E’ nato prima l’uovo o l’Abbacchio?
Essere un ex poliziotto è di per sé una
situazione non troppo piacevole, specie se si viene etichettati a prima
vista come corrotti. Ma essere un ex agente fra le fila della mafia
è una situazione oltremodo snervante. Eppure Leone Abbacchio
sentiva di avere bisogno di qualcosa che lo mettesse sottopressione.
In riga.
Aveva bisogno di ordini e regole da non infrangere. Voleva appartenere
a qualcosa. Voleva ricevere incarichi di massima fiducia e portarli a
termine per lavare via la lordura del tradimento che aveva commesso.
Voleva dimenticare la morte del suo compagno di squadra impegnando la
mente in tutt’altro.
Una volta superata brillantemente la prova dell’accendino di
Polpo, l’uomo entrò a far parte della squadra di
quest’ultimo. Ci fu un motivo preciso per cui si
recò proprio da quel capo.
Fu per via di Bruno Bucciarati: un mafioso, sì, ma uno
carismatico. Non buono, ma giusto. Uno dal quale voleva ricevere i suoi
ordini. Dopo aver sentito tanto parlare di lui, aveva preso la sua
decisione.
Qualcosa nel suo cuore gli diceva che al suo fianco avrebbe ritrovato
la serenità perduta. E poco gli importava se stava
alleandosi fra le file del “nemico” del
“cancro” dell’Italia. Che sarebbe finito
all’inferno già lo sapeva, almeno voleva vivere la
vita secondo i propri ideali e tentare di non infrangerli mai
più.
Certo, anche se aveva immaginato che entrare fra le file di Polpo non
sarebbe stato una piacevole festicciola fra amici, non pensava certo di
assaggiare una fetta d’inferno in terra.
Tanto per cominciare, quando fu presentato alla sua nuova famiglia,
l’unico a dargli un briciolo di considerazione durante la
presentazione fu un ragazzo con i capelli bianchi, Fugo Pannacotta.
Pochi secondi ed era nuovamente concentrato
nell’afforchettare un ragazzetto più piccolo. Poi
c’era un tale con l’ombelico scoperto che mangiava
coi piedi sul tavolo, incurante del minimo buonsenso, per non parlare
delle basilari leggi estetiche.
Fece per dire qualcosa a Bucciarati, ma questi scosse la testa con un
sorrisino.
-Ti troverai bene qui. Per qualsiasi cosa, rivolgiti a me.- gli disse,
prima di usare il suo Stand per chiudere le bocche dei presenti. E
finalmente tornò il silenzio.
-Questo è il nostro nuovo compagno, Abbacchio. Leone
Abbacchio. Mi raccomando.- li ammonì, trattandoli come
bambini. I tre pargoli troppo cresciuti annuirono, mostrando le tre
facce più angeliche di cui erano capaci. Abbacchio era
sconcertato, eppure non poteva non essere grato a Bucciarati per avere
omesso il doloroso neo che macchiava il suo curriculum vitae.
Ovviamente i tre bimbi angelici smisero di essere tali quando il loro
leader volse le spalle e lasciò la stanza, riprendendo a
mangiare scomposti, a litigare, a fare un casino del diavolo. Abbacchio
non era timido, ma non sapeva proprio che dire per fraternizzare. E non
era neppure sicuro di volerlo fare, a dirla tutta.
-Senti… - il ragazzino più piccolo, che poi aveva
saputo avere diciassette anni, lo indicò, curioso -Ma quello
che hai in testa è un guscio d’uovo?-
Il ventenne sudò freddo, si trattenne a malapena dal
saltargli al collo.
-E’ un copricapo, idiota.- rispose.
-Non sapevo andasse di moda girare con una scodella in testa.-
esclamò l’altro tizio, il buzzurro, per poi
mettersi a ridere sotto i baffi con gli altri due.
-Come ha detto che ti chiami? Calimero?- si aggiunse al coro Fugo.
- Leone Abbacchio. Tu invece ti chiami Emmental, giusto?- rispose a
tono mentre in sottofondo si alzava il coretto di
“ooooooh”.
-E tu? Quella freccia sul cappello indica forse che sotto è
vuoto come sopra?- indicò gesticolando fra le gambe di
Mista, il buzzurro con l’ombelico al vento, che
arricciò il naso e aggrottò le sopracciglia.
Implacabile, Abbacchio si rivolse al ragazzino, Narancia -Tu invece? Ho
forse sbagliato posto? Mi sono iscritto in un asilo?-
continuò.
Narancia saltò in piedi agitando il suo coltello
rabbiosamente.
-Ma senti questo! Senti un po’, dove vuoi che te lo ficchi?
Guarda che ti ammazzo, ti ammazzo, eh?-
Il ventenne emise un sospiro di scherno. Con gente del genere era
più facile che bere un bicchier d’acqua.
Non aveva considerato che quei tre potessero essere davvero permalosi,
tanto che Narancia tirò fuori quello che era il suo Stand,
Aerosmith, e decise di aprirgli qualche buco addosso distruggendo la
stanza. Fugo si mise in disparte (solo in seguito aveva scoperto le
potenzialità di Purple Haze, e bisogna dire che fu una
fortuna che il ragazzo fosse un tipo controllato).
E Mista?
Anche Mista contribuì al caos, ma quella che era iniziata
come una caccia al novellino si concluse con una battaglia senza
quartiere, una battle royale in sala da pranzo, con Narancia che
colpiva tutto e tutti a casaccio, Fugo che lanciava coltelli e
forchette contro di lui, Mista che tentava di deviare i proiettili con
i suoi Pistols e li rispediva al mittente e, infine, Abbacchio nascosto
dietro un tavolo rovesciato attendeva che la tempesta si placcasse
sorseggiando del tè, prima di essere folgorato da una
meravigliosa, perfida idea.
Inutile dire che Bucciarati salvò la situazione prima che
degenerasse più del dovuto, ma il suo intervento non
salvò i tre dalla vendetta del nuovo arrivato.
Innanzitutto, il leader li obbligò a rimettere tutto in
ordine, poi commissionò loro dei compiti ed infine, quando
fu sicuro che fossero abbastanza scarichi da non distruggere
più la casa, li lasciò alle loro faccende.
Il quartetto si riunì per consumare la cena, la quale si
svolse nel modo più tranquillo e ordinato possibile. Ad un
certo punto, Mista, seduto accanto ad Abbacchio, si permise di invadere
il suo spazio vitale mettendogli un braccio intorno alle spalle.
-Ok, ok,senti… siamo partiti col piede sbagliato, Abbacchio.
Permettici di rimediare.-
-E’ un po’ tardi, non trovi?-
-Ma beh… che dire, volevamo scherzare, alleggerire la
tensione, ecco.-
-Capisco.- annuì il ventenne alzandosi in piedi. -Allora,
vado a preparare del tè, ne volete?-
-Io sì!- esclamò Narancia.
Fugo e Mista annuirono, poi ripresero a chiacchierare fra loro, mentre
Bucciarati leggeva il giornale. Per tutta quella conversazione non
aveva fatto che fissare la sua squadra di sottecchi, pronto a
intervenire in caso di zuffa. Per fortuna non ce n’era stato
bisogno, per il momento.
Abbacchio tornò diversi minuti dopo, con il tè
fumante nella teiera e cinque tazzine in un vassoio. Sul suo volto era
dipinto un sorrisino rilassato, quasi compiaciuto. Solo
l’altro ventenne lo notò e
s’insospettì, gli altri erano troppo presi dalla
discussione del momento.
“E’ nato prima l’uovo o
l’Abbacchio?”
La geniale idea era di Mista.
-L’uovo, no?- Narancia sostenne la sua tesi con fervore
-Altrimenti Abbacchio non girerebbe con un guscio in testa.-
-E l’uovo da dov’è nato?- insistette
Mista.
-Se fosse nato prima quello,- per la prima volta Fugo condivideva
l’opinione del portatore di Aerosmith -perché gira
con il guscio in testa? Dio ha creato gli animali già
formati, non embrioni o uova, no?-
-Il tè è pronto.- fece l’interessato,
cupo in volto, porgendo agli altri le loro tazze. I tre, troppo presi
dai loro filosofici discorsi non ci pensarono due volte a bere, non
rifletterono, non annusarono.
O si sarebbero accorti immediatamente che quello che stavano
tracannando non era tè.
-Puah!- Narancia sputò il liquido piegandosi in due -Che
schifo! Ma questo è… -
-Bleah!- neppure Mista e Fugo scamparono al disgusto della vivanda
offerta, ingannati dall’aroma del limone e dalla dolcezza
dello zucchero, si resero conto troppo tardi che quello era invece
-Piscio?!- inorridì Mista. -Ci hai fatto bere del piscio?!-
-Voi avete bevuto, io ve l’ho solo offerto.- rispose
l’uomo coi capelli lunghi sorseggiando il suo tè
con nonchalance. -A questo punto possiamo dire che pace è
fatta.-
Bucciarati chiuse il giornale e si mise con le braccia conserte a
fissare i quattro. Nessuno osò venir meno al patto di non
belligeranza. Il vicecapo voleva pace e amore fra loro? E purtroppo
così sarebbe stato.
In fin dei conti se l’erano cercata.
Abbacchio poté ritenersi soddisfatto. Se quello era
l’inferno, sarebbe diventato un diavolo anche lui.
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