UNA CASA AI CONFINI DEL
MONDO
Avevano
entrambi cinque anni la prima volta che si incontrarono. Il bambino
dai capelli color del grano maturo e quello dalla pelle olivastra. Il
primo aveva detto di chiamarsi Louis Tomlinson, con quegli occhi
brillanti e blu pieni di curiosità, che solo a
quell'età risultava
fastidiosa e, con altrettanta altezzosità, aveva precisato
che la
esse nel suo nome non bisognava pronunciarla perché la sua
mamma gli
aveva detto così. Zayn, ovviamente, lo prese in giro per
quel nome
così strano da sentire in quella cittadina del Texas
dimenticata da
Dio e avvolta dai campi. Louis, offeso, aveva poi gettato i colori a
cera per terra, dicendo di odiarli e Zayn gli aveva dato un pugno sul
naso, non tanto forte da far uscire il sangue, ma pur sempre doloroso
per un bambino. Louis pianse.
Semplice.
L'inizio di un'amicizia.
Ad
otto anni i signori Tomlinson regalarono al loro primogenito un
cagnolino, un piccolo quadrupede di razza non ben definita che il
padre di Louis aveva ricevuto in regalo da un collega. Il bambino,
felice, lo aveva accolto come il dono più prezioso che
potesse
ricevere, stringendolo tra le braccia come se fosse il suo nuovo
giocattolo. A quell'età non potevano capire il senso della
vita o
l'importanza di un abbraccio. Zayn ne fu quasi geloso, come se il
cane potesse rubargli l'amico. Quel tipo di gelosia non era un
sentimento adatto ai bambini, eppure era lì, dipinto nel suo
volto
imbronciato e riflesso nelle sue ciglia nere corrucciate.
-Non
lo stringere troppo, altrimenti soffoca.-
Parole
ingenue che solo i bambini potevano dire senza essere derisi, ed i
bambini non mentivano mai. Louis gli rispose gentile che tutti
avevano bisogno di un abbraccio. Zayn sorrise, desiderando quello
dell'amico più di quanto potesse desiderare un nuovo gioco
per la
playstation.
Quando
a quindici anni Louis baciò la sua prima ragazza, in piena
crisi
ormonale, Zayn fu il primo a saperlo ed a soffrirne. Perché
il
biondo dei capelli del primo si era scurito, i denti raddrizzati, gli
occhi azzurri come il cielo senza confini di quel paesino, erano
diventati ancora più furbi e le ragazze lo avevano notato. E
a Zayn
l'adolescenza non sembrò mai così difficile.
Difficile
pensare che il suo migliore amico, quello dalla finestra di fronte
alla sua camera, quello con il quale aveva trascorso ogni istante
della sua vita fino a quel momento stesse crescendo e probabilmente
fosse innamorato.
Difficile
anche solo ammettere per un adolescente confuso sessualmente, di
desiderare che quel primo bacio fosse suo, che gli appartenesse di
diritto, come se l'amore fosse un atto dovuto, come se essersi
innamorato del suo migliore amico cambiasse qualcosa.
Louis
non era proprietà di nessuno, era uno spirito libero, di
quelli che
amavano leggere libri sotto gli alberi nei prati, camminare sotto la
pioggia troppo occupati ad idealizzare l'amore invece di vedere con i
propri occhi quanto fosse vicino al suo letto e dentro la sua vita.
Zayn invece, era troppo chiuso per mostrargli la realtà,
tappate le
sue ali, troppo piccole per poter volare, tra i suoi fumetti e le sue
fotografie attaccate al muro, sapeva che la sua vita sarebbe stata un
tormento, sapeva che doveva andarsene da lì, eppure non
avrebbe
potuto. Guardava il mondo dal di fuori come si osservavano i dipinti
del cubismo: con perplessità ed amarezza.
A
diciassette anni si diplomarono insieme, passando poi la migliore
estate della loro vita. Perché loro i divertimenti
riuscivano a
crearseli, tra una corsa in macchina e un bagno al fiume, rotolandosi
nei campi di grano, immaginando il futuro. Nessuna discoteca, nessun
locale dove andare, nessun collegamento veloce ad internet. Avevano
poco, ma quel poco per loro era tutto ciò che importava.
Sdraiati
sul tetto della casa di Zayn, la notte, ad osservare le stelle mentre
fumavano di nascosto, i sogni prendevano forma, accarezzati dalla
brezza estiva, il caldo a soffiargli la pelle, tra le fantasie di
piccoli uomini.
Avevano
un'idea diversa di ciò che il futuro gli avrebbe riservato.
A
settembre Louis sarebbe partito per Yale inseguendo il suo sogno di
diventare giornalista. Era entusiasta, era ciò che
desiderava, era
il corso della sua vita che stava andando nel verso giusto, ma sapeva
che Zayn sarebbe rimasto lì, bloccato in quell'universo
parallelo
fuori dai confini della civiltà. Lasciarlo sarebbe stato
doloroso,
ma necessario. Desiderava cambiare il mondo dall'alto del suo metro e
settanta il piccolo Tomlinson, lasciare il segno, esprimere opinioni,
non sapendo che il mondo non si poteva cambiare, che la vita appariva
migliore se sottovuoto, scolpita all'interno di quelle palle di vetro
con la neve finta dentro. Andarsene sarebbe stato facile,
così da
poter vivere lontano dalla sua famiglia opprimente e da quella
cittadina bigotta. Zayn invece, sapeva già che avrebbe
lavorato nel
ristorante di famiglia, costruito con sforzi e sacrifici dai suoi
genitori. Lo attendeva una vita mediocre, una moglie formosa e
bambini in quantità, vivendo dietro quella staccionata
bianca,
contornata di verde e dai cespugli tagliati, tipica del profondo sud.
Non poteva permettersi di sognare perché ogni sogno aveva
poi il suo
prezzo da pagare e la disillusione sarebbe stata dura da digerire.
Pensava di meritarsi quello, che le radici ai suoi piedi fossero
ormai piantate troppo in profondità per essere estirpate. Ed
amare
l'unica persona al mondo che non lo aveva lasciato solo durante
quegli anni, che aveva difeso con le unghie e con i denti, non
aiutava. Perché Louis lo sapeva, dentro di sé
sapeva quello che
provava l'amico dalla pelle esotica e dagli occhi scuri come la birra
di castagne, come la terra essiccata dal sole, sapeva che
abbandonarlo era la scelta sbagliata, che avrebbe fatto male ad
entrambi, ma doveva evadere dalla gabbia, con o senza di lui,
altrimenti ci sarebbe morto in quel buco, si sarebbe spenta la sua
curiosità, gli avrebbero tagliato la sua lingua biforcuta,
si
sarebbe atrofizzata la sua mano da scrittore. Zayn questo lo sapeva e
forse, lo amava anche per quelle caratteristiche esuberanti che lo
avevano sempre reso bersaglio delle prese in giro dei compagni di
scuola, quando per difenderlo li aveva picchiati e le aveva anche
prese, ingoiando il sangue amaro che gli ricamava il volto dopo
essere uscito dal suo labbro inferiore. Gli avevano dato tre punti,
una cicatrice ancora visibile, ma l'avrebbe rifatto perché
per lui
avrebbe dato la vita.
Il
confine sottile tra amore e amicizia che, a modo loro, entrambi
avevano superato.
Il
loro amore era fatto da tempi che non sarebbero mai combaciati,
stagioni diverse, esigenze parallele.
Quell'ultima
sera di settembre, prima della partenza, la passarono insieme. La
stanza di Louis piena di valige e scatoloni, spoglia, come se dopo la
sua partenza smettesse di vivere. Alle pareti ancora i poster e le
medaglie vinte alle olimpiadi di letteratura. Quella finestra, la
finestra di fronte, che entrambi sapevano sarebbe rimasta chiusa.
Zayn sdraiato sul letto, come faceva sempre, con una mano sulla
pancia e una dietro la testa, Louis che lo osservava da lontano,
pensando a quanto fosse bello, assorto nei suoi pensieri con gli
occhi marroni dall'aria triste e a quanto tutto quello fosse
impossibile. Perché gli aveva chiesto di partire insieme a
lui, ma
il moro non aveva voluto.
La
casa ai confini del mondo era la sua, non poteva abbandonarla.
Allora
aveva deciso di abbandonare entrambi, di lasciarli lì,
bloccati nel
tempo fino a quando non fosse tornato.
-Hai
promesso di prenderti cura di Merlin mentre non ci sono.-
Il
loro cane, spettatore sempre in prima fila delle loro bravate.
L'aveva chiamato Louis così, perché Merlin era un
mago e a
quell'età “La spada nella roccia” era il
suo cartone preferito,
anche se “La Sirenetta” aveva un fascino tutto suo
che non poteva
palesare.
Con
l'aria triste di chi non sapeva cosa dire, le parole di Zayn si
fermarono in un primo momento in gola, secche, come se le corde
vocali non potessero articolare quel sentimento.
-Ci
faremo compagnia mentre non ci sei.-
A
Louis tremarono le mani mentre accarezzava dolcemente l'animale,
ormai vecchio e stanco. Una città nuova, infinite
possibilità, la
libertà, eppure la paura. Pensò che sarebbe stata
dura farcela
senza il suo amico, senza la sicurezza del suo sguardo posato alle
sue spalle.
-Tornerò
presto, già a giugno, meno di un anno.-
E
il moro si sforzò di sorridere dolcemente, ma ad occhi
attenti non
sarebbe sfuggito che quello era un sorriso finto.
Louis
si sdraiò di fianco a lui, in quel letto ad una piazza e
mezzo che
li aveva ospitati tante volte. L'aria, già più
fresca, segnava la
fine dell'estate e i rintocchi dell'addio. Come sempre doveva essere
in grande stile, non poteva semplicemente dire ciao ed andarsene, non
sarebbe stato da lui, narcisista e amante del bello quanto
dell'inaspettato, ancora inconsapevole di cosa significassero i suoi
gesti.
Gli
strinse la mano, intrecciando le dita attorno alle sue per, poco
dopo, voltarsi leggermente e sentire il respiro dell'amico addosso.
Sapeva di tabacco ed era caldo. I loro cuori iniziarono a battere
troppo veloci nelle casse toraciche. Potevano sentirli, accorgendosi
esattamente del momento in cui qualcosa cambiò.
-Mi
mancherai.-
Gli
sussurrò Louis all'orecchio per poi avvicinare le labbra al
suo
collo. Zayn, incredulo, non riuscì a credere a quello che
stava
succedendo, non in quel momento. Non doveva essere un addio, non
poteva, perché non era pronto, soprattutto dopo che le
labbra
sottili e rosee del castano si erano posate gentilmente sulle sue
più
carnose, muovendosi leggiadre. Era quello che aveva sempre
desiderato, le sue labbra strinsero ancora per dare amore. Occhi
negli occhi, Louis sapeva benissimo quello che stava facendo, mentre
Zayn no. Il primo gli stava regalando un bacio d'addio, una notte da
amanti, non da amici, il secondo pensava che con quei gesti d'amore
non se ne sarebbe più andato. Errore madornale di entrambi.
L'illusore
e l'illuso, stretti in un letto, abbracciati, cominciarono a scoprire
i loro corpi, a fremere toccandosi avidamente come avevano sognato di
fare entrambi, anche se solo uno di loro ne conosceva il significato.
Le loro pelli accaldate si appiccicarono, tra sudore e zanzare,
l'odore del grano appena tagliato nell'aria, dell'autunno alle porte.
Il loro bacio non fu casto, non fu uno sbaglio, fu vita che scorreva
libera, fu la paura della perdita. I loro atti sessuali furono
maldestri e scoordinati, non approfonditi e completi, ma quello non
importava. I loro suoni erano come la musica delle cicale che
vivevano solo d'estate, il fruscio scomposto dell'erba nei campi,
quell'onda gialla di sole a baciargli la pelle. Louis si
lasciò
andare a quello che voleva da tempo, mentre Zayn voleva solo amore.
Quando, entrambi compiaciuti e imbarazzati, terminarono di regalarsi
piacere, non la smisero di stringersi e baciarsi, perché
quella
notte sarebbe stata l'ultima. Dormirono insieme, ma al mattino solo
uno di loro abbandonò l'alcova dei sogni, il riparo
confortevole. Il
mondo lo aspettava.
Zayn
così, aveva avuto il suo primo bacio, quello che aveva
desiderato a
quindici anni, per poi essere lasciato, perso nel nulla.
Quella
mattina il cielo pianse e qualche lacrima scese anche dagli occhi
dell'uno e dell'altro. Zayn con il cuore infranto, Louis con la paura
di non voler ritornare mai più.
Passarono
i mesi, si alternarono le stagioni e mentre uno dimenticava
congelando i ricordi per poi spazzarli via, il ragazzo lontano,
quello dagli occhi azzurri come il cielo di casa sua, quello che non
avrebbe visto per molto tempo, andava avanti, tra studio, uscite,
ragazzi e notte, senza stelle però. Perché
più passava il tempo,
più osservava su facebook le foto promiscue e divertenti
della sua
nuova compagnia, più era al centro dell'attenzione che aveva
ricercato, più sentiva la mancanza di quello che aveva
perso. Non
gli aveva telefonato o scritto, nessun messaggio o lettera, niente di
niente. Se ne era andato senza salutare troppo impaurito che quel
suo, chiamiamolo amore, per l'amico potesse costringerlo a restare
lì. Lui però, era sempre nei suoi pensieri, si
rispecchiava nei
suoi gesti, ricercava caratteristiche simili in altri, pur sapendo
che non l'avrebbe mai trovata la perfezione di quel sorriso da
bambino, la scontrosità di un animo duro, ma gentile,
premuroso. La
stagione dell'amore di Louis era arrivata proprio quando quella di
Zayn era finita.
A
giugno, iniziò una nuova estate nelle campagne texane e
molto era
cambiato nella vita di Zayn. Nessun migliore amico da salvare, un
lavoro come cameriere la sera e di giorno alla fattoria del nonno,
poco lontana, immersa in un campo enorme che si sarebbe riempito di
balle di fieno. Il primo bagno al fiume lo aveva fatto da solo, il
suo compleanno non l'aveva festeggiato, con il suo primo stipendio si
era comprato un computer nuovo, ora che internet era veloce. Poi
aveva visto certe foto di lui, ma nessuna notizia ed era andato
avanti.
Con
Merlin sul suo fuoristrada arrugginito, andava ogni mattina alla
fattoria ad aiutare il nonno con i lavori nei campi e con i cavalli
del piccolo maneggio. Quel signore anziano che sembrava capirlo
più
di tutti, che sapeva, che aveva visto con gli occhi di chi ama
incondizionatamente un nipote dall'animo triste e spento.
Non
era solo. Michael, il ragazzo che il padre di sua madre aveva preso
in affidamento, era obbligato ad aiutarlo. All'inizio era scontroso e
timido, piano piano aveva poi iniziato ad aprirsi. Capelli viola e
rosa, con qualche punta di verde residuo del colore precedente, aveva
sedici anni e non gli importava se a scuola lo prendevano in giro.
Veniva da New York e l'assistente sociale gli aveva detto che l'aria
del sud gli avrebbe fatto bene. Lui odiava il sud e Zayn non poteva
dargli torto. Capì che fosse gay nel momento esatto in cui
gli offrì
del sesso nelle scuderie. Ovviamente non rifiutò, primo
perché era
bello e senza pretese, secondo perché sarebbe ritornato dai
suoi
genitori nella grande mela non appena si fossero disintossicati e
terzo, non era Louis.
Dopo
nove mesi della sua assenza, il moro aveva capito che doveva
dimenticarsi di quello che era successo, che se non si era fatto
sentire, non lo aveva nemmeno salutato ed era stato in silenzio per
tutto quel tempo, pubblicando quella sorta di foto oscene sul suo
profilo, significava che di lui non gli importava niente.
Poi
Michael era simpatico. Per Zayn era facile ridere con lui, facile
baciarlo quando ne aveva voglia, ancora più facile farci
sesso. Lui
sapeva che non era amore, sapeva che la loro complicità
sarebbe
stata effimera, di quelle attrazioni nate per finire, ma erano
consenzienti, giovani e nessuno li obbligava a cambiare.
Quella
giornata il sole batteva più forte. Malik si era svegliato
di buon
umore, non aveva nemmeno osservato la finestra vuota e chiusa di
fronte alla sua come faceva ogni giorno, si era rassegnato e viveva
tranquillo. Dopo la colazione ed una doccia, aveva aiutato un Merlin
sofferente a salire sul fuoristrada. Arrivato, dopo aver salutato il
nonno, si mise subito a lavoro, sfilacciando il fieno per gli animali
e riempiendo gli abbeveratoi con acqua pulita e fresca. Michael
arrivò con qualche minuto di ritardo.
-Buongiorno,
ti ho portato il caffè.-
Una
tazza fumante ad accoglierlo.
-Sia
benedetto il caffè, oltre che il tuo culo.-
Ammiccò
all'amico esuberante prima di riprendere con il lavoro. Parlarono del
più e del meno, soprattutto di musica alternative rock, di
quella
che piaceva a Michael.
Arrivati
a mezzogiorno, si fermarono entrambi ad osservare il sole che batteva
sopra le loro teste. Zayn si bagnò i capelli, togliendosi la
maglietta sudata e appiccicata dal suo corpo esile. Bevve quasi un
litro d'acqua, facendo dissetare anche il cane, sdraiato all'ombra di
un salice piangente. Alle due, dopo aver pranzato con il nonno,
entrambi uscirono spintonandosi leggermente e ridendo. Arrivati
vicino alle stalle, il ragazzo della città, afferrando la
pompa
dell'acqua, bagnò di sana pianta il moro, stuzzicandolo di
proposito. Provocatore nato, il sedicenne sapeva molte più
cose che
l'ingenuo Zayn, sapeva esattamente cosa fare e come fare per
soddisfare il corpo di un uomo.
-Ti
faccio vedere io che ti combino appena ti prendo.-
Disse
con fare arrabbiato e divertito, rincorrendo il ragazzo. Lo
afferrò
non appena mollò la pompa e prese a fargli il solletico,
ricordandogli scene passate al fiume, quando le sue mani aveva
solleticato un altro corpo, volendolo amare.
-Basta
Zayn, basta! Mi arrendo, puoi farmi quello che vuoi.-
Quando
si fermò, Michael gli morse un labbro prima di baciarlo
appassionatamente, uno scontro di lingue che avrebbe fatto
impallidire chiunque li potesse vedere.
Il
destino volle che Louis, arrivato quella stessa mattina, li stesse
proprio osservando. Mandato lì dalla madre del moro, non
appena li
vide, così felici, apparentemente innamorati,
desiderò sprofondare
per aver anche solo pensato che Zayn potesse averlo aspettato.
Avrebbe voluto cedere, accasciarsi per terra e piangere all'infinito,
perché l'amico che aveva abbandonato gli era mancato e
negare la
verità a sé stesso era stato l'errore
più grande della sua vita.
L'ultima notte passata insieme era stata quella alla quale si era
tenuto aggrappato nei momenti bui, quando non sapeva cosa fare,
quando la nostalgia lo coglieva di sorpresa e lo uccideva tanto era
intensa.
-Disturbo?-
E
la sua voce gracchiante e turbata interruppe quel momento ricordando
a Zayn echi lontani, come di api ed alberi, il fruscio delle foglie
d'autunno che cadono.
L'autunno
era stata la loro ultima stagione.
Si
voltò, vedendo quegli occhi azzurri di nuovo. Gli sembrarono
più
spenti. I capelli più lunghi, il gel a sistemarli, gli abiti
più
eleganti, mentre lui appariva come un contadino sporco e mezzo nudo.
La vita lo aveva cambiato.
-Merlin!
Qui, bello!-
Riuscì
a gridare solo quello, nessun saluto, nessun come stai, niente.
Chiamò il cane perché era l'unica cosa che li
legava ancora.
Lentamente Merlin arrivò, passando prima da Zayn per poi
correre
verso il primo padrone, quello che l'aveva abbandonato. Eppure
ricordava, come lui, il cane ricordava tutto. Fu dolce veder muovere
fortissimo la sua coda, dolce la mano dell'uomo a strofinarsi contro
la testa del cane, con affetto.
-Che
cos'ha?-
-È
vecchio, pensavamo che non riuscisse a superare l'inverno, ma
sembrava volesse aspettarti.-
Zayn
stesso lo aveva aspettato per poi finire ammettendo di essere stato
stupido per averlo fatto. L'animale no, ogni sera si sdraiava davanti
alla porta della camera e aspettava che il suo padrone tornasse. La
fedeltà e la perseveranza che lui non aveva avuto.
-Non
mi hai detto niente.-
-Non
mi sembra che tu ti sia preoccupato di noi mentre non c'eri. Siamo
andati avanti, anche tu l'hai fatto.-
Per
la prima volta nella sua vita Louis si sentì in colpa,
tremendamente
colpevole. Respirando l'odore di casa, vedendo il viso di chi aveva
perso, accarezzando il pelo del suo cagnolone ormai troppo grande. Le
speranze di ricomporre quello che aveva rotto erano svanite quando
aveva visto la durezza con la quale Zayn lo aveva affrontato,
l'indifferenza quasi. Il suo posto rimpiazzato da quel ragazzo dai
capelli strani. Perché se ne era andato? Perché?
-Ciao,
io sono Michael comunque, il nonno di Zayn mi ha in affidamento.-
Si
fece avanti per stringergli la mano, ma lui non ricambiò,
scortese.
Zayn non se ne preoccupò tanto era perso nel suo azzurro.
-Ok,
vi lascio un po' da soli, forse dovete parlare.-
Michael
capì che qualcosa non andava, capì che avrebbe
dovuto lasciarli
soli.
Il
moro rise, di quei sorrisi amari ed ironici che Louis non gli aveva
mai visto fare. Si accese poi una sigaretta ed aspirò,
scrollandosi
via dal torace un po' di quelle goccioline d'acqua rimaste impigliate
nella sua pelle. Louis lo trovò paurosamente sexy. Era
cresciuto in
un anno, più scuri i suoi capelli, decisi i movimenti,
accentuata
la muscolatura. Avrebbe voluto urlargli in faccia quanto gli fosse
mancato, quanto lo amasse, che l'aveva scoperto poco dopo essersene
andato, se non la sera stessa della dipartita dal suo letto.
-Non
c'è un fottutissimo cazzo da dire. Io e lui non siamo
più niente
ormai. Due estranei.-
Si
spostò, tornando alle sue bestie e lasciando il figliol
prodigo
appena tornato a casa in preda al puro sconforto. Louis
pensò che
quello fosse anche peggio della lontananza. L'indifferenza era
peggiore dell'odio, che almeno l'odio era un sentimento. Adesso che
erano estranei, Louis nella sua stagione d'amore, apparve distrutto.
La
vita nella cittadina continuò placida e afosa per tutto il
mese di
luglio. Entrambi sembravano non riuscire a trovare un punto
d'incontro, anzi, Zayn aveva deciso che far patire le pene
dell'inferno al suo amico sarebbe stato un ottimo piano di rivincita
ora che sapeva, anzi sentiva, che era tornato con la voglia di
riappacificarsi.
E
quando la sera si affacciava alla finestra di fronte sperando di
incontrare il suo sguardo, Zayn glielo negava tirando grosse e spesse
tende nere, il nero come il lutto. Troppo aveva sofferto, troppo
sperato per dimenticare tutto. La misericordia ed il perdono
professati nelle Chiese non erano mai stati insegnamenti adatti a
lui.
Quella
notte però, le cose furono diverse. Louis si
immaginò che siccome
le tende erano aperte, Zayn si sarebbe affacciato, i loro occhi
incontrati e i sentimenti finalmente lasciati uscire, guidare
dall'aria calda. Non fu così.
Ascoltando
il suono dei grilli e delle cicale, Louis si sporse sul davanzale,
osservando dapprima le stelle per poi soffermarsi sul tetto che aveva
sorretto i suoi sogni e le loro anime. Una luce improvvisamente
accesa e dei movimenti proprio nella camera che stava osservando
catturarono la sua attenzione. Vide due corpi baciarsi, le loro ombre
proiettate sul muro, le loro mani cercarsi, spogliarsi, le loro risa
sfidare i rumori della natura. Poi Zayn spinse Michael verso la
finestra, entrambi voltati nella sua direzione, il giovane con la
testa piegata all'indietro a godersi i baci sul collo di uno Zayn
dagli occhi troppo compiaciuti e cattivi, feriti, occhi che si
scontrarono con quelli di Louis per sfidarlo, per ferirlo a loro
volta, sapendo dove andare a colpire per lacerare la carne, uccidere.
Se non fosse stato per il fatto che Louis ad un certo punto
entrò in
camera distrutto chiudendo la finestra, il moro avrebbe continuato,
prendendo Michael lì, da dietro, in quella posizione
esibizionista,
in un muoversi di fianchi senza sosta, castigando l'amico che era un
estraneo solo a metà.
E
Louis, sdraiato sul suo letto, pianse per amore, pianse quelle
lacrime che non aveva mai versato, tutte fino a soffocare, amando
ciò
che non gli apparteneva più, pensando a quello che stava
succedendo
a meno di tre metri dalla sua camera. La lontananza almeno gli aveva
impedito di vedere con i suoi occhi, di sentire il momento esatto in
cui il suo cuore si era infranto. Abbracciò Merlin,
accarezzandogli
il pelo, pensando di aver
gettato via tutto e di averlo visto di nuovo cadere fra le braccia di
un uomo che non era lui. Perché era convinto che solo le sue
di
braccia lo avrebbero amato come meritava, solamente le sue.
Quella
mattina Louis si alzò, la sua porta socchiusa, un temporale
estivo
in arrivo come annunciato dal meteo e l'aria pesante, irrespirabile
per quanto umida. Qualcosa sarebbe successo e avrebbe portato
spavento e dolore, inatteso dolore riconciliante.
Passarono
le ore e quando si accorse che Merlin era scomparso, l'ansia lo
colse. Il veterinario dal quale lo aveva portato qualche giorno prima
non gli aveva dato buone notizie, accennando anche al fatto che il
cane si stava preparando per morire. Merlin quindi voleva affrontare
la morte da solo, per quello era scappato, per morire in pace, in
mezzo alla natura che amava tanto. Il primo istinto fu quello di
chiamare Zayn, il cane era il loro, il simbolo della loro amicizia,
quello che ne rimaneva, l'unico aggancio al passato. Poi
pensò a
Michael, a qualche notte prima quando lo aveva sentito andarsene dopo
il sesso. Con le lacrime agli occhi decise di chiamare ugualmente
quel numero che aveva cancellato dalla rubrica, ma non dalla mente.
Squillò. Zayn rispose, non aspettandosi la chiamata del
castano ed
ebbe la sensazione che qualcosa stesse per cambiare.
-Pronto.
Cosa c'è?-
-Zayn.-
-Sì,
sono proprio io. Cosa c'è?-
-Merlin
è scappato. Non lo trovo più.-
-Come?-
-Il
veterinario mi ha detto che i cani scappano quando vogliono morire da
soli.-
La
voce rotta come quella del bambino di un tempo fece ricordare a Zayn
che dietro a tutto, dietro ai litigi, all'abbandono, dietro ad ogni
cosa, ci fosse ancora lui.
-Lou
stai calmo, lo ritroveremo. Adesso mi metto a cercarlo anche io, ok?-
L'aveva
chiamato Lou, la sua voce si era addolcita, la sua preoccupazione era
aumentata. Lou era la speranza al quale potersi aggrappare di fronte
alla paura.
-Ok.-
Passarono
tutta la giornata a cercarlo mentre il temporale si avvicinava e le
gocce di pioggia iniziavano a cadere, sparpagliate, alle volte grandi
e altre piccole. Cercarono in casa di entrambi, nei garage, lungo le
strade che portavano in città, vicino al ristorante, alla
scuola, al
parco, alla fattoria del nonno, ma niente.
Zayn
trovò Louis rannicchiato contro la porta di casa sua,
stanco, i
vestiti sudati e sporchi, gli occhi rossi. Era tornato il ragazzo di
sedici anni che amava, ma non riuscì a rallegrarsene. Merlin
era
l'unico ricordo di un'infanzia felice, poteva lasciarlo morire senza
nemmeno un addio?
Gli
andò incontro e gli intimò di alzarsi.
-Su,
alzati, c'è ancora un posto che non abbiamo controllato.-
Si
diressero al fiume con il fuoristrada del moro. Quel sentiero
sterrato così familiare, le ruote che alzavano la polvere
dei
ricordi sbiaditi. La prima volta che si erano visti nudi per poi
tuffarsi nell'acqua fredda, le lucciole che la notte illuminavano
quel bosco, rendendolo unico, speciale.
Scesero
sbattendo simultaneamente le porte dell'auto mentre un tuono si
scagliò contro il cielo livido. Sentirono un guaito leggero,
un
lamento di paura. Poi lo videro. Merlin era sdraiato sotto il loro
albero, quello delle iniziali, di quella “elle”
tonda e di quella
“zeta” sottile. Il cane se le ricordava
così come erano scritte
a fuoco nella loro mente. Louis in un secondo fu accanto a lui, la
visione dolce di un quadro antico.
-Va
tutto bene, non sei solo.-
Lo
accarezzò dietro le orecchie mentre immobile nel corpo, i
suoi occhi
lo guardarono con affetto. La forza lo aveva abbandonato, il pelo era
diventato ispido, non più di quel marroncino vivido e
lucido, le
zampe deboli, la coda ferma. Louis si ricordò del primo
momento che
lo aveva visto ed abbracciato, entrambi piccoli e bisognosi
d'affetto.
Zayn
si mise vicino a loro, in silenzio, non sapeva cosa dire, non sapeva
come sopportare il dolore di un altro abbandono. Poggiò il
palmo
della mano aperto sopra la pancia dell'animale e sentì che
il
respiro era debole. Mancava poco. Con l'altra mano afferrò
saldamente quella dell'amico. Tremava.
-Sei
stato un buon cane, mi dispiace di averti lasciato qui.-
Le
lacrime di Louis presero a sgorgare come il fiume che scorreva di
fianco a loro, come l'acqua che dal cielo aveva iniziato a scendere
prepotente. Gli baciò il muso, tenendolo più
stretto, facendolo
appoggiare sulle sue gambe. Era davvero arrivato il momento
dell'addio. Zayn pensò che la morte fosse la cosa peggiore
al mondo,
che erano quelli che restavano a patirne le conseguenze, non chi
partiva senza sapere la meta. Così per il cane,
così anche per lui.
Gli strinse la zampa e gli disse addio.
-Andrai
in un posto migliore, smetterai di soffrire. Ti voglio bene amico.-
L'addio
dei campioni.
Lo
seppellirono il giorno dopo, quando il sole, tornato a fare capolino,
aveva già asciugato ogni ramo, ogni foglia, tranne le
lacrime di
Louis. La tomba del cane sarebbe stata proprio lì, sotto
quell'albero, vicino al fiume, nel punto esatto della sua morte.
Louis e Zayn si incontrarono di nuovo in quel giorno di lutto,
perché
un cane non era solo un cane.
-Lui
è stato con me mentre tu non c'eri, ho mantenuto fede alla
promessa.-
Lo
disse con voce amara, quasi un sussurro.
-Anche
io sono tornato come avevo promesso.-
Il
castano camminò verso di lui, le loro teste vicine, quasi a
non
sopportare la vista di quegli occhi così arrabbiati nei suoi.
-Non
ti sei fatto sentire, niente di niente, la mattina te ne sei andato
senza fare rumore, come se ti vergognassi di quello che avevamo
fatto.-
Scosse
la testa turbato Louis, mentre Zayn lo attaccava.
-Sapevo
che se ti avessi svegliato non avrei più trovato la forza di
andarmene. Sapevo che se ti avessi chiamato, avrei preso il primo
aereo e sarei tornato. Ed ora che sono qui, tu stai con un altro,
dici che sono un estraneo...-
-Michael
è solo sesso. Tu mi hai abbandonato qui, dovevo aspettarti?-
Louis
abbassò lo sguardo, perché se c'era una cosa che
lui aveva fatto
per Zayn era proprio aspettarlo, a discapito di quelle foto
provocatorie nei locali, di quelle serate piene d'alcool, Louis aveva
aspettato. Si girò con le lacrime agli occhi.
-Speravo
di essere io la tua prima volta, come tu dovevi essere la mia.-
Louis
era vergine. Dopo quella notte nella sua stanza, quando i preliminari
non avevano avuto il coraggio di trasformarsi in sesso, lui non era
stato con nessun ragazzo o ragazza. Non avrebbe mai guardato nessuno
come guardava lui, toccato nessuno come lui, amato nessuno come lui.
E
le stagioni del cuore quella volta tornarono a combaciare.
Zayn
lo afferrò per un braccio, urlandogli contro infuriato.
-Sei
un egoista, mi hai lasciato qui e io ti odio, ti odio così
tanto che
non riesco a dimenticare, ti odio così tanto
perché ti amo ancora.-
Lo
baciò prepotentemente, una mano sulla sua testa, l'altra a
tenergli
la maglietta, la sua lingua a scoprirlo, a succhiarlo, a marchiarlo,
ricordandogli a chi appartenesse, chi dovesse amare. Zayn aveva
sognato quel momento ogni notte, aveva sognato i suoi occhi azzurri
nel cielo, cercando il suo profumo in ogni luogo, senza mai trovarlo.
Lo amava, lo aveva sempre amato e non poteva ordinare alle sue
braccia di stringere di meno perché non voleva lasciarlo
andare mai
più. Louis ricambiò sentendosi felice,
stringendoselo addosso quel
corpo che era stato lontano, cullandosi tra quel “ti
amo”
confuso, annusando l'odore di sudore e di erba che faceva. Il suo
amico era tornato.
I
cuori, in accordi armoniosi, risuonarono presi dalla passione.
Louis
era stato il primo bacio di Zayn e Zayn la prima volta di Louis.
L'amore sincronizzato avrebbe trovato spazio quell'estate, riportando
i ricordi ad un nuovo splendore ed aggiungendone altri.
Anche
quell'anno, a settembre, Louis se ne sarebbe andato, ma Zayn aveva la
certezza che sarebbe ritornato questa volta, che la lontananza era
solo tempo e che con l'amore, sarebbero passati in fretta i mesi.
Perché
quella era la loro casa ai confini del mondo.
Note d'autore:
Eccomi qui, una Os Zouis, chi l'avrebbe mai
detto? Ho partecipato ad un concorso, beh non è andata
stupendamente, non è piaciuta molto, ma ehi, così
è la vita. Mi sembrava brutto non pubblicarla quindi se
l'avete letta, lasciatemi un parere anche voi, così da
mettermi il cuore in pace e rinunciare con le storie formattate in
dimensioni ristrette e in terza persona che, fondamentalmente odio! =)
Ok, aspetto i vostri pareri. Un abbraccio
come sempre.
Fra
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