Il cuore dentro la marionetta

di thyandra
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Nel cuore del deserto, dove il sole ardeva più caldo, lontano da ogni villaggio e contatto umano, viveva un uomo; il relitto di un uomo. Nella solitudine e nel silenzio del deserto si dedicava alla sua arte, e nient’altro chiedeva di meglio.
Le aveva votato anima e corpo: l’arte soddisfa un’esistenza, ma un’esistenza non basta all’arte. Il gelido corpo del marionettista, involucro vuoto e immortale di un’anima limitata a un’esistenza umana ne rappresentava l’esempio perfetto.
Quel giorno il dorato manto del deserto si alzava lieve, per poi agitarsi sferzante nel vento dell’ovest. Ululava incessantemente, con voce lugubre. Una tempesta di sabbia.
Sasori scese nel laboratorio. Distesa sul piano di lavoro, stava la sua ultima creazione, ancora incompleta. Era un ninja di Kiri, o meglio, lo era stato. Il giorno prima, lo aveva debitamente dissezionato, stando attento a non interrompere il flusso del suo chakra. Adesso, doveva rendere immacolato il guscio vuoto di quell’uomo, prima di poter passare alla fase successiva, l’installazione dei meccanismi.
Dopo pochi minuti interruppe il lavoro. Restò immobile a fissare il cadavere dello shinobi che cominciava sempre di più ad assomigliare ad una marionetta. Aveva i capelli biondi. Come i suoi.
Distolse lo sguardo. Pulì gli attrezzi e li ripose. Quel giorno era distratto da altri pensieri, e proseguendo oltre avrebbe fatto un lavoro approssimativo.
Ritornò di sopra, e si soffermò ad ascoltare il suono della tempesta. Il pensiero di lei si fece più presente. Dei suoi capelli, color delle dune baciate dal sole. Dei suo occhi curiosi e intelligenti. Delle sue dita che manovravano con la maestria derivata dalla maternità le sue prime marionette imperfette. Del suo temperamento forte e implacabile, come una tempesta di sabbia. Del suo sguardo, pieno di ammirazione e tenerezza.
Sorrise. Una kunoichi dell’unità marionettisti di Suna. La sua prima sostenitrice, dopo Chiyo-baasama. Amava la sua arte, e Sasori amava lei.
Un sentimento strano, nato dall’ammirazione e dal rispetto reciproco; goffo. Eppure solido, vivo, rinvigorente. Ma incompleto.
 
Dischiuse una porta. Lei sedeva di spalle, immobile, muta. La guardò senza parlare, senza tradire nessuna emozione. Lei non si voltò.
Entrò, chiuse la porta alle sue spalle, senza staccare lo sguardo dal suo viso. Si toccò il petto, in corrispondenza del nucleo vivente al posto del suo cuore. Freddo, ma presente.
Le si fece vicino, le scostò una ciocca di capelli. Lei rimase zitta.
 
La sua prima marionetta umana. Eterna.





Nota: questa è la mia prima Fanfiction, e forse ho sbagliato a impostare gli avvertimenti. Siate magnanimi e fatemi sapere cosa ne pensate!




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