ciao a tutti!!! Prima di
tutto, mi scuso con chi conosceva le precedenti storie scritte da
questo nick: come potete vedere, sono state cancellate dalla stessa
autrice, che non usando più il suo account, ha voluto
gentilmente cedermelo (glaaaassieee amoleee *__*) visto che io per
qualche astruso motivo non riuscivo ad iscrivermi..va beh..
Allora..tengo moltissimo a questa storia.. ho voluto sottoporla anche
al vostro giudizio visto che fino ad ora ben pochi avevano avuto modo
di leggera..Vi prego quindi COMMENTATE..qualsiasi cosa..anche un
commento piccolo piccolo..ogni critica, consiglio, opinione
è per me preziosissima.. grazie mille!!!
Allora..per scrivere questa ficcy mi sono ispirata ovviamente alla
splendida opera shakespeariana, più in particolare al
musical che Cocciante ne ha tratto.. la descrizione fisica di molti
personaggi è infatti ispirata ad alcuni attori del musical..
ad esempio Tebaldo, l'unico personaggio conosciuto che qui appare
(insieme a suo padre) si ispira a Valerio di Rocco, bravissimo cantante
che lo interpreta a teatro.. man mano che compariranno i personaggi vi
svelerò a chi mi sono ispirata per descriverli
XD.. ovviamente tutti i personaggi (tranne Ottavia)
appartengono..beh..a Shakespeare!!
Non mi resta che augurarvi una buona lettura..
Pioveva forte, a Verona.
La pioggia batteva vigorosa contro i vetri sottili, contro le umili
casupoli dei poveri ed i magnificenti palazzi dei ricchi. La neve dei
giorni precedenti si era sciolta in acqua sporca, come se il cielo
piangesse fango, intervallandolo con poderosi colpi di tosse che
squarciavano l'aria sotto forma di tuoni..
Era il 27 dicembre del 1579. Il natale era passato senza traumi,
gonfiando pance, prosciugando portafogli di abbienti e lamentosi
mariti, istigati da mogli devote che concedendo larghi sorrisi a Don
Lorenzo, da poco curato e perciò necessariamente
impressionabile, deponevano il frutto del lavoro (o spesso della
fruttuosa eredità) dei mariti nei cestini dell'offerta, alla
messa natalizia..per i meno abbienti, la questione era stata ben
diversa: si erano nutriti delle loro povere provviste, tirato il collo
a qualche malandato cappone, e scambiato poveri doni alla luce di
candele quasi del tutto consumate..
Ma non è di loro che parleremo. Superiamo indenni le
catapecchie della povera gente, e infiliamoci in uno dei due palazzi
più antichi, magnificenti e riccamente decorati della
città..
Qui, in una sala fosca, disseminata da calendabri dorati, che
illuminavano solo parzialmente il ricco locale avvolto dal buio della
notte, due uomini e un bambino attendevano.
Il primo uomo, ancora nel fiore dell'età, scrutava cupo le
frustate d'acqua che si infrangevano contro la finestra..dava le spalle
al resto del terzetto: ma se avessero potuto vederlo, avrebbero
certamente notato i denti stretti e l'ansia che si rifletteva
negli occhi neri come pece, che corrucciati lanciavano bagliori neri in
tacita risposta ai lampi che illuminavano l'aria..
Il secondo uomo appariva più rilassato: sedeva su una delle
grandi poltrone di velluto, un calice pieno di vino in mano, come se si
apprestasse a festeggiare qualcosa: invece si limitava a fissare il
vetro opaco, rigirandoselo nella grande mano, e a lanciare rapide
occhiate al bambino.
Quest'ultimo sedeva anch'esso, ma i suoi tratti erano tutt'altro che
rilassati: pareva il più serio del terzetto, gli occhi
vitrei, i tratti sottili e affilati irrigiditi dall'ansia, e gettava di
tanto occhiate terrorizzate rivolte all'uomo verso la finestra, come in
cerca di un conforto: conforto che non riceveva, perchè
l'oggetto delle sue attenzioni continuava a fissare mesto la tempesta
fuori dalla finestra..
D'un tratto, un acuto lamento squarciò il teso silenzio che
regnava nel salone: il bambino sobbalzò, impallidendo d'un
tratto, e si rannicchiò su sè stesso, come se
cercasse di autoproteggersi da quel suono spaventoso.
L'uomo seduto ridacchiò gioviale, levando il calice in
direzione della piccola figura raggomitolata.. "animo Tebaldo!!"
eslamò, il volto reso rubicondo dal troppo vino "presto
sarai un fratello maggiore figliolo!"
Si rivolse poi al primo uomo, che pareva non essersi accorto del suono
lamentoso, e continuava a porgere le larghe spalle al resto del
terzetto "ammetto di invidiarti, cognato..stai per diventare padre per
la seconda volta, e tua sorella mi degnerà di un erede solo
tra parecchi mesi.. mi auguro che sia maschio, o toccherà al
nostro Tebaldo proseguire la gloriosa stirpe dei Capuleti!"
Tebaldo gli rivolse un'occhiata apprensiva, come se l'idea lo
terrorizzasse a morte, e suo padre si limitò a sospirare..
"mia sorella sarà una buona madre.." mormorò
grave "devi solo aspettare. Di qualunque sesso sia il bambino,
sarà sano, bello e forte.."
La sua voce roca non riuscì a coprire i lamenti, che si
susseguivano senza pace, rendendo il piccolo Tebaldo più
pallido ad ogni minuto.. Guardò il padre, gli occhi colmi di
panico silenzioso, come per implorarlo di farli cessare:
Le sue preghiere furono esaudite: di colpo come erano iniziati, i
lamenti cessarono.
Nella stanza calò un silenzio surreale, rotto solo dal
sinistro ticchettio della pioggia sui vetri: la bufera si era calmata,
come se perfino il cielo di Verona volesse prostrarsi, colmo di
rispetto per la nascita di una nuova vita..
Poi, con un cigolio roco, la pesante porta di legno si aprì,
ed una donna, la vecchia levatrice che aveva portato alla luce anche
Tebaldo, fece il suo ingresso zoppicante nella stanza..
Reggeva un fagotto tra le mani: un panno ricamato dai toni perlacei,
dalla quale spuntava l'accenno di una minuscola, rosea manina, le
unghie piccole come capocchie di spilli..
L'uomo alla finestra si voltò bruscamente, e
avanzò solenne attraverso la stanza, mentre suo figlio si
apprestava ad imitarlo, arrancando nella scia del padre..
La donna ruotò lievemente il fagotto verso i due,
mostrandone il contenuto: Tebaldo, piccolo com'era, riuscì a
scorgere un visino addormentato al di sotto del braccio del padre, che
sollevò lo sguardo teso sulla levatrice..
"è una femmina.." si limitò a dire lei, porgendo
il fagotto verso l'uomo, che lo accolse tra le braccia robuste..
Inizialmente, sembrò deluso dall'annuncio della vecchia:
poi, nel guardare la bambina, che ora aveva aperto gli occhi e lo
fissava, un perfetto, piccolo broncio stampato sulle minuscole labbra,
il suo volto si dischiuse in un sorriso d'orgoglio..
"bella come la madre.." disse solo, sollevando il viso sul cognato, che
ridacchiò sollevato.. poi rivolse il viso indurito alla
donna "come sta mia moglie?"
Lei abbassò lo sguardo, l'apprensione ben distinguibile nel
volto rugoso.. "non bene, purtroppo, mio signore.." disse con voce
sottile "si è molto indebolita durante il parto..ma abbiamo
già chiamato il medico, la sta visitando in questo momento.."
Lui imprecò, provocando un piccolo sobbalzo nel figlio, che
stava cercando di sollevarsi sulle punte per meglio vedere la sorella:
rimise la neonata in braccio alla vecchia e si apprestò ad
abbandonare la stanza per visitare la moglie al suo capezzale..
"un attimo cognato!" lo richiamò l'uomo ancora seduto "non
hai ancora detto come hai intenzione di chiamarla! Non puoi mantenere
una creatura sbattezzata per così lungo tempo! Quale nome si
aggiunge oggi alla stirpe dei Capuleti?"
Il padre della bambina si bloccò, voltandosi verso le sue
creature: Tebaldo, che sembrava ulteriormente allarmato per lo stato di
salute della madre, e la bambina, che si era riaddormentata tra le
braccia dell'anziana donna..
Non rispose subito: la osservò per qualche secondo, tensione
e tenerezza paterna che si scontravano furiosi nel nero pece dei suoi
occhi.. poi, finalmente, diede la sua risposta..
"Ottavia.. si chiamerà Ottavia" disse poi, e la bambina
sbadigliò nel sonno, come se volesse mostrare un segno di
apprezzamento per il nome appena imposto: suo padre le gettò
un'ultima occhiata, poi si voltò e spari dietro la porta
chiusa.
Ottavia continuò a dormire, mentre suo fratello la guardava,
l'orgoglio nei suoi occhi di bambino. Dormiva tranquilla, ignara della
pioggia che aveva ricominciato a battere forte contro i vetri..
ignara di suo zio, che continuava a bere nella poltrona accanto a lei..
ignara che sua madre stava morendo per averla data alla luce, poche
stanze accanto..
ed ignara di avere un futuro già segnato: un futuro in cui
avrebbe riso, pianto, ma soprattutto amato, amato visceralmente..
E che, alla fine, il cielo avrebbe pianto fango anche per la sua sorte,
in un pomeriggio ancora più scuro di quella notte di
tempesta..
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Spero davvero che vi sia
piaciuto!! Questi primi capitoli sono solo una sorta di introduzione
alla storia.. ovviamente, non mi stancherò mai di
chiedervelo..COMMENTATE! Graaazie!! XD
Otty
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