Capitolo 2
Ecco qui il secondo capitolo. Salvo
problemi cercherò di aggiornare settimanalmente ogni venerdì.
Un ringraziamento particolare a
silviabella che betizza il testo e lo rende leggibile.
Anne London
Capitolo 2
The Man with Two
Masters
“Ah, Severus, sono
felice che tu sia riuscito a trovare il tempo di parlare con me,
oggi.” Malgrado il saluto fosse affabile, Snape capì
immediatamente quanto Dumbledore fosse furioso.
“Albus,” commentò
con tono evasivo, sedendosi al lato opposto della scrivania del
preside. Sapeva che l'anziano preside sarebbe arrivato dritto al
punto.
“Cosa devo fare,
Severus, per farti capire la gravità della tua situazione?”
“Della mia
situazione?” I suoi
occhi si fermarono su Fawkes. Fenice.
La parola gli riecheggiava
nella mente
dandogli
un
senso di bruciante fastidio allo stomaco.
“La
tua presenza è assolutamente vitale nella nostra lotta contro
Voldemort. Eppure ieri hai con noncuranza messo in pericolo la tua
vita.”
Gli occhi di Snape
scattarono verso Dumbledore. “Ieri, Albus, ho salvato una vita –
uno dei tuoi preziosi Grifondoro, nientemeno.” Snape sentì una
fredda ira risalire in risposta al rimprovero di Dumbledore.
Appoggiandosi allo schienale pose insolentemente una gamba sopra
l'altra e incrociò le braccia. La sua voce grondava sarcasmo. “Tieni
di più alla mia vita?”
“Sarebbe una tale
sorpresa se fosse così?” La risposta di Dumbledore fu repentina.
“Il tempo delle decisioni dettate
dai sentimentalismi è
finito. Siamo in guerra, ragazzo mio, e ho solo una spia ben
piazzata. Non puoi permetterti di correre un simile rischio.”
Per quanti anni Snape
aveva desiderato sentire l'uomo proclamare che la sua vita aveva un
valore e valeva la pena compiere qualche sacrificio per proteggerla?
Eppure adesso, di fronte ad una tale affermazione, il gesto risultò
inutile, una valutazione senza cuore sul suo valore per la causa. Le
parole di Dumbledore fecero
contrarre dolorosamente il suo stomaco.
Gli tornò alla mente il petto esposto, aperto e sanguinante della
signoria Granger mentre la maledizione esplodeva. Fu travolto
dall'ira.
“E se fosse stato
Potter? Hai sempre visto alcuni studenti più sacrificabili di
altri.” Mentre parlava, Snape si sporse in avanti, le mani
aggrappate ai braccioli della sedia.
“Io...”
Dumbledore s'interruppe con disagio, sembrando leggermente
imbarazzato per la prima volta durante la conversazione, e abbassò
gli occhi sulla scrivania. Una mano rimaneva chiusa lievemente a
pugno mentre Dumbledore la guardava. Le
rughe intorno alle nocche attirarono l'attenzione di Snape.
Dumbledore sembrava vecchio. La realizzazione era scioccante e
terrificante. Quando il preside parlò ancora, la sua voce era quasi
un sussurro. “Qui non stiamo parlando della tua infanzia, Severus,
ma delle tue azioni di ieri.”
Continuò Dumbledore, la voce ancora sotto controllo. “Sono
sollevato, ovvio, che la signorina Granger sia riuscita a
sopravvivere. E grato anche. Tuttavia, entrare nella sua mente mentre
tratteneva una simile maledizione è stata una sciocchezza eccessiva.
Se avesse perso il suo controllo mentale sareste morti entrambi o
avreste sofferto di irreparabili danni cerebrali.”
“La
tua logica è deplorevole, preside. Hermione Granger è vitale per il
risultato della guerra come lo sono io, se non di più. Abbiamo visto
entrambi i calcoli aritmantici: la ragazza è un elemento essenziale
per l'amicizia di quei tre. Purosangue, mezzosangue e nata babbana;
maschio e femmina: c'è una forte componente magica in questa
combinazione. Pensa, Albus! Cosa avrebbe potuto fare Harry Potter se
fosse stato responsabile per la morte della sua migliore amica? Quali
conseguenze avrebbe messo in moto questa situazione?”
“Il mio intervento
era necessario. Solo tu o io avremmo potuto gestire la Legilimanzia
richiesta e solo io so come curare il Sectumsempra. Non posso dire
che mi aspettassi la tua cieca gratitudine, Albus, ma confesso che
speravo in qualche parola di ringraziamento per aver salvato il
cervello del trio Grifondoro. Non so come la mia posizione di capro espiatorio
del Signore Oscuro possa
avere più benefici della sua continua presenza al fianco di
Potter.”
Snape era in piedi, le
mani sulla scrivania di Dumbledore e chinato in avanti, gli occhi
fissi su quelli del preside. Entrambi respiravano pesantemente.
“Severus?”
Dumbledore sembrava esitante. Si sporse in avanti e poggiò una mano
su quella di Snape. “Siediti, per favore. Ti devo delle scuse.”
Dopo diversi secondi
Snape sedette e, mentre lo faceva, tirò via la mano da sotto quella
di Dumbledore, incrociando le braccia sul petto.
“Grazie, Severus.”
Dumbledore si tolse gli occhiali e strinse tra le dita la radice del
naso. “Mi sbagliavo. Hai fatto la cosa giusta, quella onorevole.
Per la seconda volta in due giorni mi sono trovato nella stessa
posizione: in entrambi i casi ho riposto la salvezza di un giovane
uomo cui voglio bene al di sopra del bene comune. Sembra essere una
mia colpa ricorrente. Tu sei essenziale per la nostra causa, Severus,
ma ancora più importante, non potrei sopportare di perderti. Parlo
senza paura e spero che tu possa trovare nel tuo cuore la forza di
perdonarmi.”
Snape sentì
lo stomaco contorcersi involontariamente alle parole di
Dumbledore. Fin dall'incidente con la signorina Granger, il giorno
prima, le sue emozioni erano in costante tumulto. Non aveva
l'abitudine di entrare nella mente dei suoi studenti, al contrario.
Eppure, da esperto legilimante, la superficie dei pensieri ed
emozioni delle persone intorno a lui sfarfallavano
costantemente ai bordi della sua conoscenza – un brillante
caleidoscopio di intenzioni e desideri. Sapeva, per esempio, quando
qualcuno mentiva e reagiva senza possibilità di errore alla paura e
al disgusto che la sua presenza generava nella popolazione
studentesca in generale. Gli studenti della sua casa erano
un'eccezione, ovviamente, come lo erano diversi studenti degli ultimi
anni, in particolare quelli di Corvonero che riuscivano alla fine a
sostituire il loro iniziale terrore con un riluttante rispetto.
Eppure l'opinione di Hermione Granger lo aveva colpito. Aveva detto
di avere fiducia in lui e lo intendeva sul serio. La forza della sua
protezione occlumantica aveva soppresso quest'informazione lungo gli
anni della loro conoscenza, ma una volta dentro le sue difese, il
rispetto aveva colorato i suoi pensieri con un'intensità impossibile
da ignorare.
Ora, ecco Dumbledore
scusarsi e apertamente confessare la sua ammirazione. Le spesse
pareti delle difese emozionali di Snape erano inclini a resistere al
disprezzo e al sospetto, lasciando rispetto e preoccupazione
scivolare dentro delicati spazi interiori con una facilità che
trovava terrificante. Fissando il viso stanco di Dumbledore, Snape si
sentiva goffamente vulnerabile.
Il silenzio che seguì
le scuse di Dumbledore era carico e imbarazzante. Snape spinse in
avanti una mano in modo sia sprezzante che difensivo. “Basta.”
disse rauco, la gola arida. “I sentimentalismi non portano a
nulla.”
“Questo, ragazzo
mio,” rispose Dumbledore con un sorriso ironico, “è uno dei
pochi punti su cui dissentiamo.”
Snape
sbuffò
leggermente divertito. “Pochi?” chiese sarcastico, alzando un
sopracciglio.
Dumbledore rise
sollevato. Il leggero umorismo del loro scambio aveva fatto molto per
creare un certo
sollievo
tra i due. Dumbledore alzò la bacchetta e chiamò a sé una
bottiglia di firewhiskey con
due bicchieri di vetro da una credenza. Dopo aver versato due dosi
generose ne passò una a
Snape.
“Credo che entrambi
meritiamo una bevuta, non credi?”
Snape sollevò il suo
bicchiere in risposta e bevve avidamente. Dopodiché appoggiò il
bicchiere sul bracciolo della sedia e
osservò Dumbledore dall'altra parte del tavolo.
“Sarai felice di
sentire, Severus, che finalmente ho preso in considerazione il tuo
consiglio di parlare ad Harry della profezia”
“È un po' troppo
tardi, Albus.” Non c'era astio nella risposta di Snape, ma semplice
rassegnazione. “Se l'avessi fatto settimane fa, Sirius Black
sarebbe ancora vivo ed Hermione Granger non dovrebbe portare una
cicatrice per il resto della sua vita.”
Per un momento
Dumbledore non disse nulla, ma sollevò il bicchiere in segno di
brindisi “A Sirius Black, morto con lo stesso coraggio con cui è
vissuto.”
Snape proseguì. “A
Sirius Black,” gli fece eco, “l'ultimo della sua stirpe.” Bevve
una lunga sorsata, abbassando il suo bicchiere e notando che
Dumbledore osservava
con sguardo calcolatore.
“Severus, dimmi di
Hermione Granger.”
“Cosa c'è da dire? È
viva.”
“Sciocchezze. È
cambiato qualcosa. Anche se non posso dire di averti mai sentito
parlare di lei con lo stesso livello di vetriolo che Harry Potter
sembra ispirarti, ritenevo che non provassi per lei altro che
disprezzo.”
Snape trattenne il
respiro per qualche secondo, prima di rilasciarlo. Ancora una volta i
suoi occhi si spostarono di lato per osservare Fawkes. Mi ha
chiamato fenice. La parola
continuava a risuonare, ma non riuscì a ripeterla ad alta voce;
sembrava ridicolo. Era tentato di dire tutto
a Dumbledore e allo stesso
tempo di scagliare il bicchiere contro il muro e scappare via –
anche se sapeva che l'ultima opzione rinviava solo l'inevitabile.
Dumbledore avrebbe ottenuto da lui comunque una qualche versione
della storia, lo faceva sempre. Snape calcolò un'opzione sicura:
descrivere i concetti generali a Dumbledore, lasciando all'uomo più
anziano il
compito di
giungere alle proprie
conclusioni.
“Penso siamo
d'accordo che i miei tentativi d'insegnare l'Occlumanzia a Potter
siano stati un completo disastro.” Snape non poté fare a meno di
contrarre le labbra di fronte alla secca risata di Dumbledore. “Il
suo odio è stata una componente tossica per tutti i miei tentativi
dentro i suoi ricordi - e credevo che il sentimento fosse comune nei
suoi amici. Non avevo motivo di credere che la sua migliore amica
provasse qualcosa di diverso. Di
conseguenza, la mente della signorina Granger è stata una
completa sorpresa. Innanzitutto, la ragazza è un'occlumante
naturale. Se non lo fosse stata non credo sarebbe uscita viva
dall'Ufficio Misteri. Inoltre, non mi odia affatto. Sembra
addirittura che le piaccia l'ora di Pozioni.” Snape alzò le
spalle, fingendo nonchalance nella vana speranza d'ingannare un
preside così dotato nel leggere il linguaggio del corpo come se
leggesse la mente. Dietro le sue difese occlumantiche Snape urlava
silenzioso: ho scoperto la pelle perfetta del suo petto
e sono
stato ad osservare la sua tenera
carne che veniva
squarciata da una maledizione che il me stesso più
giovane, e immensamente più stupido, ha inventato. Dovrebbe odiarmi,
eppure avrebbe voluto ringraziarmi. Mi ha chiamato fenice.
“Ripensandoci,” continuò,
nessun segno visibile sul viso dei suoi reali pensieri, “è chiaro
che nei confronti di Harry Potter avrei dovuto utilizzare il solo
metodo pedagogico che sembra funzionare: avrei dovuto insegnare
direttamente alla signorina Granger e lasciare che lei passasse il
suo sapere e abilità attraverso un processo di educazione per
osmosi. Non ridere, Albus. Sono molto serio. Non hai avuto il dubbio
piacere di tentare di insegnare qualcosa a Potter e Weasley; è
Granger che apporta il cervello all'operazione. Al primo
anno è riuscita a risolvere il
mio puzzle
di logica... ”
“Vedo che brucia
ancora...”
“Lascia pure a me il
sarcasmo, Albus, non gli rendi giustizia. Al secondo anno Granger è
stata la prima a capire che quel mostro era un basilisco e si è
comportata con una perspicacia che ha salvato sia la sua vita che
quella di un altro studente, e sappiamo che ha sperimentato la
pozione polisucco all'inizio di quell'anno – incredibilmente
giovane. Dumbledore's Army è stata una sua idea e sono certo ci
fosse lei dietro qualunque scherzo abbiano giocato alla Umbridge.
Ogni volta Granger era presente per aiutare Potter; non sarebbe vivo
oggi se non ci fosse stata lei.”
“Ti sei scusato per
la spietata trascuratezza espressa per la sua vita oggi, ma cosa mi
dici del disprezzo che hai dimostrato negli ultimi cinque anni?”
Dumbledore
era chiaramente
offeso dalle parole di Snape. Sedeva rigido sulla sedia con la fronte
aggrottata.
Snape notò con sufficienza che aveva distratto con successo il
preside dall'indagare in profondità sull'incidente con Granger
e nel contempo si rese conto che
effettivamente aveva ottenuto una reazione allo specchio per le
allodole che aveva tirato fuori. Interruppe Dumbledore prima che
potesse protestare.
“Sto parlando della
classe di Difesa Contro le Arti Oscure. I ragazzi sono coinvolti in
una guerra mortale, Albus. Quale preparazione hanno? Cinque anni,
cinque insegnanti: uno più inetto del suo predecessore. Devi
assumere un candidato
qualificato quest'anno e se non lo fai insegnerò io stesso.”
Dumbledore sospirò.
“Hai ragione, Severus. Non sono preparati abbastanza, e non per
mancanza di voglia d'imparare. Eppure ci siamo trovati in questa
situazione così tante volte: la cattedra è maledetta e non posso
esporti ad un simile rischio.”
“Come ho ribadito
ogni volta, è stato il Signore Oscuro a lanciare la maledizione.
Incaricare il suo leale Mangiamorte è
il mezzo più sicuro per fare in modo che la maledizione venga
rimossa.”
“Forse.” Dumbledore
sospirò ancora, pesantemente. “Ti mancherà Pozioni, lo sai.”
Sorrise sbilenco all'uomo più giovane. La conversazione stava ormai
viaggiando verso percorsi sicuri e l'equilibrio era ristabilito.
“Lo so, anche se
pochi ti crederebbero.” Snape sentì le proprie labbra rilassarsi e
inarcò un sopracciglio. “Gli altri saranno più che altro convinti
della mia riluttanza a lasciare a qualcun altro il mio prezioso
laboratorio, piuttosto del piacere che traggo dall'argomento...”
“Parlando
d'insegnamento, Severus, credo di vedere un modo per salvare qualcosa
dalla nostra precedente discussione. Il prossimo anno dovrai dare
lezioni private alla signorina Granger.”
Severus fu colto
completamente alla sprovvista. “Potresti ripetere, Albus? Non puoi
essere serio.”
“Perché no?
Dopotutto è stato praticamente un tuo suggerimento. Potresti
iniziare col controllare che abbia il pieno controllo
dell'Occlumanzia e Legilimanzia e, da lì in poi, spostarti su
avanzate tecniche di difesa. Dal tuo racconto
è una studentessa sveglia e non ha obiezioni alla tua compagnia. Non
avendo più la responsabilità d'insegnare ad Harry durante la sera
avrai a disposizione molto tempo.”
Ancora una volta
Dumbledore era riuscito a mettere Snape all'angolo. Aprì la bocca
per protestare, ma la richiuse presto con la consapevolezza che
questa volta non gl'importava affatto. Scorrendo un dito sul labbro
inferiore si appoggiò allo schienale della sedia. Dall'altra parte,
il luccichio divertito negli occhi di Dumbledore. Riluttante a
capitolare così facilmente, Snape si voltò verso Fawkes per un
lungo momento. Era il suo turno di sospirare e lo fece nel modo più
drammatico possibile. “Molto bene, preside,” brontolò. “Ogni
tuo desiderio è un ordine.”
Poco dopo s'irrigidì
all'improvviso. La sua mano sinistra si contrasse e gli occhi si
spalancarono per il dolore.
“Voldemort?” chiede
con urgenza Dumbledore.
Snape annuì
bruscamente e si alzò.
“Posso abbassare le
difese della scuola nell'ufficio per farti andare direttamente...”
“No, non
preoccuparti. Devo prendere il mantello e la maschera.” Snape
sollevò il bicchiere di whiskey e lo finì tutto d'un fiato. Mentre
gettava una manciata di polvere volante nel camino, e si spostava nel
suo ufficio, sentì il saluto preoccupato di Dumbledore in
lontananza.
“Aspetterò il tuo
ritorno. Buona fortuna!”
Poco dopo Severus
usciva dai cancelli di Hogwarts. Alcuni
respiri
profondi furono
sufficienti per ripristinare la compostezza che lo aveva eluso
nell'ufficio di Dumbledore, prima di
toccare il marchio nero con la bacchetta
e svanire.
All'apparizione,
riconobbe il salone di Malfoy Manor. Non c'era bisogno della
maschera. La ripose in una tasca interna, sistemò il mantello e
camminò verso la sala. Il corridoio era stranamente vuoto e Severus
si mise a riflettere con inquietudine
sullo stato del suo precedente leader: le conseguenze
dell'incidente al ministero non potevano aver lasciato il Signore
Oscuro di buon umore. Mentre si avvicinava sentì un pietoso lamento
che risultò provenire dalla stessa stanza.
Narcissa Malfoy
piangeva curva ai piedi di Voldemort. All'arrivo di Snape si alzò in
piedi con imbarazzo.
“Va' via,” disse
Voldemort alla donna sconvolta, con evidente disprezzo. “Devo
parlare con il leale professore.”
Narcissa si spostò
verso Severus, oscillando leggermente. Si sporse in avanti e si
aggrappò alla sua manica. “Severus, ti prego...”
Una nota di assoluta
disperazione
marcava la sua voce. L'incarnato pallido del suo viso era macchiato
da una
sottile linea di
muco che le
segnava la guancia. Snape guardò la sua mano, dilatando leggermente
le narici.
“Ah, Narcissa,”
disse in modo strascicato, dando uno strattone con il braccio per
liberarsi dalla presa, “sempre
un'ospite così cortese.”
Il sarcasmo riuscì ad essere un ottimo sfogo per la sua irritazione.
Alle sue parole, il respiro di Narcissa divenne quasi un singhiozzo e
trasalì come se l'avesse colpita. Lanciando un ultima occhiata
terrorizzata verso Voldemort, scappò dalla stanza.
Solo con Voldemort,
Snape s'inchinò su un ginocchio, abbassando la testa. “Mio
signore,” disse.
“Mio caro ragazzo.”
L'ironia della scelta dei termini non sfuggì a Snape. “Alzati.
Vieni, siediti. Prendi da bere.”
Mormorando
un ringraziamento per un simile onore, Snape si alzò e si sedette
nella poltrona di fianco a Voldemort. Una tale convivialità era
rara. Forse il cerchio dei
Mangiamorte favoriti si è ridotto
dopo gli eventi al ministero e sono stato promosso dopo
un processo di eliminazione... oppure è una trappola. O entrambi.
“Sai, Severus, c'è
qualcuno fra i Mangiamorte che dubita della tua lealtà.”
Snape
sapeva di
aggirarsi su un
terreno pericoloso. “Lo
so.”
Voldemort rise, una
dura risata senza allegria. “Non sembri troppo preoccupato.”
Snape alzò le spalle.
“Nessuno può sperare d'ingannare il più grande legilimante del
mondo e sopravvivere.”
“Dici il vero, mia
cara spia.” Voldemort sembrava compiaciuto, gli occhi rossi
leggermente chiusi mentre la caricatura di un sorriso alterava i
tratti del suo viso piatto. “Quali novità mi porti?”
“Dumbledore non
ha convocato
alcun
incontro dell'Ordine
dal fiasco del ministero – sembra che sia stato troppo impegnato a
mandare dei
gufi a
Fudge. Il preside non sembra credere abbastanza nei burocrati tanto
da potersi fidare e Fudge è talmente
nel panico
da prender tempo finché Dumbledore non avrà di meglio da fare
altrove.”
“E Potter?”
“Il moccioso tiene il
broncio. E' incapace di apprezzare la fortuna di essere ancora vivo,
così come anche gli studenti che ha portato con sé, o l'ironia di
vedere l'uomo che è andato a salvare morire come conseguenza delle
sue azioni.”
“Severus, tu dipingi
un promettente scenario degli eventi che apparivano invece così
disastrosi.” Voldemort allungò una mano e accarezzò con un dito
la linea della guancia di Snape. Severus sentì il respiro bloccarsi
in gola e s'impose di rimanere calmo. Voldemort sibilò il nome di
Snape, il suono sibilante prolungato, come se avesse momentaneamente
perso il controllo della sua voce. “Ho sottovalutato il pericolo
che affronti giornalmente. Devi lasciare che ti ricompensi...
quest'estate Wormtail verrà a lavorare come tuo assistente.”
Una spia che spii la
spia? Snape non aveva
assolutamente nessun desiderio di passare
del tempo in compagnia di Wormtail, figuriamoci ospitarlo per dei
mesi. “Mio Signore, sei generoso.”
Voldemort sorrideva
ancora: era snervante. “Infatti, Severus, lo sono. Sai perché ti
ho invitato qui, stasera?
“No, Mio Signore.”
“Voglio condividere
con te alcuni dettagli di un piano estremamente confidenziale.”
“Mio Signore, ne sono
onorato.” I sensi di Snape erano alla massima allerta, sentiva un
imminente pericolo arrivare con palpabile forza.
“Sono rimasto molto
dispiaciuto di come sono andati gli eventi al ministero.” Il viso
di Voldemort s'incupì. “La profezia si è spaccata, i miei
Mangiamorte catturati e il mio ritorno al potere indiscutibilmente
chiaro – persino per quell'idiota di Fudge. Eppure ho deciso di
lasciare che la famiglia Malfoy abbia una possibilità di redimersi.”
La famiglia
Malfoy... Vuol dire Draco. Snape
studiò il suo viso per avere un'espressione interessata.
“Sì,” continuò
Voldemort, “il problema, come la vedo io, non è Harry Potter, ma
l'interferenza di Dumbledore.”
Non
pensarci adesso, avrai
abbastanza tempo dopo. Reagisci solo come un Mangiamorte. “Mio
Signore...,” Voldemort interruppe il suo commento con una mano
alzata.
“Esatto. Draco è
adeguatamente posizionato dentro la scuola e meno sospettabile
rispetto a te. Gli darò un anno. Se uccide Dumbledore sarà onorato
al di sopra di tutti gli altri.”
E se non riesce,
morirà. “Draco, Mio Signore?
Ma è molto giovane...”
“Ha sedici anni,
Severus. Sia tu che io abbiamo ucciso prima che il nostro
diciassettesimo anno fosse finito.”
“Mio Signore, perdona
la mia impertinenza, ma entrambi avevamo più talento di quanto ne
abbia Draco adesso. Ha qualche dote a livello accademico, certamente,
ma Dumbledore è un mago straordinariamente potente. Le possibilità
di successo di Draco sono insignificanti!”
Voldemort fece un
sorrisetto. “Ma è una possibilità, non di meno.” Si curvò
verso Snape, ancora una volta allungando una mano per toccare la sua
pelle. “Non agitarti, mia piccola spia. Se Draco dovesse fallire,
farò in modo che tu sia liberato in qualche altro modo: questo sarà
l'ultimo anno che passerai a rispondere agli ordini di Dumbledore.”
Snape represse un
brivido mentre le dita di Voldemort scorrevano lungo il suo mento.
Così la trappola è piazzata e l'avvertimento comunicato.
Voldemort
rise. “Un brindisi, Severus, a Draco!”
Snape non perse tempo
nel lasciare Malfoy Manor. Per un momento considerò una visita
veloce a Spinner's End, ma sapeva che gli obblighi della lunga serata
non erano ancora finiti. Il suo arrivo fuori dai cancelli di Hogwarts
fu accolto dal consueto osservatore: una gatta soriana
sedeva vicino al punto di smaterializzazione, la sua
coda piegata con cura intorno alle zampe.
Lui la guardò. “Sano
e salvo,” scattò. “Vattene via.”
La gatta sbadigliò e
si stirò prima di saltare nei cespugli con la coda sollevata che si
agitava. Quel comportamento era una dimostrazione impeccabile della
sua suprema noncuranza per l'arrivo improvviso dell'uomo e per il
tono da lui usato.
Dopo che la gatta se ne
fu andata verso il castello, Snape divenne arcigno. Lo sguardo di
piacere con cui Dumbledore accolse la sua seconda visita della serata
aggravò ancora di più il cipiglio. Il pensatoio era pronto sulla
scrivania. Snape iniziò a tirar fuori i ricordi della serata e a
riporli nel recipiente di pietra, senza
preoccuparsi di rispondere al saluto del preside. I fili argentati
vorticarono
e, per un momento, Severus immaginò che potessero essere altri
ricordi, qualcosa di bello e innocente, non un complotto per uccidere
una delle due persone presenti.
Fece un gesto arrogante
al pensatoio. “Dopo di te, preside.”
Dumbledore lo guardò
con apprensione. “Severus, tutto bene?”
Come
risposta, Snape indicò semplicemente ancora una volta il pensatoio.
Dumbledore rilasciò
un piccolo sbuffo dal naso
e si piegò in avanti, mettendo il viso dentro il liquido argenteo.
Poco dopo Snape fece lo stesso.
|