Il pranzo è servito.

di Dulcamara_KR
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Il pranzo è servito.



Orbito sulla tumefazione dei miei anfratti,
circumnavigo il mio condotto digestivo;
è un singulto anale questo audio-lesionismo,
un copulare di multi-gestioni per ingestione.
Mi cieco bieco in una saturazione di singhiozzi,
in una collezione di mimica industriale.
Bulbi appesi sulle ambulanze miopi
con un biglietto per sequenze orbitali,
ellissi di microcircuiti fagocitati da un calcolo
che un’operazione di nastri m’annette in archivio,
in uno sproloquio prolisso di una sentenza dottrinale.
M’incespico nei noduli delle corde in vibrazione,
in una sinapsi amputata dai pulsanti automatizzati
di una clessidra dal pulviscolo osseo in secrezione,
smussato da schiavismi temporali primaverili
e modulatori di trasmissioni neuronali.
Rido, piango: è chinare il capo all’apnea sorda
dell’incesto di diaframmi aboliti
per una rappresentazione di fantasmi eloquenti,
nella conduzione geometrica di cadaveri appesi
sugli stilobati di un tempio cerebrale in collisione.
Collusione di forchette, melanomi, iridi metalliche;
sull’asfalto applaudono i culi irrorati.
Il pranzo è servito,
il servo è invitato
e l’invito è inalato.




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