«allora?! »
«SHHHHHH!!! » dall’aula si alzò un ronzio assordante: erano
stufi di sentire bisbigliare i due piccioncini
«allora?! » le chiese, più piano
«allora niente.. ci vediamo dopo scuola.. » gli rispose,
appoggiandosi allo schienale della sedia, con le mani a coprirle il viso,
stanca.
Un paio di mani, estranee, ma così familiari, le spostarono
i polsi, e un secondo dopo le labbra del detective avevano infranto tutte le
barriere che le separavano dalla bocca della karateka.
Ran emise un debole gemito di sorpresa, che fu coperto dalle
urla dei bambini nel filmato. Voleva stringerlo, fregarsene della sedia cui era
incollata, dell’aula affollata in cui si trovavano, della professoressa che si sarebbe girata da
un momento all’altro, dei ragazzi che avrebbero pagato (e che, effettivamente,
avevano aspettato anni) per uno scoop come quello, delle ragazze cui sarebbe
preso un infarto. Voleva che la abbracciasse, che tutto tornasse come la sera
precedente: loro due, soli, un «ti amo» improvviso, una casa deserta, le luci
soffuse, un letto a pochi centimetri, la sua camicetta per terra, la sua maglia
chissà dove, tutta la notte per loro.. “ma che mi viene in mente?!?!?! – si
riscosse – siamo a scuola, accidenti!”
Gli stessi pensieri sembrarono animare il detective, che,
infatti, si staccò rapidamente dal suo viso con un
«ci vediamo stasera»
«come sta? » i due sussurravano, cercando di non farsi
sentire dalla “bimba”
«beh, l’hai distrutta, come vuoi che stia? »
«ma io cos’ho fatto? Insomma! Possibile che debba essere
sempre tutto colpa mia?? »
«senti, Shinichi – gli disse Agasa,paterno – vuoi davvero
farmi credere che non ti eri accorto che Ai si fosse innamorata di te?! »
Già, quella stessa Ai, che sarebbe dovuta stare a letto per
via della febbre e che, invece, stava abbondantemente spiando la conversazione
L’espressione del giovane lasciò perplessi entrambi, il
vecchio amico e la finta bambina: davvero non l’aveva immaginato. Davvero non
ne aveva idea. Possibile che non capisse l’effetto che scatenava negli altri?
Guardarlo negli occhi dava fiducia e sicurezza a qualsiasi innocente,
intimoriva e conduceva alla confessione ogni malvivente, affascinava le
ragazze, le donne, metteva in soggezione gli uomini. I bambini lo consideravano
un idolo, le bambine sognavano di sposarsi con uno come lui, da grandi. Le
donne gli avrebbero affidato la propria vita, gli uomini non si sarebbero
tirati indietro. La polizia si affidava a lui, i criminali speravano ancora di
poter ingannare il suo intuito. Le sorti del Giappone orientale dipendevano da
lui!
E lui non aveva idea di cosa potesse nascere, con queste
premesse nel cuore di due adolescenti con gli ormoni a palla, standogli vicino
per mesi e anni?! No, sul serio?
«che?! Ma che stai dicendo, doc? i-innamorata di me? Ma non
dire sciocchezze! – una risata isterica tradì la sua certezza. Era possibile..?
davvero Shiho Miyano, ex Sherry dell’organizzazione, cuore
di ghiaccio, mente ferma e scientificamente contraria ai sentimenti, davvero
una ragazza come lei poteva provare amore per lui? Lui che era già – l’aveva
messo in chiaro da subito – innamorato e silenziosamente dichiarato a Ran?
Perché ora si sarebbe dovuta mettere in mezzo?
- non è possibile… »
«invece sì – la ragazza era in lacrime, lacrime di una
febbre diversa da quella influenzale – non lo diceva il tuo amato Sherlock
Holmes? “dopo aver eliminato l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che
sia, dev’essere le verità”.. è impossibile, mio caro
detective, che io mi sia presa la briga di starti alle calcagna così a lungo,
solo perché in quanto detective avresti potuto aiutarmi a trovare indizi su
come creare l’antidoto per l’APTX, ed è altrettanto impossibile che, con tutte
le occasioni che ho avuto, non ti abbia mai consegnato all’organizzazione, per
lo stesso motivo. Mi sarebbe bastato cercare un altro detective e minacciarlo.
E mi sembra ancor più impossibile, correggimi se sbaglio, che ti abbia concesso
di provare su di te tutti quegli antidoci solo per
avere una cavia umana, non trovi? “ma tu sapevi bene come stessero le cose” mi
dirai. Certo. Lo sapevo eccome. Avevo avuto la verità sotto gli occhi per mesi,
mi era stata svelata più volte, e ci avevo anche creduto. Sapevo come stessero
le cose, è vero. Ma se c’è una cosa che ho imparato in tutto questo tempo, oltre
alla formula inversa di un composto chimico, è che gli esseri umani non sono
fatti solo di cervello e arti, adibiti a scopi meramente pratici, che le azioni
umane spesso e volentieri, più che dalla ragione sono dettate dal cuore, come
si è soliti chiamarlo. Non capivo, all’inizio, come stuoli di ragazzine
potessero stravedere per un cantante (o un detective, in questo caso) così,
quasi senza conoscerlo.. né lo capisco tutt’ora, in effetti. Il mio problema è che il detective in
questione io l’ho conosciuto, a fondo. Ho avuto mesi per farlo, e da poco mi
sono resa conto di cosa ciò significasse. »
Passò un minuto eterno. Shinichi non trovava le parole per
rifiutarla, soprattutto in quel suo corpo da bambina. Sapeva che soffriva, o
almeno lo immaginava, ed essere motivo di sofferenza non gli andava esattamente
a genio. Come se non bastasse ormai conosceva Ai, aveva imparato a volerle
bene, e l’ultima cosa che voleva era vederla soffrire. Aveva passato mesi a
proteggerla, dannazione!
Non uscì nulla dalle sue labbra.
«…beh – riprese, sconsolata, la
scienziata – volevo solo darti la mia spiegazione, ora torno a dormire. »
«aspetta.. » la fermò, inconscio di ciò che faceva, ignaro
di ciò che sarebbe successo
Al suo sguardo interrogativo, rispose «vieni qui. »
Lei si avvicinò, confusa, sotto lo sguardo di un Hiroshi
perplesso e lui si chinò, le prese il mento con una mano e la guardò negli
occhi. Le sue pupille immediatamente si dilatarono, il respiro accelerò, i
polpastrelli si inumidirono, le gambe tremarono impercettibilmente.
« mi dispiace – le disse, prima di baciarla sulla guancia,
constatando che, in effetti, stava avendo le stesse reazioni di Ran, quando lui
la toccava – non immaginavo…. – ma poi ritrattò – no,
scusa. Anche se avessi saputo, probabilmente non sarebbe cambiato niente. »
Avvicinò le labbra alla sua guancia, inconsapevole che
Shiho, ragazza innamorata, come regalo di addio, pretendeva ben altro: colse al
volo l’occasione e girò in un soffio la testa, così, quando Shinichi si scontrò
con la sua pelle, ad aspettarlo trovò un paio di labbra, morbide, calde. Lo
desideravano.
Dovette sforzarsi al massimo per non cedere a quel contatto:
sapeva quanto potesse essere piacevole un bacio, e quelle labbra gli
ricordavano così da vicino quelle della sua Ran.. già, la sua Ran, che in quel
momento era agli allenamenti di karate, che probabilmente stava pensando a
lui.. lui pensava a lei, non ci sarebbe stato posto per nessun’altra. Allontanò
il viso da quello della compagna di disavventure, con onestà.
Quel bacio per lei avrebbe significato molto di più, e per
lui sarebbe stato un tradimento in piena regola. Non poteva permetterselo, né
lo voleva. In quell’istante, così vicino alle labbra di una ragazza, non aveva
pensato alla persona che aveva i fronte, ma sempre solo a LEI. L’unica che da
anni lo teneva in una dolce bolla protettiva, bella, pulita, profumata. Senza
intrighi né sotterfugi, senza fughe né assassini alle calcagna.
«pfff.. che fatica.. » appena
finiti gli allenamenti, Ran si stava sfogando con la sua amica Sonoko
«dai, ripigliati! Tutti i ragazzi del corso non hanno
guardato che te! Paradossalmente da quando stai con il tuo maritino, sei ancora
più solare, e quindi ti guardano il doppio! Uffa, che invidia! »
«zitta! – le posò un palmo sulla bocca: nessuno avrebbe
dovuto sapere! – ah ah ah – le fece il verso – Sonoko, che dici? »
«Non fare la finta tonta e sbrigati! Devi andare o no a dare
“ripetizioni” – enfatizzò la parola simboleggiando maliziosamente le virgolette
con le mani – al tuo maritino? »
«va beh! Vado! » rispose scocciata, senza farle mancare un
pugno leggero sulla spalla
E si mise a correre.
«AAAAAAAAAAHHH!!!!!!! »
«che succede? » Shinichi e Agasa si spaventarono
notevolmente a sentire Ai, la composta e stoica Ai, urlare a quel modo
«non.. riesco.. a .. parlare.. »
Si stava contorcendo nel letto, stringendosi la mano destra
ad artiglio sul cuore. Si sentiva male. Che fosse..?
Esatto. Non passò un minuto che si trovarono davanti Shiho Miyano, febbricitante e sudata.
Non ci volle molto a convincere Shinichi a portarla a casa
sua, per starle vicino, almeno in quel momento: il senso di colpa ancora lo
attanagliava.
Suonò il campanello ed entrò con le chiavi che ancora aveva
con sé.
Lo chiamò ad alta voce, ma non ebbe risposta. Immaginando
che dormisse si diresse in camera sua.
Lì lo trovò, ma non era solo. Era impegnato in una
conversazione profonda con una donna che sembrava un po’ più grande di loro,
dall’aria triste e severa. Era Shiho.
Si bloccò sulla porta e, quando incrociò lo sguardo della
ragazza, si nascose dietro lo stipite. Shinichi le andò incontro e la sua
espressione passò da stanca, provata a dolce e serena.
«Ran! Non ti aspettavo così presto.. » le rivolse un sorriso
ampio
«s-scusa se sono entrata così.. non pensavo avessi ospiti..
»
«ospiti? – la guardò, perplesso, ricordandosi poi della neo
adulta seduta di là – ah! Sì, vieni » la prese per mano e la ricondusse nella
propria stanza, dove prima stava parlando con Shiho
«allora.. già vi conoscete, dunque.. » cercò di iniziare con
un approccio delicato, ma non seppe cosa dire
Ran era immobile: che ci faceva Shiho da sola in camera sua,
mentre lei non c’era? Avevano davvero solo parlato? Dopotutto, lei era
innamorata di lui..
«d’accordo.. torno più tardi.. » concluse per lui la
scienziata, che ora stava molto meglio. La sua aria di superiorità era
decisamente irritante. Shinichi non la trattenne e Ran non si mosse di un
millimetro.
Prima di oltrepassare la soglia di quella camera, si inserì
tra i due piccioncini e sfiorò la guancia di Shinichi con un bacio, quindi
sparì.
Shinichi, interdetto, arrossì violentemente, toccandosi la
guancia come alla ricerca di una prova tangibile che quella era la realtà e che
Ai lo aveva appena baciato davanti a Ran.
Se la ragazza non aveva ancora aperto bocca da quando era
entrata nella stanza, dopo aver assistito a quella scena si chiuse nel mutismo.
Come si sarebbe giustificato Shinichi?
Lui non parlò, né tantomeno tentò di giustificarsi ma,
prevedendo la sua reazione, si limitò a riprenderle la mano, in modo che non
potesse correre via.
Lei, furiosa, ci provò comunque, ma si trovò stretta fra le
sue braccia, come la sera precedente, e tutta la sua rabbia si trasformò in
insicurezza, e l’insicurezza in lacrime.
«non me l’aspettavo – azzardò lui – tra noi non c’è mai
stato nulla.. »
Silenzio.
«Ran?! »
Niente.
«Ran, rispondimi! »
«cosa dovrei dirti? » cercava senza sosta (e senza grande
successo) di trattenere le lacrime
«voglio che tu mi creda e capisca cosa provo.. »
«come, se ho appena visto
un’altra che ti baciava? »
«già – iniziava ad irritarsi: possibile che si sentisse così
insicura? Possibile che ancora non si fidasse del suo amore? – ma mi sembra che
quando mi baci tu le mie reazioni siano leggermente diverse.. » commentò,
acido.
Lei arrossì. In effetti..
«di cosa stavate parlando? »
«anche lei è tornata adulta all’improvviso, senza prendere
l’antidoto.. è strano.. »
Fu un fulmine a ciel sereno: se n’era dimenticata! Aveva
passato mesi a fingersi un bambino, con lei!
Ai se ne andò, soddisfatta: quel round l’aveva vinto lei.
Sperava che Ran si ingelosisse tanto e a tal punto da
lasciare Shinichi, ma in fondo sapeva di non avere possibilità. Da bambini
aveva provato più volte a fargli comprendere i propri sentimenti, a sedurlo..
invano.
Lui pensava sempre solo a lei. D’altronde non aveva forse
insistito perché trovasse l’antidoto il prima possibile? Non voleva vivere da
bambino. Non voleva una vita senza Ran. Non voleva lei.
Si ritrovò davanti alla porta di Agasa, le chiavi in mano,
una lacrima sul viso. Lasciò cadere la borsa.
E si sarebbe anche lasciata andare ad un pianto profondo, se
la porta non si fosse aperta improvvisamente e il dottore non le si fosse
parato davanti, pronto ad uscire.
«Ai.. che è successo? »
«niente, mi è entrato qualcosa in un occhio.. » e corse in laboratorio, quasi
senza accorgersene.
Non volle sentire ragioni, e se ne andò. Dannazione! Ogni
volta che si vedevano succedeva qualcosa di brutto! Aveva il cuore a pezzi. Non
era bastato scoprire che l’amore della sua vita e il suo adorato fratellino
erano la stessa persona, che non sarebbero potuti coesistere, no. Doveva anche
essere così ambito, Shinichi? Sapeva che l’amava: a modo suo gliel’aveva
dimostrato. In fondo al cuore sapeva che, nonostante tutte le bugie, le scuse,
gli inganni, quella era una verità indiscutibile.
Quello stesso cuore, però – o sesto senso femminile – le
diceva anche che quella donna, Shiho, aveva non poca importanza per lui. Fosse
perché gli serviva qualcuno in grado di riportarlo alla sua età, fosse perché
quella donna più grande gli dimostrava molteplici attenzioni, lusingandolo,
fosse perché, come bambini, avevano trascorso molti mesi insieme e avevano
imparato a conoscersi, ad apprezzarsi: due menti elette in mezzo a bambini, tabelline
e moltiplicazioni, qualunque fosse la ragione, era evidente che le voleva bene.
E lei era terribilmente gelosa.
Camminava impettita, ma era scoraggiata. Si sforzava di
comprendere, ma non riusciva a capacitarsi che quella perfetta sconosciuta dai
capelli ramati avesse saputo il suo segreto prima di lei, che ne fosse la
causa. Non era giusto.
Era così concentrata da dimenticarsi persino di piangere.
Era così concentrata da non accorgersi che Shinichi l’aveva
rincorsa, con tanta foga, chiamandola a gran voce, che non avendo risposta le
si era parato davanti e, appena si scontrarono, la strinse.
Lei non parlò e lui non la interruppe.
All’inizio inerte, le bastarono pochi secondi a contatto con
il suo petto, stretta tra le sue braccia, con la testa appoggiata alla sua
clavicola, per dimenticare la rabbia e desiderare di essere stretta di più a
dispetto dei compagni di scuola che da sempre si prendevano gioco di loro, a
dispetto di Shiho che cercava di portarglielo via, a dispetto delle bugie che
fino ad allora aveva dovuto sopportare.
Era inciampata e non si era curata granché di rialzarsi, era
rimasta aggrappata a lui, senza fiatare, con il seno premuto sui suoi
addominali e il volto sulla sua camicia. Non si vedeva la sua espressione e
neppure la camicia era bagnata, ma lui sapeva che, silenziosamente, stava
piangendo. Sapeva che era gelosa. Sapeva che lo amava. Mentre correva aveva
provato ad immaginarsi nei suoi panni: aveva immaginato di essere su, a casa
sua, nella sua camera, andato a trovare la sua Ran, e di trovarla impegnata in
un’intensa conversazione con uno dei ragazzi che a scuola stravedevano per lei
(e non erano certo pochi). All’inizio si sarebbe limitato ad una leggera e
fiduciosa irritazione, ma poi, vedendo che quel tipo le dava un bacio, sì, non
si sarebbe trattenuto. Sarebbe stato geloso fino al midollo. Un po’ come gli
era successo quando sembrava interessata ad Araide.
Poteva capirla e, anzi, ne era lusingato.
Lei si sentì stupida, ma anche infinitamente completa,
finalmente.
THE END.
Che ne pensate? Ho aspettato di finire la storia, prima di
scrivere ufficialmente a voi che mi avete seguito con tanta pazienza (per non
sembrare troppo infantile – già lo stile lascia a desiderare! – e per non
rendere troppo pesante la lettura – già lunga di per sé)
Non vi cito tutti nei ringraziamenti, per paura di
dimenticare qualcuno e perché mi sembrerebbe un po’ opportunista..
Recensite!
Un bacio, e passate da “la storia, dall’inizio” (quella sì
che sarà infinita.. mi viene male solo a pensare a quanto tempo ci
metterò..)!!!
Grazie di cuore per aver letto fin qui! <3
Lur.