Epilogo
Il processo aveva avuto fine.
Loki era stato condotto al cospetto del re. Condotto non era proprio il
termine adatto: era entrato nella sala del trono sulle sue gambe, lo
sguardo sollevato, altezzoso, il volto pallido e segnato ma
impassibile, quasi calmo.
La sua figura sembrava aver assorbito ogni briciola di rumore e nel
silenzio gelido che era calato nella sala, si era potuto udire
distintamente il tintinnio ritmico delle catene ai polsi del principe
caduto. C'era persino qualcosa di lugubre in quella scena.
Odino aveva parlato. Per tutto il tempo il volto di Loki non era stato
attraversato da nessuna emozione. Il re gli aveva chiesto cosa avesse
da dire, la risposta dell'imputato era stato il più totale e
freddo silenzio. La folla radunata sembrava incapace anche solo di
respirare.
Se il piano di Loki era quello di far spazientire il Padre degli dei,
poteva dirsi riuscito. Odino non aveva avuto alcuna reazione
particolare, ma Snotra aveva sentito la rabbia sgomenta e rassegnata
vibrare con sempre maggiore intensità nella sua voce.
Non occorreva il dono della preveggenza per indovinare il verdetto.
Odino disse che la sentenza non sarebbe stata ancora pronunciata
perché i crimini di Loki erano tali e tanti che stabilire
una punizione adeguata era un'impresa straordinariamente difficile.
L'esilio era una soluzione impraticabile.
La morte era una soluzione troppo semplice.
Snotra aveva guardato Loki lasciare la sala; le guardie che lo
scortavano si trattenevano dal toccarlo, come se scottasse, i volti dei
presenti erano tutti tesi, preoccupati, e lei, ancora una volta aveva
paura
per
lui e non
di
lui, proprio come quella volta, quando era
giunta nelle terre della sua famiglia e aveva scoperto che quello del
messaggero giunto con la notizia del matrimonio era stato tutto un
inganno, anzi, solo una piccola parte di un inganno ancora
più grande.
Era tornata di corsa al palazzo, senza avere alcuna risposta da dare
alle richieste di spiegazioni di suo padre e dei suoi fratelli.
Sapeva cosa stava per accadere, cosa forse era già accaduto.
Aveva cavalcato ininterrottamente, ignorando il dolore del suo corpo
disabituato a un simile sforzo ed era già alle porte della
capitale quando aveva sentito il boato, la luce dell'esplosione che
aveva fatto impallidire il cielo.
Quando finalmente era arrivata al palazzo di Odino tutto era
già finito. Loki non c'era più, e lei lo aveva
pianto chiedendosi se il principe che aveva tanto amato fosse mai
esistito davvero.
Di tutti i suoi ricordi, quello era il più confuso. Non ne
aveva un'immagine precisa conservata in memoria, tutto ciò
che ricordava era l'enorme bolla di luce sprigionatasi dal Bifrost
mandato in pezzi e il silenzio totale che era seguito sotto le stelle
di Asgard e nei suoi pensieri per molti giorni a venire.
Quel silenzio assomigliava a quello che ora riempiva la sala, proprio
come quella volta, era ciò che Loki si era lasciato alle
spalle, andandosene.
Snotra vide il prigioniero sparire dietro gli enormi battenti dorati e
guardò verso il rialzo dove era sistemato il trono. Thor si
stava occupando di portare via la regina che si aggrappava al suo
braccio come se non avesse nient'altro al mondo; Odino era in piedi,
davanti al seggio regale, le dita serrate al manico di Gungnir tanto
forte da far sbiancare le nocche e uno sguardo velato rivolto a...
a
lei. Il re la stava guardando con insistenza, quasi come
se fosse
dimentico della fola radunata nella sala.
Quando Odino si voltò per lasciare il luogo dove era
avvenuto il processo, fece un impercettibile segno alla volta di Snotra
e lei capì che voleva vederla.
Mentre raggiungeva la saletta privata che Odino teneva per
sé, la donna si domandò cosa altro avesse da
chiederle, cosa altro si aspettava che potesse fare. Fu un pensiero
rabbioso, pieno di sorda disperazione. La bocca le si riempì
di amaro al pensiero che forse era normale che fosse così,
lei c'era stata all'inizio, era giusto che ci fosse anche alla fine.
Entrò nella stanza senza farsi annunciare, sapeva che non ce
n'era bisogno.
Trovò Odino in piedi, sul balcone. Ora le sembrava
più piccolo, stagliato immobile contro la città
che splendeva nel sole di quella mattina. Il riverbero d'oro e stelle
sulle facciate degli edifici aveva un riflesso freddo, crudele.
Questa è
Asgard, luce e oblio e silenzio. Aggrappata al suo
stesso essere, senza possibilità di resa.
Snotra si
fermò sulla soglia del terrazzo.
Il re cominciò a parlare con una voce che sembrava
lontanissima.
«Sono andato lontano, stanotte» esordì.
«Ho usato il potere del Tesseract per giungere dove nessuno
si spinge mai: fino alle radici di Yggdrasil, dove dimorano le Norne.
Le ho interrogate, su noi e su Loki...».
«Mio re...». Snotra deglutì. La paura
non le era estranea, ma non ne aveva mai provata tanta come in quel
momento. Non era certa di voler ascoltare cosa avesse da dire Odino, ma
non poteva tirarsi indietro.
«Le tre vegliarde mi hanno detto cose tremende, dopo tutta la
fatica che ho fatto per convincerle a rivelarmi qualche stralcio di
futuro. Questa non è la fine di Loki, lui ha un destino da
compiere e qualsiasi decisione io prenda ciò non
può cambiare».
È per questo che conoscere il futuro è
così orribile, credeva Snotra: abbandonarsi all'idea che
è tutto scritto significa deporre le armi e attendere che il
tempo consumi noi, o i nostri nemici, o ciò che amiamo senza
provare a lottare, senza assumersi la responsabilità di
scegliere. Ma l'animo degli individui è fatto per la
battaglia, per questo le storie di Asgard erano sempre state storie di
guerra, per rammentare agli dei, nella loro scintillante
immortalità, che non conta ciò che è
scritto, ma ciò che ognuno sceglie di vivere, il modo in cui
decide di agire, in attesa che il destino si compia.
Le storie degli umani invece erano storie d'amore perché
loro sanno resistere al fato meglio degli dei, perché la
loro vita effimera li rende affamati e li rende bisognosi di combattere
per qualcosa che vada al di là della guerra in sé
per sé.
Gli umani cercano un senso. Gli dei hanno la presunzione di conoscerlo
già.
Snotra aveva sempre disprezzato l'idea di conoscere il destino, la
trovava una cosa da deboli e da codardi, ma capiva la
necessità che aveva spinto Odino a interrogare le Norne.
«Quale destino spetta a Loki, mio re?»
domandò.
«L'oscurità. Egli sarà il Male,
ciò contro cui noi dovremmo sempre lottare, ciò
che in tutti i Nove Regni ognuno dovrà sempre temere... la
pace che ho tanto anelato non può esistere, lady Snotra,
sarebbe un universo privo di equilibrio. Loki deve fare ciò
che è nato per fare: portare caos, renderci
infelici...»
«... ed essere infelice a sua volta» concluse la
donna, cupa.
«Qualsiasi prigione io possa costruirgli attorno,
riuscirà a violarla e a liberarsi. Qualsiasi catena io gli
imponga prima o poi radunerà la rabbia sufficiente a
spezzarla e con quella rabbia progetterà nuovi inganni e
nuovi tradimenti» aggiunse Odino.
Snotra scosse il capo. «C'è del buono in Loki, mio
re, l'ho avuto davanti tutta la vita...».
«Oh certo, Loki ha un cuore e conosce l'amore, altrimenti non
sarebbe in grado di provare sentimenti così totali e
devastanti».
«Perché state dicendo a me tutte queste cose, mio
signore?».
Odino aprì la bocca, come per parlare, ma dalle sue labbra
schiuse non emerse alcun suono. Restò a fissare la sua
interlocutrice con uno sguardo pieno di amara tenerezza e lei non
capì se provava pena e affetto per lei, per ciò
che l'aveva costretta ad ascoltare, o se, dopo tutto quel tempo, era il
suo modo di chiederle scusa, di essere pentito per non averla ascoltata
tanto tempo prima.
«Perché voglio che tu sappia che, qualsiasi cosa
accada, non hai alcuna colpa. Il destino di Loki era già
scritto» asserì il Padre degli dei, ma la donna
capì che c'era dell'altro, qualcosa che non le diceva.
«E comunque vada, sappi che mi rincresce».
Snotra sentì quelle parole bruciarle dentro.
Annuì, trattenendo un gemito di pena e angoscia e si
inchinò rigidamente prima di voltarsi e lasciare la stanza.
Quello che le aveva detto Odino l'aveva fatta pensare.
Snotra si ritrovò seduta al davanzale della sua finestra a
chiedersi come fosse possibile ciò che le Norne avevano
predetto. L'anima di Loki era irrimediabilmente compromessa, ma lei era
certa che il male assoluto fosse un'altra cosa.
Più ci pensava e più tutto il malessere e la
disperazione si attenuavano, la morsa dentro al suo petto si allentava
a lasciare qualche spiraglio di speranza uscire a far luce.
Il destino che le Norne avevano stabilito per Loki era troppo enorme
per avverarsi. Doveva di sicuro esserci qualcosa che non tornava, del
resto lei lo sapeva che le tre streghe non parlavano mai con chiarezza,
non svelavano mai del tutto i segreti che il tempo tesseva sotto le
stelle.
Forse, semplicemente, le Norne avevano taciuto una cosa tanto logica
che non era neppure necessario menzionare: Loki poteva essere salvato,
perché il cuore che aveva non lo rendeva solo capace di
provare un odio così definitivo e una rabbia così
cieca, ma preservava anche tutto quello che di buono c'era mai stato in
lui.
Si prese la testa tra le mani, i suoi pensieri scivolavano via con
così tanta fretta da bruciare, come le dita di qualcuno che
precipita stretto ad una corda.
Precipitare...
Per un attimo Snotra sentì il grido di Loki aprirsi come una
ferita nella sua testa, lo vide cadere nel buio insieme ai frammenti
del Bifrost appena distrutto.
Thor le aveva detto, sconvolto e impietrito, che suo fratello non aveva
urlato quando aveva lasciato andare la presa.
Quando Loki aveva intessuto la trama del suo primo tradimento, l'aveva
fatta allontanare dal palazzo con l'inganno, forse perché
pensava che lei potesse svelare i suoi piani, forse perché
gli sarebbe mancato il coraggio di andare fino in fondo sentendo su di
sé lo sguardo della sua maestra. E questo voleva dire che
Loki non solo aveva un cuore, ma aveva anche una coscienza.
Quella volta lei non c'era e non aveva potuto fermarlo. Adesso...
adesso era lì, e lui era ancora capace di parlarle, di
sedersi accanto a lei e smettere di mentire almeno per qualche minuto.
Finché c'era lei, Loki non sarebbe mai stato perduto.
Se ci fosse stata lei, non sarebbe mai caduto da quel ponte!
Erano pensieri gonfi di un orgoglio e di una caparbietà
tipici di un cuore troppo vecchio, forse, la presunzione di poter
risolvere tutto è qualcosa che appartiene solo a chi pensa
di aver vissuto tanto a lungo da conoscere i dettagli di ogni ombra.
Erano pensieri disperati, ma Snotra si disse che ciò che
aveva imparato a conoscere, ciò che ricordava e
ciò che poteva fare con il suo cuore e con le sue parole era
tutto quanto avesse come arma, e che quella era la
sua battaglia
perché quello era l'amore più importante che
avesse avuto.
Perché quella era stata la promessa della sua
gioventù come un matrimonio o come il voto di una
sacerdotessa.
Attese la notte, o fu la notte ad attendere lei.
Stavolta le parve che il buio fosse meno fitto, mentre scendeva le
scale che portavano ai sotterranei.
Il cuore di Snotra traboccava di speranza, dell'entusiasmo che
accompagna le novità, anche se non c'era niente di nuovo in
quello che si era proposta di fare. Voleva salvare Loki, strappargli il
male dal cuore, parola dopo parola, giorno dopo giorno,
verità dopo verità. Non importava quanto tempo ci
avrebbe impiegato, quanto veleno le sarebbe toccato mandare
giù.
All'ingresso del corridoio delle prigioni non c'era nessuna guardia.
Questo era strano, pensò la donna. Quando provò a
chiamare qualcuno e le rispose solo la sua eco attutita,
cominciò a pensare che fosse preoccupante.
L'ansia aveva dita gelide che afferravano da dentro e irrigidivano i
muscoli e il cuore, tanto da rendere ogni battito un po' più
doloroso.
Snotra si stropicciò il viso e sentì il freddo
sulle sue guance come se stesse accarezzando carne morta.
La prigione di Loki era vuota.
Che lo avessero spostato? Che Odino avesse scelto un luogo dove
rinchiuderlo per fargli scontare la sua pena?
Il dubbio cominciò a gettare ombre sulla speranza. Di nuovo.
Era sempre stato il suo più grande errore, limitarsi a
vedere solo ciò che voleva vedere, ciò che la
faceva stare in pace o che almeno attutisse l'eco del vento gelido che
la inseguiva in tutti i suoi incubi.
Snotra si aggrappò a quel che restava della speranza. Era
ciò che aveva sempre fatto, ora se ne rendeva conto, e lo
aveva fatto per così tanto tempo che non poteva comportarsi
altrimenti.
Un comportamento inappropriato alla dea della saggezza.
Non importa...
Titoli e riconoscimenti non le interessavano più, sarebbe
stata ben lieta di sacrificare tutto il suo buon senso pur di mantenere
accesa quella speranza. Avrebbe ravvivato quel fuoco fino a quando
tutto il giacchio non fosse stato sciolto dagli occhi di Loki. Era la
sua promessa ed era ancora in tempo per mantenerla.
Si voltò e salì di corsa le scale. Raggiunse
l'atrio del palazzo con il respiro affannato e una goccia di sudore che
colava dalla tempia come una lacrima.
Il portone si aprì di colpo lasciando entrare una folata di
aria notturna e il nitrito dei cavalli che le guardie stavano radunando.
«Svegliate il Padre degli dei!» tuonò un
ufficiale. «Allertate tutti, il prigioniero è
scappato, dev'essere fuggito a cavallo!».
Nessuno fece caso a lei, Snotra era poco più di un'ombra
appoggiata con le spalle a una colonna alta come una montagna.
Fissò il frenetico via vai di soldati, il baluginio delle
loro armi e il frusciare dei loro mantelli. In pochi minuti, l'atrio si
riempì di guardie e la servitù fu chiamata per
accendere i fuochi nei bracieri.
I cavalli partirono al galoppo sulle tracce del fuggitivo.
Stava succedendo tutto ad una velocità folle.
Snotra sentì un violento senso di nausea e la stanza le
vorticò attorno. Pensò a Loki da solo nella
notte, braccato dai soldati. Come sperava di potersi nascondere?
Loki. Da solo.
La donna alzò di istinto lo sguardo verso la grande
scalinata che portava ai piani superiori. C'era un solo posto in cui
Loki si sarebbe sentito nascosto e al riparo, e lui era astuto, tanto
da sapere che scappare a cavallo era un'opzione impraticabile, lo
avrebbero seguito e lo avrebbero raggiunto, lo avrebbero trovato sempre
e lui sarebbe stato ancora una volta solo contro tutti.
Nessuno però avrebbe pensato che il prigioniero poteva
essere ancora lì, dentro al palazzo, magari ad attendere che
le guardie fossero abbastanza lontane e impegnate a cercarlo altrove
per poi sparire davvero.
Snotra avrebbe chiamato le guardie, doveva farlo, doveva portarle da
Loki e permettere che lo riportassero in cella. Ma non adesso.
Sgusciò via senza che nessuno la notasse. Man mano che
saliva le scale, il trambusto proveniente dall'atrio si attutiva ma
più il silenzio aumentava più i suoi pensieri si
facevano nebbiosi.
Raggiunse il piano dove si trovava la biblioteca.
Nel buio, gli scaffali sembravano muri neri che spuntavano dal nulla,
come alberi in mezzo alla nebbia.
La donna avanzò con cautela tra i libri ammucchiati sul
pavimento che attendevano di essere risistemati. Scorse Loki in piedi
alla finestra, che scrutava il cortile con sguardo privo di emozione.
Lei era certa che l'avesse sentita arrivare – nessuno
riusciva mai a prenderlo alle spalle – ma non si mosse fino a
quando non gli si piazzò di fronte.
«Qual è il piano?» gli chiese,
semplicemente.
Loki si strinse nelle spalle. La donna si accorse solo in quel momento
di quanto gli fossero cresciuti i capelli e si ricordò degli
abiti smessi che aveva quella mattina durante il processo... qualcosa
non tornava.
«Appena avranno smesso di agitarsi come formiche,
raggiungerò il Tesseract, non posso portarlo con me, ma
posso sempre usarlo per lasciare questo dannato posto» disse
lui, incrociando le braccia sul petto.
«Non te lo lascerò fare»
replicò Snotra.
Ma in quel momento vide, nella fioca luce che filtrava da fuori, lo
scintillio di una placca dorata sul petto del suo interlocutore. Loki
indossava di nuovo i suoi abiti consueti, le insegne del suo rango, e
questo significava che non era più privo di poteri.
Com'è
possibile?
Le parole di Odino le risuonarono nella mente.
«Qualsiasi
prigione io possa costruirgli attorno,
riuscirà a violarla e a liberarsi».
Il destino che lei aveva tanto temuto per Loki si stava dunque
avverando?
«Non te lo lascerò fare»
ripeté, allungano una mano ad afferrargli il braccio.
Sentì Loki muoversi piano e prenderle la mano, non era
più freddo, ma lei sì. Il palmo del principe
chiuso attorno alle sue dita sembrava scottare.
«Ancora non capisci, Snotra?» mormorò.
«Quello che vuoi non ha alcuna rilevanza. Neppure quello che
voglio io ce l'ha»
«Davvero? Che cosa vorresti?»
«Salvarmi»
«Ma tu sei salvo, Loki! Sei a casa, può ancora
tornare tutto come prima... può...».
Il principe le lasciò andare la mano e le premette quel
palmo sulla bocca.
«Sta' zitta! Mi sono spinto troppo oltre... è
così che deve essere, ora lo so, è
così che è sempre stato. È
ciò che mi ha salvato allora, dalla morte su Jotunheim: non
fu Odino con la sua pomposa misericordia, fu il fato che aveva progetti
per me»
«Il tuo futuro non deve essere questo!»
gridò lei, liberandosi dalla stretta del dio dell'inganno.
Immaginava le Norne ridere nel loro buio con bocche sdentate e
raggrinzite. «Questo è solo ciò che tu
stai scegliendo, ora, in questo preciso momento ed è la
scelta sbagliata».
Snotra sentì il sorriso di Loki, non lo vide ma lo
sentì: una curva crudele che faceva diventare il suo bel
viso una maschera spaventosa. Vide quel viso chinarsi sul suo fino ad
essere visibile nel sottile raggio di luna che entrava dalla finestra e
il sorriso scomparire, lasciare il posto a un'espressione triste.
Loki le baciò la fronte, trattenne le labbra premute sulla
sua pelle per qualche lungo secondo.
«Meritavi una vita più felice...»
soffiò contro la sua tempia.
Snotra non capì subito, ma all'improvviso sentì
le mani del principe attorno al suo viso farsi davvero incandescenti.
Loki, non farlo...
Il pensiero spazzato via da un calore insopportabile e poi da un freddo
tremendo.
Dolore e confusione.
Snotra si sentì sbalzare in aria e urtare violentemente
contro il muro. L'ultima cosa che sentì fu il sentore del
sangue dentro la bocca quando ricadde sul pavimento, poi la penombra
della biblioteca si sommò al buio più totale e
lei perse i sensi.
La donna riemerse lentamente dall'incoscienza. Le sembrò che
il mondo attorno a lei vibrasse come un giunco mosso dal vento, che
tremasse nella brezza prima di tornare diritto e stabile.
Per un istante si concesse l'idea di aver sognato, poi dal buio
affiorarono le sagome squadrate degli scaffali della biblioteca e lei
sentì il pavimento freddo e duro sotto di sé.
Quanto tempo era rimasta lì a terra? Cosa era accaduto nel
frattempo?
Tese le orecchie ma c'era solo silenzio. E nel silenzio la voce di
Odino che ripeteva ciò che gli avevano detto le Norne;
pensieri troppo grandi per essere zittiti dalla sua testa dolorante per
l'impatto.
Era stato Loki a farle questo, si disse tastandosi la testa dove gli
doleva maggiormente.
Loki la conosceva, sapeva che non lo avrebbe mai lasciato andare. Loki
pensava che lei non potesse salvarlo... forse perché era
vero. Ma se non poteva salvarlo, poteva almeno provare a fermarlo,
impedirgli di lasciare Asgard per diventare il mostro che le Norne
avevano predetto.
Snotra si rimise in piedi e corse barcollando fuori dalla biblioteca.
Le mura dorate e le sete dei tendaggi vorticavano ancora sotto la sua
vista, ma lei seguitava a mettere in fila i passi, sempre
più in fretta sorretta dal peso immane di quella promessa
fatta sulla culla al cospetto di due bambini in fasce.
La promessa. Ancora quella promessa. Sempre.
Il Tessercat... Loki aveva detto che voleva usarlo per lasciare il
palazzo.
La preziosissima gemma si trovava in una delle torri del palazzo,
pronta all'uso per viaggiare nell'universo. Thor aveva detto che gli
sarebbe servita per tornare su Midgard nel caso in cui i suoi compagni
difensori del pianeta avrebbero avuto bisogno del suo aiuto e che
l'avrebbe usata per riabbracciare la mortale di cui si era innamorato,
non appena a palazzo – e nel suo cuore – fosse
tornata la tranquillità.
Era quello che Thor meritava: la pace che duramente aveva imparato ad
apprezzare e a rispettare. Era quello che tutti meritavano.
Salire le scale della torre le sembrò come arrampicarsi sul
fianco di una montagna. Mentre arrancava lungo i gradini, Snotra
pensò che stava certamente facendo una sciocchezza a
dirigersi lì da sola, ma quando aveva ripreso i sensi in
biblioteca non sapeva quanto tempo aveva passato da svenuta ed era
preoccupata che se si fosse messa a cercare qualcuno sarebbe stato
troppo tardi. Metà delle guardie di palazzo dovevano essere
fuori a cercare Loki, probabilmente con loro c'erano anche Odino e
Thor, e i quattro guerrieri.
Le strade di Asgard dovevano ardere di rabbia e paura sotto il cielo
nero pece di quella notte senza fine.
Snotra raggiunse la cima della torre. Davanti alla porta della sala che
ospitava il Tesseract c'era una guardia riversa sul pavimento. Le si
gelò il sangue a quella vista.
Si chinò sul soldato e gli tastò il collo, sotto
la punta delle dita sentì il battito delle sue pulsazioni e
tirò un sospiro di sollievo, poi si rimise in piedi e
aprì la porta della sala.
All'interno la stanza era di forma circolare, seguiva perfettamente il
perimetro delle torri della casa di Odino e alle pareti c'erano
finestre lunghe e sottili, fessure prive di imposte che affacciavano
sulla via principale della città sprofondata nel silenzio
dell'abbraccio notturno.
Al centro della sala c'era una bassa colonna di marmo bianchissimo e
lucido. Il Tessercat splendeva in cima alla colonna, emanando
un bagliore azzurrino che si mescolava alle venature del marmo.
Nella luce di poche candele lasciate accese accanto alle pareti, la
bolla di luce che si sprigionava dalla gemma sembrava gelida ma grande
come un incendio.
Loki era in piedi davanti alla colonna.
Snotra pensò che se avesse aperto un varco usando quello
straordinario cubo, lei avrebbe potuto lanciarsi alle sue spalle.
«Loki, ti prego, ascoltami».
Il principe restò immobile come una statua, i suoi occhi
freddi e distanti.
«Non posso credere che tu abbia dimenticato tutti gli anni
trascorsi in questa casa, non posso credere che tutto quello che resta
nei tuoi ricordi sia infelicità... io sono stata felice di
averti avuto nella mia vita, di essermi potuta occupare di te, di
averti voluto bene. Questo non conta niente per te?».
Ancora una volta, la sola risposta che Snotra ottenne fu silenzio e
immobilità. Loki sembrava sbiadito nel riverbero di luce
azzurra che emanava dal Tesseract, non sembrava neppure che respirasse.
La donna mosse un passo verso di lui e fece per allungare la mano. E
capì.
Quello non era Loki, era solo un inganno. Lui doveva aver sentito i
passi avvicinarsi e pensando che si trattasse di una guardia era
ricorso a quel trucco.
Quando la donna si guardò attorno per cercare con attenzione
dietro gli arazzi che pendevano dal soffitto fino al pavimento
sentì un suono attutito di passi dietro di sé, il
cuore le si contrasse in un singulto di spavento e si voltò
di colpo.
Fece un tempo a vedere la guardia alle sue spalle, reggersi malferma
sulle gambe e impugnare la lancia. Fece in tempo a vedere l'ombra
emergere dall'arazzo e il baluginio di una lama piccola e argentata: i
pugnali dal manico di ossidiana che Odino aveva donato a Loki molto
tempo prima; li aveva ancora, sapeva certamente ancora usarli con
estrema maestria.
Il volto velato di sudore della guardia si fece teso e il soldato
allungò una mano verso la donna, spingendola di lato per
gettarla in terra.
Snotra barcollò di lato, ma la spinta della guardia ancora
provata non era stata abbastanza forte e lei non cadde,
puntò i piedi sul pavimento e tornò diritta, il
volto contratto del soldato davanti a sé, l'ombra e la lama
alle sue spalle.
Una lama rivolta altrove secondo un calcolo sbagliato che prevedeva che
lei fosse sul pavimento subito dopo il lancio.
Una lama talmente affilata da non fare neppure male mentre le affondava
tra le scapole. Tanto che quando Snotra sentì la voce di
Loki urlare neppure capì perché.
I secondi si dilatarono nel silenzio perfetto che precede il tuono.
Snotra si vide come in un sogno cadere di fianco sul pavimento e sopra
di sé vide l'aria incresparsi per una potente vibrazione di
energia che colpì la guardia in pieno petto e la fece volare
con violenza fuori dalla stanza. Tutto scorse a rallentatore e i suoni
si fecero ovattati, suoni di passi rapidi che si avvicinavano.
Snotra vide Loki chinarsi a terra accanto a lei nel momento in cui
sentì qualcosa di caldo colarle sulla schiena e solo allora
diventò consapevole della lama affondata tra le sue spalle.
Loki cadde sulle ginocchia.
«No!» ringhiò con gli occhi azzurri
velati di sconcerto. Era uno sconcerto sincero, era un dolore umano e,
in un certo senso stupendo. Ora non c'era alcuna maschera sul suo
bellissimo viso.
Ora il dolore si era trasformato in una scia di freddo che aveva preso
a serpeggiarle dalla ferita fin dentro le viscere. Loki le
sollevò con cautela la testa e se la poggiò sulla
coscia.
«No... io, non volevo questo... non tu!».
«Loki...». Snotra cercò di parlare, ma
il freddo le congelava le parole e i respiri in gola e il calore
dell'affetto a stento riusciva a sciogliere quel ghiaccio che ora aveva
il sapore del sangue contro la sua lingua.
«Di cosa
parlano le nostre storie, lady Snotra?»
«Parlano di
guerra»...
Avrebbe voluto stringere con più forza le dita attorno alla
mano di Loki che ora era posata sulla sua guancia.
«Loki... perdonami...».
La bocca del principe si mosse tentando di afferrare parole che il
dolore cercava di strappargli via.
«No, tu perdonami. Non volevo questo... non doveva
accadere... io...».
Sorridere tristemente al suo adorato giovane principe almeno non
richiedeva troppo sforzo. Le immagini cominciavano a sbiadire attorno a
lei, ma gli occhi del ragazzo brillavano dietro la cortina di lacrime.
Quelle lacrime erano come il suo tocco sulla pelle congestionata di lui
neonato, condotto da Odino nella sua tenda; lì dove posava
le mani, il blu freddo degli Jotun spariva e lasciava il posto a una
carnagione rosa e perfetta. Allo stesso modo, quelle lacrime
disfacevano il gelo che anno dopo anno, eternità dopo
eternità, Loki aveva addensato dentro di sé e nei
suoi occhi.
«Avevo promesso... non ce l'ho fatta... però
tu...».
Due lacrime, da due occhi diversi. Caddero sul pavimento quasi nello
stesso punto.
«E le storie di Midgard, sono diverse?»
«Spesso
parlano d'amore».
Snotra sentì il cuore rallentare e le sembrò
strano, con tutto l'affetto che aveva portato dentro, che ancora
portava avrebbe dovuto essere un meccanismo inattaccabile. Ebbe paura,
non della sua morte, ma dell'idea che ciò che restava della
coscienza di Loki morisse con lei, con l'ultimo battito.
Ora lo sentiva, in mezzo al gelo che le precludeva ogni altra
sensazione, sentiva il sangue scorrere via, ma non lavava dalla sua
anima la speranza.
«... tu combatti, perché io ti ho sempre
amato».
L'amore e la speranza non sono emozioni sagge, sono quanto di
più folle e sconsiderato esista.
Eppure morire con l'amore sulle labbra e la speranza tra le dita
sembrò una bella morte alla dea della saggezza.
"E
l'anima d'improvviso prese il volo
ma non mi sento di sognare con loro,
no, non mi riesce di sognare con loro."
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Note:
Che
dire? La stesura di questa storia, per quanto sia stata frammentaria
e incostante, mi ha preso moltissimo e alla fine mi ha svuotata. Thor
e Loki sono personaggi che amo molto, entrambi... un po' come Snotra,
li amo della stessa quantità di amore, ma per motivi
differenti. Tra
i due film che abbiamo visto e quello che arriverà, ci sono
molte
idee che mi si sono accese in testa, tante cose da dire sui due
principi di Asgard, e con questa storia più che altro ho
voluto fare
un po' il punto.
Snotra.
Parliamone... non è scontato che io ami i miei OC, ma Snotra
l'ho
davvero adorata tanto da commuovermi io stessa per la sua morte che
non ho potuto evitare perché la sua vita finiva
lì, lei lo aveva
già capito. Non che volessi farle fare l'eroina ma le parole
di
Odino sono state per lei la goccia che fa traboccare un vaso
stracolmo.
Eppure
non è detto che io non scriva più di lei in
futuro, che non ci
siano altri ricordi da raccontare o che non verrà citata in
altri
racconti. Ma l'arco narrativo di Una goccia di splendore finisce qui,
perché questa è la sua storia e io amato
scriverla... di
solito mi diverto a scrivere, questa volta il divertimento è
un
concetto riduttivo, ho davvero amato
raccontare tutto questo.
La
citazione finale è dal brano Un malato di cuore.
Per tutto il resto... grazie di cuore a chi ha letto, commento,
seguito, preferito. E pazientato, soprattutto, visto il ritmo
irregolare e a volte tremendo degli aggiornamenti.
Alla
prossima lettura :)
Luciana