1. Una sgradita sorpresa
Quella mattina, quando si alzò, Tommy Baker pensò subito che sarebbe stata
una splendida giornata. Dalla sua finestra vedeva il parco di Sevenoaks e il
ruscello che l’attraversava, calmo e brillante, e la luce del sole dava
all’acqua dei bellissimi riflessi dorati che raramente si vedevano. Tommy si
affacciò alla finestra e tirò un bel respiro. Anche l’aria stava cambiando ; era
sempre fresca e frizzante, come tutte le mattine, ma aveva qualcosa di
inesplicabilmente diverso, qualcosa che diceva che stava finalmente arrivando
l’estate. E anche gli esami, pensò.
Secondo il calendario mancava poco più di un mese alla fine della scuola, ma
questo a Tommy non importava molto. Pur abitando a Sevenoaks da meno di un anno,
si era ambientato benissimo e aveva trovato un sacco di amici con cui se la
spassava dentro e fuori da scuola.
Ripensò con tenerezza alla sua vecchia casa di Newport, da cui vedeva ogni
giorno i pescherecci rientrare nel porto con le reti piene ; gli sembrava di
essersene andato da moltissimo tempo, e doveva quasi fare uno sforzo per
ricordarsi le facce di quelli che l’avevano circondato fino ad allora. Non era
per cattiveria o ingratitudine verso i vecchi amici o i luoghi che l’avevano
visto crescere, ma lui era semplicemente fatto così ; lasciava i ricordi dove si
trovavano, belli o brutti che fossero. Quando gli capitava di parlare della sua
vita in Galles lo faceva con un certo distacco, senza alcun rimpianto. A volte
pensava che fosse una fortuna, perché i ricordi sono sempre un po’ tristi ;
quelli belli perché non si possono più rivivere, quelli brutti perché spesso ti
perseguitano e ti fanno del male. Altre volte, invece, diceva semplicemente che
non era un tipo nostalgico, e non ci badava più.
Ora, comunque, si trovava a 500 chilometri di distanza dalla sua vecchia
vita, e se ne stava godendo una tutta nuova.
Stette ancora un attimo alla finestra, poi si decise a scendere per la
colazione. Dopo aver ingurgitato una tazza di tè e tre toast con la marmellata
si vestì, prese lo zaino con i libri, salutò mamma e papà e uscì di casa
fischiettando. Sì, era proprio una splendida giornata.
Appena oltrepassato il cancello allargò le braccia e tirò un altro respiro
profondo. In quel momento la corriera Rochester-Sevenoaks-Tunbridge Wells gli
sfrecciò davanti affumicandolo con il suo gas di scarico. Dopo che ebbe sputato
per bene i polmoni a furia di tossire, Tommy si accorse che Oliver Hutton, che
lo aspettava tutte le mattine, lo stava chiamando dall’altra parte della strada.
“Tom, muovi le chiappe, siamo in ritardo !” gridò, agitando le braccia. Tommy
guardò l’orologio : “Porca puzzola !” esclamò, “Le otto meno cinque !”.
Cercando di battere il record mondiale sugli 800 piani, i due amici
riuscirono ad entrare in classe pochi secondi prima che suonasse la campanella.
Cominciamo bene, pensò Tommy.
In effetti la giornata si rivelò tutt’altro che buona : scoprì di aver
lasciato chissà dove il suo quaderno di matematica, fu interrogato in latino e
in storia e, in mensa, rovesciò il bicchiere del succo di frutta in parte sulle
sue polpette, rendendole ancora più immangiabili di quanto già non fossero, e in
parte sul dessert di Jack Morris, che non ebbe il coraggio di insultare l’amico
vedendo lo stato di prostrazione in cui era ridotto. Tom ripensò a ciò che aveva
detto quella mattina e si diede del cretino. “Coraggio”, disse tra sè e sè
“ancora due ore ed è finita !” .
Invece non era affatto finita : mezz’ora prima del termine della lezione di
letteratura il preside, professor Davenport, entrò in classe annunciando che,
quell’anno, sarebbe toccato alla terza B mettere in scena la recita di fine
anno.
“Quale recita ? ! ?” sussurrò allarmato Tommy al suo compagno di banco Philip
Callaghan mentre il preside parlava con il professor Vinegar.
“Davenport è fissato con Shakespeare” rispose Philip. “Siccome è nel
programma di terza, ha deciso che, ogni anno, una classe deve inscenare una sua
opera.”
“Ma è fuori di testa !” disse Tommy, impallidendo. “E’ più facile imparare a
memoria l’elenco del telefono di Londra che un monologo shakespeariano !
Figuriamoci poi un’intera commedia !”
“Questo è il bello” intervenne Jack dalla fila dietro. “E’ lui che scrive gli
adattamenti. Sistema qualche battuta qua e là, taglia un po’ di parti... solo
che, con il talento che si ritrova, è capace di trasformare il Re Lear nei Tre
Porcellini !”
“L’anno scorso hanno dovuto fare l’Amleto” disse Julian Ross “e non ti dico
com’è andata ! Si sono dati quasi tutti malati...a proposito, sapete chi ha
dovuto interpretare Polonio ? Cynthia MacLean !”
“Cynthia ? ! ? Era proprio lei ? ! ?” esclamò Philip sottovoce. “Quella che
ha due...ehm, non so se mi spiego...”
“Ti sei spiegato benissimo” disse Julian sogghignando. “La vedete con la
barba e una gran panza a fare la parte di un vecchio ? Beh, nella scena in cui
Amleto fa fuori Polonio ha lanciato uno strillo... Penso che a Davenport sia
caduta la metà di quei pochi capelli che gli erano rimasti !”. E noi
completeremo l’opera, pensò Tommy con amarezza.
“Ehm ehm” li zittì Vinegar. “Il prof. Davenport mi ha appena comunicato di
aver stabilito le parti della tragedia, che quest’anno sarà Macbeth”. Sguardi
interrogativi e un po’ seccati girarono tra i ragazzi. Macbeth, questo
sconosciuto... Tommy cominciò veramente ad innervosirsi.
“Le parti in questione” continuò Davenport camminando su e giù per l’aula con
le mani dietro la schiena, “non possono assolutamente essere cambiate, e la
frequenza, tanto alle prove quanto alla rappresentazione finale, è obbligatoria,
pena due punti in meno sul voto di letteratura. Questo per evitare l’assenteismo
che si è verificato lo scorso anno, a causa del quale (orrore !) una ragazza fu
costretta ad interpretare Polonio...”
Philip e Julian si guardarono e sorrisero, pensando alle “doti naturali” di
Cynthia MacLean.
“Ora il prof. Vinegar vi elencherà le parti” proseguì il preside, “dopodichè
vi distribuirà i copioni, liberamente adattati da me medesimo.” Qualcuno fece
una risatina, subito zittita dallo sguardo infuocato di Davenport. “Per quanto
riguarda i costumi e le scenografie, potete usare quelli dell’anno scorso (che
sono gli stessi di vent’anni fa, pensò Jack). Per eventuali delucidazioni,
potete trovarmi nel mio ufficio il lunedì fino alle 10.30, il mercoledì dalle
9.30 alle 12.30 e il giovedì dalle 13.00 alle 16.00 (praticamente mai, pensò
Julian). Le uniche assenze giustificabili sono quelle dovute a decesso. Il
vostro, naturalmente. Avete un mese di tempo a partire da ora. Buon lavoro.” Si
girò sui tacchi e uscì senza chiudere la porta.
“Fregati”, disse Philip a Tommy. “Fregati sì ! Io prego solo di non dover
fare niente di impegnativo...anzi, di non dover fare proprio niente !”. “Quello
piacerebbe a tutti” disse Julian sospirando. “Non mi sono spiegato...io ho il
terrore del palco ! Quando ero alle elementari, dovevo fare il lupo cattivo in
‘Cappuccetto Rosso’ (proprio io, mi ci vedete ?). Quando toccò a me ero talmente
spaventato che mi dimenticai tutte le battute e scoppiai a piangere ! Ma l’avete
mai visto il lupo cattivo che piange ? Che figura, ridevano tutti ! E se mi sono
emozionato così con Cappuccetto Rosso, figuratevi con Macbeth ! No, no, il
teatro non fa per me !”.
“Vorrei dirvi due paroline a proposito di questa recita, ragazzi” disse il
prof. Vinegar dopo aver terminato di sfogliare i copioni e chiuso la porta
dell’aula. “Macbeth non è un’opera facile da mettere in scena, soprattutto
perché non l’abbiamo svolta nel programma (ma vah ? Pensò Julian). Tuttavia,
dando un’ occhiata alle riduzioni (anche troppo ridotte) del prof. Davenport, ho
notato che risulta abbastanza comprensibile, per cui non dovreste avere dei
grossi problemi”. Lo dice lui, pensò Tommy, sempre più nervoso. “Purtroppo, come
dicevo prima al preside, non potrò aiutarvi molto, perché la prossima settimana
dovrò partire per un giro di conferenze su William Golding, e starò via per un
mesetto. Così io e il prof. Davenport abbiamo deciso di eleggere un ‘regista’
che dovrà coordinare tutta la rappresentazione. Il fortunato è Hutton”. Tutti si
voltarono a guardare Oliver, che aveva spalancato la bocca dalla sorpresa.
“I...io ? Ma...non capisco...perché ? ! ?” esclamò, non molto felice, il
ragazzo.
“Beh” disse Vinegar “perché sappiamo tutti che in letteratura sei abbastanza
ferrato... e che ti interessi molto di teatro, ecco perché.”. Era vero, se c’era
un campo in cui Oliver era imbattibile era proprio quello. Aveva letto più libri
lui di tutti i suoi compagni messi insieme, e la poltrona numero 34 della
piccola “Carter Hall” di Sevenoaks avrebbe portato per diversi anni a venire la
gloriosa impronta del suo sedere. Inoltre, ogni tanto, si dilettava a scrivere
racconti che, però, leggeva solo ai suoi amici. Ma quello era tutta un’altra
cosa...
“Un momento ! Un conto è interessarsi di teatro, un altro è fare il regista !
Io non so un tubo dei dettagli tecnici di queste cose,combinerei solo un
disastro...”.
“Ascolta, Hutton” lo interruppe Vinegar, “Il vero disastro sarebbe lasciare
che ognuno faccia a modo suo. C’è bisogno che qualcuno tenga le redini della
situazione, che faccia un po’ di ordine... e l’unica persona disponibile sei tu
!”.
“Dai, Ollie, sarà divertente !” lo incoraggiò Stephen Mallory. Gli altri gli
sorrisero fiduciosi. Ma né loro né Oliver sapevano ancora cosa li aspettava...
“Oh, beh, ecco...e va bene , farò il regista !” disse infine il ragazzo.
“Beh, non hai una gran possibilità di scelta” disse, ridendo, Vinegar “Ricordati
che le regole di Davenport valgono anche per te... Ma ora basta perder tempo,
devo assegnarvi le parti !”.
Quando il prof. Vinegar prese in mano l’elenco, Tommy cominciò a tremare. Era
già nervoso di carattere, ma in queste situazioni peggiorava.
“Price sarà re Duncan ; Ross e Morris saranno rispettivamente i principi
Malcolm e Donalbain”. Benjamin Price si gonfiò d’orgoglio, mentre Julian e Jack
si guardarono un po’ dubbiosi, sperando che la loro parte fosse la più breve
possibile.
“Landers sarà MacDuff, Diamond sarà Banquo e Callaghan sarà Fleance. Le tre
streghe saranno interpretate da Gatsby, Anderson e Greene”. Julian ridacchiò
sotto i baffi e sussurrò ad Elizabeth Anderson, l’eterna nemica-amica : “Non
poteva andare diversamente, vero, carissima ?”. “Se non la pianti ti faccio
diventare un rospaccio” gli rispose la ragazza, secca “e poi voglio vedere chi
ti bacerà per farti tornare normale !”. Tutte le ragazze della scuola tranne
lei, pensò Stephen, che aveva sentito il battibecco tra i due. Effettivamente
Julian era un gran bel pezzo di ragazzo (anche se era molto semplice e non si
dava mai delle arie) e il suo accento nordirlandese esercitava una certa
attrazione su parecchie fanciulle...ed anche ad Elizabeth, malgrado facesse
tanto la dura, a volte brillavano gli occhi quando lui le sorrideva. Stephen lo
invidiava parecchio, anche se lui aveva una ragazza già da un anno e Julian era
ancora libero come l’aria...ma avrebbe potuto averne quante ne voleva ! Ah,
l’erba del vicino !
“Mallory sarà il medico, Harper sarà Seyward...” . Vinegar continuava ad
assegnare le parti e Tommy si era già mangiato le unghie di entrambe le mani
tanto era nervoso. Ti prego, lasciami fuori, pregava.
“Infine, Stewart sarà Lady Macbeth”. Esclamazioni di stupore attraversarono
le bocche dei maschietti della terza B. Madeleine Stewart era una delle ragazze
più ambite della scuola ; biondissima, altissima, bellissima, con due occhi
verdi che ti pietrificavano al primo sguardo. Si capisce che, in quel momento,
tutti i ragazzi avrebbero voluto essere Macbeth. Tutti tranne uno...
“Macbeth, invece” continuò Vinegar, “sarà interpretato da Thomas Baker.”
Si udì un tonfo, e tutti sussultarono. “Cos’è successo ?” chiese Vinegar,
preoccupato.
“Niente, signore, niente” rispose Philip facendo aria sul corpo privo di
sensi di Tommy, disteso sul pavimento. “Macbeth dev’essere svenuto per la
contentezza.”.
2. Tom non ci sta
Trenta secondi dopo la fine della lezione, Tommy si era già fiondato
nell’ufficio del preside, il quale era visibilmente seccato visto che quella
visita inattesa e inopportuna proprio alla fine della giornata di lavoro gli
avrebbe impedito di tornarsene a casa puntuale per il tè. Non fece in tempo a
chiedere al ragazzo cosa non andava che questo gli urlò in faccia : “Io non
posso essere Macbeth !”. Davenport era rimasto sorpreso dal tono che Tommy aveva
usato, ma non riuscì a rispondergli di essere più educato con un suo superiore
perché il ragazzo lo sopraffece di nuovo. “Non so recitare, gli spettatori mi
mandano nel pallone...e...e poi...oh, insomma, mi ci vede ad interpretare la
parte del perfido assassino, infido e vigliacco traditore ? Io sono di indole
timida, buona e gentile, per la miseria ! ! !” e diede una gran manata sulla
scrivania del preside, tanto che questo sobbalzò dalla sedia e la foto della
signora Davenport cadde a faccia in giù.
“Mi scusi” disse Tommy, accortosi di avere esagerato, “Il fatto è che questa
situazione mi stressa parecchio...”.
“L’ho notato” rispose il preside, piuttosto intimorito dalla spropositata
reazione di Tommy. Meglio trattarlo con cautela, con tutti i pazzi che c’erano
in giro non si poteva mai sapere...
“Ascolta, ragazzo” disse, unendo le punte delle dita all’altezza della bocca.
“A parte il fatto che non hai capito molto del tuo personaggio, e sicuramente
più avanti te ne accorgerai, devi sapere una cosa. Quando andavo al liceo, nella
mia classe eravamo tutti maschi. Così mi è toccato, per due anni di fila,
interpretare Lady Windermere...sai, quella commedia di Oscar Wilde... E tu ci
vedi il sottoscritto in vesti femminili ? Guarda che non ero molto diverso da
come sono adesso !”.
Il tipico trauma adolescenziale, pensò Tom. Ha dovuto subire per due anni e
adesso si vendica su di noi. Poi sogghignò immaginando quell’ometto grassoccio e
calvo, con dita enormi, vestito e truccato da donna. Davenport se ne accorse e
lo guardò un po’ storto, facendolo arrossire. “E’ stata una sofferenza, credimi
! Soprattutto quella maledetta pancera e le scarpe col tacco... Però mi ha dato
delle grosse soddisfazioni !”. Ma quali ?, pensò Tom. Farsi prendere in giro da
tutta la scuola ? Sentirsi dire ‘Ciao cara, ieri sei stata fantastica’ e via
discorrendo ? In effetti Davenport non sembrava particolarmente convinto delle
sue parole, perché cambiò bruscamente discorso dopo una brevissima pausa.
“Comunque” disse, “ci sono migliaia di attori che interpretano personaggi con
un carattere completamente diverso dal loro, e non per questo lavorano male !
Credi forse che Jack Nicholson sia un pazzo furioso che va in giro con un’ascia
a fare a pezzi la gente ? O che James Cagney si divertisse a congedare i suoi
amici a colpi di mitraglia ?”
“Ha ragione, ma...”
“Certo che ho ragione. E poi non devi mica recitare davanti alla Regina Madre
! Nessuno è mai finito sulla strada per una stupida recita scolastica. Al
massimo ti rideranno alle spalle per qualche giorno, poi tutti si
dimenticheranno di te.” Benissimo, pensò Tommy, come sa tirarti su il morale lui
non ci riesce nessuno.
“Vedrai che quando sarai sul palco sparirà tutto e resterà solo Macbeth, che
tu dovrai far vivere a modo tuo. Inoltre ricorda che lui è un personaggio
estremamente complesso dal punto di vista psicologico : sono sicuro che piano
piano riuscirai ad apprezzarlo e a calarti perfettamente nella sua parte. Poi,
se vuoi che ti faccia il solito discorso su come recitare aiuti a temprare il
carattere e ad essere più sicuri di se stessi...”.
“Lasci perdere, ho capito” tagliò corto Tommy, rassegnato. “Per farla breve
mi tocca tenermi la mia parte e così sia, giusto ? Beh, vorrà dire che alla
prima (ed ultima, se mi consente la battuta !) mi porterò una cesta abbastanza
grande da contenere tutta la verdura che mi tireranno addosso ! E, se finirà
come prevedo, mangerò minestrone per un mese...” e uscì, senza salutare.
Il preside tirò un grosso sospiro, ma non di sollievo. Sarebbe stato un altro
disastro ; la cosa migliore da fare era tenersi il più possibile fuori dalla
faccenda, magari dandosi malato...
3. Beata ignoranza
“Allora ? Che ti ha detto ?” disse Oliver andando incontro a Tommy nel
corridoio.
“Secondo te ?” rispose Tom, senza alzare lo sguardo.
“Beh, a giudicare dalla tua faccia direi che ti ha fregato per benino...”.
“Wow, che intuito formidabile ! Qui l’unica soluzione è la fuga. E’ meglio la
Terra del Fuoco o l’isola di Sant’Elena ? Ma che cavolo dico, non ho neanche i
soldi per andare a Rochester in autobus...” disse Tommy sconsolato.
“Senti, non farla così tragica” disse Oliver. “In qualche modo te la
caverai...e poi io credo di essere messo peggio di te ! La compagnia è
sgangherata al massimo e io non so da che parte cominciare...almeno tu hai Maddy
che fa Lady Macbeth !”. Entrambi sospirarono e dissero, all’unisono : “Che
gnocca !”.
“A proposito” disse Oliver “Ce l’hai un’oretta libera, adesso ? Ho riunito
tutti i ragazzi nell’Auditorium, almeno cercheremo di organizzarci un po’...”.
Quando i due entrarono, nell’Auditorium c’era un gran fracasso. Julian si era
messo al pianoforte (che era lì da anni ed era stato usato sì e no tre volte) e
stava suonando una vivacissima ‘Great balls of fire’ colpendo ogni tanto la
tastiera con i gomiti, e tutti gli altri erano saliti sul palco cantando e
ballando. Jack aveva lanciato in aria Elizabeth, ma non era riuscito a
riprenderla e la ragazza gli era atterrata addosso facendolo cadere dalla
ribalta.
“Hey ragazzi, ascoltatemi un attimo...per favore...ragazzi ! RAGAZZI ! ! !”
urlò Oliver con tutto il fiato che aveva in gola, ma nessuno lo sentì. Intanto
Maddy aveva trascinato Tommy (tutt’altro che riluttante) sul palco, e si era
lanciata in un balletto scatenato con il suo cavaliere. Oliver, rimasto
praticamente solo, perse del tutto le staffe. Andò al pianoforte e chiuse il
pesantissimo copritastiera di mogano direttamente sulle dita di Julian, che
balzò in piedi lanciando un urlo disumano.
“Volete starmi ad ascoltare almeno per cinque minuti ? ! ?”.
Tutti si bloccarono all’istante e, ammutoliti, guardarono verso Oliver. Tutti
tranne Julian, che continuava a saltellare e gemere per il dolore, stringendosi
le dita gonfie e arrossate, ma senza osare lamentarsi per l’accaduto. Aveva
capito, come gli altri, che Oliver, quando si arrabbiava, faceva sul serio.
“Scusate se vi ho interrotto sul più bello, ma avrei due paroline da dirvi !”
continuò in tono sarcastico. Nessuno fiatò.
“Dal momento che dovremo farci un mazzo così per mettere in scena questo
cavolo di tragedia (che, se andrà come prevedo, sarà davvero una tragedia),
sarebbe meglio sistemare subito qualche piccola questione, così potremo lavorare
con più tranquillità, o almeno spero ! Punto primo : anche se non l’abbiamo
studiata, conoscete comunque la trama di ‘Macbeth’ ?”. Silenzio di tomba.
“...così, anche a grandi linee ?”. Niente da fare. I ragazzi si guardarono
l’un l’altro, dubbiosi, borbottando qualcosa di incomprensibile. Oliver,
completamente sconsolato, ci riprovò.
“Ma almeno sapete chi è Macbeth ?”.
Dopo un nuovo, breve attimo di silenzio, Stephen alzò timidamente la mano e
disse : “Non era quello che vendeva fazzoletti ?”.
“Quello era Otello, imbecille !” rispose Philip, “L’ho visto l’anno scorso
alla tivù !”.
“Ah, già ! Non c’era anche Mel Gibson, che faceva finta di essere matto e
poi...” disse Paul Diamond.
“No, ti confondi con Amleto. Gran film ! Io ho visto quello con Kenneth
Branagh e quella gran gnocca di...”.
“Un attimo, un attimo !” li interruppe Patty Gatsby. “Ma Macbeth non è una
donna ?”.
Oliver, a cui già cominciavano a cadere le braccia, non poteva credere alle
proprie orecchie. Una donna ? Ebbe solo il coraggio di rispondere :”No...cioè...c’è
Macbeth... poi c’è Lady Macbeth, che...” .
“Ma guarda !” disse Patty cadendo dalle nuvole. “Ero convinta che ‘Macbeth’
fosse il diminutivo di ‘MacElizabeth’...”.
“Per la miseria, Patty !” sbottò Julian, “Dove diavolo eri quando Vinegar ha
distribuito le parti ? ! ?”.
“In bagno, dove volevi che fossi ? Anzi, non ho ancora capito cosa devo
fare...”.
Dopo quegli interventi, Oliver dovette soccombere alla dura evidenza :
nessuno sapeva di cosa si stesse parlando. Facendosi coraggio, riprese la
parola.
“Okay, ho capito...sarà bene fare un piccolo ‘corso di recupero accelerato’ !
Forza, venite tutti qua intorno al nonno Ollie !”. Tutti si sedettero in cerchio
attorno ad Oliver, che in quel momento si sentì davvero come un nonnino che
racconta le favole ai nipoti davanti al focolare.
“Allora” esordì. “La nostra storia inizia in Scozia...”.
“Dove, esattamente ?” lo interruppe Philip.
“Boh, esattamente non saprei, non ricordo...”.
“E quando ?” disse Stephen.
“Quando cosa ?”
“Quando si svolge la faccenda....cioè, in che periodo ?”.
“Mah, più o meno nel 1000, 1100...”
“In estate o inverno ?” esordì Lucy Greene che, evidentemente, non aveva
altro da dire.
“E che cavolo te ne frega ? ! ?” sbottò Oliver, il quale non ne poteva già
più.
“Beh...insomma...per i costumi...”.
“Ma se ci tocca usare quelli dell’anno scorso ? ! ? E’ già tanto se non sono
di cartapesta ! ! !”.
“Va bene, va bene, scusa, continua.”.
Oliver, alquanto spazientito, proseguì. “Dicevo che siamo in Scozia (dove non
lo so, quindi non seccatemi) e il nostro Macbeth sta tornando da una battaglia
in cui si è distinto...”.
“Che batt...” disse Mark Landers, ma Julian gli tappò la bocca prima che
potesse terminare la frase. Oliver lo incenerì con un’occhiata e riprese.
“...dove si è distinto per il suo valore, insieme al barone Banquo. Ad un
tratto, per strada, incontra tre streghe.”. Julian si voltò verso Elizabeth,
sogghignando. Lei fece finta di niente.
“Queste streghe, per farla breve, gli predicono che sarebbe diventato prima
barone di Cawdor, poi re di Scozia, ma i suoi figli non lo sarebbero mai stati,
e invece dicono a Banquo il contrario. Avete capito ?”.
“No” disse Julian. “Riassumendo : Macbeth diventa re ma i suoi figli no, e
Banquo non diventa re ma i suoi figli sì, giusto ?”.
“E’ esattamente quello che intendevo” disse Oliver, chiedendosi il perché
dell’interruzione, se l’amico aveva compreso perfettamente il discorso.
“Fantastico ! Ci siamo. Continua.” disse Julian, con, dipinta sul viso,
un’espressione del tipo quanto-sono-intelligente-io.
“Allora Banquo adotta i figli di Macbeth, giusto ?” disse Stephen che moriva
dalla voglia di sapere come andava a finire la storia.
Oliver si portò una mano alla fronte, sperando che la terra si aprisse e
inghiottisse tutti, così l’avrebbe fatta finita senza soffrire. “Deduzione
sbagliata, Sherlock” disse. “E ora fatemi la grazia di ascoltare, così ce la
sbrigheremo in fretta e torneremo tutti a casa prima di cena.” Qui si bloccò e
alzò di scatto la testa. “Cosa stavo dicendo ?”.
“I figli”.
“Quali figli ? Ah, sì, i figli. Allora, quando torna al castello, scopre che
il re...”.
“Che sono io”, disse Benjamin Price tutto contento.
“...che, fra l’altro, lo adora, lo ha già nominato barone di Cawdor. Per
appagare la sua cupidigia, decide, su consiglio della perfida Lady Macbeth, di
far fuori il re (qui Benjamin borbottò che non era affatto giusto troncare così
la sua carriera di attore, ma, per fortuna, Oliver non lo sentì), sperando di
far avverare del tutto la profezia. Infatti i figli del re, Malcolm e Donalbain,
fuggono dal paese.”.
“Bingo !” dissero Julian-Malcolm e Jack-Donalbain battendosi un cinque
“Eccoci fuori dai piedi !”.
“Quindi, siccome gli eredi si sono defilati, Macbeth sale al trono, ma, per
mettersi al sicuro, decide di accoppare anche Banquo e suo figlio Fleance.
Banquo muore, ma Fleance riesce a scappare...”.
“...e non torna più, spero !” disse Philip-Fleance.
“No, tranquillo, non si fa più vedere. Però Banquo torna...”.
“E come fa a tornare, se è morto ? ! ?” lo interruppe Paul-Banquo.
“E’ il suo fantasma che torna, anche se lo vede solo Macbeth. Lo spettro gli
ricorda la sua colpa..."”
”La colpa di chi ?”.
“Di Macbeth.”.
“Ah.”.
“Posso continuare ?”.
“Prego.”.
“Grr...azie” mugugnò Oliver. “Dopodichè...beh, adesso non ricordo bene cosa
succede, comunque tutti gli altri baroni si accorgono che Macbeth è un cattivone
e lo abbandonano. Lui, per rassicurarsi, torna ad ‘intervistare’ le tre
streghe...”. “E tu te ne stai zitto, altrimenti ti faccio ingoiare la dentiera
!” sbottò Elizabeth rivolgendosi a Julian, che sobbalzò.
“Ma che cacchio vuoi ? ! ? Non ho neanche fiatato ! ! !” esclamò il ragazzo,
voltandosi di scatto.
“No, ma non dire che non l’hai pensato !”.
“E cosa avrei pensato, di grazia ?”.
“Sicuramente ad una delle tue solite idiozie, visto che non sai dire altro
!”.
“Ah, beh, se proprio vuoi dire che io parlo a sproposito allora ti ricordo
che...”.
“...che il principe svegliò Lady Macbeth con un bacio, mandarono al diavolo
Macbeth e soci e vissero tutti felici e contenti !” concluse Oliver, cercando di
riattirare verso di sé l’attenzione dei ragazzi, che ora era rivolta verso i due
litiganti.
“Ti prego, dimmi che stai parlando di Donalbain !” disse Jack, gongolando.
“Cosa c’entra Donalbain adesso !” urlò esaperato Oliver.
“Stai parlando di baciare Lady Macbeth, no ?”.
“No, se è questo che ti interessa ! Volevo solo che mi ascoltaste un
attimo...”.
“Ti pareva” disse, deluso, Jack. “Per una volta che posso limonare a dovere
con Maddy...”.
“Ti è andata bene, perché ti avrei staccato la lingua a morsi” disse Maddy,
disgustata.
“Ma perché non mi lasciate finire ? ! ?” disse Oliver, sul punto di scoppiare
in lacrime. “Che cosa ho fatto di male ? ! ?”.
Ad un tratto, incredibilmente, venne detta l’unica cosa intelligente della
giornata.
“Senti, Ollie” disse Tommy, che se n’era stato zitto per tutto il tempo
“Perché non ci lasci semplicemente leggere i copioni, così forse ci capiamo
qualcosa di più, e poi ce ne andiamo tutti a casa ? Se avremo dei problemi te ne
parleremo...”.
“Ottima idea” rispose Philip “anche perché alle cinque comincia ‘Eastenders’
e rischio di perdermelo anche stavolta. Ciao a tutti”. Si alzò e se ne andò.
Oliver era impietrito.
“Beh, allora ci vediamo” disse Jack uscendo. “In effetti è inutile che ce ne
stiamo qui come dei babbei. Stasera diamo un’occhiata ai capolavori di Davenport
e domani ne riparliamo.”.
Oliver non fece in tempo ad aprire bocca che tutti si erano salutati ed
avevano infilato la porta. Tutti tranne Mark, che era ancora seduto e stava
fissando l’amico come un ebete.
“E tu che cavolo ci fai ancora qui ? ! ?” sbottò Oliver.
“Come, cosa faccio ? Voglio sapere almeno come va a finire !” rispose Mark.
“E come vuoi che finisca ? Che il cattivo muore !” . Si alzò e si diresse
verso la porta infuriato come un caprone. Ma, prima di uscire, si voltò e disse
a Mark, che era rimasto lì un po’ interdetto : “E, se proprio ti interessa, lo
fai secco tu !”. E se ne andò definitivamente, pensando che forse Mark sarebbe
stato orgoglioso del suo importante ruolo, ma Tommy, vista la sua fine
ingloriosa, lo sarebbe stato un po’ meno.
4. Tom ci ripensa
In effetti Tommy non era per niente contento. Gli toccava fare il cattivo e
non solo non ne era capace, ma non ne aveva neppure voglia. Andò in bagno e si
guardò allo specchio : no, i panni di Macbeth non gli calzavano affatto, non
sarebbe mai stato credibile.
Eppure si accorse che qualcosa, in fondo in fondo, lo sollucherava ; davanti
allo specchio assunse diversi atteggiamenti ed iniziò ad osservarsi. Non era un
brutto ragazzo :certo, non aveva il fascino di Julian, che mieteva vittime
ovunque, ma non era affatto da buttar via. Aveva dei begli occhi castani, che
assumevano riflessi verdi quando c’era molto sole, e un grazioso nasino alla
francese, ereditato da sua madre. Beh, sì, era piccoletto e aveva le gambe
storte, ma non erano particolari fondamentali. A dir la verità stava anche
mettendo su un po’ di pancetta...ma per questo bastava ricominciare a giocare a
basket. “Tanto più che le ragazze amano gli sportivi”, pensò.
Già, le ragazze ; quante sarebbero state presenti alla recita ? Praticamente
tutte quelle della scuola. Quindi anche Amy Ross, la sorellina di Julian, per
cui lui aveva sempre avuto un debole. E il primo attore, si sa, fa sempre colpo.
Piano piano, Tommy cominciò a gradire l’idea di un ruolo così importante. Se
se la fosse cavata bene avrebbe potuto prenderci gusto e interpretare parti più
impegnative. Irrimediabilmente, nel cervello del ragazzo la paura del
palcoscenico fu scalzata dall’idea del successo, del denaro e delle donne, fino
a cancellargli il pensiero che,se avesse anche solo sbagliato una battuta,
sarebbe stato flagellato dal preside e deriso dagli altri studenti fino al
diploma...ma, tutto sommato, per Tommy era meglio così.
5. Benji ha un’idea
Quella stessa notte Oliver fu svegliato dallo squillo del telefono, che lo
aveva fatto sobbalzare dal letto. Senza accendere la luce, raggiunse a tastoni
l’apparecchio che teneva sul comodino e sollevò la cornetta.
“Pro...pronto ?” bofonchiò con la voce impastata. La voce di Benjamin, alias
re Duncan,risuonò dall’altro capo del filo.
“Pronto ? Ollie ? Non sento niente ! Ollie ?”. Oliver si accorse che stava
tenendo la cornetta al contrario e la raddrizzò, ma si pentì subito di averlo
fatto.
“Benji...che cavolo vuoi a quest’ora ? E’ successo qualcosa ?...” borbottò
Oliver mettendosi a sedere sul letto.
“Perché, è tardi ? Non dirmi che stavi dormendo ! Non sono nemmeno le undici
e mezza !”.
“A parte il fatto che il giovedì notte non ci sono molte cose da fare, i miei
sono già a letto da due ore. Almeno, se non si sono ancora alzati per scannarmi,
vuol dire che dormono sodo...”.
“Oh, beh, scusa. Il fatto è che ho appena finito di leggere il copione della
recita...”.
“Quale recita ? Ah, già, quella.”. Tasto molto dolente. Oliver aveva letto sì
e no quattro pagine del copione e ne era rimasto leggermente disgustato. “Hai
qualche problema con la parte ?” domandò.
“Beh, no, cioè...insomma, il mio ruolo mi sembra un po’...” balbettò Benji.
“Un po’ cosa ?” disse Oliver, spazientito.
“Un po’...corto, ecco. Ridotto. Insomma, arrivo per ultimo e muoio prima
della fine del primo atto ! Dirò forse una decina di battute e non posso nemmeno
fare un bel discorso prima di farmi ammazzare...” .
“E hai anche il coraggio di lamentarti ? ! ? C’è chi pagherebbe oro per avere
una parte come la tua...non posso credere che per te sia un problema !”.
“Il problema è che faccio una fine troppo stupida”. Stupida ?, pensò Oliver.
Benji si è bevuto il cervello con i suoi sogni di gloria. “Saluto tutti, esco di
scena e poi qualcuno salta fuori e dice che hanno assassinato il re...”.
“Se la faccenda non ti piace, puoi sempre chiedere al Grande Bardo di
cambiare qualcosina...conosco un’eccellente spiritista...” disse Oliver,
sarcastico.
“Non dire fesserie, Ollie. Piuttosto, ho pensato ad una piccola variante
davvero geniale.” Mio Dio, pensò Oliver alzando gli occhi al soffitto. Sentiamo
l’idiozia del secolo.
“Macbeth entra in camera mia per uccidermi” continuò Benjamin. “Io, che avevo
sospettato il tradimento, fingo di dormire, e quando lui si avvicina al mio
letto con il pugnale in mano, mi alzo, prendo una spada (che per cautela avevo
messo sotto il cuscino) e cominciamo a duellare... Alla fine mi fa fuori lo
stesso, ma vuoi mettere l’effetto, eh Ollie ?...Ollie ? Pronto ? Ci sei ancora
?”.
Oliver aveva riagganciato, staccato la spina del telefono (per cautela, come
aveva detto Benji) e si era cacciato sotto le coperte ringraziando il cielo che
quella pazzesca giornata fosse finita. |