Carta da parati
Carta da parati
Era solo passato per restituire una cassetta, ma era stato invitato
dentro prima che avesse anche solo potuto aprire la bocca per protestare.
« Aspetta qui un secondo, vado a prendere qualcosa da bere ». Patrick,
sulla soglia della sua camera da letto, si voltò e sorrise a Charlie. «
Mettiti comodo, se vuoi. Torno subito ».
« Okay ».
Una volta solo, Charlie appoggiò la cassetta sulla scrivania coperta di
libri aperti. Si sfilò la giacca, la piegò con cura e la appese sullo
schienale della sedia abbandonata in mezzo alla stanza. Si sedette con
cautela sul bordo del letto e starnutì. Non appena Patrick sarebbe
ritornato, decise, gli avrebbe suggerito di aprire un po' le finestre.
C'era troppa polvere, lì dentro.
Si stese e la sua testa sfregò contro il muro, ma a lui non importava. La
trapunta aveva un leggero sentore di fumo e di sudore e di ammorbidente.
Charlie inspirò a pieni polmoni e si chiese che odore avesse invece il
copriletto di Sam: forse di shampoo alla mela, o forse del profumo alla
vaniglia che amava mettersi sui polsi quando usciva il sabato sera.
Osservò la polvere fluttuare in ampie volute alla luce del sole del tardo
pomeriggio, assorto. Le voci di Patrick e della madre di Sam, tranquille e
rilassate, gli giungevano attutite dal piano inferiore. Charlie socchiuse
le palpebre e sbadigliò. Magari avrebbe potuto schiacciare un pisolino. Ci
avrebbe poi pensato Patrick a scuoterlo per una spalla e a svegliarlo, no?
Una mosca si posò sul suo naso e lui sussultò. Scattò di nuovo a sedere,
mentre quella ronzava via pigra e andava a posarsi sul soffitto.
Fu in quel momento che Charlie si accorse del poster.
Era una riproduzione della copertina di
Abbey Road, attaccata
storta sopra la testiera del letto: sembrava quasi che i Fab Four
stessero per affrontare una lunga salita. Tre angoli erano fissati al
muro con puntine da disegno, ma
l'ultimo, quello in basso a destra, era stato coperto con una ragnatela
di scotch. Una piega irregolare tagliava a metà il piede di George Harrison,
come se il poster fosse stato sollevato più volte in quel punto.
Magari si è rotto. Charlie si
avvicinò, ma non vide nessuno strappo. Si
accorse
però, di una sottile linea nera, tracciata a penna, che spuntava
dal bordo inferiore del poster e terminava in una
serie di ditate scure sul muro.
Charlie si voltò e tese l'orecchio. Nessun rumore di passi sulle scale, si rese
conto. Si allungò sul cuscino. La
madre di Sam e Patrick erano
ancora immersi in una sommessa conversazione. Guardo solo un
attimo, Patrick. Promesso.
Scostò piano l'angolo del poster. Lo scotch, pieno di lanugine, non si
attaccava nemmeno più alle sue dita.
Sulla carta da parati nascosta dalla
copertina di Abbey Road,
qualcuno aveva scritto, a larghe lettere maiuscole, quattro parole.
Aveva usato uno sfacciato pennarello nero, come se avesse voglia di
urlare, di far filtrare il colore sulla carta patinata del poster:
BRAD È STATO QUI
E, poco più sotto, aveva scarabocchiato:
con Patrick.
Più
in
basso, qualcun altro aveva aggiunto, con una penna sottile:
scemo!
Charlie riconobbe la calligrafia sottile e stretta, la s appuntita.
Patrick aveva tentato anche di aggiungere una X, ma la biro doveva
essergli sfuggita dalla mano, perché aveva lasciato scarabocchi neri e
manate di inchiostro dovunque. Come se fosse scoppiato a ridere
all'improvviso, oppure qualcuno avesse tentato di prendergli la penna
dalle dita e lui avesse lottato per non farsela rubare.
Charlie coprì di nuovo le scritte. Lo scotch, però, non voleva saperne di
stare attaccato al muro: l'angolo del poster si arricciò sotto le sue dita
e scoprì di nuovo la X storta, il bacio storto.
Picchiò con discrezione sul poster fino a quando il piede di George
Harrison non tornò al suo posto. Passò il pollice sulla linea che gli
spezzava la caviglia.
Perché andava bene essere un osservatore, ma un ficcanaso no.
|