But
she doesn't know who I am,
and
she doesn't give a damn about me.
Il
suono di quella maledetta sveglia aveva il potere di farlo svegliare
ogni cazzo di mattina di soprassalto e di farlo cadere - ormai era
quasi abituato - puntualmente sul parquet scuro di casa sua. Che poi,
perché diavolo suo padre si ostinava a puntargli la sveglia
di nascosto? Saltava quasi sempre la prima ora per stare con Niall e
con Liam, lo sapeva ormai anche lui.
«Ma
vaffanculo» imprecò il riccio, cercando di
staccare il muso dal pavimento e tastando i mobili intorno per
rialzarsi alla meno peggio. Ecco che un'altra stupida giornata aveva
inizio.
Cosa
avrebbe fatto? Probabilmente avrebbe litigato con suo padre, avrebbe
fumato più o meno quaranta sigarette, avrebbe perso
l'autobus e avrebbe corso per mezza Manchester con una tracolla mezza
bucata in spalla, tentando di non farsi scivolare dalla vita i jeans
troppo larghi e infine avrebbe raggiunto casa del suo migliore amico
sfinito e con poca voglia di vivere già a partire dalle nove
del mattino.
«Sei
sempre il solito idiota, quante volte dovrò trovarti ancora
ai piedi del letto?» suo padre stava ritto in piedi sulla
soglia della sua camera, stretto in quell'abito ormai consumato e con
la gola strozzata da una cravatta rossa orrenda, probabilmente l'unica
che possedeva. Harry odiava il suo sguardo minaccioso. A dire il vero
Harry detestava suo padre e basta: Des Styles era un cinquantenne
frustrato che riversava tutta la sua rabbia repressa su di lui.
«E
tu sei il solito rompipalle, papà»
sbuffò il riccio, cercando una Lucky Strike dal pacchetto
sotto il cuscino; se la mise tra le labbra, accendendola con un
accendino trovato per caso nel caos di quella camera e si
stiracchiò, cominciando ad infilarsi il solito paio di jeans
e la solita maglietta dei Pink Floyd che metteva trecentosessantacinque
giorni su trecentosessantacinque.
Prima
che Des potesse replicare in qualche modo, Harry era già
fuori di casa con la solita cartella e la Lucky Strike mezza finita tra
le labbra: non faceva neanche colazione, alle sette del mattino quale
essere normale ha fame? Avrebbe comunque mangiato un sacco durante il
corso della giornata, avendo amici come Liam e Niall a fianco.
Si
accese una seconda sigaretta dopo aver finalmente raggiunto la porta di
casa di Niall Horan, suo migliore amico da dieci lunghissimi anni:
Niall si era trasferito a Manchester dall'Irlanda quando era solo un
bambino e da allora erano diventati come fratelli. Liam si era aggiunto
solo un paio di anni dopo, quando alle superiori tutti e tre avevano
cominciato a frequentare la stessa classe di algebra.
La
sua vita era così: fatta di birra, venerdì sera
in discoteca con i soliti idioti e tante ma tante sigarette. Niente di
allucinante insomma, la solita vita da diciannovenne standard; c'era
una cosa però, che quasi ogni notte gli si insinuava nel
cervello e non gli permetteva di dormire benissimo.
«Ma
porca troia, ti vuoi rendere conto che l'ho sognata di
nuovo?» il riccio si lasciò cadere sul divano
verde smunto della camera di Niall che ancora - da una buona ora -
stava sul water.
«Smettila
con sta storia, sembri coglione - urlò lui, concentrato nel
suo gioco per la PSP - anzi, scusami, lo sai già»
Harry
non lo sapeva da dove gli uscisse quell'immagine. Non sapeva
perché ogni sera, prima di addormentarsi aveva quel chiaro
viso impresso bene in mente. Non sapeva neanche per quale assurdo
motivo continuava a sognare una persona che non aveva mai visto in vita
sua.
«Sempre
il solito spiritoso» si lamentò Harry
strofinandosi gli occhi con le mani e cercando di non badare alle
minacce che il suo amico biondo lanciava al tipo di GTA.
Dopo
circa un quarto d'ora di pura nullafacenza, Harry sentì lo
sciacquone e un Niall profondamente scazzato uscì dal bagno
e si infilò una tuta nera, frizionandosi i capelli che aveva
lavato con un asciugamano di spugna «dovresti
smettere di pensare a quella tipa»
In
effetti non è che avesse senso pensare ad una ragazza
immaginaria: poteva essere la più bella ragazza a cui Harry
avesse mai pensato - e lo era davvero - ma restava comunque frutto del
suo cervello bruciato dalle troppe canne.
«Se
potessi controllarlo, l'avrei già fatto»
sospirò, spegnendo la cicca della sigaretta su una doga del
materasso e lasciandola cadere proprio sotto il letto, come faceva
quasi ogni mattina.
«Abbiamo
letteratura adesso? - domandò Niall, ignorando i pensieri
dell'amico che ormai da qualche mese aveva in testa questa ragazze
immaginaria - Harry, cazzo, non mi ammobare con le tue cose romantiche
già di prima mattina, sta' zitto»
Il
biondo infilò due libri nella cartella e prese le chiavi di
casa dal comodino, per poi sollecitare il suo amico ad uscire
perché entro pochi minuti sarebbe iniziata la seconda ora.
Noel
si rigirò nel letto ben cinque volte prima di alzarsi
definitivamente: dopo otto anni passati in Galles, ritornare a
Manchester e iniziare un nuovo percorso da zero non era proprio
l'ideale per una ragazza di diciotto anni, che doveva affrontare
l'ultimo anno di liceo.
Sua
madre bussò due volte prima di entrare in camera sua e
sfoderarle il solito sorriso di ogni mattina: teneva tra le mani una
fumante tazza di caffè americano con una fetta di pane,
burro e marmellata sul piattino. Forse faceva in quel modo per
addolcirle la pillola: rivedere Manchester, riviverla dopo tanto tempo
tra le campagne, era abbastanza strano, nonostante non avesse ricordi
precisi di chi frequentasse da bambina in quel periodo.
«Ma
non c'è la Nutella?» domandò
arricciando il naso e, puntellandosi con i gomiti, si mise a sedere sul
letto, assumendo un'espressione non proprio rassicurante.
«Amore,
fa male la Nutella - ecco che l'essere una tremenda ossessionata della
roba biologica e naturale al cento per cento cominciava a darle
l'orticaria già dalla mattina - e sai che tuo padre
è allergico a quella robaccia. Probabile che lo sia anche
tu»
Ecco,
come fare irritare Noel Wood in due velocissimi minuti «senti
mà, lasciami sola, devo soltanto realizzare che oggi devo
andare a scuola e devo cominciare con letteratura»
Se
c'era una cosa che Noel non poteva sopportare era la letteratura:
soprattutto Shakespeare del cavolo. Ma che importanza avevano quei
sonetti ipocriti sull'amore e sulla perfezione della donna? Noel aveva
solo voglia di ritornare in Galles dalle sue amiche.
«Va
bene, ti lascio stare» disse la signora Wood, poggiando la
tazza e il piattino sul comodino - praticamente uno dei pochi mobili
della stanza nuova - e uscendo velocemente.
Non
aveva ancora messo piede fuori di casa ma già sentiva di
odiare Manchester con tutta se stessa. Iniziare una giornata senza
Nutella, poi, era una cosa inaudita.
Si
vestì velocemente, provando a ripassare qualche sonetto con
scarsi risultati e, una volta in macchina diede inizio alla sua
disperazione più profonda: non pianse per un soffio.
Una
volta arrivata di fronte a quell'edificio imponente e di quel colore
così smunto, si sentì mancare; non era una
persona timida, ma Noel era molto spaventata dalle novità. I
trasferimenti improvvisati non erano proprio nelle sue corde, ecco.
«Oh,
tu devi essere Noel Wood» si sentì chiamare
improvvisamente, una volta varcato il cancello del liceo di Manchester;
quando si girò, un bel ragazzo dagli occhi chiari, grande
più di lei di almeno un paio di anni, la stava fissando
sorridente. Noel rimase un attimo destabilizzata dalla bellezza di tale
ragazzo ma cercò di darsi un contegno e lo guardò
stranita.
«Sono
Louis Tomlinson, il tirocinante della professoressa di
letteratura» Louis le tese la mano sicuro e lei si
sforzò di non sembrare restia, stringendogliela di rimando.
Non disse più niente, Noel era una ragazza abbastanza timida
a primo impatto, non si lasciava andare mai più di tanto.
«Beh,
questa è la classe della professoressa» il
tirocinante si accostò ad una porta di legno ridipinto di un
giallo pallido e bussò con dolcezza; quando sentì
la risposta pronta della professoressa, la aprì e
lasciò entrare per prima Noel, le cui guance erano ormai
diventate rosse per la vergogna.
Avanzò lentamente sforzandosi di non guardare quella ventina
di visi che la fissavano incuriositi: puntò lo sguardo sulla
professoressa, una donna cinquantenne con una crocchia grigia ben
sistemata. Si vedeva da un chilometro che insegnava letteratura
inglese, era la tipica donna fissata con la patria e la cultura.
«Ragazzi,
lei è Noel Wood, una nuova alunna della scuola» ci
fu un attimo di silenzio in seguito alle parole della professoressa
White, ma le solite risatine di qualche ragazza non tardarono ad
arrivare. Noel si sedette a ridosso dell'unico banco disponibile,
quello in prima fila, con una panoramica perfetta proprio sulla
professoressa White, desiderosa di sentire qualcuno.
Mentra scarabocchiava su un quaderno vuoto e cercava di prestare
attenzione alla lezione, si rese conte che un ragazzo riccio,
sicuramente un po' più grande di lei, dall'altra parte
dell'aula la stava fissando: un paio di occhi grandi e
meravigliosamente chiari le erano addosso, e proprio quando
cominciò a ripetersi che magari guardarla era solo un modo
per non fissare Mrs White, lo sentì esclamare «Cazzo,
Niall è lei».
~
Lo
so che vorreste uccidermi AHAH ormai esordisco così ogni
volta che inizio una fan fiction :) "Noel" arriva da un'idea che mi
è baluginata in mente un paio di giorni dopo del concerto
dell'11 Maggio (sono andata a vedere i One Direction a Berlino),
precisamente quando mi sono innamorata di Teenage Dirtbag. Diciamo che
di questi tempi non sono proprio molto ispirata, quindi non prendetela
a male se non posterò subito, anche perché prima
devo finire Technicolor. Beh, è su Harry
perché .. a dire il vero non c'è un
perché; ho un "legame" particolare con Harry e in questo
periodo mi rilassa scrivere su di lui. Ho pensato a Noel come Miley
Cyrus bionda con i capelli lunghi, ma se avete suggerimenti vi prego
aiutatemi perché io non ne sono assolutamente convinta, sono
disposta a rifare il banner anche AHAH (in origine l'avevo fatto con la
Palvin ma .. no ahah)
Fatemi sapere che ne pensate. Devo continuare o meglio che lascio
perdere?
Un bacione,
Ari
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