1° Capitolo
Salve a tutti, questa storia è una Thorki
atipica in
quanto fondamentalmente HET, cosa possibile grazie al gentile
avviso “Gender Bender”.
Perciò, se non è gradito, bye bye ^^
A voi che invece avete deciso di restare, chiedo il tempo della lettura
di un paio di note:
- Ci saranno
capitoli con scene erotiche che potrebbero andare contro il
regolamento in quanto incest,
per evitare quindi un’eventuale cancellazione,
provvederò
a postarle censurate.
- Siccome sono una capra assoluta in materia di comics e
di
mitologia norrena, tutti i riferimenti e le spiegazioni di vari
argomenti saranno frutto della mia ignoranza
fantasia.
- È una pre-Thor, molto pre, a dire il vero,
talmente pre
che non c’è ancora Heimdall. (Piccola
paraculaggine
necessaria altrimenti il “giochino” non funzionava
u///u).
- Il titolo è preso da un verso della canzone
“Il
mondo dei sogni” di Marco Masini.
Bene, auguro una buona lettura a chiunque sia sopravvissuto a queste
note soporifere. Purtroppo dovevo ^///^
Kiss Kiss Chiara.
Disclaimer:
I personaggi e le immagini usate sono dei legittimi proprietari e non
vanto su essi alcun diritto. Storia scritta e pubblicata senza scopo di
lucro.
***
“La
carezza di un'altra illusione”
I.
Era appena sorta l’aurora e tutta Asgard ancora dormiva
cullata da sogni dorati, solo la servitù era sveglia,
intenta ad eseguire ogni ordine impartitole.
Quando l’urlo riecheggiò nel palazzo reale, ogni
orecchio si tese in ascolto. Era acuto, quasi provenisse dalla gola di
un’aquila in volo, ma le aquile, si sa, non sanno parlare
lingua comprensibile agli Aesir, e l’urlo che
risuonò una seconda volta con furia, sorreggeva un nome, un
nome noto, un nome che quasi non stupì nessuno.
«Il principe ne avrà combinata un’altra
delle sue.»
La piccola Linn alzò la testa dalle sue braccia piegate sul
tavolo, dove era caduta vittima del sonno del primo mattino.
«Spero non di nuovo ai danni della povera Lady Sif.»
Udì le due donne parlare ma non capì.
Piegò la testolina e tornò a chiudere le
palpebre.
*
«LOKI!!!!!!»
Aprì un solo occhio e lo rivolse al bagliore fastidioso del
sole.
«Accidenti» borbottò coprendosi la testa
con la coperta. Troppa luce, troppo rumore, troppo sonno e lui voleva
solo continuare a dormire.
La porta fu aperta con forza e sbatté contro il muro con un
fracasso sgradevole.
Passi esagitati a cui Loki non volle dare ascolto.
«Loki, che cosa mi hai fatto?»
Continuò a dormire - a fingere di farlo.
Si
sarebbe stancata e sarebbe andata via, al massimo, l’avrebbe
fatta evaporare con due sole dita.
Non si disturba mai un dio che dorme, disturbare il dio degli inganni
equivale a un suicidio.
«Maledetto, svegliati!» La coperta sparì
e il suo piede sinistro venne colpito dalla gelida aria della
balconata.
«Sif, sparisci, sto dormendo» sibilò
pacato sistemandosi meglio sul cuscino.
«Non sono Sif, idiota!»
«Ahi!» Un pugno? Gli aveva dato un pugno su una
coscia? Forse aveva deciso veramente di perdere tutta la testa questa
volta.[1]
Si voltò con un gesto seccato del busto. I capelli scomposti
e una luce omicida ad illuminare gli occhi.
Scrutò la
figura che si stagliava davanti al suo letto con la sua coperta stretta
nella mano destra ed un respiro affannato che avrebbe potuto essere
quello di un lupo a caccia.
Una tunica esageratamente corta da cui scendevano gambe neanche troppo
lunghe. Risalì con lo sguardo e lo portò al suo
viso: vi
trovò specchiata la sua stessa collera ma in iridi azzurre.
«Tu sei...?» Giusto per sapere il nome della donna
a
cui avrebbe tolto ogni possibilità di vita futura, ma lei lo
guardò furente aggrottando la fronte e gli rifilò
un altro pugno, o almeno ci provò, visto che
riuscì a bloccarle il polso in tempo. «Donna, ti
avviso che la mia pazienza ha un limite.»
«Anche la mia, fratello!» Il secondo che
sprecò per decifrare l’ultima parola, gli
costò una ginocchiata in pieno stomaco.
Non ebbe neanche il tempo per percepirne il dolore che si
ritrovò due mani a scuotergli le spalle.
«È uno scherzo orribile, Loki! Fammi tornare come
prima! Subito!»
«Come osi?!» Le scostò entrambe con poca
gentilezza e si massaggiò una scapola indolenzita.
Ormai il sonno era andato, ma ciò che aveva più
importanza era che
quella femmina rumorosa aveva chiaramente osato intrufolarsi nelle sue
stanze ed aveva iniziato ad abbaiare irritanti demenze.
Si alzò e la fronteggiò abbassando lo sguardo
sulla sua statura di poco più bassa. «Ti ordino di
uscire da qui
oppur-»
Ancora prima di concludere la sua minaccia si ritrovò
nuovamente spalle al
materasso ed una serie feroce di pugni a colpirlo in ogni dove.
Riuscì a fermarne alcuni prima di muovere le dita e
lasciare che una leggera polvere verdastra cingesse il corpo di
quell’essere molesto.
Subito dopo la donna iniziò
a fluttuare per aria dove restò continuando a ringhiare
insulti che sarebbero risultati sconvenienti anche sulla bocca di quel
uomo mancato di Sif.
Loki fece affidamento a tutta la sua pazienza per non farla volare
giù dalla balconata, perché se c’era
una cosa che lo faceva imbestialire più
dell’essere disturbato, era il non sapere il motivo di quel
disturbo, giusto per calcolare correttamente il numero delle frustate
che le sarebbero toccate come punizione.
Si mise a sedere sistemandosi alle meglio i capelli e,
all’ennesima sfilza di maledizioni, tappò la bocca
della ragazza con un semplice gesto della mano.
Alzò lo sguardo sull’ospite indesiderato che aveva
deciso di gesticolare in aria per sopperire alla mancanza di voce. Il
suo viso si tingeva sempre più di porpora per la foga con
cui stava tentando invano di muovere le labbra.
Quegli occhi azzurri
parevano volerlo fare in mille pezzi eppure... Sì, era come
se li avesse già visti prima.
Scosse la testa e prese un respiro.
«Sei ugualmente molesta, donna. Smetti di muoverti, smetti di
colpirmi e renderò il tuo castigo meno doloroso.»
Non avrebbe mai mantenuto fede a quella parola, come ogni volta.
Aspettò qualche attimo prima che quella furia in gonnella si
decidesse a collaborare.
Doveva essere una cortigiana che suo fratello si era portato in camera
la sera prima, probabilmente un’altra con seri problemi
mentali come quella che aveva gridato: “Frustami, dio del
tuono”, per tutta una notte impedendogli di
chiudere occhio.
Che fossero dannati entrambi!
Ma questa aveva qualcosa di diverso. La studiò ancora senza
però riuscire a capire cosa fosse.
I lunghi capelli biondi
le avevano coperto una parte del viso che però poteva ancora
notare furente.
Si lasciò sfuggire un sorriso divertito e la fece scendere
fino a toccare con i piedi nudi il suolo. Tenne l’incantesimo
di stasi però, perché quella lì aveva
la mano pesante, nonostante la figura esile per nulla da guerriera.
Forse era una valchiria. Forse.
Troppi dubbi. Voleva vederci chiaro e liberarsi di quel problema quanto
prima.
«Ti consentirò di parlare ma appena la tua lingua
pronuncerà una frase sgradevole,
ti getterò da quel
balcone senza esitazioni.» Le indicò la balconata
aperta alle sue spalle con un ghigno che avrebbe dovuto spaventarla ma
che ebbe come unico risultato quello di farle roteare gli occhi, poi lo
fissò per qualche attimo ed annuì. «Sai
chi sono, non temere che non mantenga fede a ciò che
prometto.» E con quelle parole fece dissolvere la nebbiolina
che le teneva bloccate labbra e gambe ed aspettò che facesse
un passo falso.
Era certo che l’avrebbe fatto e in quel caso sarebbe stato
più che felice di farle fare un bel volo.
La ragazza però restò ferma e in silenzio. Le
spalle si alzarono ed abbassarono con un ritmo frenetico poi lentamente
si stabilizzarono.
«Tu...» Ma il ritmo riprese quasi subito e Loki
alzò un angolo delle labbra.
«Io, cosa?»
«Tu. Sei. MORTO!» Un attimo dopo il suo palmo si
fermò ad un soffio dai seni di lei mentre tornava a
bloccarla.
«No, tu lo sei.» Ecco cosa ci voleva per
risollevare quella giornata iniziata nel peggiore dei modi.
«Provaci e giuro su nostro Padre che ti prendo a calci in
quel tuo sedere ossuto!»
«Mi hai stancato, donna. Goditi l’aria mattutina
dei giardini di Asgard.»
La fece sollevare di nuovo in aria.
Quel gioco era durato troppo.
«Sei tu che hai stancato con i tuoi scherzi infantili! Fammi
tornare come prima!»
«Smettila con questa storia. Stai offendendo non uno, ma due
principi con le tue parole ingiuriose ed ora allietami con la tua
dipartita.»
Ma prima che potesse spedirla fra i rovi delle amate rose di sua madre,
quella lo guardò dritto negli occhi ed urlò:
«IO SONO THOR!»
Forse fu la convinzione con cui lo disse, forse voleva sapere
perché una stupida cortigiana o chiunque ella fosse, stesse
mettendo su un teatrino come quello.
«Non so se il tuo cervello sia sviluppato abbastanza, ma
vorrei farti presente che per poter vantare una simile affermazione
dovresti come minimo essere un uomo e, da quel che vedo, hai qualche
mancanza e qualcosa di troppo per essere tale.»
Portò divertito gli occhi su un seno che sbucava dalla
tunica e poi di nuovo al suo viso arrossato.
«Sono stanco di giocare, Loki. Poni rimedio a questa
stregoneria e non ti farò troppo male!»
Una risata salì dalla sua gola. «Sei coraggiosa,
te ne do atto, però sei anche stupida per cui -»
«Ubbidisci e spezza questo incantesimo!»
«Io non ho fatto nessun incantesimo e di certo non avrei
sprecato tempo ed energie per farlo su una come te, stupida femmina
arrogante!» Perse un po’ di calma e decise che
bastava così. «Ed ora sparisci!»
«Fratello, aspetta! Se non sei stato tu, allora chi
è
stato?» Per le Norne, perché continuava a darle
ascolto?
«Io non sono tuo fratello» sospirò
grattandosi un sopracciglio. Scoprì di avere più
pazienza di quel che credeva.
«Sono io: Thor! Stamattina mi sono svegliato così!
Ma sono io!» Aveva smesso di dimenarsi e lo fissava con una
luce diversa che lo fece sospirare di nuovo: adesso pretendeva di
impietosirlo?!
Se non avesse fatto una simile intrusione, l'avrebbe perfino trovata
graziosa.
«Quindi tu sei mio fratello Thor e stamattina ti sei
svegliato donna. È corretto?»
«Sì! Esatto! E se non è opera tua deve
essere stato qualcun altro a osarmi un tale affronto.»
Le sue labbra si piegarono all’insù.
«Quindi se adesso vado in camera sua non lo
troverò addormentato come un pentapalmo gravido dopo
un'abbuffata. È corretto anche questo?»
«Io non dormo come un pentapalmo!»
Riuscì perfino a strappargli un risolino.
Sì, aveva fatto un egregio lavoro, quell’uscita
era proprio degna di suo fratello.
Buttò uno sguardo alla porta ancora aperta decidendo che
poteva anche levarsi quella curiosità, in fondo la vendetta
andava gustata lentamente.
La lasciò volteggiare in aria e si diresse verso le stanze
che fronteggiavano le sue.
«Non andare scalzo, ci sono cocci rotti a terra!»
Non sprecò tempo ad ascoltarla e continuò il suo
percorso.
La porta era aperta. Entrò e-
«Ahi!» Qualcosa gli punse una pianta del piede.
Abbassò gli occhi stizzito e vide frammenti di ceramica
bianca sparsi un po’ in ogni dove.
Si tolse la scheggia con una smorfia infastidita e gli bastò
passare le dita sulla ferita per farla richiudere all’istante.
«Bel tentativo, donna» sospirò fra
sé mentre cercava suo fratello sul letto.
Era vuoto, sfatto e in disordine - come di prassi- ma lui non
c’era.
«Thor?» lo chiamò avviandosi nelle
stanze da bagno. «Fratello, sei qui?» Neanche
stavolta ricevette risposta.
Thor non era mai stato un tipo mattiniero e si alzava di buonora solo
se era giornata di caccia o era in programma qualche duello,
perché in quel caso destinava la mattinata ad allenarsi
strenuamente. Era sempre stato un tipo noiosamente prevedibile.
Cercò ancora nella stanza ma, al nulla che ebbe come
risposta, tornò nelle sue, stavolta facendo attenzione a
scansare i cocci a terra.
«Mi credi, ora?» Fu la frase che lo accolse quando
rientrò nelle sue stanze. Chiuse la porta senza dire nulla e
le si avvicino. «Allora?»
Con un gesto della mano sciolse l’incantesimo che la teneva
legata facendola cadere crudelmente a terra da un'altezza di sei piedi
circa.
Al tonfo che ne seguì represse un altro sospiro annoiato.
«Potevi essere più delicato!?»
brontolò la ragazza sollevandosi in modo
così rozzo che a Loki venne il dubbio che quella non fosse
davvero una donna.
«Dov’è mio fratello?»
domandò serio con una nota di irritazione appena accennata.
«Ma vuoi capirlo che sono io tuo fratello?!» In
pochi passi gli fu di fronte con quei fastidiosi occhi azzurri
incollati ai suoi. «Come devo convincertene?»
La situazione iniziava ad essere davvero irritante e lui non aveva
ancora fatto colazione né aveva avuto modo di rilassarsi
nell’abbraccio di un caldo bagno, per cui "irritante" era un
aggettivo limitativo.
«Se non sei stato tu allora devi aiutarmi a capire chi
è stato!»
«Chi è stato a fare cosa?» chiese solo
per indispettirla, sapendo bene che avrebbe continuato con quella
farsa.
«A farmi questo!» rispose prevedibile allargando le
braccia.
Loki percorse con uno sguardo nuovamente il suo corpo e sorrise.
«Fossi in te non mi lamenterei. Con un po’ di
grazia e di buone maniere saresti anche una donna passabile.»
«Smettila di scherzare, Loki!» Ma quando le sue
mani gli agguantarono le braccia la fulminò con
un’occhiataccia. «Aiutami... Sono io, devi
credermi... Ti prego, fratello.» Quella supplica gli fece
passare spazientito due dita sulla fronte.
Una pazza che lo svegliava urlandogli nelle orecchie e millantando
storie assurde su incantesimi che lui avrebbe lanciato ma soprattutto
sull’essere suo fratello Thor: un inizio di giornata troppo
impegnativo anche per lui.
«Chiedimi qualsiasi cosa, qualcosa che posso sapere solo
io!»
Ghignò scuotendo la testa e si allontanò verso il
balcone. «Che stupidaggine...» alitò
divertito.
«Quando eravamo bambini dormivamo sempre insieme nel tuo
letto.»
«Tutti i fratelli lo fanno. Ritenta.» La
guardò superbo e lei serrò la mascella.
«Nostra madre ci raccontava leggende dei Nove Regni ma io mi
addormentavo sempre prima di ascoltare la fine.» Il sorriso
sul suo viso sfumò gradualmente mentre assottigliava lo
sguardo sul suo viso. Quel particolare non poteva davvero saperlo.
«E la mattina ti tormentavo perché mi dicessi come
terminava la storia.»
«Ed io cosa rispondevo?» Cercò
un’ultima conferma.
«“La prossima volta resta sveglio”... Ti
avrei preso a pugni.»
Sorrise. «Lo facevi.» Per la prima volta vide un
sorriso anche sul suo viso e non poté più avere
dubbi.
Annuì quasi più a se stesso.
Quel babbeo si era cacciato in un altro casino e stavolta sarebbe
toccato a lui tirarlo fuori.
Quale ironia.
«Ero con Fandral e gli altri alla taverna di Burgdt. Abbiamo
bevuto e abbiamo riso. Null’altro.»
La solita serata di spessore condita dai rutti di Volstagg...
«Stamattina mi sono svegliato ed ecco cosa ho
trovato.» La faccia di Thor era un misto fra il disperato e
l’iracondo, la sua fra il divertito e il divertito.
Sì, la situazione, ora che era chiara, era tremendamente
divertente.
Suo fratello continuava a grattarsi la testa - neanche avesse un
esercito di pulci - e continuava ad essere incurante dei suoi seni al
vento che si intravedevano dal taglio centrale della tunica.
Fece un piccolo gesto con l’indice e due legacci chiusero la
sconveniente apertura.
Thor si guardò addosso e poi guardò lui.
«Se come uomo sei classificabile sotto la definizione
"grezzo",
come donna non sei proprio classificabile.»
«Di’ piuttosto che ti cadeva l’occhio,
fratello.»
Rise di gusto. «I miei occhi sono caduti su ben altre
bellezze, credimi.»
Thor gli restituì la risata. «Permettimi di
dubitarne.»
«Lo vuoi il mio aiuto?» lo ammonì
subito, infastidito da una tale allusione.
Solo perché non andava in giro a sbandierare le sue
conquiste come quel pavone di Fandral, non voleva dire che non ne
avesse avute.
Di nessuno si curava ma quando era Thor a farsi beffa di
lui, non poteva mai impedire ad una piccola lama di tagliuzzargli
l’orgoglio - e il cuore.
«Non puoi semplicemente annullarlo?»
«Non funziona così, Thor»
sospirò sedendosi sul letto. «Un incantesimo
può essere annullato solo dal suo autore o, a limite,
dovresti
conoscere la matrice mistica da cui è stato
creato.» E dalla sua faccia capì che non aveva
compreso nulla. Non gli andava di spiegargli altro che quella sua
testaccia avrebbe fatto fatica anche solo ad ascoltare.
«Dobbiamo trovare chi lo ha lanciato - ammesso che sia un
incantesimo e non altro.»
«Altro?» Avrebbe passato tutta la giornata solo ad
illustrargli due semplici concetti e no, non aveva voglia ma
soprattutto,
Thor avrebbe continuato a non capire.
A lui non era mai interessato nulla di ciò che non
implicasse una spada o qualsiasi altra arma. A Thor non interessavano i
suoi passatempi,
non interessava sapere quanto quel suo disinteresse in
realtà lo ferisse.
«Ora non preoccupiamoci di questo.» Si
alzò dal letto e i suoi occhi lo seguirono finché
non raggiunse il tavolo. Poi si voltò e si poggiò
contro il legno intarsiato incrociando le braccia.
Thor restava a fissarlo seduto sgraziatamente sul suo letto ancora
sfatto.
«Raccontami ciò che è accaduto ieri
sera. Chi hai visto, con chi hai parlato, cosa hai bevuto e con chi. Se
hai giaciuto con qualcuna devi dirmi il suo nome e- »
«Eravamo io, Fandral, Hogun e Volstagg. Sif è
rimasta all’arena ad allenarsi con Brunilde. Idromele e
cinghiale. Tutto qui. Nessuna donna. Ora fai funzionare il tuo bel
cervello e liberami da questo sortilegio!» Come sempre, Thor
perdeva la calma con un niente.
Lui stava solo cercando di avere ogni
elemento utile per capire se almeno esistesse una soluzione,
perché, come aveva preferito non rivelargli, c’era
anche la possibilità che quel cambiamento non potesse essere
invertito.
Prese un profondo respiro mentre suo fratello borbottava qualcosa a
denti stretti continuando a spostarsi i capelli da una spalla
all’altra.
Sul suo viso riusciva a trovare con facilità linee e luci
che ricordavano quello di sua madre. Quelle linee e quelle luci che
invece non aveva mai scorto sul proprio.
In Thor convivendo la forza e l’impetuosità di
Odino e la bellezza eterea di Frigga.
Loki si era chiesto spesso cosa avesse ereditato lui.
“L’intelligenza
del Grande Padre, la grazia e
l’eleganza di Vostra Madre”, gli aveva
risposto una
delle sue balie quando era ancora fanciullo. Si era aggrappato a quelle
parole con tutta la sua forza ed ancora lo faceva quando quel senso di
inadeguatezza si impossessava della sua anima ed Asgard non sembrava
più così dorata.
«Resterai nelle mie stanze finché non
avrò deciso il da farsi. Dirò a Madre e Padre che
sei partito per una battuta di caccia.» Lo vide, o meglio la
vide annuire con un velo di rabbia repressa malamente celato e
sogghignò. «Non essere così
corrucciata, non si addice al viso di una principessa.» Il
cuscino non gli arrivò imprevisto e lo evitò
facilmente spostando la testa da un lato. «Hai perso
velocità, sorellina.»
«Smettila!» Stavolta se la ritrovò
addosso ma non gli servì neanche la magia per bloccare ogni
tentativo di colpirlo. L’afferrò per un polso
sottile e la gettò con facilità sul pavimento.
«Lo sai, potrei abituarmi ad essere l’unico
Odinson.» Ma il sorriso beffardo sul suo viso
sfumò appena quando vide il corpo a terra tremare
visibilmente.
«Se Padre sapesse, se mi vedesse in questo stato... Non mi
riterrebbe più degno di essere suo figlio.» Quella
trasformazione gli aveva portato via tutto ciò che lo
rendeva Thor,
il più forte, il più agile, il
più perfetto e valoroso dei guerrieri di Asgard, colui che
un giorno avrebbe ricevuto Mjolnir.
Gli aveva portato via tutto ciò che lo rendeva migliore,
agli occhi di Loki, agli occhi di Odino stesso.
Essere l’unico
Odinson.
Per un solo istante Loki ebbe la sensazione che non fosse solo una
battuta, ma un desiderio che aveva covato nel suo cuore quasi senza
accorgersene.
Allungò una mano ma Thor la ignorò e si
alzò da solo - sola?
«Ho fame. Fammi portare da mangiare ed anche un abito che
possa indossare senza urtare la tua sensibilità.»
Si gettò sul letto dandogli le spalle e cercando di tirarsi
quanto più giù possibile la tunica ma senza
risultati soddisfacenti.
Loki sospirò con un sorriso e si avvicinò.
«Torno presto, fratello.» Coprì le sue
gambe con un lenzuolo e si avviò alla porta.
Era meglio cercare di porre rimedio alla cosa quanto prima, anche se
non poteva ignorare quella brama nera che lo aveva sfiorato pocanzi.
«Grazie.» Era stato poco più di un
sospiro ma riuscì comunque ad udirlo.
---
[1] Il riferimento è al famoso episodio in cui
Loki taglia la bionda chioma di Sif.
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