Walk away
I swapped my innocence for pride,
crushed
the end within my stride,
said
‘I'm strong now I know that I'm a leaver’.
C’era
un motivo, a lei non esattamente chiaro, per cui non
era ancora scesa in salotto quel giorno; era rimasta invece sdraiata
nel letto
che, da quando erano tornati nell’ex villa
dell’arcivescovo, condivideva con il
professor Michael Fauerbach.
“Professor
Michael Fauerbach: suona bene.”
Non
ci aveva mai pensato attentamente, ma era quello il modo
in cui l’uomo si era presentato, un giorno di tanti mesi
prima – a volte le
sembravano perfino anni. Per lei era sempre stato
“Fauerbach”, “Michael” e
molto spesso “Togliti di mezzo, stronzo”; non le
era mai saltato in mente di
trattarlo come un professore o chirurgo qual era.
“O
trafficante d’organi.”
Eppure
Ellen Lawliet era una studentessa, avrebbe dovuto
trattarlo educatamente. Peccato che Ellen Lawliet non fosse una normale studentessa: il massimo dei voti
a ogni esame, la mente sempre in movimento e una snervante inclinazione
a
trattare con sufficienza chiunque le rivolgesse la parola, che fosse un
suo
collega o il preside della Miskatonic University. Per tale motivo, non
aveva riflettuto
troppo sul comportamento da osservare in presenza del
“professor Fauerbach”.
Lui era Michael, niente di più.
Certo,
il suo vero nome era Stephen, non era nato in Germania
e durante la guerra aveva dovuto cibarsi dei resti del suo compagno, ma
per
Ellen sarebbe sempre stato Michael.
Il
Michael che ora, al piano inferiore, stava facendo
l’ultima colazione nel Massachusetts prima di imbarcarsi per
il Vecchio
Continente.
“Abbandonandomi
per sempre.”
Si
diede della stupida per quel pensiero, della gigantesca,
imbarazzante stupida. Abbandonarla? Non si erano mai appartenuti! Si
erano
limitati a passare le notti insieme e a salvarsi a vicenda la vita, di
tanto in
tanto. Ora, però, i pericoli erano cessati e non
c’era più alcuna ragione per
cui Michael dovesse rimandare il ritorno in patria.
And I am cold, yes, I'm cold,
but
not as cold as you are.
I
love the sound of you walking away.
Si
costrinse ad alzarsi dal letto, in un qualche modo, e a
raggiungere i suoi compagni d’avventura nella cucina, dove
immaginava che
Jeremy stesse allestendo una perfetta colazione d’addio. E
aveva ragione: la
tavola era stata imbandita con torta di mele, crostate
all’albicocca e alle
prugne, uova sode, pancetta, mele, arance, pane tostato, marmellate di
tutti i
tipi, thè caldo, caffè e cioccolata calda.
C’erano,
inoltre, parecchio dolci al cioccolato, eppure Ellen
non ne vide neanche uno, perché la sua attenzione cadde fin
da subito sull’uomo
che sedeva a capotavola e che stava imburrando del pane tostato.
Michael
sollevò lo sguardo e le rivolse un sorriso beffardo.
«Ben
svegliata, piccoletta. Temevo mi avresti costretto a
mangiare tutte queste cose da solo.»
Ellen
lo raggiunse a passo svelto. «Da’ qua,
idiota» esclamò,
strappandoli dalla mano la fetta di pane e immergendolo nella
cioccolata calda
che era stata messa al suo posto come ogni mattina; invano i suoi
coinquilini
aveva cercato di farle capire che la cioccolata calda era riservata
all’inverno, ma alla fine Jeremy aveva dovuto cedere e
accontentare Ellen in
quella sua fissazione.
Non
avrebbe voluto essere così fredda e si accorse, dalle
rughe che incresparono la fronte di Michael e sparirono quasi
immediatamente,
che neanche lui si era aspettato quel trattamento. Gli aveva dato la
stessa
delusione di dicembre, quando era tornato a casa sano e salvo dopo
un’incursione nella base nemica, le aveva sorriso e lei si
era limitata a
sbuffare: «Beh, era ora che arrivassi.» In
quell’occasione aveva visto
chiaramente l’espressione felice di Michael mutare in rabbia,
ma non era
riuscita a dire niente per rimediare; in realtà aveva
passato la sera seduta
accanto al caminetto, torcendosi le mani e sudando fino alle punta
delle dita.
Il suo orgoglio – quel maledetto, fottutissimo
orgoglio – l’aveva costretta a tirarsi indietro
quando avrebbe voluto saltargli
al collo e stringerlo fino a quando non le fosse stato chiaro che il
suo amico
era ancora lì, e adesso, ancora una volta, la stava facendo
apparire una
ragazza dal cuore di pietra.
«Come
mai ti sei svegliata così tardi?» chiese Janet,
seduta
di fronte a lei. La studiò attraverso gli occhiali, come se
fosse alla ricerca
del più piccolo segno di debolezza che sarebbe potuto
comparire sul suo volto
da un momento all’altro.
“Ancora
non mi conosci, e dovresti essere la mia migliore
amica” pensò Ellen. Possibile che non avesse
ancora capito che mai – mai
avrebbe dato a vedere le proprie
emozioni?
Eccetto
a Michael, ma al momento sembrava che neanche con lui
fosse riuscita ad annientare del tutto il muro che ergeva tra
sé e il mondo. Il
professor Fauerbach doveva essersi infastidito per il suo
comportamento:
discuteva cordialmente con Alexander e Lilyan, evitando però
di incontrare il
suo sguardo e, quando era costretto a parlarle, un vento gelato la
investiva.
Why don't you walk away?
No
buildings will fall down.
Won't
you walk away?
No
quake will split the ground.
«Vuole
che Jeremy le dia un passaggio?»
«Non
vorrei scomodarlo, ho già chiamato un taxi.»
«Si
prenda cura di sé, professor Fauerbach.»
«Lo
farò, mia cara signorina Aidil, lo
farò.» Michael strinse
la mano di Lilyan e le sorrise cordiale, prima di fare lo stesso con
Alexander.
«Signor Blake, si tenga lontano da parenti infidi e assassini
travestiti da
bibliotecari.»
«Lo
farò, ne stia certo» assicurò
Alexander, ricambiando la
stretta.
«E
si ricordi di portare i miei saluti al generale Pain,
quando avrà sistemato i guai in caserma. Janet.»
Michael rivolse un leggero
inchino all’archeologa e le baciò la mano,
facendola arrossire. «Mi mancheranno
i suoi manicaretti. Addio, Jeremy, ricorderò per sempre le
tue torte salate!
Su, stupida ragazzina, andiamo.»
Ellen
sussultò: era rimasta in disparte per tutta la durata
dei saluti, torcendosi le dita esattamente come mesi prima, e fissando
ostinatamente la strada dove, poco dopo, sarebbe apparso il taxi.
«Eh?»
chiese, disorientata.
«Non
mi accompagni neanche?» sbuffò divertito Michael,
facendole segno di seguirlo nell’auto. «Addio,
signori, è stato un piacere
conoscervi. Un po’ meno in certe circostanze, ma i mostri non
avvertono mai del
loro arrivo.»
A
stento Ellen udì i saluti dei suoi compagni, confusa, e
Janet dovette darle una spinta d’incoraggiamento per
convincerla a salire sul
taxi insieme a Michael.
«Al
porto, grazie» lo sentì dire
all’autista, che rispose con
un cenno del capo.
«Perché
devo venire anch’io?» domandò Ellen,
guardando fuori
dal finestrino. Non aveva intenzione di apparire sgarbata, ma il suo
cervello
le suggeriva di evitare lo sguardo di Michael, se non voleva apparire
come una
patetica ragazzina emotiva.
Avvertì
il respiro di Michael sull’orecchio. «Non lo
abbiamo
mai fatto su un taxi» sussurrò.
Ellen
si voltò di scatto, colpita da quelle parole, ma
trovò
solo la risata di Michael.
«Rilassati,
Ellie! Come mai sei così tesa oggi? E anche
parecchio stronza, neanche volevi salutarmi.»
«Aspettavo
che lo facessi tu» bofonchiò lei. «E
solo Janet mi
chiama “Ellie”.»
«Ti
mancherò?»
La
domanda giunse inaspettata dalla bocca di Michael, ben più
portato a rivolgere frasi del genere ad avvenenti cameriere o
studentesse con
cui si intratteneva una sola notte. Ellen riprese a dargli le spalle,
ostinata.
«Non
crollerà certo il mondo» rispose, osservando le
case di
Arkham oltre il finestrino. «Non ci sarà alcun
terremoto, nessun edificio
crollerà… Niente di quello che abbiamo passato
fino a qualche settimana fa
accadrà di nuovo – di certo non per la tua
assenza.»
«Hai
ragione» concordò Michael, ed Ellen
immaginò che si
fosse accasciato sul sedile, lo sguardo rivolto al finestrino opposto.
Why don't you walk away?
The
sun won't swallow the sky.
Why
don't you walk away?
Statues
will not cry.
Ne
avevano passate tante nell’arco di quei mesi, Ellen ebbe
il tempo di ripensarci durante il tragitto dalla villa ormai
proprietà di
Lilyan Aidil al porto di Arkham. Quando era cominciato tutto, per lei?
Avevano
ritrovato una carcassa rosa sulle rive del fiume,
l’avevano portata in uno dei laboratori universitari per
analizzarla e avevano
chiamato lei, migliore studentessa di Scienze e fisiche biologiche, e
alcuni
esperti tra cui il professor Fauerbach; nel giro di una notte erano
già stati
attaccati da anfibi mostruosi e violenti nei corridoi dei dormitori
della
Miskatonic University. Quella volta e la successiva – quando
ormai Ellen,
desiderosa di conoscere il più possibile su quelle
misteriose creature, era
entrata a far parte del gruppo con cui ora condivideva la villa
– lei si era
tenuta da parte, riuscendo ad agire solo due settimane dopo, durante un
attacco
proprio nell’abitazione dell’arcivescovo.
Da
lì in poi, la vita di tutti era stata in costante
pericolo: sotto le cripte del cimitero una forza sovrannaturale aveva
preso il
controllo di lei e Michael, costringendoli ad attaccare i loro
compagni;
Michael era arrivato a pensare di doverla uccidere, glielo aveva
confessato in
seguito, quando lui aveva ripreso conoscenza e aveva trovato gli altri
distesi
a terra in pozze di sangue.
Erano
stati rapiti dall’esercito e trasportati in una caverna
sul mare, da cui erano riusciti a scappare solo gettandosi in acqua ed
Ellen,
in preda all’agitazione di perdere Michael braccato da uno
squalo, dalla riva
si era di nuovo lanciata in acqua per aiutarlo, pur sapendo che
così avrebbe
rischiato di morire anche lei.
Quando
l’esercito, di cui al tempo il generale Pain era a
capo, li aveva riacciuffati, erano stati costretti a dormire in celle
muffe e
umide, stringendosi tra il sangue e il letame solo per sentire il
calore l’una
dell’altro.
Qualche
stolto avrebbe detto che lei e Michael si erano amati
in quei mesi, ma non era così. Michael era tutto per Ellen:
un amico, un
amante, un padre; aveva la capacità di trasformarsi a
seconda delle situazioni,
dandole della “stupida ragazzina” o baciandola
sotto le coperte, nelle cuccette
di un treno, in una delle tante celle luride nelle quali erano stati
imprigionati.
E
ora Michael se ne stava andando, per sempre. Difficilmente
l’avrebbe rivisto, con un oceano e la loro testardaggine a
dividerli.
“Il
sole non ingoierà mica il cielo,” si disse Ellen,
“e di
certo le statue non piangeranno l’assenza di un uomo come
Michael Fauerbach.”
Ma
lei sì, probabilmente.
Le
sarebbero mancati i suoi lunghi capelli neri da stringere
nell’amplesso, il sorriso beffardo, il fascino che esercitava
sulle sciocche
abitanti di Arkham, che credevano di essere “le
uniche” per lui; le sarebbero
mancati i suoi tentativi di salvarle la vita, le parole di scherno, le
tavolette di cioccolata che portava sempre con sé per essere
certo che lei gli
fosse fedele e non cercasse di venderlo al loro nemico; le sarebbero
mancati
gli scontri, i litigi, i baci e le coperte, le sarebbero mancate quelle
celle
muffe e umide.
Con
un infinito sforzo di volontà, Ellen cercò con la
mano
quella calda di Michael e la strinse. Lui non la cacciò.
I cannot turn to see those eyes,
as
apologies may rise.
I
must be strong and stay an unbeliever
and
love the sound of you walking away,
you walking away.
«Tenga
il resto.»
Ellen
aspettava fuori dall’auto, conscia di non avere nemmeno
un briciolo della poca forza necessaria a sollevare il bagaglio di
Michael.
«Tutto qui?» gli chiese poi, guardando il borsone
che prima, al momento della
partenza dalla villa, era stata troppo disorientata per notare.
«Con
poche cose sono arrivato e con poche cose me ne vado.»
«Ma
con tante nuove conoscenze.»
«Questo
sì, e mi spiacerà non replicarle in
Europa.»
«Michael…»
tentennò Ellen, accompagnandolo verso la nave.
«Mh?»
«L’hai
detto tu, prima… I mostri non avvertono. Se ne
dovessero spuntare fuori altri?»
«Sarete
in grado di pensarci da soli, mi auguro.» Michael si
guardò attorno. «Ehi, non è da questa
parte che abitano i tuoi amichetti?»
«La
zona italiana è dell’altro lato del
porto.»
«Peccato,»
sospirò, «avrei preferito che intercedessi per me
nel caso qualche ladruncolo dovesse rubarmi il portafogli.»
«Sembri
un vagabondo, nessuno punterebbe a te.»
«Tu
lo avrei fatto» le sorrise, ammiccandole.
«I
falsi vagabondi nascondono sempre più roba degli altri
viaggiatori, ma io ero l’unica abbastanza avventata da
correre il rischio di
scippare un vero poveraccio.» Ellen trasse un profondo
respiro, prima di
riprendere il discorso che Michael aveva lasciato cadere.
«Potrebbero tornare e
una persona in meno farebbe la differenza.»
Michael
si fermò per arruffarle i corti capelli rossi. «Ci
sarà il generale Pain con voi, non devi preoccuparti. E,
cosa più importante di
tutte, abbiamo debellato il pericolo per sempre: quei mostri non ci
tormenteranno mai più.»
Ellen
evitava di guardarlo negli occhi, non riusciva a
trovare il coraggio; avrebbe voluto che se ne andasse il più
rapidamente
possibile, così da non costringerla ad accrescere quel
nervosismo, ma allo
stesso tempo temeva il momento del loro addio. Lo temeva come non aveva
temuto
alcun mostro.
Fin
da bambina era stata sola, prima ancora che sua madre
morisse, prima ancora che lei fosse costretta a scappare dalla casa in
cui suo
padre seminava il terrore. Non aveva mai creduto nei rapporti
interpersonali,
giudicava l’amore e l’amicizia segni di debolezza
che l’avrebbero portata a
fidarsi di uomini violenti, come era stato per sua madre; aveva stretto
legami
solo con i ladruncoli italiani del porto per poter guadagnarsi da
vivere e
l’unica persona che fosse valsa la pena di conoscere
più a fondo era stata
Janet, che aveva ammirato fin da subito. Dopo aver conosciuto Michael,
però, si
era resa conto che non aveva mai avuto un vero amico, che neanche Janet
le aveva
dato ciò che quel trentenne belloccio strafottente era
riuscito a farle
provare, quell’attaccamento per una persona, quella fiducia
in un altro essere
umano che non fosse lei stessa.
«Addio,
stupida
ragazzina» sussurrò Michael, facendola
tremare. Pregò che non se ne fosse
accorto.
Ellen
non riusciva a trovare le parole giuste, perfino la
gola si era seccata; si ostinava però a tenere lo sguardo
fisso a terra,
cercando allo stesso tempo di dimostrare una forza che non possedeva.
Michael
smise di arruffarle i capelli e le baciò teneramente la
fronte.
Non
attese che lei dicesse nulla, si rimise il borsone sulla
spalla e si allontanò verso la nave.
And I'm not cold, I am old
at
least as old as you are,
as
you walk away.
Lo
guardò andare via senza dire una parola, lo
guardò
lasciare la sua vita per tornare in patria, in Europa, al suo lavoro.
Per
un istante – un
folle, ridicolo istante – Ellen fu tentata di
seguirlo: ce n’erano anche in
Austria, di università, c’erano
possibilità di lavoro come ad Arkham, per
quanto poteva saperne lei. Avrebbe lasciato gli studi, ricominciato da
capo,
avrebbe pubblicato le sue ricerche sulle misteriose creature affrontate
e
sarebbe stata riconosciuta come una biologa di fama mondiale. Non aveva
bisogno
di rimanere in America per realizzare i suoi sogni.
Non vide
Michael scomparire nella nave, si voltò prima,
dandogli le spalle per l’ultima volta.
Questa storia è stata scritta per
l’iniziativa
Settimana
tematica #1: SONGFIC del forum Pseudopolis Yard
e si basa sulla
canzone Walk away
dei Franz Ferdinand, consigliatami da ferao.
Non è la prima storia che scrivo su
questi personaggi, ma ho cercato di “riassumere” le
parti fondamentali della
loro avventura per facilitare la lettura a coloro che non hanno letto
gli altri
racconti. Questa parte non è accaduta nel gioco di ruolo
(ambientato alla fine
degli anni ’20), ma ho voluto provare a narrarla.
C’è tanto, troppo angst per
chi conosce i personaggi, mi dispiace (a me più di tutti!).
Spero di avervi
invogliato a leggere ancora su di loro!
Vi ringrazio per la lettura (e
l’attenzione)
:)
Medusa
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