Si sentiva
osservato e difatti la sua sensazione era affondata: Usagi-san si era
svegliato durante la notte per guardarlo, come se fosse una statua al
centro di un museo degna di rispetto e contemplazione.
Fu così che
si sentì Misaki non appena aprì gli occhi:
importante sotto lo sguardo del suo compagno, steso accanto a lui nel
letto; in un primo impatto era tanto imbarazzante quanto inquietante:
sembrava che da un momento all'altro il professore avesse dovuto
commettere un omicidio.
Fu difficile richiudere
gli occhi e non farci caso; sentiva sempre la presenza dello scrittore
che lo osservava, lo scrutava dall'alto verso il basso come un animale.
Riuscì ad addormentarsi solamente dopo svariati minuti e
nemmeno così tranquillamente; continuava a chiedersi che
cosa avesse questa volta immente Usagi-san e, se nel caso, avesse
potuto tramare qualcosa, sarebbe stata un'idea malvagia.
«Usagi-san
faccio tar...»
Non era mai stato un
ottimo cuoco e quella mattina, chissà per quale strano
avvenimento, aveva deciso di cucinare e di prepararmi la colazione.
Sapeva benissimo quanto al mattino fossi preciso e lui ogni volta mi
doveva attardare.
La sua frase fu
interrotta da un rumore metallico proveniente dalla cucina. Un sospiro
uscì dalle labbra dell'universitario, distrutto e nel
contempo in pena per lo scrittore. Perchè
devono capitare tutte a me... Pensò, lasciandosi
andare sul divano e portandosi la mano sulla fronte, scompigliandosi i
capelli poco prima riordinati.
Uscì dalla
cucina con un vassoio tra le mani che gli portò un po'
goffamente, tanto che non poté non ridere. Non fu il massimo
la sua cucina -a pensiero di Misaki-, se così si poteva
chiamare, ma era il pensiero che contava, no?
Usagi-san non disse una
parola, si limitò a guardarlo con quegli occhi di ghiaccio e
con un debole sorriso impercettibile sulle labbra, che faceva sempre
uno stranissimo effetto.
Si alzò e
gli scostò il vassoio dalle mani; dopo aver dato un breve
sguardo all'orologio, si mise la giacca avviandosi successivamente
verso la porta. Notò il suo sguardo deluso e triste, ma fu
automatico quello che fece: non aveva tempo da perdere.
«Ci sentiamo
stasera Usagi-san!»
Sbagliò il
momento, così come lo sbagliò lui. Si
sentì deluso di sé stessi, di quello che
combinò qualche minuto prima che la porta di casa si fosse
chiusa e l'idea di tornare indietro era tanta.
Non vide la sua auto
all'uscita dal cancello dell'Università, segno che sarebbe
dovuto andare a prendere un treno.
Che ce l'avesse con lui
ancora per la storia successa in mattinata? Sì,
probabilmente. Aveva fatto una figura pessima e si era comportato da
perfetto idiota.
Si maledì
nella mente, scompigliandosi i capelli in modo agitato e correndo verso
la stazione: l'unico treno disponibile era solo quello della sera. Non
potrebbe andar peggio... Pensò,
incamminandosi fuori dalla stazione e cercando un bar per poter
mangiare.
Lui fu la sua salvezza;
sotto la pioggia e il vento forte, riuscì a ripararlo. Grazie,
Keiichi. Sospirò
sollevato per aver trovato riparo sotto il suo ombrello e poco dopo al
caldo in un ristorante.
«Spiegami un
po'... »
Keiichi interruppe quel silenzio che si era venuto a creare, interrotto
solamente dal vociare delle persone e dalla cameriera che chiese
l'ordinazione.
«Sempre la
solita storia: faccio l'idiota, si offende e finisce sempre in un
litigio.»
rispose, distogliendo lo sguardo quasi sul punto di piangere come un
bambino. Il Senpai fece silenzio, sorridendo debolmente. Non avrebbe
mai voluto mettere il naso nei suoi affari, ma per Akihiko...
«Vuoi passare
la notte da me?»
«No!» disse
immediatamente, con gli occhi spalancati dalla sorpresa, ma nel
contempo nella paura. Schiuse le labbra e sussultò appena,
scuotendo questa volta il capo in segno di negazione. In quell'attimo
Misaki arrossì, ma non si seppe spiegare nemmeno lui il
motivo di quell'imbarazzo.
Forse era la vicinanza
del corpo dell'uomo, forse le labbra così vicine alle sue
che da un momento all'altro si sarebbero toccare e lui... Lui non
riuscì a muoversi, nemmeno di un millimetro; come
imbambolato, immobile, come se sotto le sue scarpe avesse avuto la
colla. E il Senpai era lì, intento a guardarlo con gli occhi
socchiusi e un debole sorriso sulle labbra.
Il telefono squillo,
probabilmente era Usagi-san, ma Keiichi posò una mano su
quella di Misaki, impedendogli di prendere fuori il cellulare. "Non
è il momento.", disse in un sussurro sensuale, continuando a
rimanere in una vicinanza di cui solamente pochissimi millimetri li
divideva.
E da lì
arrivò il bacio: quello che l'uomo voleva, ma quello che
l'universitario non si aspettava, ma da cui non si sottrasse. Fu
travolgente, quasi perfetto, ma non come quelli che Usagi-san riservava
per lui e solamente per lui. Le mani del Senpai sfiorarono i fianchi
del ragazzo che ebbe un successivo sussulto; gli occhi di entrambi si
chiusero per godere a pieno quel momento. Ma una voce, una voce
riconoscibile da kilometri, interruppe quel calmo momento.
Lui
lo sapeva,
Lui lo aveva fatto apposta.
Il suo sguardo era
appoggiato su entrambi, quasi di fuoco, arrabbiato. Merda,
merda, merda...
«Misaki...» al suo nome,
deglutì, guardando entrambi: cosa poteva fare? La voglia di
scappare fu talmente tanta che avrebbe voluto metterla in atto, ma non
riusciva a muoversi.
«Akihiko, che
sorpresa! Sei arrivato in un momento un po'... Spiacevole?»
Angolino della scrittrice:
e ancora una volta
termino il capitolo lasciando a "suspance" ciò che
succederà nel prossimo! Vi avverto, la coppia UsagiXMisaki
la rileggerete solamente nei capitoli dopo quelli di MiyagiXShinobu!
Come al solito quella Ff è stata scritta di getto in un
momento di noia (sì, devono scrivere trecentomila altri
capitoli e non so come fare), ma cosa posso fare se ho una fantasia
cattiva!
Recensite in tanti (o qualcuno) e ditemi cosa ne pensate!
Un bacio,
HiMelLoser
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