~ a thousand {years}
more.
# più dell’aria che respiro
Merida
scalava da quando era bambina. Scalava a mani nude, aggrappandosi a rocce e
radici e alla dura terra, e forse per questo non le era mai importato granché
di non potere effettivamente volare. La torre spersa nella valle vuota era
liscia, non offriva appigli, ma i rampicanti erano cresciuti fino a formare un
intrico di gradini naturali che avevano reso l’ascesa molto più facile di
quanto non si fosse aspettata: salire lassù non le aveva richiesto che qualche
minuto.
Si chiese se
sarebbe bastato così poco tempo anche
a convincerla a cambiare idea.
La trovò come
si era aspettata di trovarla, accucciata a terra in una stanza circolare piena
di disegni. Merida non era mai stata lì prima d’ora,
eppure quel posto era esattamente come lo aveva immaginato, il posto in cui
sarebbe potuta crescere una persona come Rapunzel –
colorato, confortevole, ma al contempo immensamente triste. E là, sul
pavimento, là dove era rimasto l’unico bianco, Rapunzel
tracciava segni frenetici di colore, con i capelli sciolti macchiati di pittura
fresca, le braccia rosse e nere fino al gomito che le conferivano l’aspetto
ferito e sciupato di un uccellino caduto dal nido.
Merida
mosse qualche passo cauto verso di lei, attenta a non calpestare nessuna
macchia, non per non sporcarsi ma per non sporcare il disegno.
Non sapeva da
che parte iniziare, perciò disse la prima cosa che le venne in mente di dirle.
«Non è stata
colpa tua.»
Rapunzel
non trasalì, non ebbe alcuna sorta di reazione; doveva essersi subito accorta
della sua presenza, ma aveva deciso che il dipinto sul pavimento era più
importante. Riuscì a rispondere dopo qualche secondo, con una voce che Merida sapeva non appartenerle. «Lo so. Ma non cambia
niente. Questo è il mio posto. È casa mia. Lei era mia madre.»
«No.» Merida non voleva ferirla più di così, ma era necessario
che lei capisse, che non impazzisse.
«Non lo era. Lo sai che non lo era.»
«Lo è stata
per tutta la mia vita. Non posso dimenticarlo, questo.»
Rapunzel
continuò a delineare le sagome di due persone abbracciate, due donne, due
estranee. Merida faticava a credere che lei stessa si
riconoscesse nel ritratto. Pensò a sua
madre, a quanto le era mancata e a quanto le mancava adesso, sorprendentemente
e dolorosamente. No, aveva ragione lei; certe cose non si dimenticano.
«Ma vuoi
uscire» concluse, piano.
Rapunzel
tracciò un ultimo ricciolo nero e si fermò. Cercò di accarezzare il volto della
donna dipinta, ma l’unico risultato che ottenne fu di far fiorire sul suo volto
affilato una scia rossa come di sangue fresco.
Alzò gli
occhi, e all’improvviso Merida rivide la ragazza che
conosceva, la principessa perduta, spaventata e sola. «Più dell’aria che
respiro.»
~
«Lascia stare, è inutile.»
Rapunzel
sbuffa, ostinata, e continua a intrecciarle i capelli impossibili. «Inutile non esiste. Posso badare ai
miei, posso badare anche i tuoi.»
Merida
scoppia a ridere e la lascia fare. Ha sempre detestato che tentassero di
domarle i capelli, ma Rapunzel è troppo adorabile
perché le si possa semplicemente dire di no. Ruota sul busto, senza sfuggire
alle sue dita concentrate, e si accomoda sul letto con i gomiti puntati per
poterla guardare in viso.
«Andiamo a
vivere insieme, tu e io, un giorno. In un posto qualsiasi, ma insieme.»
Gli occhi di Rapunzel scendono nei suoi e s’illuminano. Merida non sa se succederà mai, ma per ora la risposta di
quello sguardo le basta.
La verità è
che non possono farcela, l’una senza l’altra.
Spazio dell’autrice
A
differenza delle altre “combinazioni” finora trattate e ancora da trattare,
percepisco il Merida/Rapunzel
più come una bromance (uh, sistance?
XD) che come una ship vera e propria; però trovo che
non si possa parlare dei Big Four concentrandosi solo
su questa o quella coppia: è il gruppo
stesso a mostrare la sua forza, no?, ed ecco perché questa storia si focalizza
ora sull’uno ora sull’altro rapporto, triangoli inclusi.
In
questo caso specifico, come avrete capito, le due ragazze si ritrovano a fare i
conti con la morte di Gothel – molto, molto, molto
dopo gli eventi dei precedenti capitoli – e giuro che vi spiegherò anche come e
perché Gothel è morta. Certo, qui non c’è nessun Fitzherbert incatenato e ferito e nessun drastico taglio di
capelli. Ma un senso c’è. Da qualche parte. Credo.
Sopportatemi
ancora un po’.
Aya
~