lomi
20/12/2005
Caro diario, oggi è un giorno bellissimo, tra poco arriva il
Natale, e io ho
già scritto la mia letterina. Mamma si è decisa
finalmente ad usare il camino,
io e papà siamo riusciti a convincerla dopo tanto tempo.
Dice che non aveva
voglia di pulirlo, dopo. Così il lavoro sporco, come dice
papà, toccherà
a me e a lui.
Chiuse
il diario rosa che le era stato regalato dalla
nonna, aprì velocemente un cassetto della sua scrivania in
legno scuro e lo
nascose per bene sotto alcune scartoffie, costituite principalmente da
disegni
colorati.
Si lanciò giù dalla sedia con un balzo, poi si
guardò un attimo allo specchio
per la decima volta in quella giornata.
Adorava ammirare il suo corpo mentre indossava l’abito nuovo
che le aveva
comprato la mamma, quella sera sarebbero andati a mangiare dai nonni.
Nella
loro villa in campagna.
Andò in camera della madre, dopo essersi pettinata i lunghi
capelli biondi che
le accarezzavano morbidi la schiena.
La madre di Corolaine era seduta sul letto, si stava mettendo le scarpe
nuove,
che aveva comprato con la figlia giorni prima. La bambina adorava
quelle
scarpe, adorava i tacchi in generale. Erano nere, di velluto, con il
tacco –che
agli occhi di Corolaine- sembrava altissimo.
Appena la madre notò la bambina sulla soglia della porta
della grande camera da
letto, le sorrise dolcemente. Poi la invitò a correre tra le
sue braccia,
sempre sorridendo.
La bambina non perse tempo, corse e si buttò tra le braccia
della madre, che
l’accolsero in un caloroso abbraccio.
-Gira un attimo su te stessa tesoro.- la madre incitò la
bambina.
Senza pensarci un attimo Corolaine fece una piccola piroetta, mostrando
le sue
abilità di danzatrice. Aveva iniziato ballare la danza
classica quando aveva
tre anni, adorava quello sport. –Sei meravigliosa.-
Poi si diressero insieme verso la cucina, la donna mise in una busta
una teglia
che –Corolaine poteva sentirlo dal profumo- era piena di lasagne che
avrebbero mangiato dalla
nonna.
Il padre aprì la porta quando già indossava il
giubbotto. Teneva in
una mano il cappotto lungo della figlia e
nell’altra il cappello e la sciarpa che la nonna aveva cucito
a maglia per la
nipotina.
La madre aprì la porta principale, la bambina fu travolta da
un’ondata di vento
gelido. Probabilmente avrebbe nevicato quella sera. La piccola si
sentì
afferrare una mano da una più grande.
La donna si diresse verso l’auto, seguita dalla figlia e dal
marito.
L’auto era calda, i finestrini chiusi erano coperti da
fiocchi di neve e da un
lieve e sottilissimo strato di ghiaccio.
Dopo circa venti minuti di viaggio l’auto si
fermò, non erano ancora arrivati.
Corolaine non poteva vedere la strada, ma sapeva che ci voleva
più tempo per
arrivare dalla nonna.
I genitori scesero dalla macchina. Prima di richiudere la portella il
padre
rivolse un sorriso dolce alla figlia.
-Io e mamma torniamo subito.- la bimba annuì sorridendo,
anche se era un po’
infastidita da quella sosta. Voleva arrivare dalla nonna il
più presto
possibile.
Mentre guardava fuori dal finestrino la sua attenzione fu catturata da
un’auto
nera che sfrecciava sull’asfalto. Si fermò proprio
davanti quella dove si
trovava Corolaine. Due tizi con il volto ricoperto da uno
strano cappello nero aprirono le portelle e scesero
dall’auto.
Corolaine impaurita da quelle figure si nascose sotto i sedili
dell’auto. I
tizi non la videro, ed entrarono in un negozio.
Prima che potesse scendere dall’auto per informare la madre
del suo incontro
con l’uomo nero,
udì due spari.
Il suo cuoricino batteva sempre più forte e la piccola,
ancora più impaurita,
corse nel negozio per raggiungere al più presto i genitori.
Mezz’ora dopo Corolaine si trovò seduta in una
volante della polizia, non
capiva dove stesse andando, o perché degli uomini armati non
le avessero permesso
di incontrare la sua mamma e il suo papà.
L’auto stava percorrendo la strada per andare dalla nonna, la
bambina la
riconosceva. Pensò che forse i suoi genitori fossero
già arrivati e avessero
mandato qualcuno a prenderla.
Rimase nell’auto, mentre due poliziotti, un uomo e una donna,
bussavano alla
porta della nonna. Dopo poco vide la nonna accasciarsi sulla soglia
della
porta, mentre si copriva il volto con le mani.
La bambina pensò che si fosse sentita male, quindi scese
dalla volante e corse dalla
nonna.
20/6/2013
Corolaine, o come si faceva chiamare, Lana, ancora dormiva quando la
nonna
bussò alla porta della sua stanza. Sperò che se
si fosse finta ancora
addormentata, la nonna avrebbe cessato di bussare. Invece non si
arrese, e Lana
si vide costretta ad alzarsi.
Aprì la porta all’anziana signora, che
l’aveva svegliata. Socchiuse gli occhi,
cercando di mettere a fuoco la sagoma della nonna che sembrava
più incavolata
del solito.
-Ti rendi conto di che ore siano?!- la vecchia
stava cercando palesemente di trattenere la rabbia.
-Mmmh, le 10?- veramente a Corolaine sembravano le sette di mattina,
avrebbe
continuato a dormire ancora per ore, tuttavia
dall’espressione della donna
aveva intuito che fosse molto più tardi.
-Sono dodici, Lana!- urlò il nome della ragazza, non
riuscendo più a trattenere
la sua rabbia.
La ragazza rimase in silenzio, non capendo ancora perché
fosse così arrabbiata.
Socchiuse un attimo gli occhi, frugando nella sua testa. Cercando di
mettere in
moto i neuroni.
Mentre la bionda –ormai da diversi anni tinta di nero-
cercava di capire quale
fosse il motivo dell’ira della vecchia, la nonna
aggrottò le sopracciglia.
-Abbiamo gente a pranzo, e ieri ti avevo chiesto di svegliarti presto
per
preparare qualcosa da mangiare! Come fai ad essere così
superficiale e
strafottente?..- sbraitò la donna gesticolando furiosa
-E ti ho detto di si?- domandò la giovane, inclinando di
poco la testa.
-SI! AVEVI DETTO DI SI! Ma come sempre non mi ascoltavi! Adesso dimmi,
cosa
farò mangiare ai vicini?! Cosa posso inventarmi? Non posso
di certo dire loro
cosa hai combinato, perché mi vergono di avere una nipote
così…-
Prima che la donna potesse finire di parlare, Lana le chiuse la porta
in
faccia, facendo roteare gli occhi. Non le importava dei vicini,
ne’ della nonna
che stava smattando. Voleva solo dormire.
Dato che con la vecchia che urlava addormentarsi era impossibile, la
ragazza
accese lo stereo, mettendo musica metal a palla. Non aveva la minima
intenzione
far entrare la luce in camera sua. Quindi non si azzardava ad alzare le
tapparelle o ad aprire le tende.
Nessuno entrava mai in camera sua, aveva proibito di metterci piede
anche alla
donna delle pulizie.
Si accese una sigaretta. Poi si sdraiò sul letto e chiuse
gli occhi. Sentì
qualcuno bussare alla porta, ancora. Non era la nonna. Probabilmente
era ancora
ad urlare al piano di sotto.
S’infilò velocemente dei pantaloncini di jeans e
una t-shirt larga e comoda.
Spense la sigaretta e aprì la porta. Dopo aver preso il
telefono.
Si trovò davanti un bambino -sarà
uno
degli ospiti della nonna pensò Lana- , che dopo
averla squadrata da capo a
piedi, le fregò il telefono dalle mani e iniziò a
correre.
-Fermati mostriciattolo! Ti ammazzo! Io ti ammazzo, ridammi il telefono
idiota!- urlava, mentre gli correva dietro furiosa. Era facilmente
irritabile
Corolaine.
Corse per un lungo corridoio, fece cadere tre o quattro vasi, alcuni di
proposito. Solo perché era incazzata e aveva voglia di
spaccare qualcosa.
Inciampò su un tappeto che non aveva mai notato.
Vide il moccioso girare l’angolo del corridoio ridacchiando.
Lo rincorse
ancora. Non le importava più del telefono, voleva solo
picchiarlo.
Seguì il ragazzo in una stanza. Esitò un attimo
davanti alla soglia. Era la
camera dove solitamente dormivano i suoi quando erano vivi. Non ci
entrava
quasi mai, evitava di pensarci. Non perché non avesse
superato il trauma dei
genitori morti. Solo non voleva affogare nei ricordi, che facevano
sempre un
po’ male.
Si fece coraggio ed entrò nella stanza.
Si guardò intorno, il bambino sembrava sparito. Ma era
impossibile. Lana guardò
sotto il letto, dietro le tende, dentro l’armadio.. non lo
trovava.
Era impossibile, non
poteva sparire così
nel nulla, un bambino.
Si sedette sul letto matrimoniale dei suoi, pensando a dove potesse
essersi cacciato.
Sentì un’ anta dell’armadio
scricchiolare, poi si aprì, da sola.
Corolaine sgranò gli occhi, incredula. Poi si diresse verso
l’armadio per
aprire anche l’altra anta.
Per un momento le parve di sentire il rumore delle onde del mare, poi
sentì la brezza
marina accarezzarle il volto. Come era possibile? Forse il fumo le
aveva dato
alla testa.
Il suono del suo telefono squillare la strappò dai suoi
pensieri.
Proveniva da dietro l’armadio. Probabilmente il moccioso si
era nascosto dietro
i cappotti e i vestiti invernali appesi.
Corolaine spostò di scatto gli abiti appesi alle grucce. Ma
non trovò il cellulare,
che continuava a squillare. Si trovò davanti ad una
spiaggia, il suo telefono
poggiato sulla sabbia. Allungò la mano, per assicurarsi che
non fosse un
dipinto quello che aveva davanti.
La sua mano oltrepassò il legno scuro, così come
poi il suo braccio. Sempre più
incuriosita Corolaine salì nell’armadio.
Lentamente s’immerse completamente nel
paesaggio che aveva difronte.
Non poteva essere reale…
Hola!
Non
so come si svolgerà il resto della storia, non so nemmeno se
avrà
una fine. Ho scritto questo primo capitolo presa da
un’improvvisa ispirazione..
spero vi piaccia. Posterò il prossimo capitolo –se
ci sarà- a 2 recensioni.
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