Una mano di
ghiaccio mi afferra alla gola:
Ha guanti
d’acciaio,
Punte di
ferro che penetrano nella carne.
Ho freddo.
Il suo tocco
gelido
Brucia in me
La sua strada
verso il cuore;
Un cuore di
ghiaccio che piano
Si tramuta in
cenere.
Sono vuota.
Lascio dietro
di me
Null’altro
che un guscio
Di ciò
che chiamai me stessa.
Sento la
lieve calma della morte
Calare su di
me,
Il suo
respiro immobile sfiorare
Le mie secche
labbra,
Le sue lunghe
e sottili dita di gelo
Stringermi
per le braccia.
Il cuore vola
via,
Cerca asilo
nell’ennesima fantasia,
Non sa
–povero illuso!- che ne uscirà
Più
logoro di prima.
Cos’aspetta
la mia anima..’
Distruzione..?
In fondo, che
importa…
Avrei dovuto
aspettarlo…
Dovevo
saperlo…
E un coro agonizzante di voci
rimbombava
Incessante
nelle mie orecchie.
-Scappa,
va via…
-Non restare,
soffrirai…
E le ho
ascoltate..?
Certo che no!
E ora è qui che giaccio
Sola,
Rotta,
Spezzata in
mille frammenti.
-C’è sempre il peggio.
-Al dolore
non c’è fine.
Lo so, lo so…
Spiegatelo,
piuttosto, al cuore mio –non vuol capirlo…-.
E ancora le voci
Si fanno
sentire,
Più
forti che mai…
-Non ne è degno…
-Lascia
stare…
-Dimentica…
Ma come..?
Spiegatemelo,
*COME*?!?
È impossibile.
Impossibile
ignorarlo;
Ignorare la
sua voce,
Mista a
quelle del coro:
-…è
da te che dipende…
…”Che,
qualche cosa va male?..
È un lutto senza
ragione.
Ed
è la pena peggiore
Il non sapere perché
Senza né odio
né amore
Il cuore fa così
male”… (J. N. Arthur Rimbaud)
Davero pensi questo, Arthur?
Io lo
credevo,
Anch’io pensavo fosse solo
Un capriccio
del mio stupido cuore.
È
così…?
Certo che no!
Ora me ne accorgo.
Ora capisco
il perché.
Non è
lutto senza ragione,
ma condanna volontaria.
Una tortura
lenta
E tremenda
E divina
Che io come te m’infliggo,
Per punirmi.
Per punirmi
della mia vigliaccheria.
Della mia
pigrizia.
Perché
è per questo
Che ora l’ho perso,
Senza averlo
mai davvero avuto;
Per questo
che ora
Ciò
che sarebbe potuto essere
Tornerà
a torturarmi
In eterno.
Così dev’essere.
Volevo solo
che lui sapesse:
Avevo trovato
una ragione,
Per me,
Per cambiare
ciò che ero stata,
Una ragione
per tutto ciò che faccio,
E questa ragione è lui.
Avrei dovuto
dirglielo.
Avrei
potuto…
Non
l’ho fatto:
Cos’ho risolto?..
È
perso,
Perso per sempre.
Perso senza
averlo mai avuto.
E il pensiero m’ucciderà
In eterno,
Giorno per giorno,
Affondando il
pugnale
Insanguinato
Fino
all’elsa nella mia gola.
Così dev’essere.
Così
ho stabilito che sia.
Poiché ho sbagliato,
Questo
è il prezzo da pagare.
Perché
questa voglio che sia
La mia
condanna.
Perché
questa voglio che sia
La tua
vendetta
Su una
novizia
Sto morendo.
Sono morta.
Davvero, non respiro
più!
Non vedete
fiumi di sangue
Colare dal
mio cuore trafitto?
Non vedete i
miei occhi offuscarsi
Dell’oscura
luce dell’oblio?
Non vedete, o
non volete, forse,
vedere quest’
anima dannata
odiare e amare il suo
carnefice?
È
ormai sicuro, -vedete?-,
sono morta ma non ho
pace né riposo
né ne avrò finché
saprò odiarlo e amarlo.
Perché, -vedi?-, ora *so*
Di amarti.
T’odio
troppo perché non sia così.
D’un odio che cela amore.
Di quest’odio io t’odio,
Vincent,
d’un odio che brucia e mi consuma
più del fuoco dell’inferno,
d’un odio che non da pace
giorno e notte.
D’un
odio ch’è amore.
Che dirvi… queste
sottospecie di poesie mi sono venute di getto. Le ho
scritte tutte quante nel corso di quest’anno, e
anche se alla ‘collezione’ mancano parecchi testi – per lo
più in inglese – ho voluto postarle per sapere che ne pensate. Girano tutte intorno allo stesso argomento, vedete?
Un ragazzo
dannatamente bello che viene nella mia stessa scuola e che a mala pena mi
saluta. Eppure
per me è così, da tre anni ormai…
L’amante, il pazzo ed il poeta hanno la stessa
fantasia… almeno così diceva il buon vecchio Shakespeare.
Bhè, con questa citazione vi lascio. Recensite,
please!