Hola
fanciulle :)
Finalmente
posso dare sfogo alla mia fantasia malata, quella più dark e
misteriosa che solitamente preferisco alle altre mie fantasie torbide.
Spero che questo genere di O.S. possa piacervi, anche se è
piuttosto strana e nata guardando il video di " Wicked Game" e " When
love and death embrace". Soprattutto il secondo, ha un aria
così cupa che boh è riuscito a farmi partorire
questa cretinata. In " Wicked Game" ( togliamo pure lo spogliarello xD)
Ville è così tttttenero. Quindi voi mettete
insieme questi due dettagli e partite anche voi con la fantasia xD
I
posti che verranno citati esistono solamente nella mia mente e non sono
responsabile degli effetti collaterali che potrete avere u.u
Dopo
questo vi saluto augurandovi buona lettura :D
Un cantante non dimentica mai la prima volta che accetta
qualche moneta o un elogio in cambio della sua voce e della sua band.
Non dimentica mai la prima volta che avverte nel sangue il dolce veleno
della vanità e crede che, se riuscirà a
nascondere agli altri la sua timidezza, il sogno della musica
potrà dargli un tetto sulla testa, un piatto caldo e
soprattutto quanto più desidera: il nome della sua amata
band stampato su miserabili volantini e biglietti. Un cantante
è destinato a ricordare quell'istante, perché a
quel punto è già perduto e la sua anima ha ormai
un prezzo.
Il mio prezzo era quello di restare chinato sui fogli a tracciare
parole e scarabocchi per tutta la notte, rendendomi schiavo della mia
stessa passione e di quelle lamentele che trovavano il loro sfogo
tramite la scrittura. Non ricordavo nemmeno da quando tempo fossi
rinchiuso nella stanza di quella torre che con il passare del tempo
stava diventando sempre più sola e triste. Evitavo
accuratamente di guardarmi allo specchio perché sapevo di
essere un fantasma o forse solo l'ombra di esso e non avevo la minima
intenzione di contemplare quel riflesso ormai spento. Sentivo i miei
occhi bruciare e reclamare il loro diritto di riposo. Forse
dovevo staccare.
Con il sonno che annebbiava la vista, scrissi l'ultima frase e
nell'istante successivo sentii le palpebre appesantirsi fino a quando
vidi l'oscurità in mezzo ai fogli sparsi.
Non seppi di preciso quando durò quella piccola calma. Le
mie orecchie probabilmente non si erano lasciate ingannare dai piaceri
del sonno e prontamente intercettarono un rumore: lo sbattere di una
finestra che mi fece subito alzare la testa dal tavolo su cui mi ero
assopito. Ancora frastornato mi guardai intorno e capii che il rumore
proveniva dalla mia stanza da letto. Mi passai una mano sul volto
ancora stanco e andai a chiudere la finestra che non ricordavo avessi
lasciata aperta. I raggi del sole mi investirono in pieno e mi sentii
tremendamente infastidito da quel colpo vitale che aveva trafitto la
mia faccia come un pugnale e i miei occhi come l'acido. Non me ne ero
accorto, ma avevo dormito quel tanto che bastava per non guardare
l'alba e un nuovo giorno sorgere. Spostai le tende per chiudere la
finestra e subito i miei occhi si spostarono sul comodino sulla quale
c'era una busta che prima non avevo notato. Mi avvicinai decisamente
confuso. Era come se qualcuno fosse entrato in camera mia e avesse
sistemato quel pezzo di carta apposta lì. Presi la busta e
la esaminai. Era chiusa con un sigillo di ceralacca in cui si notava il
disegno di un angelo dai contorni neri. A parte questo, l'unica cosa
visibile era il mio nome impeccabilmente scritto in una grafia obliqua
e raffinata. Ancora confuso aprii la busta e ne estrassi un
foglio piegato in due sul quale, nella stessa grafia, era scritto:
" Mio caro amico,
mi permetto di scriverle
per trasmetterle tutta la mia ammirazione e i miei complimenti per il
successo ottenuto in questi anni. In quanto appassionato di musica e
amante della buona letteratura, mi fa un immenso piacere incontrare un
uomo intelligente come lei e una voce piena di talento come la sua. Mi
consenta, dunque, in segno di gratitudine per le belle ore che
l'ascolto delle sue canzoni mi ha regalato, di invitarla ad una piccola
sorpresa che confido sia di suo gradimento a mezzanotte all'Ensueno. La
aspetteranno.
Affettuosamente
S.P."
Lessi quel foglio più volte imparando quasi immediatamente
quelle parole per me del tutto strane.
" Interessante."- mormorai rileggendo per l'ennesima volta la parola
Ensueno. Non era un locale per anime caste e pure. Era uno di quei
posti in cui si conoscevano donne nel senso biblico ed estatico, ovvero
a letto. Era gestito da due ragazzi spagnoli, ma credevo che avesse
chiuso i battenti da un bel pò. Mio padre me ne aveva
parlato e nonostante le grandi cose che si narravano sul suo conto, non
ci ero mai stato. Nonostante il tipo strano di clientela, l'Ensueno era
un locale elegante.
Le mie avventure, i miei amorazzi e i baci rubati da adolescente si
erano caratterizzati fino a quel momento per una passione istintiva che
era finita così come era arrivata. Non erano di certo degni
di attenzione e non capivo perché mai un uomo mi avesse
invitato in un posto del genere. Che sapesse anche della mia attuale
carestia?
Eppure nulla nel mio breve catalogo di carezze, baci e notti passionali
poteva essere preso in considerazione. Ero così sfigato da
meritare un soggiorno anche solo per pochi minuti in un posto da
disperati come quello?
" Molto divertente, caro S.P."- continuai a mormorare divertito mentre
rigiravo fra le mie dita i tratti spigolosi del foglio. Lo rimisi al
suo posto in una maniera meno aggraziata di come l'avevo trovato. Mi
stiracchiai e decisi finalmente di guardarmi allo specchio. Le occhiaie
stavano gradualmente prendendo il sopravvento diventando sempre
più scure; il colore della mia pelle stava diventando
giallastro, segno non solo della nicotina che avvelenava il mio sangue,
ma anche della vita svolta al chiuso in quella torre maledetta. Se a
volte ero definito cantante maledetto, in fondo non potevo che essere
d'accordo; i miei occhi erano iniettati di sangue ed erano spenti. La
stanchezza mi stava facendo decisamente brutti scherzi. Mi passai una
mano su una guancia e poi sull'altra, fissando il mio riflesso quasi
fosse la prima che lo vedevo completamente. Mi allontanai con un
piccolo ghigno sul volto rendendomi conto quanto fossi deperito e
malaticcio. Forse quel signor S.P. non aveva tutti i torti ad invitarmi
a trascorrere qualche ora in maniera diversa. Ripensandoci, non era un
invito sconcertante e di certo non potevo venirmene fuori con la storia
che non fossi un miscredente che voleva arrivare puro di cuore e di
parti basse al matrimonio, che ero un'anima immacolata desiderosa di
attendere il momento magico in cui avrei conosciuto la mia anima
gemella con la quale avrei trascorso anche l'eternità e
popolato Helsinki di piccoli bambini che avrebbero portato il mio
cognome.
Nonostante gli amori vissuti poteva succedere che quel fatidico momento
non arrivasse mai, che a prescindere dal grado di affetto e amore
provato non mi innamorassi e che non volessi né potessi
affidare la mia vita a qualcuno.
Lo scorrere dell'acqua sulla mia pelle mi diede il giusto modo per
rilassarmi e permettere alla stanchezza di andarsene via. Appoggiai la
testa al muro della doccia prendendo in seria considerazione l'idea di
visitare quel posto. Chiusi l'acqua e avvolgendo con l'asciugamano
giusto le parti basse, e con i capelli ancora inzuppati d'acqua tornai
in camera pensieroso. Presi di nuovo fra le mie mani il foglio su cui
caddero alcune gocce che deformarono parzialmente il carattere della
scrittura e dopo averlo fissato per qualche secondo in più
del dovuto sussurrai: " cosa importa. Tanto vale provare."
Cabaret e locali difficili da classificare sgomitavano su entrambi i
marciapiedi con case trasandate mentre gente di ogni razza e classe, si
mescolava con stravaganti personaggi che vivevano dal tramonto in poi.
Su entrambi i lati della strada si aprivano vicoli angusti e sepolti
nella bruma che ospitavano oscurità e feccia. Quella era la
faccia oscura di Helsinki che in vita mia vidi solo una volta quando
sconsideratamente avevo deciso di porre fine alla mia vita ubriacandomi
fino a vomitare perfino la scatola cranica. Da quel momento non avevo
più messo piede in quei quartieri troppo strani e
pericolosi, ma quella sera avevo deciso di fare un nuovo attentato alla
mia vita, fregandomene altamente delle conseguenze. A volte preferivo
sbagliare per provare su di me quell'eccitazione malsana che logorava
le profondità dell'anima senza lasciar tregua. Era pur
sempre un modo come un altro per avere la vena poetica accesa.
L'Ensueno occupava la parte superiore di un edificio che a piano terra
ospitava un music- hall e che annunciava con grandi locandine uno
spettacolo di una ballerina inguainata in un succinto vestito che non
faceva mistero delle sue grazie. Accanto all'ingresso del locale c'era
una porta stretta oltre la quale si apriva una lunga scalinata con le
pareti dipinte di rosso. Salii le scale e mi piazzai davanti ad una
grande porta di rovere intagliato. Bussai un paio di volte e aspettai.
Stavo considerando l'idea che fosse tutto uno scherzo di pessimo gusto
di Migé e compagnia bella, ma proprio quando stavo per
andarmene via la porta si aprì e una donna di mezza
età dai capelli completamente bianchi e impeccabilmente
acconciati a crocchia mi sorrise serena.
" Lei deve essere il signor Ville Hermanni Valo."
Restai per un attimo sorpreso.
" In persona."
" Se vuole avere la cortesia di entrare e di seguirmi.."
Le andai dietro lungo un breve corridoio che conduceva ad un'ampia sala
circolare dalle pareti rivestite di velluto rosso e con lampade dalla
luce soffusa. Il soffitto formava una cupola di vetro smaltato da cui
pendeva un lampadario di cristallo.
" Gradisce qualcosa da bere?"
" Un bicchiere d'acqua."- risposi quasi senza voce. La signora dai
capelli bianchi sorrise senza battere ciglio continuando a mantenere il
suo atteggiamento cortese.
" Forse il signore preferisce una coppa di champagne o un liquore.."
" No. Un bicchiere d'acqua va più che bene."- risposi con un
tono di voce un pò duro. La signora assentì senza
perdere il sorriso e indicò una delle sontuose poltrone
sparse nella sala.
" Se il signore vuole accomodarsi, Chloé sarà
subito da lei."
" Chloé?"- ripetei. Era quello il nome del mio regalo?
Indifferente alla mia perplessità, la signora
sparì lasciandomi solo con il mio nervosismo e i miei
inconfessabili desideri. Camminai per la stanza per scacciare il senso
di ansia che pian piano si stava facendo spazio dentro di me. Quel
posto era una tomba. Sei corridoi partivano dalla sala e che conduceva
a sei porte bianche a doppia anta tutte chiuse. Mi lasciai cadere sulla
poltrona in attesa di quello che sarebbe successo da lì a
pochi istanti. La donna tornò e mi porse il bicchiere
d'acqua che avevo chiesto continuando a sorridere. Bevvi un sorso e mi
slacciai il colletto della camicia. In quel momento mi accorsi di una
figura che avanzava verso di me da uno dei corridoi. Sembrava una
bambina e lo era. Camminava a testa bassa, senza che riuscissi a
vederle gli occhi. Mi alzai in piedi.
La bambina fece un inchino e mi fece segno di seguirla. Solo allora mi
resi conto che una delle sue mani era come quella di un manichino.
Scossi la testa leggermente scioccato mentre ella mi condusse alla fine
del corridoio e con una chiave che portava appesa al collo
aprì la porta e si fece da parte. La stanza era quasi del
tutto buia. Mi ci addentrai senza sapere bene a cosa stessi andando
incontro. Solo in quel momento capii quanto fossi stato incauto, ma
ormai non potevo più tirarmi indietro e ciò che
confermò la mia affermazione fu il fatto che la porta si
chiuse alle mie spalle e scattò il meccanismo della
serratura e così seppi che la bambina mi aveva chiuso
dentro. Per un minuto rimasi lì immobile aguzzando la vista
per vedere dove ero finito. Lentamente gli occhi si abituarono alla
penombra e i contorni della stanza di materializzarono attorno a me. Un
ampio letto circolare era al centro e i mobili intorno erano antichi.
Due candelieri erano posti ai lati e al loro interno c'erano due ceri
neri che ardevano sprigionando quel profumo di cera che si annidava
nelle camere ardenti. C'era anche puzza di bruciato. Mi fermai
raggelato. Un profilo si disegnava dietro la grata. Due occhi brillanti
mi osservavano e riuscii a distinguere le dita bianche e affusolate,
come lunghe unghie smaltate di nero, che spuntavano dai fori della
grata. Deglutii.
" Chloé?"- mormorai.
Che domande! Era lei..senza ombra di dubbio. Era la femme fatale in
carne e lingerie. Aveva la pelle più candida che avessi mai
visto, e i capelli castani e lucidi che le incorniciavano il viso e le
ricadevano ondulati fino a metà schiena. Le labbra
sembravano dipinte di sangue fresco e un leggero trucco le circondava
gli occhi azzurri. Aveva movenze feline, la gola slanciata e
interminabile era circondata da un nastro nero dal quale pendeva un
crocifisso rovesciato. La osservai avvicinarsi lentamente, incapace
perfino di respirare, gli occhi inchiodati a quelle gambe disegnate con
tratto impossibile dentro calze di seta e a quel seno dalla misura
giusta. In vita mia non avevo mai visto niente di così
bello, né di così terrificante. Ipnotizzato mi
lasciai condurre dalla creatura fino al letto, dove caddi letteralmente
di culo. La luce delle candele accarezzava il profilo del suo corpo. Il
mio volto e le mie labbra rimasero all'altezza del suo ventre nudo e
senza nemmeno rendermi conto di quello che stavo facendo, la baciai
sotto l'ombelico e le sfiorai con le labbra e poi la guancia la pelle.
Mi dimenticai perfino chi fossi e dove mi trovassi. Lei si
inginocchiò di fronte a me e mi prese la mano destra. Come
un gatto, mi leccò le dita una ad una e poi
cominciò a spogliarmi. Volevo aiutarla, ma sorrise e
allontanò le mie mani.
" Shh."
Quando ebbe finito, si avvicinò al mio viso e mi
leccò le labbra.
" Adesso tu. Spogliami. Piano. Molto piano."
Non me lo feci ripetere due volte. Misi a quel punto in atto il mio
gioco. Dopo averle baciato il collo e leccato l'incavo del seno, la
spogliai lentamente, sfogliandole la pelle finché le
restarono solo il nastro sul collo e le calze nere che avrei ricordato
anche fra dieci anni.
" Accarezzami."- mi sussurrò all'orecchio.-" gioca con me."
Con un gesto deciso la feci sdraiare sul letto e iniziai ad accarezzare
e baciare ogni centimetro della sua pelle come se volessi memorizzarlo.
Chloé non aveva fretta e rispondeva al tocco delle mie mani
e delle mie labbra con leggeri gemiti che provvedevano ad aumentare la
mia già crescente eccitazione. Poi fu il mio turno: mi fece
stendere e mi ricoprì con il suo corpo finché non
sentii bruciare ogni poro. Le posai le mani sulla schiena e percorsi la
linea che segnava la sua colonna vertebrale. Il suo sguardo
impenetrabile osservava il mio viso da pochi centimetri di distanza.
Sentivo che dovevo dirle qualcosa.
" Mi chiamo.."
" Shhhh."
Prima che potessi sparare qualche altra stupidaggine, Chloé
appoggiò le sue labbra sulle mie e per un'ora mi fece
scomparire dal mondo. Chloé anticipava ogni mio movimento e
guidava le mie mani lungo il suo corpo senza fretta né
pudore. Si lasciava toccare e assaporare come mai mi era successo in
vita mia. Quella notte imparai ogni centimetro della sua pelle
così come la gente imparava le preghiere. Più
tardi, quando quasi non mi restava più fiato,
Chloé mi lasciò appoggiare la testa sul seno e mi
accarezzò i capelli durante un lungo silenzio, fino a quando
mi addormentai tra le sue braccia.
" Ville? Vuoi svegliarti?"
Qualcuno continuava a muovermi la spalla. Se continuava così
me l'avrebbe slogata.
" VILLE!"
Quell'urlo mi fece spalancare subito gli occhi, ma li chiusi
immediatamente per via del fastidio della luce del lampadario. Comunque
riuscii a distinguere la presenza di Jesse, mio fratello, accanto a me.
" Jesse dannazione! Vuoi farmi prendere un colpo?"- esclamai portandomi
una mano sul petto.-" Santo cielo!"
Jesse si sedette vicino a me e continuò a guardarmi
ridacchiando.
" Dove sono?"- chiesi confuso.
" In Cina. Sei stato rapito da un banda di mafiosi che vogliono
strapparti le corde vocali per conservarle in un santuario. Secondo
loro la tua voce serve per salvare il popolo cinese dall'apocalisse. Io
sono qui per farti un ultimo saluto."
" Che cosa?!"
" Sveglia cretino! Ti sei fatto di qualche sostanza? Sei a casa di
mamma e papà."
Feci finta di non ascoltarlo e mi guardai bene intorno. Come aveva
detto lui ero a casa dei nostri genitori e di preciso ero in cucina
seduto ad un tavolo pieno di fogli volanti. Davvero avevo sognato tutto?
" Che ore sono?"
" Le quattro del mattino."
" Quindi ho passato la notte qui?"
" Non saprei. Fin quando sono stato nei paraggi hai scritto come un
assatanato, non so cosa hai fatto dopo. Immagino però che il
sonno ha avuto la meglio."- rispose Jesse sorridendo. Ero ancora
vestito, e in preda ad un attacco di evidente follia cercai la famosa
busta da cui era partito quello strano gioco e che naturalmente non
trovai da nessuna parte. Qualcosa però mi diceva di
esaminare di persona quel posto e avvicinandomi a mio fratello lo presi
per un braccio deciso a trascinarlo con me fuori. Sarei andato di
persona all'Ensueno.
" Ehi!"
La sua protesta mi bloccò.
" Vieni con me."- gli dissi.
" Dove andiamo?"
" Non fare domande e seguimi."
" Aspetta! Non posso uscire in pigiama."
Giungemmo al famoso quartiere che avevo sognato e mi guardai intorno.
Il posto era giusto tenuto in compagnia da alcune prostitute che appena
ci videro iniziarono a mostrarsi per essere degnate di attenzione non
solo visiva.
" Ville? Posso parlare?"
" Cosa c'è?"
" Si può sapere cosa ci facciamo in un posto del genere?"-
chiese Jesse guardandosi intorno.
" Ho fatto un sogno."
" E per un sogno siamo qui?"
" Tu non capisci."
" Fratello, tu sei decisamente strano."
Proprio in quel momento una delle ragazze si avvicinò a
Jesse e con uno sguardo ammaliatore disse: " ehi tesoro..hai voglia di
divertirti?"
" Beh io.."
Scossi la testa cercando di non ridere vedendo la faccia imbambolata di
mio fratello e prendendolo per un braccio esclamai: "Jesse! Muoviti!"
" Sarà per la prossima volta."- disse lui con gentilezza
alla donna. Giungemmo davanti alla scalinata del locale sognato. La
luce tremula che filtrava dal portone disegnava i gradini al nostro
passaggio.
" Questo non è l'Ensueno?"- chiese Jesse al mio fianco.
" Già. Entriamo."
" Cosa? Sei impazzito? Lì dentro ci saranno dei drogati!"
" Non urlare testolina vuota."
" Ville, io capisco che vuoi sfogarti, ma devo comunicarti che qui non
c'è più nessuno."
Non gli prestai ascolto e aprii la porta.
" Ville!"
Quando fui dentro tutto ciò che incontrai fu il silenzio.
Non c'era la donna dai capelli bianchi, né la bambina. Non
c'era davvero nessuno. Non c'era traccia nemmeno dell'arredamento
antico. Il soffitto era crepato e s'intravedevano travi di legno
annerito. Mi diressi verso il corridoio fino a raggiungere la stanza
dove avevo incontrato Chloé. Quella stanza era una cella. Le
pareti erano carbonizzate e gran parte del soffitto era crollato.
" Che significa?"- chiesi a Jesse.
" Se tu mi avessi fatto finire di parlare avresti saputo che questo
posto poco dopo che i due fratelli andarono via fu inghiottito da un
incendio. Ci furono quattro vittime: tre ragazze, immagino prostitute
di passaggio, e un uomo di mezza età. Dicono che ci fosse
anche una bambina, ma credo che questo sia impossibile. Qui non ci sono
bambini."
" Già..qui non ci sono bambini."- ripetei meccanicamente
pensando alla bambina.
" Quindi? Mi spieghi che vuoi fare ora?"
Proprio in quel momento sentimmo il pavimento scricchiolare alle nostre
spalle. Ci voltammo di scatto, ma non vedemmo nessuno.
" Ville andiamo via. Questo posto non mi piace."- disse Jesse serio
afferrando il mio braccio.
Per una volta decisi di ascoltare le parole di mio fratello e annuii.
" Torniamo a casa."
Prima di fare un solo passo vidi un biglietto sul pavimento. Mi fermai
a raccoglierlo e lo lessi al bagliore debole della luna.
" Caro Ville,
la vita è
fatta di grandi speranze. L'amore è uno di questi. Quando
sarà pronto a trasformare le sue speranza in
realtà, si metta in contatto con me. La
aspetterò. Il suo amico e ammiratore
S.P."
"Cosa c'è?"- mi chiese Jesse preoccupato. Deglutii e
fingendomi sereno risposi: " nulla. Su andiamo."
Gli misi un braccio intorno alle spalle e uscimmo da quel posto.
Avevo sognato tutto o vissuto per davvero quella strana vicenda? Avevo
conosciuto davvero Chloé? Chi era questo S.P. che conosceva
i miei spostamenti?
Grandi speranze..
L'unica cosa a cui pensai fu che dopotutto non tutta la
realtà aveva sempre una spiegazione razionale e logica, e
ciò che avevo vissuto in quel momento ne era un esempio.
A volte i misteri si sapeva celare anche dietro ad una semplice porta e
difficilmente sarei riuscito a risolverli..
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