Quest’anno durante le vacanze di Natale è successa una cosa
strana: la prof Fumasi (Cosa rende questo astuccio così astuccioso? Tipica
domanda da prof Fumasi) ha dato da leggere un libro a scelta tra quelli
proposti e io ho deciso per “Niente di vero tranne gli occhi, di Giorgio
Faletti e me ne sono innamorata.
Malgrado il mio personaggio preferito sia Jordan, anche
Condor Slave, per quanto presente per un tempo piuttosto breve, mi ha colpito
molto e soprattutto mi è piaciuta la canzone “Canzone della donna che voleva
essere marinaio” e così ho provato a immaginare come questo testo ha avuto la
luce.
Il personaggio di Remember è totalmente frutto della mia
fantasia.
Ultima avvertenza: so che le date non tornano molto, ma non
me ne sono accorta subito e ho deciso di non cambiare. Perdonate la mia piccola
disattenzione? *.*
Spero vi piaccia, anche se con la trama del libro in sé non
c’entra molto!
Un bacio,
Temperance
Canzoni e Sirene
Remember Hope Willow si sedette sul sottile molo di legno,
lasciando che i bordi delle sue gonne sfiorassero il pelo dell’acqua, appena
increspato dalla brezza serale.
I suoi occhi, azzurri e sereni come un cielo di maggio,
accarezzavano con affetto le sagome dei velieri attraccati nel porto, cogliendo
ogni particolare di quei colossi di legno, corda e stoffa che amava fin da
quando era bambina.
Peccato che il suo fosse un amore tutto sbagliato.
Strinse tra le mani il foglio che si era posata sulle
ginocchia, pensando a ciò che le dicevano sempre i suoi genitori e gli altri
adulti.
“Il mare non è per te,
Remember. Una ragazza per bene deve pensare a sposarsi, ad occuparsi della
casa….”
La giovane sospirò, intingendo il pennino nel calamaio
posato accanto a lei, accanto ad una bottiglia vuota, a una candela e ad una
confezione di ceralacca.
Ogni giorno leggeva di donne pirarti, nate dalla penna di
qualche scrittore che sognava di quelle stesse onde
che lei vedeva ogni giorno senza mai poterle ammirare dal ponte di una nave.
Quelle donne coraggiose e fiere erano i suoi unici modelli
di vita, tutto ciò che avrebbe voluto essere ma che mai sarebbe potuta
diventare.
Con un po’ di immaginazione,
riusciva persino a vedere con i loro occhi, occhi che ben conoscevano quel
mondo misterioso e selvaggio che si estendeva al di fuori della sua piccola
isola.
Eccola, ora, Marianna, la Perla di Labuan, forte e
sicura al fianco del suo Sandokan, pronta a morire
per una vita più libera.
E poi la
Regina dei Carabi e il Corsaro Nero, ritti sul ponte della
Folgore, e ancora, loro figlia Jolanda, perduta nella
jungla, lontana da tutto e tutti, ma sempre decisa a non arrendersi mai.
Con uno sbuffo leggero, Remember
tornò al presente.
Possibile che non esistesse un modo per rendere quel sogno
realtà?
Eppure lei amava il mare, ne conosceva tutti i segreti, ogni
pericolo e ogni meraviglia meglio di molti che sulle navi ci vivevano da anni,
ma era relegata lì, sotto la sorveglianza di quella sua noiosissima balia, i
cui unici argomenti di conversazione erano trine e
merletti e che inorridiva al solo nominare una storia di pirati.
Sapeva che da lì non sarebbe mai potuta
fuggire, così aveva deciso di donare al mare almeno una parte della sua anima
che, in fondo gli apparteneva un po’ da sempre.
Silenziosamente, ascoltando il suono ritmico e mai uguale
delle onde che si infrangevano sotto al molo, cominciò
a tracciare lettere eleganti e sottili sulla filigrana chiara.
Scrisse e scrisse fino a riempire
il foglio con tutte quelle parole di cui il suo cuore traboccava ma che mai
nessuno voleva ascoltare perché erano sconvenienti, inadatte a lei.
Il risultato fu la più dolce delle canzoni d’amore ed il più
appassionato degli inni alla vita, poiché proprio di vita
era intrisa.
Di una vita che, forse, non avrebbe mai visto davvero la
luce.
100 ANNI DOPO
Connor Slave camminava annoiato su quella spiaggia sempre
uguale che conosceva da ormai troppo tempo perché fosse ancora per lui fonte
della benché minima ispirazione.
Forse era davvero giunto il momento di cambiare aria. Era da
un po’ che rimuginava sulla proposta del suo agente di trasferirsi a New York. Città nuova, sensazioni nuove….
E una vicinanza di gran lunga maggiore alla casa
discografica che non era da sottovalutare.
Sì, avrebbe decisamente fatto
meglio ad acchiappare quell’occasione al volo, per
quanto non trovasse i gelidi inverni newyorkesi
particolarmente invitanti.
Beh, pensò, sorridendo fra sé, forse la neve gli avrebbe riportato quell’ispirazione
che gli mancava ormai da mesi.
Forte di questa sua nuova convinzione, cominciò a giocare
con la sabbia, prendendo a calci le microscopiche dune formate dal vento. Andò avanti così per un po’, prima di colpire con il piede qualcosa
di duro che, però, al tatto non gli parve un sasso.
Si chinò a rimuovere la sabbia che ricopriva l’oggetto
incriminato, ancora ignaro di aver trovato un potenziale tesoro.
Era una bottiglia.
Una bottiglia all’apparenza molto, molto
vecchia, incrostata di sabbia e alghe e sigillata con un’abbondante quantità di
ceralacca.
Chissà per quanto tempo aveva riposato indisturbata sotto la sua calda coperta colore del sole…
Quell’incontro originale ed
inaspettato riportò Connor alle storie di pirati che era
solito raccontargli suo nonno e fu preso da un’incontenibile smania di svelare
il segreto celato dietro ai vetri di quella piccola prigione.
Estrasse dalla tasca il coltellino svizzero che portava
sempre con sé e si sedette sulla sabbia cocente, senza curarsi minimamente
della sua temperatura.
Piano piano, rimosse completamente
la cera e tolse il tappo, anch’esso ricoperto di sostanze che chi vive vicino
al mare conosce fin troppo bene.
Dentro alla bottiglia non c’era
altro che un involtino di carta ingiallita dal tempo, ma conservata
straordinariamente bene.
Connor lo srotolò, trepidante pregando che le parole che vi
erano state scritte non si fossero sciolte nell’immensità del Pacifico prima di
raggiungere la spiaggia.
I suoi occhi si illuminarono come
quelli di un bambino davanti ai regali di Natale, quando vide che erano ancora
tutte lì, nero su bianco, che aspettavano solo che qualcuno le leggesse.
Non c’erano date e il breve componimento iniziava subito,
senza nemmeno un titolo.
“Adesso, soltanto
adesso
Che
il mio sguardo sposa il mare
Faccio a pezzi quel
silenzio
Che mi vieta di sognare.”
Già dopo quei primi quattro versi, Connor Slave si rese
conto che quello che stringeva tra le mani aveva tutti i requisiti per
diventare il successo più grande della sua carriera.
Poteva sentire la vita dentro a quelle
parole, percepire la passione vibrante con cui erano state vergate, voce
silenziosa di un sogno forse mai realizzato.
Alla fine della poesia campeggiava una breve nota, seguita
da una firma.
“Sperando che tutto
questo possa diventare realtà,
R.H. Willow”
Connor si alzò di scatto, stringendo ancora il foglio tra le
mani e iniziò a correre verso casa.
Avrebbe scoperto chi era o chi era stato R.H.
Willow.
L’avrebbe scoperto e poi avrebbe regalato i suoi sogni al
mondo.
CANZONI E
SIRENE
Ad appena due
settimane dal lancio, il nuovo singolo di Connor Slave è già campione d’incassi
CANZONE DELLA DONNA CHE VOLEVA
ESSERE MARINAIO
Adesso, soltanto adesso
Che il mio sguardo sposa il mare
Faccio a pezzi quel silenzio
Che mi vieta di sognare
File di alberi
maestri e mille e mille nodi marinari
E
tracce di serpenti freddi ed indolenti
Con il loro innaturale andare
E
linee sulla luna che sul palmo ognuna
È un posto da dimenticare
E
il cuore, questo strano cuore
Che su una scogliera già sa navigare.
Adesso, soltanto adesso
Che il mio sguardo avvolge il mare
Io capisco chi ha cercato le sirene
Chi ha potuto il loro canto
amare
Dolce nella testa come il giorno
Della festa i datteri col miele
E forte come il vento che si fa tormento
E
spezza il cuore agli uomini e alle vele
E
allora non c’è gloria o voglia
Che si possa bere oppure masticare
Né pietra di mulino a vento
Che quel sasso al cuore possa frantumare
A Remember, sognatrice di un tempo
lontano,
dedico questa canzone, da lei stessa scritta, felice che
tutto questo sia, alla fine, diventato realtà.
Il tuo più grande ammiratore più grande,
Connor Slave