(Ringrazio
thenightsonfire
e d r e e m
per aver betato e letto la storia.♥)
dedicata
a Nina, perché è stupida e io
amo le persone stupide.
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La luce del sole filtra pigramente dalle tende malmesse
della finestra, illuminandole il volto assonnato e stanco.
Placidamente – e con
tutta la calma del mondo – la mano di Lily passa su entrambi gli occhi
nocciola, stropicciandoli più del necessario.
Ci sono delle cose che Lily Luna
Potter odia in particolar modo.
La prima è, ovviamente, svegliarsi
la mattina presto quando si tratta del suo
giorno di ferie a lavoro.
La seconda, sempre ovviamente, è
quella maledetta
luce solare che sembra voglia accecarla.
La terza – ed ultima – è
quella che le
viene ricordata da un lieve mal di testa: l’odio profondo (e
evidentemente
ricambiato) per le sbronze del sabato sera.
Eppure, mentre sgranchisce
pigramente le gambe ancora aggrovigliate nelle
lenzuola, Lily riesce a poco a poco a ricordare ogni dettaglio della
serata
precedente – sgranando così tanto gli occhi a quel pensiero che quasi
non le
prende una sincope.
[ “ Sei sicura che sia questo il
locale? “
borbottò Lily, cercando di coprire il più possibile la scollatura del
tubino
nero.
La ragazza affianco a lei la prese sotto braccio, avvicinandola
maggiormente a
sé, mentre la lasciava barcollare sui suoi tacchi eccessivamente alti.
“Certo che sì! Non ti ho mai parlato di questo posto?”
La voce femminile e acuta che le arrivò alle orecchie lasciò Lily
interdetta –
mentre cercava di racimolare tutti i ricordi di qualche ora prima.
“Uhm, no, in
realtà no.”
Uno sbuffo, uno strattone, due occhi azzurri che la guardano male.
“Hai intenzione di tenere il muso per il resto della notte?”
“No, certo che no. È che vorrei essermi portata un paio di scarpe di
riserva.”
Janette sorrise, lasciando oscillare la sua folta chioma bionda. Passò
una mano
sulle spalle della rossa e cominciò a camminare verso la porta del
locale,
trascinandosi l’amica al seguito.
“Hai vent'anni, nel locale ci sono più maghi e streghe che babbani –
senza
contare gli alcolici… okay, questo non importa. Potrai cambiarti tra
poco. Ora
fammi un bel sorriso, dolcezza, e cerca di non farmi un incontro
ravvicinato
con il pavimento ancor prima di entrare.”
Lily incurvò le labbra in un sorriso, lasciandosi scappare una leggera
risata,
mentre si ritrovava a pensare che sì,
forse l’idea di pregare tutti i fondatori per non cadere non era
poi una
cattiva idea. ]
Panico.
Agitazione.
Il procinto di un aneurisma.
Si sente le palpitazioni – e questa
volta non è colpa del caffè – quando un
movimento un po’ troppo brusco le fa tremare appena le gambe e,
accidenti, è
indolenzita sul serio.
“Non può essere,” mormora,
tastandosi i capelli in disordine. “No, no, no, no,
no."
Infila la testa sotto le coperte
con fare circospetto, imprecando mentalmente
quando si accorge che il suo pigiama non c’è.
Come non c’è il suo reggiseno (non
che le serva, poi), le sue calze e, cosa
davvero importante, le sue mutande.
Dove-diavolo-sono-le-sue-mutande.
“Oh, maledizione!”
Fa risbucare la testa da fuori le
lenzuolo, dà una veloce occhiata alla sua
camera – accertandosi che sia la sua, per prima cosa –, per poi
decidere di
fare l’ultimo tentativo per assemblare i pezzi e vedere se tutto ciò è
vero o
solo uno stupido sogno.
Si mette a sedere lentamente, volta
lo sguardo verso la seconda piazza del
letto, allunga la mano verso il lenzuolo, lo tira piano, il cuore in
gola e…
[ Il motivo preciso del perché ogni volta finiva così lei non lo
sapeva.
Janette era sparita chissà dove in quel locale e Lily era rimasta lì,
al centro
della pista, muovendosi come meglio riusciva mentre la musica le
rimbombava nei
timpani e le luci andavano e venivano, di colori sempre diversi.
Non aveva mai avuto un modo di ballare preciso, si muoveva e basta:
ancheggiava, poi sorrideva, chiudeva gli occhi e come andava, andava.
Fingere di essere in camera sua, a saltellare sul letto con la musica
ad un
volume decisamente esagerato, era il trucco del mestiere per quelle
come lei,
per cui ad ogni passo corrispondeva una scivolata e un atterraggio di
culo per
terra.
Seguire il ritmo, invece: a quello c’era abituata da una vita.
E forse era quel bicchiere di troppo a renderla fluida nei movimenti, a
renderla così sciolta nell’ancheggiare e lasciar oscillare i capelli in
mezzo
alla mischia.
Le venne spontaneo scoppiare a ridere quando vide con la coda
dell’occhio una
ragazza tirare uno schiaffo ad un ragazzo mezzo ubriaco, e vederlo
seguirla fin
fuori l’uscita del locale urlando delle scuse. Ma fu un attimo, il
tempo che
due mani si posassero piano sui suoi esili fianchi – e sobbalzò
impercettibilmente per lo spavento improvviso.
Non era la prima volta che qualcuno provava a ballare con lei,
nonostante molte
delle volte precedenti avesse rifiutato (non) garbatamente l’invito,
questa
volta il sentire un tocco più leggero e gentile le fece pensare che, ma
sì, per
questa volta ballare insieme ad un ragazzo non era poi la fine del
mondo.
Vent'anni.
Se lo ripeteva spesso.
Venti, non quindici o diciassette.
A quest’età certe cose si fanno. ]
Quando il lenzuolo scivola via
velocemente, Lily si stupisce di se stessa
accorgendosi che, be', non è per niente incredula nel vedere chi c’è
lì.
Con i suoi capelli biondi un po’ in
disordine, le braccia nude - e non solo
quelle, pensa la rossa, abbassando di poco lo sguardo verso il petto
del
ragazzo - che abbracciano il cuscino e un’aria tranquilla dipinta sul
volto.
Non abbia mai visto così, ora che
ci pensa.
Aveva sempre un’aria così
distaccata o quel sorriso strafottente stampato in
faccia, che poche volte Lily si era soffermata a pensare a qualche
altro tipo
di espressione – soprattutto su di lui.
In sette anni di Hogwarts, lei e –
e lui avevano condiviso solo quei
soliti battibecchi stupidi, un odio generale per la famiglia
dell’altro, e
forse era scappato qualche bacio durate una delle tante punizioni, ma
poi –
finita Hogwarts per lui – ciao ciao e tanti saluti.
A lui non piaceva lei, a lei non
interessava lui.
I due anni successivi per Lily
erano stati una pacchia, senza Scorpius Malfoy
che le rovinava la vita.
E poi, fatalità, due anni dopo,
quando neppure si rivolgono parola… ci è finita
a letto insieme.
La cosa sconcertante è che quello
che ormai aveva consumato l’aveva fatto di propria volontà e
lucidamente –
rincoglimento mattutino a parte.
“Stupida,” borbotta piano, attenta
a non svegliarlo, mentre scivola fuori dal
letto con l’unico pensiero di tutto quello che è successo quella notte
ad
invaderle la mente.
Come diavolo ha fatto a
dimenticarsene?
[ Lasciò che i movimenti del ragazzo
la
guidassero, concedendogli perfino di accarezzarle piano la pancia con
dita,
mentre lei, dandogli ancora le spalle, spostava i capelli lungo una di
esse.
Erano rare le volte in cui si lasciava andare in quel modo, ma la
sensazione di
sentirsi sicura nonostante si
trovasse tra le braccia di uno sconosciuto era così forte che per una
volta –
una volta sola – decise di sciogliersi e lasciare che i brividi le
invadessero
il corpo quando lui le baciò appena la pelle sensibile del collo.
“Come ti chiami?” soffiò lui, piano.
‘Bye, bye magia. Ragazzo
sconosciuto, era meglio se non aprivi bocca’
Le bastò quello. Solo un quel sussurro in mezzo a tutti quei rumori
assordati.
Le bastò pochissimo per ricollegare quella voce ad un solo ragazzo.
Ma le bastò, e non seppe neppure lei come.
La frazione di secondo che ci mise per poggiare le mani sulle sue e
voltarsi,
in modo da poterlo guardare dritto in volto,
fu eterna. Le bastò intravedere la sua sagoma alta e potente, a
differenza della sua, minuta ed esile, per capire.
Quella frazione di secondo bastò perfino a lui, che a vederla spalancò
gli
occhi e – contemporaneamente – le labbra.
Le stesse che stavano il baciando il collo di lei qualche secondo prima
e…
“TU?”
“Cosa ci fai qui?!”
Sbottarono all’unisono, facendo entrambi un passo indietro. Sconvolti.
“Come sarebbe a dire cosa ci faccio qui! Non posso venire a divertirmi
insieme
ad una mia amica? È vietato ai Potter?”
Scorpius aggrottò le sopracciglia, alzando appena le braccia,
interdetto.
“Ti hanno rifilato qualcosa nel drink? Perché ogni volta che devo
parlare con
te la conversazione diventa uguale a quella che puoi fare con un
bambino delle
elementari?”
Che Lily non avesse capito un accidente, a parte la seconda metà della
seconda
frase, era palese. Urlare in quel modo in mezzo ad una pista non era
poi un
granché.
Si passò una mano tra i capelli vermigli, ravvivandoli e allontanandoli
dal suo
viso accaldato e ignorando lo sguardo perso di Scorpius,
che si umettò piano le labbra secche,
guardandola in quello stato.
“Senti, non importa… goditi la serata.”
Unica e secca risposta da parte di lei, che girò abilmente i tacchi –
attenta a
non inciampare proprio in quel momento – e fece per andarsene il più in
fretta
possibile.
Contando sul fatto di poter benissimo confondersi tra la massa,
cominciò a
sorpassare tutto quel groviglio di ragazzi ubriachi, euforici e
caotici,
sperando di sparire il più presto possibile dalla pista.
L’orologio del locale segnava le tre e un quarto del mattino.
Janette era sparita completamente dalla sua vista ed aveva urgente
bisogno di
cercarla per scappare via di lì. Si era divertita abbastanza.
Fece in tempo solo a mettere un piede fuori dalla pista che il suo
polso fu
stretto in una morsa forte e decisa; la stessa che aveva adorato per tutta la festa.
Voltò di scatto la testa all’indietro, incatenando gli occhi nocciola a
quelli
grigi di lui.
“Ehi! Aspetta… aspetta.”
“Hai bisogno di qualcosa?”
Scorpius mollò la presa dal suo polso, sorridendo impercettibilmente.
“No,” cominciò, per poi fermarsi e scuotere la testa con vigore. “No...
in
effetti ci sarebbe qualcosa.”
Lily strinse le labbra, annuendo lentamente. “Bene––cosa?”
Due secondi di silenzio, solo musica.
Scorpius dischiuse le labbra e si grattò il capo, prima di sorridere –
quel suo sorriso – e a Lily morì per un secondo
il
cuore.
“Ti va di prendere qualcosa da bere?” azzardò lui.
La rossa, rimasta piacevolmente stupita,
cominciò – nel breve lasso di tempo che le serviva per rispondere e non
fare la
figura dell’idiota – a pensare a tutti i pro e i contro di quel
‘qualcosa da
bere’.
Perché non dargli una possibilità? Erano passati cinque anni,
dopotutto.
Non doveva essere per forza tutto come prima. Le persone cambiano, e
quello era
solo uno stupido e
unico drink.
Perché non avrebbe dovuto accettare?
Era una richiesta innocente, non doveva per forza finire male.
Una sera sola, in compagnia (di un
idiota) e poi via; chi si è visto si è visto
– com’era già successo una volta.
Così inclinò la testa di lato, nei
suoi occhi c’era un po’ di malizia – Malfoy se ne intendeva – e
poi sorrise con
sicurezza.
“Paghi tu?” domandò, beffarda. ]
Continua...
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