Salve
a
tutti!
Vi propongo una storia che scrissi per un concorso scolastico l'anno
scorso, e che ho molto a cuore.
E' breve, ma spero sia altrettanto intensa.
Spero che possiate apprezzarla, ci tengo davvero molto!
Un abbraccio forte :)
M.L
***
Portsmouth,
Inghilterra,
Novembre 1970
Il mare le aveva
sempre trasmesso un senso
di calma interiore, equilibrio, pace.
Osservava il mare con aria nostalgica e,
seppure fosse vicina, lo sentiva lontano, avvertendo come un ronzio il
rumore
delle onde.
Notava che si susseguivano in ordine di
sei, quando all’improvviso ce ne fu una settima.
La settima onda è l’inflessibile, le prime
sono flessuose e armoniose, è possibile anche calcolare il
modo in cui si
alternano.
Non fanno sorprese. Si potrebbe restare a
guardarle per ore intere, tanto ripeterebbero sempre lo stesso ordine.
Ma non
vale lo stesso per la settima, che arriva e sconvolge le prime sei.
Claire vide come l’acqua modificava
l’ordine delle pietre, scambiando toni chiari con altri
scuri. La brezza
pizzicava il suo naso, facendole provare un piccolo formicolio sulle
narici.
Faceva particolarmente freddo, non che
fosse una sorpresa per lei, così abituata alle rigide
temperature dell’autunno
inglese, ma quel giorno, avvertiva il gelo perfino nelle ossa.
C’era qualcosa in quell’aria salmastra che
le riportò alla mente un giorno d’estate, con un
sole luminoso ed un cielo
terso e limpido.
Ma adesso, il vento le scompigliava i
capelli, le faceva venire il mal di testa.
Il mare non perdonava nessuno, neanche
lei.
Era agitato, le onde si gonfiavano incredibilmente, dando
l’impressione di
venirti addosso e travolgerti nel loro vortice.
Sulla riva, restava solo quella spuma bianca che trasportava
ciò che il mare
rifiutava.
Disseminati sulla spiaggia i detriti di lunghi giorni di tempesta.
Sola, come non lo era mai stata, volgeva
lo sguardo all’orizzonte infinito che si protendeva di fronte
a lei con immensa
imponenza.
Iniziò a chiedersi cosa ci fosse dietro
quell’infinitezza, cosa si nascondesse di così
grande da non poter essere
scorto da anima viva.
Era sempre stata affascinata dal mare,
dalla profondità dei suoi abissi, dagli oscuri segreti che
sembrava celare una
sola goccia d’acqua.
Certo, ne aveva anche paura, ma amava
perdersi nei pensieri e provare ad immaginare una vita sul mare,
lontana da
tutto e da tutti.
Lontana dal dolore, dalle convenzioni,
dall’allegria, dai sorrisi.
Claire non sorrideva molto, c’era qualcosa
di ipocrita nei sorrisi delle persone, che fosse la volontà
di mascherare la
sofferenza, che fosse la volontà di manifestare una gioia,
non importava.
Ma sorridere le piaceva, era facile
distendere i muscoli e liberare la tensione, ciò non
toglieva che si era
abituata perfettamente a distinguere un sorriso sincero da uno falso.
Nel corso del tempo si era anche abituata
a studiare gli occhi delle persone, gli sguardi secondari, quelli che
nessuno
nota.
Quelli che tutti nascondiamo senza neanche
accorgercene.
Avrebbe voluto gridare, gridare forte per fare eco anche nel passato.
Ma le parole non sempre servono, non sempre sono necessarie, ma ci sono
dei
momenti in cui sono essenziali.
Ma non ce la fanno, muoiono ancora prima di essere pensate o
pronunciate.
Come si fa, però, a confessarle? Come si fa a dirle?
In quel momento, Claire comunicava con il mare, con quella distesa
infinita di
acqua che aveva di fronte agli occhi.
Si strinse nelle braccia per riscaldarsi
un po’.
Si lasciò trasportare dal vento,
scivolando nei ricordi più intimi della sua vita passata.
Era il suo compleanno quel giorno, e
decise di farsi un regalo: iniziò a ricordare.
Cauville
– sur – Mar, Francia, 1941
Portsmouth,
Inghilterra, Novembre 1970
Il mare le aveva sempre trasmesso un senso di calma interiore,
equilibrio, pace.
Osservava il mare con aria nostalgica e, seppure fosse vicina, lo
sentiva lontano, avvertendo come un ronzio il rumore delle onde.
Notava che si susseguivano in ordine di sei, quando
all’improvviso ce ne fu una settima.
La settima onda è l’inflessibile, le prime sono
flessuose e armoniose, è possibile anche calcolare il modo
in cui si alternano.
Non fanno sorprese. Si potrebbe restare a guardarle per ore intere,
tanto ripeterebbero sempre lo stesso ordine. Ma non vale lo stesso per
la settima, che arriva e sconvolge le prime sei.
Claire vide come l’acqua modificava l’ordine delle
pietre, scambiando toni chiari con altri scuri. La brezza pizzicava il
suo naso, facendole provare un piccolo formicolio sulle narici.
Faceva particolarmente freddo, non che fosse una sorpresa per lei,
così abituata alle rigide temperature dell’autunno
inglese, ma quel giorno, avvertiva il gelo perfino nelle ossa.
C’era qualcosa in quell’aria salmastra che le
riportò alla mente un giorno d’estate, con un sole
luminoso ed un cielo terso e limpido.
Ma adesso, il vento le scompigliava i capelli, le faceva venire il mal
di testa.
Il mare non perdonava nessuno, neanche lei.
Era agitato, le onde si gonfiavano incredibilmente, dando
l’impressione di venirti addosso e travolgerti nel loro
vortice.
Sulla riva, restava solo quella spuma bianca che trasportava
ciò che il mare rifiutava.
Disseminati sulla spiaggia i detriti di lunghi giorni di tempesta.
Sola, come non lo era mai stata, volgeva lo sguardo
all’orizzonte infinito che si protendeva di fronte a lei con
immensa imponenza.
Iniziò a chiedersi cosa ci fosse dietro
quell’infinitezza, cosa si nascondesse di così
grande da non poter essere scorto da anima viva.
Era sempre stata affascinata dal mare, dalla profondità dei
suoi abissi, dagli oscuri segreti che sembrava celare una sola goccia
d’acqua.
Certo, ne aveva anche paura, ma amava perdersi nei pensieri e provare
ad immaginare una vita sul mare, lontana da tutto e da tutti.
Lontana dal dolore, dalle convenzioni, dall’allegria, dai
sorrisi.
Claire non sorrideva molto, c’era qualcosa di ipocrita nei
sorrisi delle persone, che fosse la volontà di mascherare la
sofferenza, che fosse la volontà di manifestare una gioia,
non importava.
Ma sorridere le piaceva, era facile distendere i muscoli e liberare la
tensione, ciò non toglieva che si era abituata perfettamente
a distinguere un sorriso sincero da uno falso.
Nel corso del tempo si era anche abituata a studiare gli occhi delle
persone, gli sguardi secondari, quelli che nessuno nota.
Quelli che tutti nascondiamo senza neanche accorgercene.
Avrebbe voluto gridare, gridare forte per fare eco anche nel passato.
Ma le parole non sempre servono, non sempre sono necessarie, ma ci sono
dei momenti in cui sono essenziali.
Ma non ce la fanno, muoiono ancora prima di essere pensate o
pronunciate.
Come si fa, però, a confessarle? Come si fa a dirle?
In quel momento, Claire comunicava con il mare, con quella distesa
infinita di acqua che aveva di fronte agli occhi.
Si strinse nelle braccia per riscaldarsi un po’.
Si lasciò trasportare dal vento, scivolando nei ricordi
più intimi della sua vita passata.
Era il suo compleanno quel giorno, e decise di farsi un regalo:
iniziò a ricordare.
Cauville – sur
– Mar, Francia, 1941
Un giorno come un altro,
lo ricordava bene, con il sole e le nuvole
alte in cielo.
Vent'anni appena
compiuti, un viso fresco e chiaro di giovinezza.
Era bella Claire con i
suoi lunghi capelli color dell'oro e gli occhi
azzurri profondissimi che celavano un pozzo profondo di segreti,
proprio come il mare.
Non aveva mai pensato di
essere carina, ma la maturità aveva
portato con sè la consapevolezza di essere cresciuta e non
essere più una ragazzina.
Su uno sfondo
così roseo, alle spalle della giovane donna,
si infuriava una guerra crudele e gelida, che fino ad ora non
aveva risparmiato nessuno.
I suoi due fratelli si
trovavano al confine con la Germania, e la paura
che potesse capitare loro qualcosa era diventata ormai una costante
delle sue giornate.
Aveva perso sua madre da
piccola, quando ancora era troppo presto per
capire cosa significasse la morte senza confonderla con un lungo
viaggio per tutto il cielo; mentre suo padre era morto in guerra quasi
un anno prima.
Per fortuna, aveva
ancora i suoi due fratelli e colei che
l’aveva cresciuta, sua sorella maggiore Eloise.
Certo non era mai stata
troppo fortunata con la vita, Claire , aveva
sempre dovuto convivere con un dolore nuovo e lasciare spazio a quello
che avrebbe potuto avere poi, se ci fosse stato qualcosa.
Eppure Claire non aveva
mai fatto in modo che gli eventi negativi della
sua vita prendessero il sopravvento, senza nascondersi inutilmente
dietro maschere di forza, Claire lasciava che la tristezza si
impadronisse di lei quando ce n'era bisogno, senza paura di mostrare le
lacrime alle persone.
Lei lo sapeva che in
fondo tutti soffrivano.
Arrivata a
vent’anni anni senza il padre e la madre, Claire
poteva dire di essere pronta a ricominciare senza lasciare alle spalle
il passato, evitando che la influenzasse troppo, ma non aveva fatto i
conti con la guerra, ora sua terribile nemica.
La sua vita era questa,
una continua agonia nella speranza di un domani
migliore con la certezza che anche il giorno dopo sarebbe stato in quel
modo, consapevole che la guerra non sarebbe finita così su
due piedi.
In momenti come questi,
le sarebbe davvero servito per darsi una
spiegazione più o meno plausibile a quel meschino gioco che
la vita le aveva posto di fronte.
Alla fine, per lei la
vita era solo una lunghissima passeggiata nel
vuoto, dove non si intravede né gioia, né dolore,
né luce, né buio più pesto.
Sperava in Dio, qualcosa
di superiore che potesse seguire quel cammino
alla cieca al quale ormai, si era completamente rassegnata.
Ormai era persa,
insicura, distesa su un mucchio di foglie secche,
senza vita, colori.
E neanche gli
altri sembravano voler ascoltare il suo
grido,una debole richiesta d’aiuto al cielo,
perché potessero ascoltarla, salvarla.
Ma sapeva bene che un
dolore come il suo era quasi nullo in confronto
alle altre migliaia di persone alle quali la guerra aveva strappato via
ogni cosa.
E adesso se ne stava
lì, seduta in quel minuscolo di bar di
Cauville – sur – Mer a contemplare il mare,
stranamente calmo.
Aveva preso posto ad uno
di quei tavolini con vista
sull’immenso canale inglese, con l’acqua che si
muoveva lentamente, e il ritmico rumore delle onde dava quasi fastidio
alle orecchie.
Le si
avvicinò la solita cameriera dai capelli rossi, e lei
ordinò il suo classico the al limone con qualche
biscotto. Iniziò ad osservare il paesaggio di
fronte a lei: arido e aspro, privo di qualsiasi brandello di vita.
La spiaggia era
completamente deserta, si poteva solo scorgere in
lontananza un piccolo peschereccio lasciato a marcire per la troppa
paura di usarlo.
La cosa più
bella restava senz’altro il mare, che
aveva perso temporaneamente la sua aria minacciosa e imponente.
Tutto ciò le
trasmetteva però, un fortissimo
senso di simbiosi con quel mare che l’affascinava e la
terrorizzava al tempo stesso.
L’aria fredda
fece diventare il naso di Claire rosso, come
anche le sue guance.
Si recava a quel posto
ogni giorno, ogni pomeriggio per le cinque meno
dieci, per l’esattezza.
Ogni suo gesto ormai si
svolgeva meccanicamente, non c’era
neanche bisogno di pensare.
Di fianco a lei, quel
giorno, vi era un’allegra riunione di
alcuni militari che, molto probabilmente, avevano avuto qualche giorno
di licenza.
In quel momento, le
sembrò di essere la persona
più sola sulla faccia della terra.
Sospirò,
facendo spostare una ciocca dei suoi capelli biondi
sulla fronte, poi, come fosse sconfortata, iniziò a fissare
il the nella tazza proprio sotto i suoi occhi.
Quel liquido giallastro
che lei tanto amava.
Ma lei, era
lì da sola, non aveva possibilità di
condividere neanche un po’, dei suoi pensieri.
Magari Claire aspettava
qualcuno, qualcuno che probabilmente non
sarebbe mai arrivato, e che forse, era solo un suo vano pensiero.
Così, con un
gran peso alla gola cercò con gli
occhi la signorina per chiederla il conto, ma poi, una voce, profonda e
giovanile la chiamò << Vuole già
andar via? >>
Claire si
voltò verso il lato dal quale riteneva provenisse
la voce, intravide un cespuglio di ricci scuri e poi, sollevando le
spalle disse tristemente << Non credo d’avere
motivi per restare >>
Il ragazzo
ridacchiò poi le sorrise << Magari
posso chiederti io, di restare. Sempre che tu non fraintenda le mie
intenzioni >>
Lei lo
osservò bene quel giovane tanto impavido: alto,
vestito da militare con due occhi scurissimi, che lei
stabilì essere neri.
Mai avrebbe creduto ad
un avvenimento simile se, non fosse stata del
tutto cosciente della realtà. Dopotutto, Claire è
sempre stata fin troppo razionale, pochi o troppi pensieri per la testa.
Magari avere una
discussione con quel ragazzo non sarebbe stato poi
così male.
L’avrebbe
aiutata, perlomeno, a sentirsi un po’
meno sola.
Giusto per poco.
<< Non ho
fretta, credo di poter restare. Ad ogni modo,
io sono Claire >>
Il giovane
alzò le spalle compiaciuto <<
Piacere Claire,Io sono Paul, comunque >>
Claire
allungò la mano e lo fece sedere di fronte a lei.
Improvvisamente il tempo
si arrestò, e lei si
dimenticò anche di se stessa, dei suoi dolori, del senso di
razionalità che le imponeva di lasciar perdere la faccenda.
Paul era inglese, veniva
anche lui da una cittadina di mare,
Pourtsmouth, e si trovava lì solo per quella notte, poi
sarebbe ripartito per raggiungere Parigi.
Il mare dietro di loro
adesso, risuonava armonioso e leggero, come una
melodia soave e docile di un tempo lontano e ormai perduto.
Restarono a parlare per
ore e Claire, per la prima volta dopo tanto
tempo, vide rivivere il mondo intorno a sé, ma solo per
quella notte.
Ma loro erano divenuti
leggeri, non pesavano più.
E più erano
leggeri, più danzavano in quel valzer
infernale, trascinati dalla voglia inesauribile di amarsi.
Più si
sentivamo pesanti, più volavano verso il
cielo e poi verso il mare, la cornice perfetta per un amore
così profondo eppure effimero.
Paul fu il suo primo amore, ma non ne parlò mai con nessuno,
era il suo segreto, intimo e proibito.
Non ne parlò mai neppure con l’uomo che
sposò quando raggiunse l’Inghilterra con i suoi
fratelli dopo la guerra.
Non ne parlò neppure con i suoi amati figli.
Erano passati trent’anni, aveva tanto adorato Paul e la sua
immagine pura che ancora adesso la faceva sorridere.
Così, ogni volta che si fermava ad osservare il mare, gli
veniva in mente quella figura che le aveva fatto girare la testa quando
era ancora una ragazzina.
Non avrebbe mai dimenticato le sensazioni che aveva provato, neppure se
volesse.
Il tempo era passato, ma non era stata in grado di dimenticare
l’unica persona che le fece dimenticare l’orrore
della guerra e del dolore anche se per poco tempo.
Quella notte si erano amati, e il suo nome era inciso in un angolo del
suo cuore, in un posto riservato e sicuro dove solo lei poteva entrare.
Ecco perché Claire amava tanto il mare, perché
con lui c’era l’immagine di Paul, degli anni in
Francia, del suo paese natio.
C’era qualcosa in quell’acqua che la faceva sentire
libera da qualunque cosa.
Non c’erano barriere con il mare, non esistevano limiti.
E Claire faceva un po’ come il sole, che alla fine di un
nuovo giorno cala nell’immensità celeste per
risorgere altrove, continuamente.
Il mare non aveva una fine, così come non aveva una fine
l’amore di Claire per la vita che, nonostante fosse state
maligna con lei in passato, le aveva comunque regalato le cose
più straordinarie che potesse immaginare.
Quel mare sarebbe sempre stato dentro di lei, quel mare che Paul e lei
avevano riempito per una notte, immergendosi in
quell’immensità che era diventata cielo.
Seppure il ricordo di quel giovane fosse ancora vivo in lei, era andata
avanti, non poteva restare attaccato a lui per sempre, ma vivendo,
niente gli avrebbe impedito di portarlo con sé.
E sarebbe stato così per sempre, perché Paul era
una parte di lei.
Non l’avrebbe scordato, non avrebbe cambiato il suo ricordo.
Sarebbe stata forte,di nuovo e ancora, anche per lui.
Come sempre.
Guardò il mare in tempesta per l’ultima volta, poi
sorrise, voltandosi.
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