All I want is my Seaweed Brain back!
Probabilmente
i suoi compagni
la stavano cercando, visto che ormai era passato un bel po’
di tempo da quando
era uscita di fretta dalla Casa Sei, borbottando due parole appena sul
motivo
di quella fuga. Ma non se ne preoccupò, sicura del fatto che
non sarebbero
riusciti a trovarla, per quanto potessero impegnarsi nelle ricerche.
Nessuno
avrebbe potuto farlo: Annabeth sapeva come non farsi scovare, se non
voleva che
succedesse.
Aveva scoperto quel posto
sulla spiaggia poco tempo prima: in realtà era stato Percy a
mostrarglielo per
la prima volta, e lei ne aveva fatto il suo rifugio, lontano da sguardi
indiscreti e orecchie indesiderate. Situato sul confine del Campo
Mezzosangue,
era un’insolita struttura naturale, come un piccolo castello
roccioso, al
limite della spiaggia sabbiosa che correva lungo la costa
settentrionale. C’era
una splendida vista sull’oceano sconfinato, che si tingeva de
toni caldi del
sole trainato dalla lussuosa Maserati Spyder decappottabile rossa di
Apollo. Ma
lo spettacolo più bello, quello che Annabeth e Percy si
sedevano ad ammirare
ogni sera, era quando, al crepuscolo, le pareti della piccola grotta
s’illuminava
dei colori dell’aurora, il blu e il verde del mare e
l’arancio del tramonto che,
pian piano, spariva oltre la linea dell’orizzonte.
Era un luogo in cui Annabeth
si sentiva a suo agio, come quando era circondata dai suoi libri di
architettura e mitologia: un luogo di cui solo loro erano a conoscenza,
solo
suo e di Percy. E
da quando Percy se n’era
andato, era diventato il suo punto di riferimento, la sua tana, la casa
sull’albero
che suo padre le aveva promesso le avrebbe costruito, ma che era
rimasta un
semplice progetto nella sua mente, un sogno inconcreto e frustrante.
Se ne stava lì, seduta su
quel tappeto ruvido di sabbia dorata, con i granelli che, insidiosi, le
solleticavano le cosce nude e i palmi delle mani. Le onde salate e
fresche
andavano e venivano, e la schiuma bianca e spumosa le accarezzavano i
polpacci.
Sentiva l’odore della salsedine invaderle le narici: lo
stesso odore dei
capelli corvini e setosi di Percy, pensò. Lo stesso sapore
delle sue labbra,
morbide e calde.
Non si accorse di quella
lacrima, solitaria, fuggente e ribelle che solcò la guancia
nivea; cadde,
trasportata via dalla corrente e, forse, sarebbe potuta arrivare fino a
lui.
Chissà dov’era, con chi era,
se stava bene. Chissà se anche lui aveva perso la memoria
come Jason, se si
ricordava di lei; chissà se ogni tanto sentiva la sua
mancanza almeno quanto
Annabeth non sentisse la sua. La prima volta che si erano incontrati,
quando l’aveva
curato dopo la sua prima vera lotta contro il Minotauro, poco prima
della loro
impresa alla disperata ricerca della Folgore rubata a Zeus; quando gli
aveva
salvato la pelle da quel lestrigone, per poi imbarcarsi con Clarisse
alla volta
dell’isola di Polifemo, con la visita non troppo piacevole -
soprattutto per
Percy, che si era ritrovato ad essere un porcellino d’India -
alla SPA di Circe,
o l’avventura con le sirene nell’insidioso Mare dei
Mostri. E poi, ancora, il
loro ballo alla Westover Hall, per tenere d’occhio i fratelli
di Angelo; il
bacio portafortuna alle fucine di Efesto durante la traversata
dell’intricato
Labirinto di Dedalo, e le mille emozioni dello scontro finale con
Crono, la
rinuncia all’immortalità di Percy e il
“miglior bacio subacqueo di tutti i
tempi” che il suo dolcissimo Testa d’Alghe le aveva
regalato. Chissà se Percy
ricordava tutto questo, ovunque fosse.
Le sembrò che il mare si
gonfiasse in modo strano, come volesse rassicurarla. Sorrise
all’idea, seppure
i suoi occhi fossero ancora colmi di malinconia.
Poi, le pareva che Grover la
chiamasse: pensò fosse meglio rientrare, visto che ormai non
mancava molto al
ché la cena fosse servita. Magari avrebbe fatto una piccola
offerta a
Poseidone, quella sera, tingendo le magiche fiamme del falò
di turchese, che a
sua madre piacesse o no.
Avrebbe aspettato che Percy
tornasse, con il mare che le sfiorava le caviglie e il cuore colmo
d’amore e
speranza, perché ad Annabeth non serviva un Oracolo per
sapere che il suo Testa
d’Alghe sarebbe tornato presto ad abbracciarla. Ne era
più che certa.
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