Asibp
Disclaimer: I personaggi non
mi appartengono
Ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya ©
A Scandal in Buckingham Palace
«For
God’s sake, Alice!»
E lei mette su quell’espressione di
contrita soddisfazione che Arthur non sa se deprecare o prendere per un
orgoglioso tentativo di scuse: Alice si ripiega appena nell’enorme poltrona di
velluto, il corpo nudo avvolto entro le pieghe di un accappatoio di spugna. Non
ha ancora indossato gli occhiali e lo sguardo appare un poco offuscato da un
velo di miopia –Il bagliore liquido, però, ancora permane nella pupilla
dilatata e contro l’iride innaturalmente brillante; i capelli, sciolti, dalla
scriminatura centrale le scendono scarmigliati sulle spalle, appoggiandosi con
calcolato languore sulla destra, dove la spugna è calata a rivelare la pelle
bianca non fosse per una scudisciata violacea che parte molto probabilmente
dall’ascella, mentre dalla parte sinistra sono scivolati all’indietro,
scoprendo così la piega curva del collo arrossato.
«Foto!»
grida di nuovo Inghilterra e deve stringere le mani a pugno, conficcare le
unghie nella carne per costringersi ad abbassare il tono di voce. «Ti rendi
conto…Quella Donna ha delle stramaledette fotografie di tu e lei che…Goddamit!»
«Avresti bisogno di una sigaretta»
suggerisce la sorella e lo guarda da sottinsù, arcuando eloquente le
sopracciglia.
«L’accendino lo ha Harry» è il
ringhio di risposta, anche se, adesso che ci pensa, Harry non ha la chiave per
il mobiletto dei liquori. Il che, è una buona cosa, così come sarà una buona
cosa affrontare un problema alla volta con in mano un corposo bicchierino di
sherry.
Lancia un’occhiata ad Alice, ancora
affondata nel biancore accecante della poltrona. Tiene le gambe accavallate, la
mano sinistra sul ginocchio, un piede a terra mentre dall’altro lascia
penzolare una pantofolina azzurra con indolenza evidente. Ogni tanto mordicchia
l’estremità dell’unghia destra, trattenendola per alcuni istanti tra i denti,
per poi perdere la presa con un singhiozzo delle labbra ancora macchiate di inconfutabile
scarlatto –Quel rosso di vergogna mista ad eccitazione che le chiazza anche le
guance e la punta delle orecchie. A segnare lo sfregare metallico delle manette
contro la carne, un sentiero di vescichette giallognole e brune appigliate al
polso.
…Facciamo tre sherry. E del thé.
Ci
vorrà tanto, tanto thé, la signora Jenkins mi perdoni la sciagurata citazione.
Alice abbassa gli occhi alla la trama
del tappeto persiano, con l’unico scopo di non puntarlo su di lui, questo
Arthur lo sa.
«E adesso che facciamo?» sussurra
piano e la ciocca di capelli ancora trattenuta dalle spille a croce crolla a
coprirle la fronte. Gli viene così
negata la visione del senso di colpa che certo le ha appena contratto il volto
in una smorfia, la bocca che modella in silenzio i peggiori insulti che una
giovinezza passata a Tortuga è in grado di tirare fuori dai meandri della
memoria.
Arthur soffia via uno sbuffo di
fiato, le braccia ora conserte al petto.
«Ti ho mai parlato del pezzo sulla
stampella di alluminio?»
Note
di Fine Capitolo
Ho ri-guardato Scandal in Belgravia.
Ecco. Per chi ha visto l’episodio e conosce la fortunata serie della BBC dubito
ci sia bisogno di ulteriori spiegazioni –Perché, sì, ho una mente malata e non
ho resistito all’impulso di “usare”
Fem!Inghilterra per interpretare la giovane
e regal donna che si intrattiene piacevolmente con Irene Adler. La
signora Jenkins è una citazione da "Pochaontas II" -NON CHIEDETE.
Potete mandarmi al manicomio, vi è
lecito!
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