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Disclaimer: I personaggi non
mi appartengono
Ma sono di proprietà della Marvel ©
.: Fino A Non Poterne Piu’ :.
Ed il sangue è come vino che si gonfia nella gola,
reticoli rossastri che s’intrecciano e imputridiscono in un angolo del
cervello. Mettono radici e dalle radici sbocciano fiori putrescenti e
l’orizzonte alla finestra brucia come un pira d’arancio funereo.
È una sensazione che non gli è sconosciuta, perché
simile a Vodka ora il mondo gli scivola nelle vene: è nuovo sangue, è nuovo delirio,
è una realtà che ancora non esiste, ma lui sa di poter costruire, tassello dopo
tassello. Su un cimitero di kevlar e spandex il futuro sarà giusto, il futuro
sarà giustizia e la legge che vieta
la morte sarà finalmente scritta, nero su bianco sopra un registro inspiegabilmente
osteggiato –C’è una macchia di sangue, lì, all’angolo alto, una striatura
purpurea che rende tutto vano, tutto inutile e ci vorrebbe un brindisi allo
specchio, un alzare il bicchiere a se stesso, un drink per colui che crede e un
drink al suo riflesso, perché si decida
a farlo, una buona volta, maledizione.
A farlo davvero.
A credere di nuovo e ancora e fino a quando avrà
fiato in corpo.
Credere negli eroi e nel simbolo, nelle stelle e
nelle strisce. Tornare ancora e di nuovo a credere in se stesso e non ad un
bicchiere di whiskey o ad un completo nero –A lutto? Per chi? E quando? Lo
sarà? Lo è stato. Non ha potuto impedirlo- ad una targhetta di metallo che
lucida lo sbeffeggia e lo adula insieme, Direttore
dello S.H.I.E.L.D., Perché no, signorina Sharpe? –Perché la guerra che ho
vinto mi ha sconfitto, perché con la legge ho rinchiuso la Libertà e Dio, Dio, ho la nausea, sono nauseato,
caffè, crema, ben zuccherato, Dio, ancora e di nuovo, sembra cenere sulle
labbra e dentro la bocca e contro la lingua, signorina Sharpe, lei la sente? La
cenere della pira che brucia all’orizzonte, il rintocco, lontano un’eco di
campana a morto, forse la pioggia, forse Washington bianca e bianco il ruggito
del lampo e bianco il feretro al morso del temporale?
Io li sento, io sento tutto, a distanza come un
presentimento, vicino, una visione negli occhi e un brivido lungo la spina
dorsale, la cravatta stretta alla gola, un nodo scorsoio che si scioglie solo
con un secondo, un terzo, un quarto shot di potere, liquoroso, denso, che
profuma di vittoria metallica, odora di asfalto bagnato e lacrime di Arlington.
Ma il potere non si ferma, nonostante la pioggia. Il
potere s’accresce e s’accumula, granelli di idee e prototipi e rimasugli di
quel mondo nuovo che non è troppo tardi per creare, basta trovare i pezzi
giusti, il filo giusto, il giusto colore, la giusta forma.
Ogni tentativo è potere in più, aria in meno, fino a
quando non diventa troppo e allora quel potere si comprime.
Si contrae.
Deflagra.
Il mondo crolla e si capovolge, un regno oscuro dove
l’eroe è derelitto, e quel futuro? –Il futuro è svanito, signorina Sharpe.
Forse non c’è mai stato, Damien, ed io sono sempre stato solo il tuo giocattolo
preferito. Prima e dopo la guerra, prima ancora dello sparo e dopo l’Invasione,
ma sempre solo e soltanto un giocattolo. Un giocattolo in mani che non erano di
nessuno, se non le mie, io burattinaio inconsapevole dentro uno spettacolo
grottesco di consapevoli conseguenze. Sapevo che sarebbe successo. Non in che
modo, forse. Non quando, sicuramente. Ma lo sapevo. E speravo, speravo ne
valesse la pena. Ho continuato a sperarlo anche con le lacrime conficcate nelle
palpebre e una salma livida a mormorare senza freni il requiem del mio peccato.
E il potere? Quello è rimasto, si affeziona, e un
po’ ride e un po’ latra e un po’ si burla di tutti noi: come vino ancora si
gonfia, è proprio come la Vodka–Lo so riconoscere. Infiamma la gola e il
respiro mi manca e ho la nausea e tutto si incrina, tutto si sgretola, io mi
sgretolo e mi incrino per una forza che mi viene dall’interno, quel potere che
ho raccolto e che preme e pulsa contro le costole e il petto e il torace e le
arterie spingono contro la carne-
Il sistema è
in sovraccarico. I circuiti non reggono, ci sono segreti e mani che lo anelano,
sorrisi storti e un’intera esistenza che non deve più essere, perché se rimane
molte e tante altre esistenze ne pagheranno il fio. Le ossa stridono e gemono,
i nervi rabbrividiscono e una risata stridula di goblin si arricciola nel nero
più profondo del cervello: il presagio non lo si può ignorare quando si muta in
verità incontrovertibile.
E c’è sempre il potere, lì, che attende ed aspetta.
Paziente. La causa di ogni male. Il balsamo d’ogni ferita, veleno prediletto di
tutte le cicatrici.
È lì. E lui lo sa –Lo so.
Non sopporta più il peso –Non lo sopporto più.
Basta.
Un solo tasto.
Troppo potere.
Troppe promesse.
Basta.
Troppe mantenute.
Troppe infrante.
Basta poco.
Non ne valeva la
pena.
Basta un tasto perché ci sia la possibilità che
valga di nuovo.
In futuro.
Un futuro sulle macerie dimenticate di un vecchio
passato mai stato presente –O forse lo è stato. Non come volevo. Non come l’avevo
progettato. Anche se avevo le idee, anche se avevo il potere per rendere tutto
perfetto, tutto giusto, perché fosse scritto che i Damien dell’oggi e del
domani non dovessero più morire per una maschera ingiustificata. Forse quel
presente c’è stato e l’ho vissuto: la mia penitenza-
Un tasto solo per creare e plasmare l’alba –Per creare la mia redenzione.
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[ Cancella ]
{ È
avere tutto il potere
Fino a non poterne più
Di
promettere e di permettere tutto ciò }
[Pour arriver à
moi– Le Roi Soleil]
Note
Ci credete se vi dico che in realtà
la mia idea di partenza era scrivere una fan fiction leggera e divertente, non
su Civil War?
Poi sono andata su Piscina di Prompt
e ho trovato i versi di questa canzone. E ho pensato a Tony. E a Civil War. E a
Fallen Son. E alla Confessione. E poi a quel poco che sapevo su Secret Invasion
e Dark Reign (Che ancora non ho letto, per cui gli accenni che ci sono
arrivano tutti da santa Wikipedia che è nel web. Soprattutto nella parte
finale. Soprattutto per il “Cancella”) I riferimenti maggiori, comunque,
sono a Civil War. Diciamo che è da lì che si snoda il tutto, come un fiume in
piena che trova il proprio sbocco in quel “Cancella”. Una sequenza di ricordi e
di memoria, non un momento preciso. O meglio, il momento preciso si raccoglie
lì, alla fine, nel “Cancella”. Fate finta di aver capito
È delirante, lo so. Anche perché in
alcuni punti Stark entra non invitato nella narrazione. La coscienza di Stark,
ecco. Ed è una sorta di monologo interiore che si inserisce nello sproloquio in
terza persona –E’ arrivato da solo, sapete com’è! Lui è Tony Stark e può
permettersi di scriversi da solo. E’ delirante, ripeto. Stark mi ispira sempre
cose deliranti e rigurgiti introspettivi, che ci posso fare?
Sperando di non aver delirato troppo,
Quante volte ho usato la parola “delirare”?
alla prossima!
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