito, perché credo trovi
spassosa la mia impazienza, soprattuto se mi fa perdere le staffe in
questo modo.
Alzo gli occhi al cielo quando lo sento addirittura sghignazzare.
"Buongiorno, signorina. Aspettavo visite circa mezz'ora... Ehm,
quarantacinque minuti fa… Sa se mi attende qualcuno
nell'ufficio della signorina Minase?"
La ragazza mi osserva professionale per qualche secondo poi si scioglie
in un sorriso, che è tutto un programma.
"Il signor Ozora è stato fatto accomodare proprio
un’ora fa. Credo la stia aspettando ancora." e detto questo
mi rivolge un'occhiata maliziosa, coordinata a una risatina ammiccante.
Imbarazzata, annuisco ringraziandola prima di entrare in ascensore,
scortata sempre dal mio fedele ma muto assistente.
Appena le porte metalliche si chiudono però, mi volto in
direzione di Mendo, che a stento riesce a mascherare ancora il suo
divertimento.
"Forza, ridi! O ti partirà un embolo!" lo esorto sbuffando,
poggiando le mani sui fianchi.
La sua risata fresca non si fa attendere troppo, un sospiro m'incurva
le spalle quando lo vedo cercare di ricomporsi, passandosi le dita
sotto gli occhi.
"Sei davvero strana, Sanae! Incredibilmente bizzarra, a volte! Con
tutti i posti squisiti che si possono trovare, qui nella capitale, tu
fissi un appuntamento galantecon un uomo in un ufficio! E l'ufficio di
una zitella, per giunta!" e non si trattiene più, ridendo
ancora senza ritegno.
"Mi serviva un posto neutrale e tranquillo, senza dover girare per
Tokyo nel caos di questi giorni. A dirla tutta,
poi… È stato Tsubasa a voler venire
qui!" borbotto in mia difesa, omettendo che anch'io trovo questa
scelta, non proprio il massimo del romanticismo.
"Manca poco alla finale, ormai e non voglio che si stanchi. Possiamo
sempre uscire stasera a cena, se mi fai la cortesia di prenotare in
qualche posto carino..." aggiungo, quasi a volermi discolpare.
"Oh mon amour!
Avrai un delizioso e discreto tavolo per due, prenotato per
le… Otto?"
"Sarebbe perfetto!" rispondo mentre Mendo prende lesto il telefonino e
sfogliando avidamente la sua preziosissima agenda personale nera, si
mette alla ricerca del miglior ristorante di Tokyo.
Quando l'ascensore raggiunge la nostra destinazione e le porte
metalliche si riaprono, lo vedo studiare ancora le pagine colme della
sua bella e curata calligrafia, quasi d'altri tempi.
"Ti faccio sapere dopo tutti i dettagli, ma tu ora vai dal tuo
cavaliere!" mi esorta, facendo cenno con la mano di sbrigarmi, prima
che le porte si richiudano, dandomi solo il tempo di vedere la sua
magnifica dentatura bianca mentre mi sorride.
Con un sospiro sereno, mi appresto ad attraversare il lungo corridoio,
che porta al mio agognato rendez-vous ma quando arrivo davanti
all'ufficio della mia addetta stampa, esito per un secondo, prima di
aprire la porta.
In un ultimo gesto di vanità, prendo lo specchietto dalla
borsa per controllare capelli e trucco, nonostante sia impaziente ma
soprattutto in ritardo di ben un'ora, come mi ha gentilmente fatto
notare la segretaria all'ingresso.
"Tsubasa!" esclamo allegramente, entrando nella stanza ma ad
accogliermi non c'è nessuno.
Grattandomi una tempia con l’indice destro, rielaboro
mentalmente le parole della receptionist, che non posso comunque aver
frainteso.
Perplessa, esco dall'ufficio di Akane e guardandomi intorno, mi chiedo
dove possa essere finito Tsubasa.
Forse sarà
andato a prendere un caffè e anche bello lungo, visto il mio
mostruoso ritardo…
Con passo deciso, torno verso gli ascensori, per raggiungere la
caffetteria, che a questo punto mi sembra l'unico posto sensato, dove
cercarlo.
Quando le porte si aprono davanti a me, entro in cabina, salutando con
un sorriso due ragazze, che stanno confabulando tra loro, visibilmente
elettrizzate.
Non volendo, parte della loro conversazione arriva alle mie orecchie,
che si drizzano come quelle di un predatore a caccia, quando le sento
distintamente pronuniciare il nome Tsubasa.
"Ma ti dico di sì! Era lui! La sua faccia è su
tutti i giornali, non posso sbagliarmi!"
"Tsubasa Ozora… Qua dentro?!"
"Ti ho detto che l'ho visto con questi occhi, giù alla sala
d'incisione numero quattro!"
Perplessa, strabuzzo gli occhi.
Perché
è andato là?!
E velocemente premo il tasto del livello giusto, prima che lo
oltrepassiamo e sia troppo tardi.
"Ma che è venuto a fare, scusa?"
"Ah non saprei… Sarà amico di qualcuno!"
Le due continuano a spettegolare, formulando una serie d'ipotesi, tutte
molto lontante dalla realtà.
Quando l'ascensore si ferma, esco sul pianerottolo, salutando le
ragazze con un sorriso riconoscente, anche se loro non possono sapere
di essermi state utilissime.
Sempre più impaziente, nonostante l'ultimo colpo di fortuna
mi abbia fatto risparmiare del tempo prezioso, mi dirigo verso la sala
quattro, non capacitandomi ancora del perché Tsubasa sia
finito lì.
Mentre mi avvicino, riesco già a sentire la sua voce, ma in
maniera forse fin troppo alta.
Quando entro nella stanza però non vedo nulla,
perché mi accoglie il buio.
Nella sala mixer le luci sono spente, ma non in cabina
d’incisione.
I miei piedi si bloccano come cementati al pavimento.
Il sorriso mi muore sulle labbra mentre i polmoni, spinti dalla brusca
accelerazione del mio cuore, pompano ossigeno in maniera irregolare.
Tsubasa è là, oltre il vetro...
Ma non è solo.
Impietrita, rimango nell’ombra, non sapendo cosa fare.
Riesco solo a indietreggiare di qualche passo, quel tanto che basta per
posare le spalle al muro, in modo che mi sorregga.
Non si sono accorti di me, la luce in sala d'incisione non permette di
vedere la zona mixer, se è al buio.
Ho un tuffo al cuore, quando intuisco che conversazione tra i
due è tutt’altro che amichevole.
"Sai, quando ho conosciuto Nakazawa eravamo in aula di musica e lei
aveva quell'aria un po' distante, che ho imparato a riconoscere nel
corso del tempo..."
Seii parla in modo fin troppo calmo, lasciando trapelare quell'ironia
mista a sfacciataggine, che credevo avesse abbandonato da tempo e del
tutto.
I miei occhi si spostano veloci su Tsubasa, che lo ascolta
serio.
Le sue braccia sono incrociate sul petto e la mascella è
serrata nervosamente mentre squadra il ragazzo che ha davanti con uno
sguardo torvo, ombrato di scuro.
"A quei tempi avevo una ragazza e da un sacco di tempo, ma
più i mesi passavano, più m’incuriosiva
questa persona, di cui si parlava tanto a scuola. Diciamo che
generalmente il giudizio su di lei si divideva in due blocchi distinti.
C’era chi la considerava pazza e masochista, a voler tenere
in piedi una relazione con qualcuno dall’altra parte del
mondo. Molti la vedevano votata alla sofferenza e destinata a sicuri
tradimenti..."
Le ultime parole sono accentuate da una sorta di ghigno, ma Tsubasa non
accusa, rimanendo sempre in silenzio.
"Altri l'ammiravano profondamente per la sua forza e la determinazione.
Per tante ragazze, specialmente le più piccole, si era
trasformata in una sorta di mito romantico, in una specie di eroina.
Pensandoci bene, la tenacia è stata la prima
qualità a colpirmi in lei, la prima cosa che mi ha fatto
innamorare. Non si trovano in giro ragazze disposte a tanto, per un
uomo!"
"Dacci un taglio, Seii!"
"Calma, Ozora… Non ti scaldare! Devo spiegarmi come si deve,
anche perché credo che i tuoi amichetti del pallone non
ti abbiano mai raccontato la versione ufficiale dei fatti. Ammettilo,
sono schifosamente parziali!"
Seii sorride beffardo, allargando le braccia e alzando le spalle.
Stringo i pugni quando sento che vorrei andare da lui e prenderlo a
schiaffi.
Come vorrei prendere a sberle me stessa, per aver creduto che fosse
cambiato, che fosse maturato negli ultimi mesi.
Ma è stata solo un'illusione la mia, come mi conferma ora il
suo sorriso sprezzante mentre una luce sinistra balena nel suo sguardo.
"L’ho baciata!"
Trattengo il fiato, portando le mani ghiacciate al viso.
Il mio stomaco si contorce dalla rabbia e le lacrime diventano un velo
sui miei occhi così rapidamente, che temo possa uscire un
singhiozzo strozzato dal mio petto.
"Lo so!"
E il mio cuore si ferma…
Lui sa tutto!
Tsubasa si avvicina a Seii, mantenendo le braccia incrociate sul petto.
Mi mordo le labbra quando il mio sguardo si posa sulle sue mani, che
stringono con forza la stoffa della sua t-shirt, come se stesse facendo
uno sforzo sovrumano per trattenere la sua collera.
Il suo volto ora è vicinissimo a quello del suo antagonista,
tanto che i loro nasi quasi si sfiorano.
Gli occhi di Tsubasa sono due fessure mentre rimane immobile a fissare
Seii.
"E mi auguro che non ti venga in mente un altro giochetto del genere,
perché non credo riuscirò a compiere lo stesso
miracolo, che adesso mi permette di non metterti le mani addosso."
"E che potresti fare? Mi mandi un paio di pugni per corrispondenza dal
Brasile, eh
campione?"
Seii risponde sempre con arroganza, ma senza scomporsi di una virgola.
"Non provocarmi..." la voce di Tsubasa è un sibilo.
"Sono un signore io, stai tranquillo! La tua ragazza è in
buone mani..."
Tsubasa scatta veloce come un felino, afferrando il colletto della
camicia di Seii.
Sento che dovrei intervenire, ma una forza nascosta non mi permette di
fare un passo e mi costringere a stare qui, nascosta ad ascoltare, con
il cuore ad un passo dal collasso.
"Che intenzioni hai?"
Seii prende per i polsi Tsubasa prima di rispondergli e con uno
strattone, lo allontana dal suo collo.
"Aspetto che il tempo passi, signor
Capitano e che compia il suo corso naturale.
Quanto pensi possa resistere ancora quella ragazza? È solo
una questione di tempo, tempo e pazienza da parte mia. Sei talmente
assente dalla sua vita Ozora, che nemmeno ti renderai conto della fine."
"Ma che diavolo ne sai tu, eh?"
Tsubasa torna a farsi sotto, puntando il dito indice
all’altezza del mento del suo avversario, gli occhi ostili e
le gote viola dalla rabbia, come non li avevo mai visti.
Seii continua a non scomporsi e alza il viso per sfidarlo ancora, prima
di a parlare.
"Hai mai visto i suoi occhi spenti, persi lontano? Così
tristi, giorno dopo giorno, tanto da sembrare completamente assente?
Rispondi, campione!"
Tsubasa stringe le mascelle in una smorfia irritata ma anche per il...
Dispiacere.
"Credi che sia tutto bello per me? Che sia tutto facile? Io me ne sono
andato! Io l’ho lasciata sola! Credi davvero che non ci pensi
mai? Che non sappia di essere l’unica causa del suo dolore?
Ma perché diavolo devo giustificarmi con te poi!"
"Se avessi le palle, la lasceresti libera..."
Tsubasa gli volta le spalle, ora.
Facendo qualche passo raggiunge la parete, poggiando poi le mani contro
il muro.
E così non riesco più a vedere il suo
volto…
Stringo i pugni, sopraffatta dall'ansia e dall'angoscia.
"Mi sono chiesto migliaia di volte, se senza di me sarebbe stata
più felice... Se fosse uscita con qualcun altro, se si fosse
innamorata di uno come te, avrebbe avuto di certo tutto quello che
hanno le altre, ogni cosa che le ho tolto... Avrebbe pianto di meno,
non si sarebbe mai sentita così sola e sarebbe rimasta la
ragazza spensierata di tanti anni fa. Ma che ne sarebbe stato di me?"
Tsubasa si volta di nuovo, il suo viso è una maschera di
sofferenza.
"Sarei capace di stare senza di lei? Senza sapere che mi sta pensando,
senza sapere che lei c'è..."
Un sorriso flebile, rassegnato appare sul suo volto.
"Probabilmente hai ragione tu. Non ho il coraggio di stare senza di lei
e sono così egoista da tenerla vicina a me nonostante tutto.
Ma tutto questo ha un prezzo, quindi non venirmi a parlare di dolore,
come se io non lo conoscessi..."
È troppo.
Tutto questo è troppo.
Per tutti questi anni non ho fatto altro che pensare a me stessa,
perché ero convinta che la soffernza di Tsubasa fosse
completamente diversa dalla mia.
Credevo che la sua scelta, legata al suo sogno, gli rendesse le cose
più facili…
Ma mi sbagliavo.
E questa consapevolezza fa sì che la forza misteriosa, che
mi tratteneva immobile qui fino a un secondo fa, si trasformi,
spingendomi con tutta me stessa verso Tsubasa.
L'assecondo di slancio, staccandomi dalla parete per raggiungerlo.
Quando spalanco la porta della sala d'incisione, le lacrime scendono
copiose, come pioggia sul mio viso.
"ORA BASTA!" urlo con forza, entrando nella stanza.
Seii mi osserva con gli occhi fuori dalle orbite, visibilmente stupito
dalla mia presenza.
"VATTENE! UNA VOLTA PER TUTTE, VATTENE!" gli grido contro, non
trattenendo più la rabbia, il rancore e il risentimento nei
suoi confronti.
I suoi occhi si abbassano mentre le sue labbra si muovono, come a voler
pronunciare un qualcosa.
Ma non gli do modo di farlo, urlando ancora contro di lui.
"Vattene ho detto, FUORI!"
Seii alza il suo sguardo livido su di me e sferra un calcio furioso
alla porta, prima di attraversarla, sparendo dalla mia vista.
Questa volta per sempre.
Tsubasa mi fissa turbato, soffermando lo sguardo sulle mie lacrime.
Mi avvicino di un passo e con delicatezza, distendo le braccia verso di
lui.
"Vieni qua..." sussurro dolcemente, per invitarlo a raggiungermi.
In un sencondo sento il suo corpo contro il mio mentre il suo viso si
nasconde, immergendosi nei miei capelli.
Cingo le sue spalle senza riuscire a smettere di piangere, sfiorando il
suo orecchio con un bacio.
"Come ti senti?" domando piano, la voce rotta dall’emozione.
Tsubasa mi stringe più forte a sé, nascondendo il
viso nell'incavo della mia spalla, prima di rispondere.
"A casa...
Come prima cosa voglio
fare una dedica speciale a Sakura chan, dato che oggi è il
suo compleanno!
Tantissimi auguri,
piccola! Spero che in questo giorno il mondo ti sorrida, come meriti in
ogni attimo della tua vita… Ti voglio bene!
Non potete immaginare
quanto sia difficile per me trascrivere quest’ultima parte,
sia perché è la prima che ho scritto ma anche
perché ho immaginato così tante volte queste
scene nella mia testa, che vederle sullo schermo mi rende nervosa...
Spero di cuore di essere
riuscita a trasmettervi qualcosa, raggiungendo i miei intenti. Lo spero
proprio!
Chiedo scusa poi per la
mia primissima descrizione di un’azione calcistica!^^'
Non so bene che cosa ne
sia venuto fuori, ma abbiate comunque pazienza! XD
In ultimo, mi auguro di
aver reso un po' di giustizia a Tsubasa, al quale sono troppo
affezionata.^^
Ovviamente grazie a
tutti quelli che hanno recensito e letto l’altro capitolo!^^
Al prossimo, allora!
Un affettuoso abbraccio
OnlyHope^^
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