La neve e le chiavi
-
Buon Natale, Bones-.
Un
po’ di neve gli si appoggiò
sulle labbra, mentre diceva quelle parole.
Seeley
Booth le strinse appena,
senza staccare gli occhi dal quadrato luminoso della finestra al di
là della
rete: oltre quel vetro c’era lei, Temperance Brennan.
E
Temperance Brennan, per quei
secondi che seguirono l’augurio di Booth, rimase a fissare la
sagoma di lui
sotto la neve, l’albero di Natale che sfavillava nel buio.
Strinse
forte il cellulare
all’orecchio e le parve di sentire un sospiro
dall’altra parte della linea.
Il
sospiro di Booth.
Che
le aveva fatto il miglior
regalo di Natale. Il migliore di una vita intera.
-
Sei ancora lì?- sussurrò Bones,
mentre le bambine lanciavano ancora gridolini di gioia alla vista
dell’albero e
Russ e suo padre iniziavano a chiacchierare.
-
Certo- disse Booth, stringendo
una spalla di Parker.
-
Booth, io … io non so davvero
cosa dire-.
-
Ho lasciato la dottoressa
Brennan senza parole? Non ci posso credere!- ridacchiò lui.
Parker,
intanto, sfuggì dalla sua
presa e cominciò a giocare con la neve accanto
all’albero.
-
Le parole le ho avute. Ho detto
“adoro il mio regalo, Booth”-.
-
Ma adesso hai detto che non sai
cosa dire …-.
Lei
non rispose subito.
Perché
era vero, in fondo. E
perché ripeterlo lo avrebbe reso ancora più vero.
Strinse
forte il cellullare
contro l’orecchio: improvvisamente, ebbe la sensazione di
poter sentire il suo
respiro, il suo calore. Ma che razza di pensieri erano?
Il bacio sotto il vischio.
Quel lieve ansimare di lui.
La neve.
L’albero di Natale.
Temperance
Brennan non riuscì a
frenare quell’insieme vorticoso di immagini, ricordi,
sensazioni. Russ, dietro
di lei, scoppiò a ridere, imitato da suo padre.
-
Bones, ci sei?- mormorò Booth,
facendo qualche passo verso la rete.
Parker
aveva cominciato a
costruire un pupazzo di neve.
-
Sì-.
-
Il nostro Natale è visibilmente
migliorato, vero?-.
Lei
abbozzò un sorriso: - Direi
di sì-.
-
Bene-.
-
Bene-.
Bene.
Booth
arrivò alla rete e si
appoggiò con una mano. Trattenne per un attimo il respiro,
cercando di
ascoltare quello di lei. Non sapeva perché lo faceva. Non
sapeva perché si
sentiva in quel modo.
Il bacio sotto il vischio.
Le labbra calde di lei.
Quel “adoro il mio regalo,
Booth”.
Al
di là del vetro, mentre
l’agente speciale Seeley Booth insinuava le dita fra gli
spazi della rete,
cercando di capire i pensieri che gli affollavano la mente, le luci
dell’albero
di Natale che gli si riflettevano sulle spalle larghe e sul cappotto
scuro, la
dottoressa Brennan sentì che quell’ansimare non le
sarebbe mai uscito dalla
testa.
Non
quella sera.
-
Booth- mormorò, quasi
sottovoce.
Lui
appoggiò la fronte contro le
rete: - Sono qui-.
-
Fa … fa molto freddo, lì
fuori?-.
-
No, non direi. Perché?-.
-
Oh, bè, io …-.
-
Bones?-.
-
Arrivo. Aspetta lì-.
A
quella parole Booth sollevò di
scatto la fronte.
Vide
confusamente la sagoma al di
là del vetro muoversi per poi sparire dalla sua visuale.
Bones
stava uscendo? E perché
usciva?
Parker
gli urlò qualcosa, e lui
ebbe appena la lucidità di sorridergli.
Il
bambino stava facendo proprio
un bel pupazzo di neve.
E
Bones stava arrivando.
Questione
di poco.
La
vide subito. La vide, berretto
grigio, passo sicuro e veloce.
Ancora
al telefono.
Si
sorrisero: era stupido
guardarsi a poca distanza con i cellulari attaccati alle orecchie.
Booth
chiuse il suo con un gesto
rapido, la gola improvvisamente secca.
Era
bellissima: banale pensarlo,
banale dirlo, ma era così.
E
lui non sentiva nemmeno la neve
ghiacciata entrargli nel colletto, le risate felici di Parker, il
riverbero
delle luci dell’albero appena dietro di lui.
È inutile.
Se c’era una linea, quella linea, allora
è alle mie spalle.
Laggiù in fondo, dove mio figlio gioca
con la neve, dove c’è l’albero
che ti ho portato.
-
Ehi - fece lei, il respiro
affrettato.
Booth
sorrise. Sorrise e basta.
Come un’ebete.
-
Hai ragione, non fa poi così
freddo- disse Bones, avvicinandosi a passi lenti.
-
Nah, niente di tremendo-.
-
Già-.
-
E … là dentro? Tutto bene?-
borbottò Booth, cercando disperatamente di scuotersi da quel
torpore. Di non
fissarle la bocca, poi.
Quelle
labbra.
Lei
annuì: - Credo sia il Natale
migliore da molti anni a questa parte. Per tutti noi-.
-
Sono felice per te-.
-
Grazie- sussurrò Bones,
fermando a un passo da lui.
Era
alto, Dio com’era alto.
Alto
e Booth, solo Booth, con
quel suo sorriso caldo, le mani nei guanti di pelle, il Booth che
guidava la
macchina e sparava, quello con cui litigava, rideva, faceva terapia,
l’uomo che
le aveva regalato l’albero di Natale, l’uomo con
cui condivideva lavoro,
dolore, caffè.
-
Non … non ci stiamo ancora
punzecchiando - osservò lei, cercando i suoi occhi.
Booth
non glieli rifiutò: - No-.
Non
sorrideva più.
Il
suo sguardo la fece
rabbrividire.
-
Sarà il Natale- sussurrò lei,
infilandosi le mani nelle tasche del cappotto.
-
Sarà il Natale-.
Rimasero
a fissarsi in silenzio
per un po’, senza sapere bene cosa dire, cosa fare.
Parker
urlò ancora, ma a Booth
sembrò che fosse lontanissimo.
Che
cosa stava succendendo?
La linea.
La linea.
Si
schiarì la gola: - Hai lasciato
un guanto nella mia macchina-.
Bones
sospirò: - Davvero?-.
Lui
annuì, e la dottoressa
Temperance Brennan sentì che il bacio sotto vischio era
lì, tra loro, sospeso
tra i loro sguardi. Immancabilmente concreto. Accaduto.
Strinse
forte le mani sudate.
-
Prendo le chiavi e te lo porto-
disse Booth, frugando nella tasca dei pantaloni.
-
Okay-.
-
Ci sono quasi …-.
La
mano di Booth riapparve sotto
la neve, stringendo le chiavi della macchina.
E
poi accadde: fu un istante, e
il mazzo gli scivolò dalle dita, finendo per terra, in mezzo
a loro.
Si
chinarono tutt’e due.
Nello
stesso preciso momento.
La
fronte di Booth si ritrovò a
toccare quella di lei, le guance che si sfioravano.
Bones
lo sentì trattenere il
respiro.
Nessuno
mosse la mano per
prendere le chiavi.
Lei
poteva sentire il suo odore,
il suo calore.
La
pelle leggermente ispida di
barba.
Booth
socchiuse gli occhi per un
istante, assorbendo il profumo di Bones.
Quando
li riaprì, incontro lo
sguardo impaurito di lei.
- Booth …-
sussurrò.
Booth
no? Booth sì?
Non
lo sapeva, Seeley Booth,
quando decise di farlo.
Quando
decise che la linea era
spazzatura e follia, quando decise che non gli sarebbe importato niente
se la
mattina dopo non sarebbero riusciti nemmeno a salutarsi.
Non
lo sapeva quando avvicinò la
sua bocca a quella di Bones, tenedo gli occhi ben aperti.
Lei
non si tirò indietro.
Le
loro labbra si sfiorarono,
dapprima incerte.
Poi
Booth chiuse gli occhi e il
tocco divenne bacio, prima appena accennato, poi sempre più
profondo. I respiri
divennero uno, mentre le dita di Bones gli sfioravano una guancia.
Da
qualche parte, in lontananza,
Parker rise ancora.
Bones
gli passò una mano dietro
la nuca, avvicinandolo a sé, bevendo la sua bocca e il suo
calore, e Booth
sentì il cuore scoppiargli nel petto, mentre il fiato
cominciava a mancargli.
Riluttanti,
si staccarono appena.
Fronte
contro fronte, si
fissarono in silenzio, ammutoliti.
Poi
lui le sfiorò le labbra con
un bacio leggero: - Qui non c’è vischio, Bones
…-.
-
No, direi di no … - sussurrò lei,
abbozzando un sorriso.
Le
girava la testa. Molto più di
quanto l’aveva baciato sotto il vischio, solo poche ore prima.
-
Allora su questo siamo
d’accordo-.
Bones
lo fissò negli occhi:
adesso non c’era Caroline a guardarli, erano solo loro.
Lui
raccolse piano le chiavi
della macchina, senza spostarsi di un millimetro.
Le
loro fronti rimasero unite.
-
Parker stava ridendo- mormorò
lei.
-
Penso fosse per il pupazzo di
neve-.
-
O per quello che stavamo
facendo-.
-
Anche-.
Silenzio.
-
Lo vuoi ancora quel guanto,
Bones?-.
-
Bè, penso possa aspettare,
ecco-.
Un
mezzo sorriso: - Sono
d’accordo-.
-
Ancora? Siamo ancora
d’accordo?-.
Booth
non le rispose nemmeno.
Buttò
a terra le chiavi e le
prese il volto tra le mani e la baciò ancora, mozzandole il
respiro, il fiato
nel suo fiato, le lingue che si toccavano, le labbra bollenti.
La
neve non accennava a
diminuire.
Con
la bocca ancora in quella di
lui, Bones glielo disse un’altra volta.
Ma
stavolta, quando glielo disse,
erano uno di fronte all’altra, persi un bacio che aveva
seppellito ogni linea,
disciplina e buon senso.
Glielo
disse, e allora Booth
pensò che non l’avrebbe mai lasciata andare.
- I
love
my gift, Booth-.
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