Children of bodom fanfiction 3
Carry me away from
my pain
Yhden aikauden loppua
L'avvocato dell'accusa si alzò quando il giudice ebbe finito
di
parlare. Tutto gli sembrava fin troppo facile, il cadavere era stato
trovato vicino all'arma del delitto e, stranamente, vicino al
carnefice.
La ragazza, tuttavia sembrava terrorizzata, nonostante il suo difensore
continuasse a ribadire che fosse stata solo legittima difesa, lei se ne
stava lì, seduta su quella sedia. Fissava il vuoto e
sembrava
non essere presente in aula. In ogni caso ne aveva viste tante di
scenate e probabilmente anche l'affarino biondo stralunato stava solo
cercando di ottenere l'inanità mentale.
Chiese di poter porre alcune domande alla ragazza che venne scortata al
banco degli imputati. Conosceva l'uomo che aveva ucciso?
Sì, era il suo ex ragazzo, era tornato qualche giorno prima
dalla Norvegia e continuava a darle il tormento. Quale parte della
Norvegia? Oslo.
Il giudice aveva sorriso sotto i baffi. Praticamente tutta l'aula
sosteneva il conflitto che divideva Finlandia e Norvegia, e
probabilmente solo questo avrebbe fatto cambiare opinione alla giuria.
Ma come capo d'accusa essere di un'altra regione scandinava non
reggeva.
Era emerso da alcune mail scambiate nelle ore precedenti che fra i due
c'era un bambino, era vero? Sì, lei era rimasta incinta ma
aveva
abortito nel terzo mese di gravidanza. Avevano avuto rapporti da quando
lui era tornato?
La difesa si alzò affermando la sua obbiezione, non era
fondamentale per il processo. Il giudice la accolse.
L'accusa si schiarì la voce e continuò con le
domande,
stava cercando un punto debole nelle dichiarazioni fornite da lei in
precedenza. Aveva detto di aver ucciso l'uomo per autodifesa, con un
coltello da sushi? Sì, era l'arma più vicina che
aveva
trovato, non avrebbe voluto ucciderlo, era stata costretta. Costretta
da qualcuno? Costretta dalle circostanze, qualche giorno prima gli era
piombato in casa e l'aveva riempita di botte e l'avrebbe fatto una
seconda volta se lei non si fosse difesa.
Janika parlava con un filo di voce, tanto che il giudice continuava a
chiederle di ripetere la risposta. In realtà non era triste,
non
si sentiva in colpa. Per la prima volta nella sua vita era fiera di
quello che aveva fatto. L'avvocato che la stava interrogando era stato
pagato dalla madre di Trygve, un'arcigna vecchietta che aveva sempre
odiato, e
dalla nuova fidanzata che se ne stava seduta con un fazzoletto in mano
e il capo velato di nero, come se non fosse una tradizione morta secoli
prima.
Tutto questo le faceva ridere. Era accusata di aver ucciso un
uomo che l'aveva quasi ammazzata di botte. Ma forse, se non fosse stata
così avventata, avrebbe potuto denunciarlo lei e invertire
tutta
la situazione. Si era presentato dicendo di essere cambiato ma l'unica
cosa che era cambiata in lui era la facciata. Incrociò lo
sguardo di Janne, che l'aveva trovata ancora sdraiata a terra e coperta
di sangue, che le aveva detto di chiamare la polizia e che avrebbe
fatto di tutto per dichiarare l'autodifesa, gli sorrise, lui
ricambiò dolcemente. Ma dov'era Alexi? Era stato dimesso
dall'ospedale il giorno prima, sapeva dell'udienza e le aveva promesso
che ci sarebbe stato per darle il suo appoggio eppure la sedia accanto
a Janne era vuota. Probabilmente era arrivato in ritardo e non
l'avevano fatto entrare e ora era seduto sulle scale del tribunale
bestemmiando come un matto. Fissò negli occhi l'uomo che le
rivolgeva l'ultima domanda. Quante altre volte era stata picchiata? Non
lo sapeva di preciso, ma aveva deciso di non denunciarlo per paura.
La ragazza poté sedersi di nuovo al suo posto e il giudice
si ritirò insieme alla giuria per deliberare.
La sentenza fu emessa dopo un'ora. Il magistrato si sedette sulla
grande sedia e chiamò il silenzio in aula. Si
schiarì la voce e
sistemò i fogli che aveva in mano, iniziò a
parlare
lentamente:
- In vista dei fatti esposti e delle considerazioni fatte dalla giuria,
la signorina Janika Veera Virtanen viene assolta dall'accusa di
omicidio intenzionale e premeditato. Infatti si è preso atto
delle circostanze in cui si trovava la giovane e le viene quindi
concesso il diritto di autodifesa. Con la presente, dichiaro concluso
il processo. -
Questa era stata la terza udienza nel giro di pochi giorni. In poche
settimane era stata accusata e poi assolta ma, finalmente, il processo
era concluso. Janika era libera. Ma libera da cosa? Aveva pur sempre
ucciso un uomo. Non sarebbe andata in galera, non avrebbe passato il
resto della sua vita dietro le sbarre ma non riusciva a sentire la
sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato e si sentiva quasi in
colpa per questo. Eppure nulla, ripensava continuamente a quel giorno
ma l'unica sensazione che le provocava il ricordo del sangue lucido sul
pavimento era il piacere più assoluto. Si sentiva
più
forte. Nessuno l'aveva aiutata, era riuscita a fermare la persona che
tanto odiava da sola, con le sue mani. La soddisfazione di conficcare
il coltello nella carne, lacerare la pelle e i muscoli, rigirarlo
vedendo il liquido rosso colarle sulle mani. L'aveva ammazzato come si
ammazza una bestia. E non se ne pentiva. Desiderava, invece, provare di
nuovo quell'emozione. Vendetta. Contro tutti quelli che le avevano
fatto del male. La Vendetta era l'unica cosa che desiderava.
Uscì dall'aula insieme a Janne, tenendolo per mano e
cercando
Alexi fra la folla. Ma di lui non si vedeva nemmeno l'ombra. Janika si
voltò verso il ragazzo che le stava accanto e gli chiese se
per
caso sapesse qualcosa, il tastierista abbasso la testa cercando di non
incrociare il suo sguardo e sibilò un no. La giovane gli
strinse
più forte la mano ripetendo la domanda, Janne si arrese:
- Ok, ma poi non prendertela. Ieri è uscito dall'ospedale e
pensava che tu lo saresti andato a prendere ma tu eri impegnata con
l'avvocato quindi si è incazzato di brutto, ha preso e si
è chiuso in un bar. E' tornato alle tre di stamattina con
....
ecco Janika vedi, era tanto arrabbiato e probabilmente molto ubriaco
e.. -
La ragazza lo fulminò con lo sguardo intimandogli di dirle
con
"cosa" fosse tornato a casa il Suo ragazzo. L'altro
finì
la frase:
- Ecco.. era con una ragazza. Credo che l'abbia conosciuta al bar. -
Lei lasciò la mano del suo accompagnatore e restò
qualche
secondo nell'apatia totale. Senza sapere cosa una persona qualsiasi
avrebbe fatto in una situazione simile. E in quel momento, in quel
preciso istante, Janika lo capì. Capì di essere
sola. Di
esserlo sempre stata. E che la situazione non sarebbe cambiata. Vide
Janne molto più dispiaciuto di lei e intuì i suoi
sentimenti. La amava.
Janika Veera Virtanen. Ma chi era davvero? In pochi mesi le erano
successe tante di quelle cose da poterci fare un film. Eppure lei
cercava solo un po' di stabilità, voleva poter tornare a
casa di sera e avere un posto sicuro, un viso familiare e
quell'atmosfera calda che tanto le mancavano; ricordava gli anni
dell'adolescenza, tutti i giorni giurava che se ne sarebbe andata,
mentre ora, tutto quello che desiderava era poter tornare. Ma dove? Era
mai stata davvero felice? Sì. Ma gli unici momenti che
ricordava con felicità e tenerezza erano quelli passati con
Janne.
Alzò lo sguardo cercando il volto del ragazzo accanto a lei,
incontrò il suo sguardo e lo sostenne per qualche secondo,
lasciando che si perdesse nel vuoto dei suoi occhi, avvicinò
le labbra alle sue dovendo alzarsi in punta di piedi. L'altro le cinse
la vita con le mani e lasciò che le loro lingue si
incontrassero. Janika si staccò da lui dopo qualche secondo
e gli sussurrò ad un orecchio:
- Ti amo. -
****
Questo capitolo doveva
essere pubblicato il giorno del compleanno di Alexi e rimandando il
giorno di quello di Janne. Ok, direi che con la tempistica non ci sono
xD In ogni caso tra un po' arriva l'estate e spero di riuscire a
scrivere più in fretta ... Grazie di nuovo a tutti ^^
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