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di rihannasvojce
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‘se non hai niente, non hai niente da perdere’

una di quelle solite frasi fatte ma che mi rappresentava al meglio. Esattamente, io non avevo niente, niente di importante per cui vivere, niente per cui combattere, niente per cui stare bene. La mia vita era sinonimo di delusione. Forse per un’adolescente non dovrebbe essere così… bisognerebbe divertirsi, spassarsela, essere spensierati, senza paura ma io, io ero diversa, non riuscivo ad entrare in quel mondo così diverso da me, non riuscivo ad aggregarmi al gruppo, non riuscivo ad essere me stessa perché  quel timore, quello di non venire accettata, mi superava, mi comandava, conduceva tutte le mie azioni senza darmi il tempo di ragionare e di fare la cosa giusta. Preferivo fuggire da tutto, da tutti. Forse ero io che ero sbagliata, ero io che ero inadatta a quel mondo, a quella società. Mi sentivo un’emarginata, una povera asociale. Era sbagliato preferire stare sole piuttosto che in un gruppo dove la tua presenza era inutile? La solitudine era la sensazione più brutta in realtà ma a volte non si poteva evitare. Però c’era una cosa che per il momento mi faceva dimenticare l’abbandono, un oggetto sì pericoloso ma anche molto utile, una sottospecie di arma che era fondamentale per me: una lametta. Eccola, lei faceva predominare in me un altro sentimento, il dolore, offuscava nella mia mente quel senso di solitudine e per un momento, anche breve, non mi sentivo più emarginata.
Questo era quello che predominava nella mia testa e nel mio cuore sempre ferito. All’esterno non mostravo il mio dolore, preferivo mostrare un sorriso falso, bugiardo e forzato.




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