IL DIPINTO DEL
DRAGO
1°
CAPITOLO
DRAGO
Era solo ormai, pochi mesi o molti
anni il tempo si
confondeva nella sua mente; era arrivato il cavaliere rosso a rompere
la sua
prigionia: serviva Galbatorix da tempo, doveva solamente fornirgli
energia
quando il re la richiedeva e in cambio lui lo lasciava alla sua
silenziosa
meditazione.
Meditava sulla morte del suo
cavaliere, non ne ricordava il
viso né il nome; ricordava solo la voce, melodiosa persino
mentre moriva
rivolgendogli le sue ultime parole lo implorava di vivere; non
più in forma
corporea ma di tener vivo il suo spirito per vedere quando sarebbe
giunta la
fine per chi guidava i Rinnegati, coloro che avevano tolto la vita alla
sua
metà. Aveva dovuto fare da mentore a Murtagh e a Castigo, li
aveva trattati
come dei figli e insieme avevano coltivato il loro odio per il re; ma
dopo a
togliergli quel legame era arrivato Eragon che aveva deposto colui che
li
teneva prigionieri ma li aveva irrimediabilmente separati e lui non lo
avrebbe
mai accettato, non poteva perdere ancora un pezzo così
importante della sua
esistenza, non glie ne rimaneva più molta; aveva meditato a
lungo sulla
distruzione di ciò che lo imprigionava ancora lì
dopo la morte del despota; ora
non voleva morire ma impedire che Murtagh rimanesse solo con Castigo e
i propri
rimorsi; doveva impedire che si logorasse e infine morisse in essi.
Eragon lo aveva allontanato da
Alaghesia cosa che lui voleva
per allontanarsi da quei ricordi ma rivoleva il suo piccolo umano che
con il
suo drago ancora cucciolo vagava solo ancora in quella terra corrotta
da
millenni di male; perché Galbatorix era solo il frutto di
quello che già altri
avevano compiuto; si fece coraggio per sovrastare le miriadi di voci
che come
lui non più draghi in carne e ossa rimanevano solo pensieri,
ricordi e emozioni
racchiusi in una piccola sfera: l’Eldunarì.
“ascoltami per favore!” si rivolse a lui
ma non lo
ascoltò, da quando il ragazzo aveva
tolto al palazzo distrutto ogni cuore dei cuori e ogni arma appartenuta
ai
cavalieri deceduti aveva chiuso la mente a tutti loro che solo ora dopo
tempo
(indefinito impossibile dire quanto perché la loro vita
così lunga non si
basava più su misure come i giorni, i mesi o gli anni)
cominciavano a
comprendere la caduta del despota e cercavano dopo la prigionia di
esaudire i
loro desideri: alcuni avrebbero voluto essere distrutti mentre altri
volevano
aiutare e dare consigli mentre altri ancora non si aprivano restavano a
crogiolarsi nel dolore. Perché il ragazzo dopo la lunga
festa al villaggio dei
nani, l’ultimo avamposto prima del mare e
dell’ignoto si era chiuso come se non
volesse andare avanti ma era costretto a farlo; sapeva che era per
l’elfa, diventata
da poco cavaliere; lui l’amava lo
capiva come Murtagh a suo tempo aveva amato Nasuada (aveva dovuto
rinunciare a
quell’amore quando essa venne fatta prigioniere dal re per
non farla soffrire
ulteriormente, anche se l’aveva aiutata come ricordo di quel
sentimento), ora
il giovane piangeva lacrime fatte di pensieri e voleva fare questo in
solitudine; ma lui non poteva aspettare che il cuore del giovane
guarisse col
tempo; lui di tempo non ne aveva più. Intensificò
la sua voce sulla mente di
Eragon diventando pressante ma senza avere l’intensione di
infrangere le sue
difese, voleva solo essere ascoltato; voleva comunicargli la sua
richiesta di
aiuto.
ERAGON
Aveva lasciato Arya da due giorni
aveva pianto da solo,
nemmeno Saphira aveva
assistito; era
mattina e dalla sera precedente sentiva questa coscienza tamburellare
sulle sue
difese mentali, aveva pensato che fosse un Eldurnaì che
volesse parlargli ma
ora si accorgeva che questo a differenza degl’altri non si infrangeva come un
debole ruscello ma
continuava a premere sulla sua mente, aveva deciso di ignorarlo
rimandando il
dialogo tra quel drago al giorno dopo (sapeva che non si sarebbe
arreso,
conosceva i draghi erano esseri caparbi), lo incuriosiva
quell’Eldurnaì ma la
sua mente era occupata dal dolore che però si andava
affievolendo di giorno in
giorno.
Arrivò la sera e lui
ancora avvertiva lo spirito del drago
premere contro la sua mente, ne avvertiva il dolore, non era
dispiaciuto per il
dolore del drago anzi era felice di non essere solo, guardava il mare
dal lato
destro della nave quando l’elfo di vedetta si mise a urlare:
”Terra!” Non
pensava che sarebbero arrivati così in fretta alla costa
della terra
sconosciuta, corse veloce verso il timone per vedere meglio: si
scorgeva in
lontananza il profilo di una striscia di terra, la speranza di una
nuova vita
lo distolse un momento dai suoi tristi pensieri. “Eragon
arriveremo domani
mattina se la corrente ci è favorevole” aveva
parlato il comandante della nave
Nayr: alto e snello, coi capelli lunghi legati in una treccia che gli
ricadeva
sulla schiena coprendo in parte la camicia di tessuto elfico; Eragon si
girò
verso di lui e annui poi tornò a fissare il profilo ondulato
della sua nuova casa,
dopo il tramonto si rifugiò nella sua cabina: una piccola
stanza con un letto,
una cassapanca e una piccola scrivania cosparsa di fogli e libri; si
sdraiò sul
letto con la testa appoggiata al cuscino e i pensieri rivolti
all’Eldurnaì che
cercava la sua attenzione, decise di ascoltare subito la sua richiesta
e gli
aprì la mente “come posso
aiutarti?” chiese
cordialmente, non dovette aspettare molto per una risposta “grazie per avermi aperto la tua mente ,ti
volevo chiedere di non abbandonare Murtagh, ha bisogno di te e me,
mentre io ho
bisogno di lui” il tono di quel pensiero
stupì Eragon quanto il suo
contenuto: l’anima del drago parlava di Murtagh con dolcezza
ma ripiangeva di
non averlo vicino; “ha bisogno di
restare
solo non è pronto a tornare e quando lo sarà
verrà da se” “non puoi lasciarlo
solo non resterà in vita” Eragon sapeva
che il drago aveva ragione e che
dopo pochi anni suo fratello non avrebbe mai più cavalcato
Castigo ma aveva dei
doveri verso i draghi; “non posso
andare
a cercarlo ma la tua razza dipende da me e ….” Non
lo lasciò finire di parlare
“capisco la lealtà verso
i tuoi doveri,
non chiedo che tu vada subito a cercarlo ma spero che lo farai in un
prossimo futuro”
alla supplica il cavaliere non poté che accettare
e dopo essersi consultato
Saphira disse nell’antica lingua (per dimostrare che avrebbe
mantenuto la
parola data) che sarebbe andato a cercare il fratello dopo 4 mesi dal
suo
arrivo nella nuova terra.
DRAGO
Il consenso di Eragon ad andare a
cercare il suo piccolo
umano e il cucciolo suo drago lo rese felice; dovevano passare quattro
mesi
prima che partissero alla sua ricerca ma non gli importava
l’avrebbe rivisto
era felice e voleva comunicarlo a tutti: aprì la mente e
mentre lo faceva si accorse
che qualcosa non andava; oltre all’equipaggio composto da
elfi e a Eragon un’altra
coscienza era presente nella nave: una coscienza femminile, giovane,
umana e
nascosta molto probabilmente nessuno sapeva che si trovava
lì; cercò di forzare
le sue difese mentali che erano resistenti ma dopo qualche tentativo
riuscì a
entrare e in pochi istanti venne a conoscenza di tutto su quella
ragazza: Il suo
nome era Sil aveva 15 anni si era intrufolata
dentro alla nave durante la festa nel villaggio dei nani non voleva
nuocere a
nessuno voleva solo vivere avventure lontano dalla terra natia dove
aveva perso
i genitori a causa della guerra. Si era nutrita di mele e pane
conservati nella
stiva. Si sentì in dovere di avvertire
Eragon, non perché non gli piacesse quella ragazza ma
soprattutto per il suo
bene. “Ragazzo credo che ci sia un
problema” non aggiunse altro ma gli fece vedere
con la mente la ragazza nascosta
nella stiva e inviandogli la sua storia e chiedendogli tacitamente di
non
arrabbiarsi troppo poiché l’unica colpa della
ragazza era la sua sete di
avventure (che lui conosceva già molto bene), Eragon lo
lasciò vedere coi suoi
occhi mentre scendeva nella stiva e si fermava davanti alla porta; non
sapeva
cosa lo aspettava: se la ragazza era armata o il suo aspetto, insomma
lui anche
potendo entrare nella sua mente non aveva accesso a informazioni a cui
la
ragazza non pensava. Restando sempre nella mente del giovane cavaliere
vide la
mano di lui spingere la porta e vide anche la ragazza in piedi sopra un
barile
per poter guardare fuori da un finestrino posto in alto; “Chi
sei e cosa ci fai
qui?” la ragazza si girò di scatto mostrando la
sua faccia con gl’occhi color
nocciola le labbra non troppo sottili e i capelli lunghi fino alle
scapole coprirle
il collo, era poco più bassa di Eragon e sembrava
spaventata, molto spaventata.
Non rispose subito ma dopo qualche momento disse:” Mi chiamo
Sil …” fece una
pausa intimorita e poi riprese: “sono qui perché
me ne volevo andare da Alaghesia,
lì sono morti i miei genitori e il mio fratellino; anche per
colpa tua!” Lo
aveva accusato della morte dei sui genitori e aveva ragione sia il
drago che
Eragon lo sapevano.
NOTE
DELL’AUTRICE: Allora
cosa ne pensate? Naturalmente è solo l’inizio
spero che recensirete perpoter
sapere se vi è piaciuta oppure no o anche cosa dovrei
migliorare. .
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