Tranelli della natura

di Destrudo
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Era una mattina d’estate piovosa. Come i tranelli della natura moltiplicavano, così aumentava la sua paura. La nebbia mattutina non gli permetteva di vedere bene tra gli alberi e il verde della foresta. Lo incontrò seduto su una roccia, sotto la pioggia, triste. L’acqua non lo sfiorava, il masso non lo sorreggeva, la natura lo emarginava. I due fecero un patto: l’uno sarebbe stato l’altro e in cambio ne avrebbero entrambi guadagnato qualcosa. L’ avventuriero sarebbe ora stato davvero impavido di fronte ai pericoli, mentre l’anima vagabonda avrebbe finalmente trovato alloggio e non sarebbe stata più emarginata dalla natura.
Col passare del tempo il patto non fu mai sciolto, col passare del tempo non fu più patto ma un’ indissolubile realtà, che non consentì più all’anima di uscire dal corpo dell’ospite. Al commensale non sarebbe dispiaciuto tornare allo stato originale: dopotutto capì che i veri emarginati dalla natura erano coloro che subivano le sue pene. Nonostante gli sforzi, non riusciva ad abbandonare le carni su cui in precedenza si era depositato. Il malessere dell’anima si trasferì di conseguenza anche nell’avventuriero, che cominciò a invitare l’anima ad uscire dal suo corpo; ciò non accadde e quindi i due presero consapevolezza che avrebbero dovuto condividere la loro vita fino alla morte dell’umano.
Un inverno sempre più rigido calò, nel frattempo, in quei giorni. L’anima, non abituata al freddo, si ghiacciò all’istante: furono quelli dei giorni in cui l’avventuriero poté vivere senza le pressioni dell’anima, in pace. Reduce di questo contatto con un’anima, la coscienza autentica dell’avventuriero cominciò a formarsi: in lui nacque la sua vera anima, che in pochi giorni divenne tanto matura quanto quella ghiacciata. Al suo risveglio, lo spirito intrappolato, non solo si ritrovò a subire le incessanti punizioni della natura, ma si ritrovò anche affiancato:  offesa, gelosa, adirata, pazza, l’anima decise che da quel momento in poi avrebbe pilotato l’avventuriero verso il male, cancellandogli tutti i ricordi relativi al loro incontro e agendo tramite l’inconscio. L’avventuriero fu condannato, però sentiva che una forza interiore voleva fargli del male, nonostante la memoria cancellata. Da quel momento in poi, l’avventuriero avrebbe donato una caramella al prossimo solo se sazio e solo se il favore in futuro sarebbe stato ricambiato; l’avventuriero avrebbe pensato soltanto ai suoi interessi, a quegli degli altri solo se recanti guadagni anche a lui stesso; l’avventuriero avrebbe preso decisioni avventate, apparentemente insensate e irrazionali, ma in realtà calcolate scrupolosamente e freddamente dalla pazzia dell’anima ribelle e soggiogante.
 




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