Attenzione: questa one-shot ha contenuti un po’
macabri e violenti che potrebbero dar fastidio a persone troppo sensibili…
Angeli da un’ala sola
Sei stata tu a salvare questa mia
anima dannata…
Tu sola sei riuscita a penetrare
quelle barriere che mi era stato insegnato a costruire
intorno al mio cuore…
Tu sola sei riuscita a scacciare l’ombra
di mio padre dalla mia mente, e a liberare con essa
anche il mio cuore e la mia anima.
Come tu sia uscita vittoriosa da
quest’impresa, rimane un mistero per me, tu, fragile creatura che con il tuo
passo leggero mi hai rubato il cuore, facendomi innamorare di te e salvandomi
da un destino che io aborrivo, ma a cui non mi sarei mai
ribellato da solo.
Mi hai protetto anche dai tuoi
amici e dalla tua famiglia, mi hai aiutato ad ambientarmi, facendo allontanare
quei pregiudizi che mi ricoprivano interamente.
Per prima mi hai donato fiducia,
insegnando agli altri a fare altrettanto, a non scacciarmi semplicemente per il
nome che porto e per un passato in cui io, burattino, mi lasciavo muovere dai
fili posti nelle mani del mio padrone… nelle mani di mio padre.
Anche
nelle notti in cui il suo incubo calava sopra la mia incoscienza, tu vegliavi
il mio sonno, fornendomi una luce con cui scappare da lui…
Non crediate che, con la sua
presenza, mi io sia trasformato in uno stupido
bamboccio tutto sentimenti, amante dei Grifondoro e sostenitore di Potter!
No…
Lei non ha mai preteso di
modellare il mio carattere, ma mi ha semplicemente dato uno stimolo e gli
strumenti per spogliare Draco – il vero Draco – da tutti i pregiudizi e le idee
che non condividevo ma che mio padre mi aveva messo in testa.
Ha fatto venire a galla Draco,
cancellando dalla mia anima quella falsa copia che era il “figlio di Lucius, il
futuro Mangiamorte”.
Sono entrato nell’Ordine della
Fenice, ma non perché tu mi hai obbligato, ma per una mia decisione, forse la
prima autonoma nella mia vita.
Sono sempre il bastardo
Serpeverde che tutti conoscevano a Hogwarts – magari non poi così viscido e
vigliacco – l’orgoglioso Purosangue che non sopporta Babbani e Mezzosangue… ma
dal non sopportarli al volerli morti, bhè, la differenza è abissale…
La mia è più un’antipatia
congenita, l’ennesimo pregiudizio che m’infetta la mente, ma alla fine, quando
vai a conoscere veramente le persone, a volte ti fai un’opinione diversa di
loro… anche se queste persone sono Serpeverde, e si chiamano Draco Malfoy…
E devo
tutto questo a te, mia piccola fata dalla chioma fulva, che io tanto amavo
stringere a me, gustare, amare…
Ed io…
Che cosa
ho fatto io per te, se non rimanere lì impalato dal terrore, mentre lui, il mio
incubo, ti portava lontano?!
E non
importa se tutti tentano di consolarmi dicendomi che era colpa di un
incantesimo se non ho potuto raggiungerti… aiutarti…
Ho in ogni caso permesso che lui
ti portasse via con sé!
Che
mostro che sono…
Forse tutti avevano ragione a considerarmi
uno stupido bamboccio vigliacco, viziato a cui non importa
nulla di niente e di nessuno.
Eppure di te mi
importa, e allora perché…
PERCHE’!!
Perché
non riesco a far altro che crogiolarmi nel dolore di averti persa, quando non
sono neanche sicuro che sia davvero così?
Eppure
non trovo il coraggio per oppormi a lui, a mio padre, a quell’essere che tutti
conoscono come Lucius Malfoy.
Perché…
PERCHE’!!!
Ma cos-
Una piccola musica si stende per
questa stanza, in cui mi è ancora possibile riuscire a cullarmi nel tuo
profumo…
Ma
questo è…
Mi alzò, le gambe che a stento mi
reggono tanta è l’emozione, e mi avvicino alla
scrivania dove tu amavi sederti la sera prima di venire tra le mie braccia, a
scrivere i tuoi pensieri, le tue emozioni in un diario, strumento verso cui tu
avresti sempre dovuto provare paura, ma in cui continuavi ad amare riversare i
tuoi sentimenti…
Noto subito l’oggetto da cui
proviene questo dolce suono.
Un piccolo cofanetto aperto, al
cui interno un giovane lord bacia, inginocchiato, la bianca mano di una piccola
damina.
Il tuo carillon…
«Cos’è questo cofanetto Ginny? E’ tutto rovinato… se vuoi dopo possiamo
uscire a comprarne uno nuovo!»
Ginny si era avvicinata e, con circospezione e grande affetto, aveva
tolto dalle sue mani quella piccola scatola, come se al suo interno vi fosse
racchiuso il più grande dei tesori.
«No… questo non lo posso dar via… per me è
molto prezioso…» gli aveva confidato mentre, con mano leggera, lo aveva aperto
delicatamente.
Da lì dentro si era alzata una dolce melodia che aveva pervaso la
stanza.
«Sai Draco – aveva cominciato a raccontargli, sedendosi sul grande letto a baldacchino e poggiando il carillon sul
comodino, mentre il ragazzo aveva preso posto accanto a lei - questo carillon è
il mio tesoro, la cosa più preziosa che io possegga, e non parlo in termini di
valore monetario… Esso è legato al primo ricordo della mia infanzia… Quand’ero
bambina e passeggiavo con mia madre nelle strade del piccolo paesino vicino a
cui noi abitavamo, spesso mi ritrovavo a passare davanti ad un negozio di
chincaglie, ed in vetrina mi fermavo ad ammirare un carillon molto sfarzoso,
con sopra due ballerini, tutto ricoperto di gemme, ed inevitabilmente molto
caro... E, tornata a casa, sognavo il principe azzurro che, da grande, avrei
incontrato, e con cui sarei invecchiata, con tanti bei bambini allegri a girare
per casa…Desideravo ardentemente questo piccolo oggetto, ma non avevo mai avuto
il coraggio di chiedere a mia madre o a mio padre di comprarmelo… Si avvicinava
il periodo di Natale, e fu in quel periodo che mio padre mi raccontò della
leggenda babbana di Babbo Natale… volevo provare a scrivere anch’io una lettera
a questo fantomatico vecchio signore, e chiesi a papà di aiutarmi a compilarla
e mandargliela. Lui però mi disse che si occupava solo dei bambini babbani, ma
io risposi che volevo comunque provare, e, che se non
avessi ricevuto niente, sarebbe andato bene lo stesso. Però, il giorno dopo,
Ron si sentì male… gli venne la febbre molto alta, e sembrava quasi che non ce l’avrebbe fatta… Mi sentì in colpa. Credevo che la mia
richiesta, che non era stata mai permessa ai miei fratelli, fosse
stata punita. Corsi così da papà, e gli chiesi di riscrivere a Babbo
Natale, e di dirgli che non volevo più il carillon, ma solo che facesse guarire mio fratello! Rimasi
sempre accanto al mio fratellone, cercando di non addormentarmi… La mattina di
Natale Ron stava bene. Non ricevetti alcun dono quel giorno, se non il
solito maglione che mi cuciva mia madre e i dolci che lei preparava. Però, qualche giorno dopo, i miei fratelli si presentarono a
me con un pacchetto. Dentro vi era questo… rovinato, scheggiato e scolorito in
alcuni punti, eppure era un regalo tutto per me, che loro avevano comprato con
i loro risparmi credendomi triste per la rinuncia che io avevo fatto… Non
considerai mai nulla con più valore…».
Era il simbolo dell’affetto che i suoi fratelli provavano per lei, ed
ora capiva la gelosia e la riverenza con cui lo trattava.
Quella sera fecero l’amore con quel dolce suono in sottofondo.
Ginny lo metteva tutte le volte che lui era preda di uno di quegli
incubi dai quali lo aiutava a svegliarsi.
Il tuo carillon…
Quanto te ne prendevi cura…
La sua musica gli riportò in mente tutti i momenti passati con lei…
Non poteva perderla.
Se l’era
lasciata portar via da quel mostro che gli aveva rovinato infanzia ed
adolescenza… questo non voleva dire che non sarebbe andato a riprendersela.
Conosceva quel castello come le
proprie tasche.
Dopotutto era lì che era nato, vissuto
e cresciuto, e, fra quelle gelide mura, aveva sempre cercato tutti i
nascondigli possibili per sottrarsi a quella presenza paterna che lo
terrorizzava, scoprendo così passaggi segrete e stanze
occultate prima che fosse tempo per un Malfoy di conoscere tutti i segreti del
proprio maniero.
Come un’ombra si districò tra
quelle sentinelle dai marchi sugli avambracci.
Un incantesimo di Disillusione
gli permetteva di confondersi con ciò che lo circondava, rendendolo un perfetto
camaleonte umano.
Non si sarebbe fatto scoprire…
Scese nei
sotterranei, i suoi passi che, silenziosi, lo portavano in quelle stanze
di dolore.
Perché
nei sotterranei di Villa Malfoy si potevano trovare solo camere di tortura e
celle per i prigionieri.
Un odore acre si levava da quelle
mura e, più ci si avvicinava, più quel tanfo diventava pestilenziale.
Dietro quelle sbarre e quelle
porte vedeva cadaveri, corpi straziati e violentati,
anime dannate, involucri vuoti che si decomponevano nella dimenticanza di un
carceriere che si è divertito quanto ha potuto a torturarli, ma a cui non
importa più nulla di loro.
Giocattoli rotti che un bambino
capriccioso lascia a marcire in una scatola di giochi
vecchi, che tira fuori solo quando non trova di meglio da fare… ecco cos’erano
quelle persone… semplici trastulli per menti malate e viziate.
Non poteva permettere che anche a
Ginny fosse fatto questo… doveva portarla via presto, anche se questo avesse
significato combattere contro tutti i Mangiamorte presenti al castello… avrebbe combattuto anche contro Voldemort in persona!
Eppure
non la trovava…
Non c’era!
Dove l’avevano
potuta portare…
Poi, una frase… semplici parole a
cui, ore prima, non aveva dato il giusto significato… la giusta collocazione, la giusta orrida importanza…
«Ma bene mia piccola Weasley! Sembrerebbe che
io ora ti abbia catturato!! Ed il tuo caro Draco non è
riuscito a muovere neanche un dito per aiutarti… Non è riuscito a sconfiggere
quell’incantesimo che ho lanciato sulla sua debole mente… Devi
essere un giochino davvero interessante se sei riuscito ad irretire e sottrarre
al mio controllo mio figlio… Sarò ben felice di farti diventare il mio nuovo
burattino, visto che tu mi hai portato via il vecchio…Sarà divertente privarti
di questa tua falsa innocenza…»
Merda!!
Prese a correre su per le scale,
lasciandosi dietro le spalle quella valle di lacrime in cui non aveva trovato l’unico
gioiello verso cui provava interesse, i suoi passi ancora silenziosi solo
grazie ad un incantesimo.
Corse a rotta di collo lungo
molti corridoi…
Ti prego fa che non sia come
temo…
Fa che non sia come temo…
Si fermò davanti ad una porta,
simile per aspetto a tutte le altre che infestavano quel maniero in stile
gotico…
Un groppo in gola.
La camera di suo padre…
La camera del suo aguzzino…
Quanto odiava quella camera…
Toccò la maniglia, ma non ci fu
bisogno di girarla. L’uscio si aprì da solo…
«Ti aspettavo, figlio…»
Quella voce.
«Puoi anche tornare normale… mi
sarà più semplice parlarti, Draco»
Fece un passo avanti, e la porta
dietro di lui si chiuse lentamente… lo stava prendendo in giro… sapeva che non
sarebbe scappato senza quello per cui era venuto.
Mormorò un controincantesimo e
tornò normale.
I raggi fievoli di quella luna
calante illuminavano il baldacchino sopra cui,
quell’uomo sedeva.
Ed
eccolo, Lucius Malfoy, in tutta la sua nobile presenza.
Indossava solo i pantaloni, il suo
corpo scolpito e proporzionato, i muscoli leggermente disegnati, quei capelli
lunghi raccolti in una piccola coda, quell’aspetto tanto uguale a lui che gli dava il voltastomaco…
«Non è vero!»
Cosa?!
«Tu e tuo padre non siete uguali! E non provare a dire un’altra volta una simile sciocchezza! Altrimenti potrei diventare violenta!»
I primi periodi in cui lui aveva
imparato a fidarsi di lei, ancora a Hogwarts, rifugiati da occhi estranei in una
delle tante camere segrete del grande eppur confortevole castello.
«Perché dici che non è vero… Non lo vedi, io e mio padre siamo uguali, o meglio, io sono la sua fotocopia… Nessuno
dei due è particolarmente alto, anzi, raggiungiamo quasi la stessa statura,
abbiamo la stessa corporatura minuta ma ben proporzionata, il fisico disegnato.
Ho la sua bocca, il suo naso, la forma del suo viso, la stessa forma degli
occhi, il colore dei suoi capelli!»
«Bhè, i tuoi capelli sono più corti…»
«Ginny!»
«E poi gli occhi non sono uguali… gli occhi li hai
ripresi dalla famiglia di tua madre… I suoi sembrano due fessure in cui si
rispecchia solo tenebra, odio e desiderio di potere… I tuoi invece hanno più
una forma a mandorla, e poi sono più vivi! Pieni di amore,
gioia e voglia di vivere… è dai tuoi occhi che traspariva la richiesta di aiuto
che facevi al mondo, incessante ed inascoltata, nascosta in quel disprezzo
verso gli altri che ostentavi… e poi anche il colore è diverso. I suoi sono
grigi come freddo metallo… i tuoi grigi come il cielo nella brughiera la
mattina presto, quando il sole non è ancora sorto… quando la nebbia ricopre
ancora la natura addormentata… quando tutto è ancora puro ed incontaminato…
Sai, hai gli occhi uguali a quelli di Sirius…»
«Sirius?! Intendi dire Black?! Il cugino di mia madre?»
«Già… io credo che tu assomigli più a lui che a tuo padre! Orgoglioso,
arrogante, bello e dannato, con quel modo di fare “guardatemi, cos’altro
potreste desiderare…” e quel non sottomettersi a nessuno, essere il
trascinatore, che a molti appare freddo ed insensibile, ma che sa essere
dolcissimo e gentile con le persone che lo conoscono e lo sanno prendere…
vissuto in una famiglia che non lo amava, e per cui
lui ha tanto sofferto… ribellatosi ad essa, anche se nel tuo caso ci è voluto
un bello spintone… si, tu non sei un diavolo come padre… Lucius… Lucifer… Tu
sei più un angelo. Un angelo così bello e puro che i demoni, invidiosi, lo
volevano rinchiudere nel loro inferno… ma rimani
comunque un angelo…»
«E tu sei la mia piccola fata dalla chioma
fulva, che mi ha strappato da quella prigione di sofferenza per portarmi nel
tuo paradiso…».
«Ma anch’io l’ho raggiunto solo grazie a te…
sai, dopotutto gli uomini sono angeli da un’unica ala, e per volare hanno
bisogno di rimanere abbracciati…».
Ginny…
I suoi occhi si posarono solo per
un istante sulla figura di quello che poteva considerare solamente come un
demone… giusto il tempo di scoprire cosa celava alle sue spalle.
Un corpo violato
nella sua nudità, pallido, girato su un fianco, verso la porta. Lo
sguardo vacuo, gli occhi spenti… un corpo vuoto.
No…
Non… non poteva essere…
«Conosci già la mia nuova
bambola?!» gli domandò, ironico.
Ginny…
La sua Ginevra…
La sua piccola fata dalla chioma
fulva…
Ed ora eccola lì, bambola rotta della
cui innocenza si era cibato quell’essere immondo che
lui avrebbe dovuto considerare il proprio padre, unica luce tra quelle coperte
candide nella loro tenebra e pure in quell’atto osceno che sopra di esse si era
consumato.
«Sai Draco, alla fine può essere
giustificato il tuo aver perso la testa per la piccola Weasley… - gli disse
Lucius, curvandosi sopra quel corpo abbandonato, prendendo a giocare con quei
capelli in cui lui aveva tanto amato immergere il proprio viso – E’ un
giocattolino davvero divertente e molto eccitante…»
No…
Due piccole lacrime scesero dai
suoi occhi, gemelle a quelle che solcavano il volto impassibile dell’unica
donna che avesse mai realmente amato.
Incrociò lo sguardo del suo
genitore, e lì riuscì a leggere tutto quello che lui le aveva fatto, tutta la paura di cui si era nutrito, tutta la
disperazione che lei aveva provato…
«Sai, ha tanto invocato il tuo
nome… E tu dov’eri? Mi hai permesso di portarla via… e non sei venuto in tempo
a salvarla… Sei un debole, figlio – quel demone biondo si alzò, avvicinandosi a
lui passo dopo passo, mentre Draco rimaneva fermo – Sei forte solo in me… solo tornando
ad essere quello che eri prima di innamorarti di
quella sporca pezzente potrai realmente essere qualcosa… Non angustiarti, non è
morta»
A quelle parole il ragazzo non poté
che riprendersi. Forse non era arrivato poi così tardi. Forse c’era ancora
qualcosa che poteva essere fatto.
«Oh… non
sperare che lei possa tornare quella di prima. Sai, i demoni non si
nutrono della vita di un corpo, ma della sua anima» gli sibilò infine il
genitore.
Ora aveva capito… anche quell’ultimo
bagliore di speranza si spense irrimediabilmente.
Un potente ritrovato delle Arti
Oscure… una pozione che gettava nella depressione più nera e nella pazzia
qualunque mente a cui fosse fatto subire un terribile trauma… Avevi coscienza
di chi eri, i tuoi ricordi, ma non potevi più essere felice e, se ci avessi
provato, avresti avvertito dentro di te solo sporco e
desolazione… e, la cosa peggiore, era che non esisteva antidoto, nessuna
cura possibile a tal maleficio.
«Torna da me… da tuo padre, tu,
sangue del mio sangue! Avrai tutto il potere che vorrai, tutte le donne con cui
desidererai soddisfarti, ricchezze che neanche
potresti immaginare… e, se proprio vorrai, potrai tenere la tua bambola rotta…»
gli propose.
Silenzio.
«Allora? Sei con me?» lo incalzò.
«No»
«Sei sicuro?»
«Assolutamente»
«Bene, ti permetto la tua scelta…
la comprendo… Ma sappi che io non accetto rifiuti!» e, puntatagli la bacchetta
allo stomaco, gli lanciò un potente incantesimo. Il muro dietro di lui si
colorò di rosso rubino, ma Draco non cadde a terra… non avvertì neanche dolore…
Alzò le braccia, e strinse in un
abbraccio il genitore.
«Ma cos-»
Che significava? Perché suo figlio ora lo abbracciava…
non aveva notato la bacchetta in una delle sue mani, puntata verso la sua nuca.
«Avada Kedavra»
Il corpo di Lucius Malfoy si
accasciò sul pavimento della propria stanza, nel maniero di sua proprietà, la
vita stroncata proprio da colui al quale l’aveva data.
Draco si avvicinò
al letto, dietro di lui lo seguiva una scia rossa.
Si sedette accanto a Ginny.
Le accarezzò il viso e fu con
immensa felicità che la vide girarsi e guardarlo.
«Draco? Sei tu?»
«Si…» un sorriso.
«Perché non
sei venuto prima? Ho avuto tanta paura…»
«Mi dispiace, ma ora va tutto
bene… è tutto a posto, ci sono io…» e si chinò su di lei, rubandole un casto
bacio.
«E’ tutto nero… tutto sporco… ho paura…» si stava agitando.
«Shh… stai
calma… troveremo una soluzione…» le disse e, per tenerla ferma, le prese
il polso. Lo trovò viscido.
Sangue.
Quel bastardo le aveva tagliato i polsi.
«Adesso andiamo a casa…» le
disse.
Provò a prendere la bacchetta,
ma, quando si concentrò a guardarla, gli sembrò di scorgerne due… la vista gli
si stava appannando… non aveva più tanto tempo…
«Anche
se io non saprò aiutarti, qualcuno troverà un antidoto a quello che ti ha fatto
mio padre… Dopotutto c’è la Granger e, anche se mi costa ammetterlo, lei è
davvero intelligente… troverà una soluzione per te…».
Un semplice incantesimo… la
trasformazione di un oggetto in una Passaporta gli prosciugò tutte le energie.
Incrociò la mano che la reggeva in
quella di lei. Un momento prima che il loro viaggio
cominciasse la baciò… l’ultimo bacio che i due si sarebbero scambiati.
Apparvero su quel letto che,
tante notti, li aveva visti felici ed innamorati.
«Draco?»
Ginevra non ricevette alcuna
risposta.
«Ehi Draco?!»
Ancora niente.
«Il viaggio ti ha stancato? Bhè,
allora dormi… anch’io sono tanto stanca…».
Era inutile che tutti continuassero
a disperarsi… quello non sarebbe stato il modo in cui
si sarebbero potuti riprendere Ginny!
Avevano bisogno di Draco, era l’unico
a conoscere i segreti di Malfoy Manor, e
gli aveva dato anche troppo tempo per riprendersi!
Era inutile che tutti
continuassero a dirgli di lasciarlo in pace, non si sarebbe comunque
risolto nulla!!
E poi,
in quegli anni, anche se non erano diventati due amiconi per la pelle, avevano
imparato ad avere stima e fiducia l’uno dell’altro.
Arrivò davanti alla stanza che
Draco e Ginny avevano diviso fino al giorno prima.
Bussò.
Nessuna risposta lo raggiunse.
«Ehi Draco, sono Harry! Aprimi!»
Neanche quest’appello ebbe
risposta.
Poggiò la mano sulla maniglia,
nel tentativo di entrare, ma la trovò chiusa.
«Alohomora»
Con un “clic” sordo la serratura
scattò, e l’uscio prese a girare sui cardini,
cigolando.
Mentre
il cuore gli si stringeva, e la sua anima gridava silenziosamente dal dolore, alla
luce dei raggi di un sole albeggiante, sdraiati su quel letto che tante notti essi
avevano diviso, scorse i due amanti, addormentati per l’ultima volta,
teneramente abbracciati.
Dopotutto, gli esseri umani sono
angeli da un’ala sola e, per volare, hanno bisogno di stare abbracciati…
Qualcuno mi deve spiegare perché la
domenica pomeriggio, quando non ho nulla da fare, io mi deprimo…
Non mi chiedete che cosa ho
scritto, non saprei rispondervi nemmeno io…
Questa volta io
non c’entro niente, la storia ha preso vita da sé…
Non so neanche per come ero partita a scrivere, so solo che, alla fine, eccone il risultato (Che ci si può aspettare quando a
scrivere sei tu?! ndMarcycas Ma io stavolta non c’entro!! ndLady)…
Credo mi faccia male passare la
domenica pomeriggio a leggere libri che mi fanno creare il lago di Garda II, la
vendetta… (Consiglio pubblicitario: Abbiamo letto “Tre metri sopra il cielo”… merita…
e, anche se non lo ammetterà mai, anche Lady se le è fatte scappare un
centinaio di lacrime… non si direbbe, ma anche lei ha un cuore ndMarcycas Che vorrei continuasse a battere… ndLady).
Ora, la
pubblico solo ora perché ho finito di controllarla, e perché mi sono
decisa solo ora a farlo… (sapete, ci tengo ancora alla mia vita, e so che
riceverò non poche minacce di morte per quello che ho fatto… Luna, Ryta, Tipsy… siate clementi,
chiamo lo stato di infermità mentale… ndLadyDepressa).
Non so perché, ma mi ha lasciato un senso di non finito
Credevo dipendesse dal
titolo (inizialmente si doveva chiamare “Piccola fata dalla chioma fulva”… dite
era più adatto?!), ma continua… (forse ci sono troppi pochi morti?! ndMarcycas No… non credo almeno… però magari a Draco
potevo farli fare una piccola strage quando entrava nel castello… che so, un
lago di sangue appartenenti a Mangiamorte vari che
bagna i pavimenti del maniero creando una scia fino alla stanza di Lucius… dici
che sarebbe stato meglio?!? ndLadyPensierosa).
Cmq
alla fine eccomi qua, a postare questa mia seconda (e spero non ultima) one-shot…
Se avete
letto, mi farebbe immensamente piacere se voi commentaste, anche solo per dirmi che, se mi deprimo la
domenica pomeriggio, farei prima a prendermi un po’ di valium e rimanere un
centinaio di chilometri lontano dalla tastiera…
Ora vi saluto, e vi rimando alla
mia storia a capitolo “The Little Scarlet Rose”.
Un mega
bacione a tutti quanti! (Ma guardate che non vi sto lecchinando… ^^”” ndLady)
Marcycas -
the Lady of Darkness
Nota al 31/07/2014: Se voleste leggere altro scritto da me, ho pubblicato un libro a quattro mani che potrete trovare a questo link
http://www.amazon.it/Guilty-Pleasure-Ludovica-Valle-Marcella-ebook/dp/B00K37549M. Dateci un'occhiata mi raccomando!