Andrew
C’era una volta, in
una terra lontana, una bambina di nome Biancaneve.
Ma questo tutti lo
sappiamo. Come
sappiamo che la matrigna malvagia era invidiosa della sua crescente
bellezza e che quando la principessa aveva sette anni la Regina, ormai
vedova, un giorno chiese allo specchio chi fosse la più
bella
del Reame ed egli le rispose che era la piccola Biancaneve.
In realtà,
ciò che sappiamo è sbagliato.
Ispirato a Biancaneve
dei fratelli Grimm
Partecipante al concorso C’era
una volta… di Himitsu no yoru
Partecipante al concorso C’era una
volta… di Himitsu no yoru
Rating: verde
Genere: generale
Personaggi: Biancaneve/Helen
Note: one-shot
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- ANDREW -
C’era una
volta, in una terra lontana, una bambina di nome Biancaneve.
Ma questo tutti lo sappiamo. Come sappiamo che la matrigna malvagia era
invidiosa della sua crescente bellezza e che quando la principessa
aveva sette anni la Regina, ormai vedova, un giorno chiese allo
specchio chi fosse la più bella del Reame ed egli le rispose
che
era la piccola Biancaneve.
In realtà, ciò che sappiamo è
sbagliato.
Biancaneve, infatti, cresceva amata da tutti, ma non era la
più
bella del Reame: la più bella era la Regina. Ella si era
sempre
fatta strada grazie alla sua bellezza divina, ma iniziava ad
invecchiare, e pur rimanendo più bella della principessa,
sapeva
che preso la giovane avrebbe preso il suo posto grazie
all’amore
che il popolo provava per lei.
Biancaneve era quindi la più benvoluta, era molto colta e
intelligente, dal carattere gentile e posato, persino saggio nonostante
i soli sedici anni di età.
La Regina, che non tollerava di perdere la posizione di potere
duramente conquistata, decise di far eliminare Biancaneve da un uomo
fidato, che la sosteneva da sempre e con il quale aveva un forte legame
– o meglio, lui aveva un forte legame con lei, ma lei aveva
imparato a non affezionarsi a nessuno, poiché riteneva
l’affetto e la devozione debolezze sfruttabili a vantaggio di
chi
ne era oggetto.
La Regina convocò il suo uomo di fiducia nelle proprie
stanze
private per affidargli la missione e discuterne i dettagli, in
particolare il fatto che avrebbe dovuto sembrare un incidente, a lui
stabilire come. Nel mentre, però, Biancaneve si aggirava nel
castello alla ricerca della matrigna, che si era sempre dimostrata
gentile con lei, per portarle come lieto dono dei fiori che aveva
raccolto quel pomeriggio nella sua passeggiata. Quando finalmente
trovò la donna, la giovane udì del diabolico
piano della
sovrana, e decise di fuggire quella notte stessa, prima di essere
brutalmente assassinata.
Quando, giunta la sera, la matrigna si fu ritirata nelle proprie
stanze, e tutto il palazzo andò a dormire, ad eccezione
delle
guardie vigili, ella si intrufolò nelle cucine, rubando un
discreto numero di provviste e riempiendo due otri d’acqua
fresca. Si premurò poi di avere con sé dei soldi,
dei
vestiti e un giaciglio, prese dall’armeria alcune armi,
quindi si
avvolse in un mantello nero, di modo da celare la propria
identità, sellò il cavallo e uscì
attraverso un
passaggio segreto che solo lei conosceva.
Per il primo tratto andò a piedi, poiché il
cavallo al
galoppo avrebbe fatto troppo rumore, ma quando si fu allontanata a
sufficienza montò in sella e iniziò a volare
lontano.
Il mattino seguente, quando l’ancella andò a
svegliare
Biancaneve, trovò il letto vuoto e un biglietto che recitava:
Stamattina sono uscita
presto per una cavalcata nel bosco, tornerò verso il
tramonto.
Biancaneve
L’ancella non si preoccupò, sapeva che la
principessa era
solita uscire a cavalcare o a passeggiare, e nonostante il suo defunto
padre fosse molto preoccupato per queste abitudini nulla
l’aveva
mai fermata – forse anche per questo il sovrano si era visto
costretto a farla addestrare nell’uso delle armi e nella
lotta,
perché potesse essere in grado di difendersi se necessario.
Quando la Regina fece chiamare Biancaneve la serva le
illustrò
la situazione, e la sovrana non se ne preoccupò, dando
l’ordine di farla convocare non appena fosse tornata.
Quando però, a tramonto passato, la principessa non fece
ancora
ritorno, nel castello si scatenò gradualmente il panico.
Pensando che Biancaneve fosse stata rapita, si organizzarono spedizioni
di ricerca su ordine della matrigna, che intanto pensava a come avrebbe
potuto sfruttare la situazione a proprio vantaggio. La giovane, invece,
era ben lontana, e aveva attraversato i confini del regno natio quella
notte stessa, mentre le guardie erano alla sua disperata ricerca.
Di Biancaneve si potevano dire molte cose, ma non che fosse una
sconsiderata: sapeva che la matrigna l’avrebbe fatta cercare
in
tutto il regno, per questo se n’era andata. Sapeva anche che
i
suoi abiti più semplici e il suo volto erano decisamente
notabili, per questo aveva rubato degli abiti della servitù
da
uomo e portato tra le varie armi un pugnale con cui tagliare i capelli.
Aveva approfittato di un fiumiciattolo e della luce della luna piena
per svolgere un buon lavoro, quindi si era cambiata le vesti. Solo
allora si era concessa del riposo, accampandosi nel bosco.
Forse quella fu una buona scelta, forse no: dormì poco
quella
notte, in particolare perché fu svegliata dal rumore di
alcuni
passi e dal nitrito nervoso del cavallo. Subito mise mano alla spada,
nascosta sotto il giaciglio, e la sguainò cercando di fare
il
minor rumore possibile.
“Chi è là?” chiese
spaventata, ma cercando di apparire tranquilla.
Un rumore alle sue spalle, molto vicino, la costrinse a voltarsi, e si
trovò davanti un uomo armato di spada.
“Chi
è là?” fece lui
“Mai sentito un ricercato fare una domanda più
stupida.”
“Ricercato?
Io non sono un ricercato!”
“So riconoscere chi si nasconde o è in fuga, e voi
senza
dubbio lo siete. O avreste come minimo pernottato alla locanda del
villaggio qui vicino. Ora ditemi, siete forse un
contrabbandiere?”
“No! Non so neanche dove sono di preciso, come facevo a
sapere di un villaggio?”
L’uomo rise, beffardo. “Non siete credibile,
furfante.”
“Smettetela d’insultarmi, sono una persona
rispettabilissima! Non sono certa si possa dire lo stesso di voi,
piuttosto.”
“Certa?”
chiese sospettoso, abbassando di poco la spada.
“Ho detto certo,
avete sentito male.”
“Qual è il vostro nome?”
Biancaneve improvvisò il primo nome che le venne in mente.
“Andrew.”
Forse era una delle guardie del padre.
“Perché non mi sembra convincente?”
“Perché siete sospettoso.”
“Chiunque lo sarebbe al posto mio.”
“Ma voi lo siete di più. Generalmente sono le
guardie e i
soldati che girano armati di spada, o i mercenari, quindi posso dedurre
che la vostra professione implichi l’uso delle armi. Inoltre,
avete detto che sapete riconoscere chi è in fuga o si
nasconde,
quindi dovete avere molto spirito osservativo. Siete un cacciatore di
taglie, immagino. Ora ditemi, vi sembro forse un criminale?”
“Non lo sembrate mai.”
Biancaneve abbassò la spada.
“Il villaggio di cui parlavate prima, ha delle
guardie?”
“Sì.”
“Allora vi propongo un accordo: domattina andremo
là. Se
troverete una taglia sulla mia testa, sarete liberissimo di
riscuoterla. Se invece mi rivelerò essere innocente, voi mi
lascerete andare.”
“Chi mi assicura che non fuggirete?”
“Nessuno, ma se volete potete sorvegliarmi. Allora, abbiamo
un accordo?”
“E sia.”
Entrambi rifoderarono la spada, stringendosi la mano.
Il mattino successivo giunse presto, ma nessuno dei due
dormì molto.
Il villaggio distava un’ora di marcia, e i due fecero in modo
di
essere ai cancelli all’alba. L’uomo la condusse
alla
caserma delle guardie, chiedendo di vedere i manifesti dei ricercati.
Tra essi, il suo volto non figurava.
Quando uscirono, Biancaneve volle conoscere il suo nome.
“Andrew.” rispose lui “E il
vostro?”
“Lo conoscete già.”
“Vorrei conoscere il vostro vero nome, madame.”
Biancaneve rimase in silenzio, lui le diede le spalle e si
allontanò.
“Aspettate!” lo inseguì.
“Cosa volete?”
“Il lavoro del cacciatore di taglie è pericoloso,
non vorreste un compagno che vi copra le spalle?”
“No. E se mai lo volessi, chiederei ad un uomo.”
“Solo perché sono una donna, non significa che
valga di meno!”
Ma lui non l’ascoltava, se n’era già
andato.
Biancaneve trovò una casa abbandonata in mezzo ad un bosco
lì vicino, e vi si trasferì.
La casa era accogliente, anche se non era curata già da
qualche
anno; in una panca trovò qualche vestito da donna, ma nessun
abito da uomo. Diede poca importanza ai due fiori poggiati
sull’uscio.
Con il tempo, Biancaneve imparò a cacciare, a preparare
trappole, a maneggiare la scure per tagliare la legna.
Un’anziana
donna del villaggio, vedova e senza figli, la prese in simpatia e le
insegnò a cucinare, a riconoscere i funghi commestibili, a
filare e tessere, a mungere le bestie: la poveretta non ne era
più in grado, così la ragazza lo faceva tutti i
giorni
per lei, e ogni giorno la donna le insegnava qualcosa.
Passarono i mesi, passò un anno in tranquillità
nella
nuova dimora, e quando fu autunno inoltrato un giorno un uomo raggiunse
la casa, portando con sé due fiori da depositare
sull’uscio. Ma quando arrivò in vista della casa
sguainò la spada e si avvicinò circospetto,
vedendola
curata.
Biancaneve arrivava dal bosco dove era andata a raccogliere gli ultimi
funghi, l’uomo le dava le spalle. Aveva imparato ad essere
silenziosa per cacciare, e anche in quel momento lo fu.
Depositò
il cestino di vimini delicatamente a terra, prese l’arco che
portava sempre con sé per sicurezza, estrasse una freccia
dallo
stivale e la incoccò.
Sperava che fosse solo, lo sperava davvero, o sarebbe stata veramente
nei guai. Era passato un anno, era abbastanza certa che le ricerche
della matrigna fossero ormai terminate, ma a quanto pare
quell’uomo armato dimostrava il contrario.
“Siete sotto tiro: gettate la spada e voltatevi lentamente, e
badate di tenere le mani dove posso vederle.”
L’uomo si girò come da ordini, ma non
gettò la lama.
“Madame.”
“Oh, il signor cacciatore di taglie… qual buon
vento vi porta alla mia umile dimora con la spada sguainata?”
“Questo è un malinteso.”
“Non mi risulta. Ora parlate: cosa volete da me?”
“Da voi? Cosa potrei volere da voi?”
“Non scherzate, ricordate che avete un’arma puntata
contro.”
“Non voglio nulla da voi, sono semplicemente tornato a far
visita a casa mia.”
“E vi aspettate che io vi creda?”
“Fate a meno. Ma quella è la casa in cui sono nato
e cresciuto.”
“Ottimo. Io lì ci abito. E come mai voi no,
invece?”
“Perché quando ci sono tornato ci ho trovato i
cadaveri dei miei genitori.”
“Oh.”
Biancaneve abbassò l’arco.
“Mi dispiace tanto, condoglianze.”
Non era certa di potersi fidare, ma almeno doveva fingere.
L’uomo
raccolse i fiori mentre Biancaneve recuperava il cestino con i funghi e
fischiava: un cucciolo abbastanza cresciuto di cane lupo
arrivò
di corsa, si mise di fianco a lei ringhiando contro l’uomo.
“Non le piacciono le armi, ti conviene lasciarle da parte
finché sei qui.”
L’uomo sbuffò, ma fece come gli era stato detto,
riponendo la spada nel fodero.
Biancaneve si avviò verso l’ingresso, ma
l’altro non si mosse.
“Non volete entrare?”
“No, non mi va.”
“Forse proprio per questo dovreste. Ma vi consiglio di
lasciarmi
la spada quando entrate, Lucy non lascia entrare in casa gente armata,
a parte me. Per il resto, posso offrirvi almeno un po’ di
zuppa?”
Andrew le porse la spada e la seguì. Lei accese un piccolo
fuoco
nel caminetto, appendendovi sopra una pentola per riscaldarne in
contenuto. Lucy non staccava gli occhi di dosso allo sconosciuto.
“Sapete, in genere non ho ospiti, a parte il carpentiere che
ha
riparato il tetto un anno fa’: pioveva dentro. Ma sedete, le
panche non mordono!”
“Mi dovete ancora il vostro nome, Madame.”
“Non è importante.”
“Vivete nella mia casa, direi che lo è.”
“Ma voi l’avete abbandonata!”
“E ora sono qui. Potrei tornare a viverci, se volessi.
Quindi, ditemi il vostro nome – quello vero,
stavolta.”
“Helen.”
“Qualcosa mi dice che mentite ancora.”
Biancaneve non rispose, limitandosi a sorridere gentile.
“La zuppa è pronta.”
Si alzò e ne versò un piatto per Andrew, uno per
Lucy e uno per sé.
“Non siete di qui, vero?”
“No, vengo da molto lontano.”
“È come mai ve ne siete andata?”
“Volevo cambiare aria.”
“Certo ci siete riuscita. Come vi sentite a sapere che qui
sono morte due persone? Insomma, ormai ci vivete.”
“La gente muore tutti i giorni.” rispose, il tono
velatamente amaro.
“Vero, ma di solito non viene assassinata.”
Biancaneve preferì non fargli notare che i motivi per
uccidere
qualcuno sono molteplici per uno sconosciuto, e ancora di
più
per qualcuno che ti è vicino. Si limitò a
cambiare
discorso, riportandolo su di lui.
“È per questo che avete deciso di fare il
cacciatore di taglie?”
“Se voglio trovare quel bastardo? Sì.”
“E quando l’avrete trovato? L’ammazzerete
come lui ha ucciso i vostri genitori?”
“Anche se fosse, la cosa non vi riguarda.”
Biancaneve capì che era meglio evitare di continuare
ulteriormente la conversazione su quel terreno instabile,
così
parlarono del più e del meno, e in alcuni momenti non
parlarono
affatto.
Dopo il pranzo Biancaneve uscì di casa, adducendo la scusa
di
dover andare un po’ a caccia, per lasciarlo un po’
solo
– aveva capito che probabilmente Andrew avrebbe voluto
ricordare
i propri genitori senza essere osservato, anche lei era
un’orfana
in fondo – Lucy invece rimase in un angolo.
Tornò un paio d’ore più tardi con un
paio di
conigli. Il cacciatore di taglie era fuori dalla porta, ad attenderla
per poter avere la propria spada e andarsene. Biancaneve gliela porse,
e al momento di congedarsi gli propose di fermarsi a trovarla quando
fosse di passaggio.
Inizialmente le visite furono rare: la prima avvenne sette mesi dopo il
secondo incontro; in seguito ve ne furono altre, sempre più
ravvicinate, fino a che non iniziò a presentarsi
pressoché ogni mese o mese e mezzo. Impararono a conoscersi,
entrarono sempre più in confidenza, a qualche anno
dall’inizio di quella routine qualche volta Andrew rimase per
un
paio di giorni, ovviamente solo perché lei gli aveva offerto
di
fermarsi a dormire. Ogni volta che andava a trovarla le raccontava cosa
succedeva nei posti in cui era stato: aveva così saputo
delle
epidemie che avevano colpito alcuni villaggi, del prosperare di alcune
città, delle ricerche della principessa scomparsa del regno
vicino che ancora si protraevano… Dopo sette anni che era
scappata, un giorno Andrew le portò la notizia
dell’uccisione della Regina del regno vicino, e del caos in
cui
questo era caduto: aveva sfruttato e martoriato il popolo, imponendo
sempre più tasse, spesso con la scusa di ritrovare la
principessa, ma aveva deciso da poco di interrompere le ricerche, e si
vociferava che qualcuno del palazzo ancora fedele alla principessa
l’avesse avvelenata. Biancaneve rimase profondamente turbata
da
quella notizia. In seguito apprese, sempre da Andrew, che era salito al
trono il cugino della principessa – Biancaneve se lo
ricordava
bene, era una persona molto gentile, così si mise
l’animo
in pace per il suo vecchio regno, e non se ne curò
più.
Un paio d’anni dopo Andrew fu costretto a ritirarsi dal
lavoro di
cacciatore di taglie, in seguito ad un incidente che lo rese zoppo.
Quando accadde era una notte piovosa, e si trovava nel bosco vicino a
casa di Biancaneve: era quasi riuscito a prenderlo, ma nella lotta il
farabutto che inseguiva lo ferì gravemente, rompendogli una
gamba; il cacciatore di taglie si trascinò verso casa
dell’amica per cercare rifugio, non avendo altro luogo dove
andare, ma quando arrivò trovò la porta
spalancata.
Entrando vide il fuggitivo a terra, sbranato da Lucy.
Consegnò
le armi a Biancaneve, che nel vederlo gli corse incontro per
sostenerlo, e si fece medicare senza protestare. Il giorno successivo
la donna riscosse la taglia e iniziò a prendersi cura di
lui,
anche se non guarì mai bene. Da quel momento in avanti lui
rimase ad abitare lì assieme a Biancaneve. Alcuni anni dopo
Andrew le chiese di sposarlo, lei accettò e per
onestà
gli raccontò la sua storia – quella vera.
Le nozze furono festeggiate da tutto il paesello. Nessuno tranne Andrew
seppe mai che Helen era in realtà Biancaneve la principessa
scomparsa del regno vicino, nemmeno i figli dei due.
Di loro non si può dire che vissero per sempre felici e
contenti: morirono in tarda età dopo aver trascorso il resto
della vita in pace, eccetto qualche sfortunato malfattore che vedeva in
una casa nel bosco un facile bersaglio e si ritrovava invece sbranato
– pulire il sangue era una vera seccatura.
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*informazioni di servizio*
La scelta del nome maschile sfruttato da Biancaneve non è
casuale: vi è un’edizione di Biancaneve
dei Grimm splendidamente illustrata da Benjamin Lacombe, artista
francese. Il suo principe azzurro, a detta della mia migliore amica,
è identico a James McAvoy, l’attore che ha
interpretato il
fauno Tumnus nel primo film delle Cronache
di Narnia e Charles Xavier in X-Men –
L’inizio
(First Class). Ora, farle usare come pseudonimo James non mi sembrava
opportuno, in quanto il nome del principe azzurro di Biancaneve nella
serie TV Once Upon a
Time
è esattamente James, così ho fatto una breve
ricerca
sull’attore scozzese e ho scoperto che il suo secondo nome
è Andrew. Di qui la scelta del falso nome che usa.
*angolo autrice*
Questa – assieme ad un’altra che ho scritto
più o
meno nello stesso periodo, è la prima storia su una fiaba.
Spero
che vi sia piaciuta ^^ vi prego di lasciare un commento se lo vorrete.
Alla prossima, e grazie per aver letto!
Baci,
areon
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