WINTER |
neve |
pattinaggio su ghiaccio |
albero di Natale |
cioccolata |
sciarpa di lana |
regali |
Progressi: 6/6 |
Regali
Hisoka strinse gli occhi, i capelli biondi gli sbattevano contro il
viso, la giacca da cameriere gli stringeva.
Il vento gelido gli arrossò la pelle pallida,
l’esplosione alle loro spalle gli fece fischiare le orecchie
e il calore prese il posto del freddo per un attimo. Si morse un
labbro, sentì Tsuzuki stringerlo più forte e le
guance gli si arrossarono.
“Tranquillo ragazzino, andrà tutto bene”
lo rassicuro.
Hisoka digrignò i denti e gli tirò una testata,
sentì a sua volta il dolore al petto dell’altro,
il suo freddo e ascoltò il suo battito cardiaco arrossendo.
“Non chiamarmi ragazzino. E sicuramente prendere questo
specie di zaino volante è stata un’idea idiota.
Quasi quanto quella di toccare quella bomba!”
strillò. Si voltò, socchiuse gli occhi e le iridi
verdi gli divennero liquide.
Tsuzuki scoppiò a ridere, lasciò con una mano la
schiena del giovane e sentì le bretelle dello zaino dargli
fastidio alle braccia. Abbassò una leva, il loro mezzo si
abbassò e il gas di scarico che usciva dai tre tubi
metallici alle sue spalle diminuì. Atterrò per
terra e lo zaino si spense, il ragazzo lo lasciò andare e
riaprì gli occhi. Indietreggiò e
guardò una ferita sanguinante sulla guancia del castano
richiudersi.
“Guido io fino al punto d’incontro”
borbottò lo shiningami più giovane.
Tsuzuki gli negò con l’indice e sorrise.
“Sei troppo basso” sussurrò.
Il ragazzino strinse le labbra fino a farle sbiancare e lo spinse.
“Non sono basso, posso guidarlo io”
sibilò.
Tsuzuki ridacchiò, il giovane appoggiò la mano
alla pistola alla cintola e diede un calcio a un grumo di neve.
“Posso!” strillò.
Tsuzuki sorrise e si massaggiò il collo.
“Sai che ti dico? Te lo faccio come regalo di
Natale” sancì.
“Tsuzuki!” strillò il biondo.
Sciarpa di lana
Lo shiningam unì le mani da volpino bianco,
abbassò le orecchie candide e dimenò la coda.
Chiuse gli occhi, sorrise e un rivolo di bava gli colò dalle
labbra.
“Finalmente mangerò la Sacher! E’ tutta
una vita che la sogno!” strepitò.
Hisoka sbuffò, si chiuse la giacca e sentì uno
spiffero gelido passargli tra la pelle del petto e la maglietta
arancione. Arrossì incontrando gli occhi viola
dell’altro, ringhiò e girò il capo.
“Mangia in fretta e poi facciamo qualcosa di serio”
borbottò. Il fiato gli si condensò davanti alla
bocca, rabbrividì e chinò il capo.
Tsuzuki si tolse la sciarpa nera, gliela mise e gliela legò
intorno al collo.
“Anche se noi shiningami non abbiamo freddo, ma è
facile ricordarsi di quando era così e agire di
conseguenza” sussurrò. Gli accarezzò la
testa, Hisoka si allontanò. Si voltò arrossendo e
alzando il capo.
“Dai muoviti, andiamo” ordinò. Tsuzuki
annuì, seguendolo.
Neve
“… Tu sei un essere umano. Sei umano Tsuzuki,
umano…” sussurrò Hisoka. I capelli
biondi gli aderivano alle guance arrossate per il freddo, i fiocchi di
neve vi s’infilavano squagliandosi, sentiva il peso del
collega pressargli sulla schiena facendogli dolere il collo. Le gambe
gli diedero una serie di fitte, chinò lo sguardo guardando
la strada lastricata. Si voltò vedendo allontanarsi il bar
da cui erano usciti, le strisce nella neve partivano dal muro con gli
scatoloni fino ad arrivare a lui. Sentì Tsuzuki singhiozzare
di nuovo, gli accarezzò la mano e continuò ad
avanzare.
< A Muraki non bastava avermi tolto la vita e avermi rovinato
quella immortale, adesso vuole distruggere anche Tsuzuki. Quel
maledetto si sbaglia se pensa che farò fare del male al mio
collega > pensò. Un fiocco di neve gli
aderì al viso, il fiato gli si condensava davanti alla bocca
e sentì le gambe tremare. Avanzò ancora,
svoltò e si diresse verso un parco giochi.
Un’altalena andava avanti a indietro cigolando. La neve gli
s’infilò tra i vestiti facendolo rabbrividire,
trasformandosi in acqua gelida.
“Sei un essere umano. Lo sei Tsuzuki, basta piangere
…” continuò a consolare il castano. Lo
sentì tirare su con il naso e i singhiozzi cessare. Sorrise
e accelerò, dirigendosi verso un ponticello.
“ … Sei come loro e li difendi, anche se sei uno
shiningami. Tu le cose le prendi sul serio, come loro, sei
umano…”. Proseguì, lo fece sdraiare a
terra delicatamente e si sedette, appoggiò la schiena contro
la base del ponte con la testa rivolta verso l’altro muro
portante. Si appoggiò la testa di Tsuzuki sulle gambe e gli
accarezzò il capo, passandogli la mano sui capelli.
Arrossì sentendo l’altro afferrargli la mano, il
battito cardiaco gli aumentò. Rabbrividì e
strinse gli occhi, vide lo spirito nudo dell’altro
precipitare nell’ombra.
< Anche io ero un mostro, anche io ho sperimentato abbandono,
paura e prigionia, ma mai avrei creduto di sentire queste emozioni in
qualcun altro… soprattutto in lui… >
pensò. Si voltò e guardò la neve
continuare a cadere.
Cioccolata
Tusuki saltellò sul posto, si lanciò sul letto e
rotolò dimenando le gambe. La giacca nera gli si
aprì mostrando la camicia bianca e la cravatta si sciolse
cadendo a terra. Dimenò la coda bianca, allungò
le braccia dimenando le zampe bianche e gli occhi color ametista gli
divennero liquidi. Si strusciò sul letto e fece le fusa.
Hisoka inspirò, espirò e accavallò le
gambe.
“Possibile tu debba fare tutto questo solo per una
cioccolata?” domandò. Yutaka si mise le mani in
tasca, il gufo grande quanto un pugno sulla sua spalla
gonfiò le ali e gli occhiali dello shiningami scesero sul
naso del biondo. Infilò le mani nelle tasche del camice e
sorrise.
“Questa non è una cioccolata qualsiasi. Il mio
genio da scienziato mi ha permesso di renderla più
buona” spiegò. Hisoka sollevò gli occhi
e si grattò la testa.
“Alle volte penso di essere il più maturo tra
voi” si lamentò. Le iridi color smeraldo si
scurirono e scosse il capo sentendo ridacchiare gli altri due.
Pattinaggio sul ghiaccio
“E’ stato un lavoro difficile”
sancì secco Tsuzuki. Si sedette in terra con un tonfo, i
capelli castani gli aderivano al viso e le iridi color ametista erano
più scure. La camicia e la giacca erano strappate in
più punti e il ginocchio sanguinante gli aveva macchiato il
pantalone.
Seiichiro si strinse la cravatta a righe blu, gli si
avvicinò e tirò fuori un fazzoletto dal taschino
della giacca marrone. Si spiegò e lo strofinò sul
labbro e sulla guancia sporchi di sangue di Tsuzuki. Gli sorrise e si
rimise il fazzoletto in tasca. Con un verso stridulo la fenice rossa
scomparve e lo Shiningam castano abbassò il capo.
“E ho di nuovo rischiato di perdere il controllo, vedendo
tutte quelle persone uccise” sussurrò. Una lacrima
gli scese lungo la guancia, strinse i denti e morse a vuoto.
Sentì delle fitte al cuore, arcuò la schiena e
tremò.
L’altro gli mise la mano sulla spalla.
“Eppure non l’hai fatto. E stavolta sei anche
riuscito a non farti possedere e simili uccidendo tu stesso persone.
Stai maturando” lo rassicurò Tatsumi. Asato
sorrise e scosse il capo.
“In realtà ho ripreso il controllo
perché ho una promessa veramente importante da mantenere
domani” bisbigliò. Sorrise e alzò il
capo, Seiichiro gli s’inginocchiò davanti e lo
abbracciò.
“Scommetto che c’entra con Kurosaki”
mormorò.
L’altro si lasciò cullare e annuì.
“Ho promesso a Hisoka che gli insegnerò a
pattinare sul ghiaccio” disse addolcendo la voce.
Albero di Natale
Hisoka aprì le braccia abbandonandosi, gli occhi
color smeraldo erano liquidi e la pelle pallida. Sporse il bacino,
aprendo di più le gambe. Il desiderio dell’altro
gli attraversò la pelle passando dalle mani
dell’uomo che lo tenevano fino al suo cervello. Gemette
strusciandosi e le lacrime gli rigarono il volto.
-Se sono morto perché sono ancora qui?
Perché?! Perché?!- si domandò. Le
lacrime gli rigarono il volto. Muraki sorrise, l’occhio falso
brillò e il vento fece scivolare il kimono e la fascia di
Hisoka gettati a terra. Il ragazzino sentì il fiato
dell’altro avvicinarsi, rabbrividì di piacere e
sentì bruciare quando l’adulto entrò in
lui. Avanti e indietro, ripetutamente, sgranò gli occhi e
ululò. Una pioggia di petali di ciliegio gli oscurarono la
visuale.
Hisoka sgranò gli occhi e si alzò seduto, strinse
più forte la coperta con le mani sudate.
Rabbrividì, inghiottì aria e ansimò.
Si massaggiò il collo e il petto.
La pelle candida gli si ricoprì di simboli rossi, i
marchi bruciavano e il biondo gemette più delicatamente,
voltò il capo e perse i sensi.
Hisoka si strinse le braccia con le mani, chinò il capo e
singhiozzò. Tremò, si piegò in avanti
e si cullò avanti e indietro.
-Maledetta Nagasaki! Maledetti quei lacci da cui non sono riuscito a
liberarmi! Maledette le missioni e soprattutto questi straccidenti di
ricordi che mi si sono sbloccati-. Ansimò, gettò
di lato le coperte e si girò. Si diede la spinta e si
alzò in piedi. Fece un paio di passi, le gambe gli tremavano
e il pigiama gli aderiva al corpo sudato, sentiva il freddo del
pavimento sotto i piedi.
“Ti odio Muraki Kazutaka, ti odio!”
sibilò. Aprì la porta e uscì dalla
stanza, sentì delle risate e si voltò.
Proseguì nella loro direzione, riconobbe le risate dei due
grossi uccelli giganti antropomorfi e sospirò.
“Non mi sono venute perfette le illuminazioni?”
domandò Yutaka.
“Prima che il capo torni dal conte sarà meglio
trovargli un nascondiglio” sancì Tatsumi.
“Ebbene idiota, che ci fai ancora sveglio a
quest’ora!?” domandò alzando la voce.
Arcuò le sopracciglia e schioccò la lingua sul
palato. Tsuzuki sorrise, si voltò e si diresse verso di lui.
S’inginocchiò e gli prese le mani.
“Non venirmi a dire che volevi come al solito fare il gentile
ipocrita infantile” sibilò il biondo. Le iridi di
Tsuzuki divennero liquide e Hisoka arrossì sentendo la gioia
del cuore del collega.
“Ho sentito dire che l’albero di Natale porta
serenità. Tu mi hai fatto smettere di piangere, ora io
voglio farti smettere di avere paura. Ti sento la notte avere gli
incubi” disse gentilmente il castano. Yutaka
ridacchiò voltandosi, indicò l’uscita
ai due gemelli volati la porta d’uscita e si diresse in
quella direzione seguito dalle creature. Seiichiro si
sollevò gli occhiali, le iridi blu notte gli si scurirono e
si voltò seguendo gli altri tre. Hisoka deglutì a
vuoto un paio di volte, divenne vermiglio in volto, tolse le mani da
quelle dell’altro e si voltò. Sorrise,
chinò il capo e si morse un labbro.
-Idiota, mi basta la tua presenza per cancellare frustrazione, dolore e
paura, ma non sarà uno stupido albero a togliere quei marchi
dalla mia pelle- pensò.
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