La fine è la possibilità di un nuovo inizio.

di AuraDuchannes
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La fine è la possibilità di un nuovo inizio.


A Jiò Hudson,
che mi riporta alla mente le cose belle della vita.
Buon compleanno, +18  




Siamo nel bosco, io e la mia bambina.
Sto cercando di insegnarle a tirare con l'arco, ma ogni volta che proviamo ad uccidere un cervo o uno scoiattolo, i suoi occhi azzurri come il cielo placido si riempiono di lacrime e il labbruccio superiore trema mentre mi chiede se può tirare la freccia verso qualcos'altro.
In questo, devo ammetterlo, non ha preso per niente da me.
Sospiro e le dico di raccogliere qualche bacca; in tutta risposta, lei comincia a saltellare per il bosco alla ricerca di ciò che le ho chiesto.
La mia bambina si chiama Yarrow, come l'achilea. Che è il simbolo delle persone solari, essenziali, belle dentro e fuori. Peeta voleva che la nostra piccola si chiamasse come Prim, ma io rifiutai seccamente la sua proposta, dicendogli che i nostri bambini dovevano rappresentare un nuovo inizio per noi, e non dovevano rivestire i miei - nostri - fantasmi del passato.
In realtà, il motivo per il quale insistevo a chiamare nostra figlia Yarrow è un altro; tutte le qualità attribuite all'achillea nel linguaggio dei fiori, sono tutte qualità che caratterizzano Peeta. E io avevo voluto che la nostra bambina ereditasse tutte i pregi che mio marito aveva. E che mi avevano fatta innamorare di lui.
Persa nei miei pensieri, non faccio caso al tempo che scorre. Appena l'assenza di Yarrow si fa troppo densa, comincio a nutrire una paura antica e il panico mi attanaglia la gola.
«Yarrow!» urlo, correndo verso la direzione da lei presa in precedenza.
«Yarrow, dove sei?» la mia voce si sta facendo roca. Le lacrime mi scorrono copiose sul viso, ignorandole continuo a correre nel bosco e un flashback potente mi spezza qualcosa dentro.
Sono nell'arena dei miei primi Hunger Games. Sento il cannone che annuncia la morte di un altro tributo. Peeta, nonostante lo chiami più volte, non risponde ai miei richiami. Allora, fischiando il motivetto che mi aveva insegnato Rue, aspetto una sua risposta portata dalle Ghiandaie Imitatrici. Ma niente.
Allora corro, corro come non avevo fatto prima, corro perché ho paura che Peeta se ne sia andato. L'angoscia mi chiude la gola e mi costringe a stringere una mano attorno al collo per ignorare la sensazione.
Appena vedo Yarrow girarsi verso di me con il panico stampato sul viso, l'abbraccio e la stringo forte a me, per paura che un hovercraft o Snow la portino via da me.
Le bacio la testa, le palpebre, le guance e le tempie, una rantolo che scambio per risata affiora fra le lacrime che mi appannano la vista. Yarrow, confusa, mi mostra quello che ha trovato; un dente di leone.
Lo prendo fra le mani tremanti, e incito Yarrow a soffiarvici contro; un'antica credenza affermava che portasse fortuna. Ma per me, il dente di leone rappresenta tutt'altro; nascita anziché distruzione.

Il giorno dopo, Peet
a mi abbraccia gioioso, e insieme sorridiamo verso la mia pancia, non ancora visibile.
Io e Peeta, dopo una lunga giornata insieme a Yarrow a decidere il nome del nostro bambino, abbiamo trovato quello perfetto, quello che Yarrow ha approvato con un sorriso e che Peeta ha approvato con un cenno del capo.
Dandelion.









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