d
Palatino si aggirava stancamente lungo le sponde del Tevere.
Era stata una lunga giornata, tra lavori agricoli e brigantaggio
occasionale, il poverino non aveva avuto mai un attimo di pace.
Tra l’altro, con Etruria che cercava di espandersi da un lato, e
quel nevrotico di suo cugino Lazio che lo stressava dall’altro,
ogni giorno era un susseguirsi di scontri ed incontri infelici, e lui
non sapeva più che scuse inventare per trarsi fuori
d’impaccio e continuare a vivere la sua tranquilla esistenza di
piccolo villaggio di collina.
Il pastore (e sì, lui era anche un pastore), ripensando alla sua
scomoda posizione ed ai tempi difficili, sospirò stancamente e
fece per portarsi alla bocca il pezzo di carne che si era portato da
casa insieme al vino, quando una macchia nera gli si fiondò di
fianco, azzannò il pezzo di carne e corse via.
- Maledetta lupa!- sbraitò Faustolo, brandendo il suo lungo
bastone da pecoraio ed inseguendo l’animale.
Erano circa sei giorni che quella bestiaccia faceva razzia nei suoi
territori, ed i suoi sei fratelli minori lo stavano angustiando.
“Quando la catturi quella bestiaccia? Mi ha mangiato tre galline
stanotte!”
“Allora, la tira o no la cuoia questa cagna rognosa? Terrorizza i
miei abitanti!”
“E be’, dov’è la pelle di quell’animale
malefico? Quand’è che ti decidi a scuoiarlo per
bene?”
Ah! parlano bene, quei miserabili! E
mica m’aiutano ad incastrare ‘sta belva! Si
lamentò lui, mentre inseguiva l’animale che, ad un tratto,
s’infilò in una specie di grossa tana e lì si nascose.
- Ah- ah! beccata!- esultò il pastore, pronto a piombare
sull’animale in trappola e a rifilargli una bastonata in testa,
ma si bloccò giusto in tempo.
La lupa si era infatti fermata sulle quattro zampe e lo fissava per
nulla impaurita, quasi con aria di sfida, Faustolo stava per assestarle
una bastonata, quando due bambini erano sgusciati fuori dal retro buio
della piccola tana e si erano attaccati alle sue mammelle.
Il pastore rimase con la verga sospesa a mezz’aria e la bocca
aperta, la lupa lasciò cadere il pezzo di carne e si
leccò il muso.
I piccoli erano coperti da due straccetti sporchi di terra e
chissà che altro, ed uno dei due stava per addormentarsi mentre
succhiava il latte.
Faustolo, incredulo, poggiò a terra il bastone e si chinò
verso l’animale.
- Posso…?- mormorò, indicando i bambini, mentre guardava
negli occhi la lupa, che chinò la testa, come se avesse
acconsentito.
Palatino prese delicatamente i due piccini in braccio, che lo
guardavano l’uno mezzo addormentato e l’altro fin troppo
sveglio, e li portò a casa.
- Ragazzi!- tuonò, aprendo la porta della sua abitazione con un
calcio.- Abbiamo due nuovi fratelli!- disse allegro.
I suoi sei fratelli minori, seduti al tavolo della grande sala da
pranzo (che poi era anche la cucina), si voltarono contemporaneamente
tutti di scatto.
- Ah, altre bocche da sfamare?! Già moriamo d’inopia noi!-
sbottò Esquilino, guardandolo torvo.
- E chi sarebbero? C’è un ottavo colle qui intorno?-
domandò Quirinale, ignorando l’infelice ma veritiera
osservazione di Esquilino.
- No, loro sono un nuovo villaggio.- spiegò Palatino, entrando.-
Sai, tra l’isolotto sul Tevere ed il mio colle, c’è
un nuovo insediamento.-
- Ah, quindi li stavamo aspettando…- fece Celio, sorridendo.-
Dalli a me, ora faccio loro un bagno.- si offrì, tra i sette
sembrava il più affabile e gentile, anche se in
realtà era il più disonesto e doppiogiochista.
Il maggiore gli passò i bambini e l’altro sparì
fuori casa, dato che era lì che avevano l’acqua per
lavarsi.
I sei fratelli, rimasti in sala, iniziarono a discutere sul nome da
dare ai due piccoletti, il loro nome di villaggio era Roma, ma non si
sapevano i loro nominativi umani.
Proprio mentre stavano per azzuffarsi sul nome da dare ai bambini,
Celio rientrò in casa, con un sorrisetto poco rassicurante e
divertito sul volto.
- Signori…- annunciò, richiamando l’attenzione di
tutti, diede uno dei due bambini a Palatino e sollevò
l’altro, quasi fosse stato un sacerdote che consacrava il pugnale
prima di immolare la vittima sacrificale.- …ecco a voi, la
nostra prima sorella!-
Nella stanza piombò il silenzio.
La bambina, o quello che era, li guardava inconsciamente divertita
dall’alto della presa salda delle mani di Celio, che attendeva
sogghignando una loro reazione.
- Non è possibile!- tuonò Viminale.- Guarda meglio!-
- Iniziano a venirmi dubbi esistenziali…cosa fa esattamente una
donna?- cadde dalle nuvole Campidoglio, guardando spaesato i fratelli,
ma vide il suo spaesamento riflesso in sei volti.
- Allora, di norma, una donna cucina e fa figli…e, se non erro,
cuce i vestiti…ma potrei sbagliarmi.- intervenne Quirinale,
pensoso.
- Sì, ma…voi conoscete nomi di donne?- cambiò
argomento Aventino.
- Ehm…Catilina?- azzardò Esquilino.
- Deficiente, Catilina è da maschio.- l’apostrofò
Viminale.
- Ma finisce per A…- ribatté lui, l’altro
sospirò, scuotendo la testa.
Iniziarono ad urlarsi contro su quale nome fosse da uomo e quale da
femmina, mentre Celio si mise a fare i versi ai due bambini, che
ridevano di gusto.
- Almeno qualcuno si diverte…- mormorò tra sé
Palatino, che stava osservando tutta la scena in disparte.
Gli altri cinque fratelli si stavano azzuffando, com’era loro
solito.
- E quindi si chiama Tiberio!- urlava Aventino.
- E da quando il mio nuovo fratello si chiama Tiberio perché
l’hai deciso tu?!- tuonava in risposta Campidoglio.
- Vuoi che ti pesti, eh?- ribatteva Aventino.
- Ah, sì, vediamo, non saresti buono neanche a togliermi la
suola ai calzari!- lo provocava Campidoglio.
- Cinna! Cinna è un nome da femmina!- strillava dall’altro
lato Esquilino.
- No, coglione, mica perché finiscono per A sono nomi da
femmina! Stai elencando tutti nomi maschili!- rimbrottava Viminale.
- E dai, basta, pure sui nomi da femmina ora!- si lamentava Quirinale.
- Allora chiamiamola Faustola!- insisteva Esquilino.
- Faustola non esiste! E se esistesse, sarebbe orribile!- gli urlava
spazientito Viminale.
- Allora Tiberia!- ci riprovava Esquilino.
- Se, va bene…a questo punto chiamiamola Lazia e facciamo
prima!- lo sfotté l’altro, mentre Quirinale faceva ancora
più chiasso cercando di calmarli.
- Basta! Silenzio, bestiacce!- tuonò Palatino, riportando
ordine.- Il bambino si chiamerà Tiberio, perché
è giusto che porti il nome del fiume che lo sfama e lo disseta.
La bambina si chiamerà Clelia*, perché per sopportare
sette bestie come noi le ci vorrà parecchio coraggio. Il loro
secondo nome sarà Remo per il maschio, e Romolo per la femmina,
sono diversi perché ci può essere una sola città,
una sola Roma, ed una sola rappresentanza può essere legata alla
città, il bambino sarà invece il regno di Roma, se gli
dèi hanno concesso a Roma due rappresentanze, vuol dire che quel
villaggio è destinato alla grandezza.- prese un respiro
profondo.- Lamentele? Se ce ne sono, parlate uno per volta.-
I cinque si guardarono, mentre Celio era alle prese coi due marmocchi
che gli si erano attaccati chi ai capelli e chi alla tunica, e
gorgheggiavano parole incomprensibili, cercando di mordergli con le
gengive qualunque parte del suo corpo (mani, braccia, naso) che
capitasse loro a tiro.
- No, ci sta bene.- parlò a nome di tutti Campidoglio, che dopo
Palatino, era il più grande, e fu chiusa lì la questione
dei nominativi.
Angolo autrice:
*Il nome Clelia significa "coraggiosa".
Salve a tutti, come va?
Se ve lo stavate chiedendo, sì, è la mia solita storiella
random e disimpegnata, ed è nata più o meno così:
ero in macchina e guardavo fuori dal finestrino, ripensando al compito
imminente di letteratura latina, quando mi sono ricordata che Roma
sorge su sette colli, i quali colli, in epoca preromana erano abitati
da comunità di pastori/agricoltori e briganti d'occasione, in
prevalenza, erano tutti maschi (ecco perché poi si giunge al
famoso "Ratto delle Sabine").
Insomma, mi ricordo di queste sette villaggi e mi chiedo "E se Nonno
Roma avesse sette fratelli maggiori, oltre che una sorella gemella?"
A sera, espongo la mia idea ad alcune mie amihe, ed eccoci qui.
Ne sono venute fuori un sacco di scenette più o meno comiche,
quindi...anche se non sarà il massimo, spero che vi
piacerà.
E' solo un'idea, una sequela di storielle più o meno lunghe
sull'età arcaica romana.
Grazie per aver letto la prima.
Ah, sì, i fratelli sono tutti uomini, non ci sanno fare con le
donne, ecco perché i tanti complessi e dibattiti su Clelia, loro
prima ed unica sorellina.
|