A/N: Bene, vi
volevo far capire un po' come questa storia è nata. Mentre
guardavo una puntata della prima serie di Prison Break in Inglese, ho
notato come una frase sia stata malamente tradotta in Italiano.
Vi spiego meglio, mentre
Sara fà delle ricerche su Michael, viene beccata
dall'infermiera Kate che le dà della pedinatrice.
Lei per scusarsi dice che
non si capacita del fatto che uno come Michael, che vive nel suo stesso
quartiere, possa essere finito in un carcere come Fox River.
Questa storia era nata come One-shot, ma convinta da un'amica mi
è venuta voglia di continuarla; comunque sia, non ho ancora
nuovi capitoli pronti, per ora. Cercherò di aggiornare
appena possibile, oppure di lasciarla come One-shot.
E questa era la storia della fiction che state per leggere. Basta farfugliare, buona lettura!
Era uno degli Aprili più caldi degli ultimi anni, quando
Sara decise che era ora di cambiare aria, di cercarsi un nuovo
appartamento in una zona un po’ più rispettabile
nel centro di Chicago.
Tutta la sua vita era ben impacchettata in un paio di scatoloni ben
chiusi nel cofano della sua macchina che si era appena fermata di
fronte a quella che ormai era la sua nuova casa.
Si soffermò a guardarla dal finestrino della sua auto. Era
una modesta casa color crema, costruita su due piani e con una grande
porta in legno dipinta con un colore chiaro che Sara non seppe definire.
“Abbastanza
anonima” pensò la prima volta che la
vide. Fu proprio per quell’impressione che ricevette, che
decise di prenderla.
“Essere la
figlia del governatore fa avere spesso gli occhi della gente addosso,
è ora di un po’ di anonimato”
pensò scendendo finalmente dalla sua auto. Si
fermò ancora una volta a guardare la casa, poi si diresse
verso il portabagagli. Lo aprì e poggiò a terra
una delle tre scatole.
“Ha scelto
davvero un brutto periodo per fare questi lavori pesanti”
disse una voce maschile alle sue spalle che la fece girare di scatto.
Sara vide di fronte a sé un ragazzo coi capelli molto corti
che indossava un abito beige, che sembrava molto costoso, e,
soprattutto, che aveva gli occhi azzurri più belli che
avesse mai visto.
“Sa
com’è…cogli l’attimo!
–disse imbarazzata cercando di suonare il più
naturale possibile– era
ora di agire, ho rimandato anche troppo!”.
“Beh, lasci
che le dia una mano con questi scatoloni, - il ragazzo
prese in mano le due scatole che sembravano più pesanti- anche se vedo che viaggia
abbastanza leggera, si ferma qui per poco?”
disse notando le poche scatole che Sara si portava dietro.
“No, a dire il
vero mi stò trasferendo qui definitivamente…spero!
–rise nervosa- ma
sul serio, non si preoccupi per queste –indicò
le scatole che il ragazzo teneva in mano- sono poche e abbastanza leggere
e poi lei è vestito così…bene
–scosse la testa quasi divertita nel vedere quanto bene fosse
riduttivo- non vorrei
sentirmi in colpa se si rovinasse l’abito”.
“La signora
alla tintoria ne sarebbe entusiasta… -disse il
ragazzo prontamente facendo ridere Sara di gusto– e mi darebbe una scusa in
più per tornare a casa a cambiarmi
–le sorrise- allora,
dove gliele porto?” chiese.
“Oh,
-Sara scosse la testa quasi sorpresa dalla domanda del ragazzo- a dire il vero è la
casa qui di fronte” disse mentre saliva i pochi
gradini di fronte alla porta.
“Sul serio?
–chiese il ragazzo divertito- allora è lei la
famosa vicina di casa di cui si parlava tanto in giro! Beh, io vivo
nella casa di fianco a lei –indicò la
casa a sinistra di quella di Sara- si
senta pure libera di venire a chiedermi del sale quando vuole”
disse camminandole dietro.
Entrambi risero divertiti, per questa strana coincidenza, mentre
entravano in casa di Sara e poggiavano le scatole nel salotto.
“Non per
sembrarle inopportuno, ma se non vuole essere conosciuta nel quartiere
come l’ultima arrivata, farebbe meglio a dirmi almeno il suo
nome… forse non lo sa, ma sono tra gli abitanti
più potenti qui…” disse
fintamente intimidatorio facendo uno sguardo serio che voleva sembrare
minaccioso.
“Ah beh, in
tal caso non mi oppongo! -Sara sorrise divertita- Sono Sara e lei è il
primo ad usare una scusa così bizzarra per chiedermi come mi
chiamo” disse divertita mentre gli porgeva la
mano.
“Beh Sara,
spero che per bizzarro intenda in modo simpatico.
–disse stringendole la mano- Quindi lei è
Sara… una donna senza cognome…misteriosa, mi
piace. –disse divertito- Beh, piacere, io sono Michael
Scofield”
“Tancredi”
disse Sara lasciando andare controvoglia la mano di Michael.
“Scusi?”
chiese Michael confuso
“Tancredi,
Sara Tancredi…e ti prego, diamoci del tu perché
nel giro di dieci minuti in cui ci siamo dato del lei, mi sono sentita
abbastanza avanti con gli anni” disse divertita,
mentre Michael annuiva divertito a quella sua richiesta.
Dov’era finito il suo piano di rimanere anonima per un
po’? Dopotutto era quello che l’aveva spinta a
trasferirsi lì dove non conosceva nessuno e, soprattutto,
nessuno conosceva lei. Certo far sapere a quel ragazzo, per lo
più suo vicino di casa, che aveva a che fare col governatore
non era stata una buona mossa, anche perché, ne era sicura,
ora l’avrebbe riempita di domande.
“Tancredi?
–chiese Michael con un’espressione curiosa- ti dispiace se ti faccio una
domanda?”
“No…”
mentì Sara. Sapeva che questo momento sarebbe arrivato, ma
dopotutto lui non aveva colpa per essere un po’ curioso,
l’unica da incolpare era lei e la sua maledetta bocca.
“Il tuo
cognome… -disse Michael lentamente guardandola
fissa negli occhi- per
caso ha a che fare con l’Italia?”
“Ehm…
-Sara lo guardò con uno sguardo che andava dal confuso allo
spiazzato- credo di
si…” disse infine scuotendo la testa,
mentre un sorriso prendeva posto sul suo viso.
“Cosa ti fa
sorridere in quel modo?” le chiese curioso.
“Uhm, niente
–fece finta di sistemare qualcosa su un mobile di modo che
lui non potesse vedere che ancora sorrideva per la piacevole sorpresa
di quella domanda che non si aspettava- è solo che nessuno mi
aveva mai chiesto una cosa del genere sul mio cognome…
-si girò finalmente a guardarlo in faccia- a dire il vero, credo tu sia il
primo!” disse scuotendo la testa ancora una
volta, divertita.
Sara lo sentiva, quel ragazzo aveva qualcosa di strano rispetto a tutti
gli altri che erano entrati e, rapidamente, usciti dalla sua vita senza
lasciare altro che tristezza e solitudine. Con Michael era diverso, si
conoscevano da soli dieci minuti, ma lei già si sentiva bene
ad averlo intorno. Si disse che era stupido sentirsi così
per qualcuno che non conosceva, ma era più forte di lei.
“Sarà
che sono uno a cui piace distinguersi dalla massa.
–le sorrise gentilmente- Posso
chiederti cosa ti ha spinto a trasferirti qui?”
le chiese delicatamente.
“Volevo
cambiare aria, stare in un posto un po’ tranquillo”
disse mettendosi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
“Beh, direi
che hai fatto la scelta giusta, a meno che lo sferruzzare delle anziane
del quartiere non sia troppo rumoroso o stressante per
te…” disse Michael con
un’aria seria che fece sorridere Sara.
“Beh,
sarò costretta a farci l’abitudine!
–gli rispose ancora divertita dalla sua battuta- E invece cosa ci fa un ragazzo
come te in un quartiere del genere?” chiese
curiosa.
“Ho sempre
vissuto qui con mia madre e mio fratello.
–infilò le mani nelle tasche dei pantaloni- Da quando lui si è
sposato e nostra madre è… -si prese
un momento e prima di continuare prese un respiro profondo- …morta io sono
rimasto qui… -la guardò negli
occhi- anche
perché mia madre non mi perdonerebbe mai se vendessi la
casa!” aggiunse con un sorriso.
“Mi
dispiace…” fu l’unica cosa
che Sara riuscì a dire nel vedere lo sguardo ferito di
Michael mentre parlava della madre. Gli mise una mano sul braccio per
fargli capire che quel “mi
dispiace” era veramente sentito e non una
semplice frase di circostanza.
Michael la guardò ancora una volta negli occhi e le sorrise
dolcemente.
Sara si ritrovò a sorridere imbarazzata nel sentirsi
nuovamente i suoi occhi addosso e fu costretta a distogliere lo sguardo
e fissare un punto non definito delle sue scarpe, tutto per paura che
quegli occhi scavassero troppo a fondo e capissero quanto si sentiva
bene in quel momento. Sola con Michael.
“Le farfalle
nello stomaco? –si chiese Sara- questa sì che
è bella! Non lo conosco nemmeno e già mi fa
sentire così! E solo guardandomi!! Andiamo Sara, prendi un
respiro profondo…” si disse cercando
di calmarsi.
“Cosa ne dici
se ti offro qualcosa da bere a casa mia? –le
chiese poggiando la sua mano su quella che Sara teneva ancora sul suo
braccio- E prima che tu
risponda no, –aggiunse senza aspettare che Sara
rispondesse- lascia che
ti ricordi che sei appena arrivata e il tuo frigo è
desolatamente vuoto”
“Grazie per
avermelo fatto notare! –sorrise divertita
scuotendo la testa - beh,
non vorrei disturbare...” disse impacciata.
"Insisto"
le disse con un bellissimo e dolcissimo sorriso che costrinse Sara
a cedere al suo invito.
"D'accordo
-sorrise divertita- accetto
volentieri anche perché non mi lasci molta
scelta…” aggiunse fingendo che questa
costrizione non le facesse piacere.
I due uscirono da casa di Sara per entrare subito in quella di Michael.
“Fai pure come
se fossi a casa tua” si sentì dire
Sara mentre Michael la faceva entrare in casa prima di lui poggiandole
gentilmente una mano sulla schiena.
Sara fu sorpresa di vedere come anche un ragazzo potesse vivere in un
appartamento in ordine. Tutti i ragazzi che aveva conosciuto tenevano
sempre qualche mutanda sparsa in giro per la casa o buste di patatine
vuote sul divano. Ma non Michael. Lui era diverso, ormai
l’avrebbe dovuto capire.
Lì era tutto perfetto, non una cosa in disordine, i colori
dei mobili si accompagnavano perfettamente a quelli delle pareti, tutti
i suoi CD erano in perfetto ordine sul ripiano di un mobiletto,
così come i DVD nel ripiano più basso.
“Cosa ti posso
offrire?” –le chiese Michael
distogliendola dai suoi pensieri- Coca,
un succo, birra…?”
“Birra? -sorrise
divertita- Michael, non
pensavo fossi il tipo che fà entrare una ragazze in casa sua
per farla ubriacare! -disse divertita, mentre Michael si
affacciò alla porta della cucina per sorriderle
divertito- Una
Coca va benissimo, grazie” aggiunse con
un sorriso, prima che lui prendesse dal frigo quello che lei
gli aveva chiesto.
“Ecco.
–le porse la lattina- che dici
se ti faccio fare un tour della casa?” le chiese
gentilmente. Sara annuì.
“Bene,
seguimi… –le disse facendo di nuovo
uno di quei suoi bellissimi sorrisi che a Sara piacevano sempre di
più- questa
è la cucina, –lui e Sara entrarono
velocemente nella cucina che risultava la più piccola delle
stanze- questo
è il bagno, –guardarono da fuori il
bagno che rispetto alle altre stanze, aveva le pareti e il pavimento
celesti- questa
è quella che ormai è stata ribattezzata
‘la camera degli ospiti’
–indicò l’unica stanza, che Sara
notò, aveva la porta chiusa.
“Forse Michael
non ha spesso degli ospiti in casa”
pensò Sara.
“Questo
è il mio studio, -entrarono in una stanza molto
più seria rispetto alle altre, con una grande scrivania
piena di fogli enormi e degli scaffali pieni di libri che incuriosirono
Sara- e…beh,
questa è la mia stanza…
-indicò un po’ imbarazzato la sua stanza che aveva
un grande letto a due piazze nel mezzo, un tavolo vicino alla finestra
con un portatile sopra e un grande armadio- e da qui si ritorna al
salone” disse Michael concludendo il tour.
“Penso che il
mio appartamento non sarà mai perfetto come il tuo”
disse Sara sorseggiando un po’ della sua Coca.
“Datti un
po’ di tempo, dopotutto sei appena arrivata.
–le fece segno di accomodarsi sul divano- E se ti servisse aiuto di ogni
tipo, basta che bussi alla mia porta” le disse
sorridendole gentilmente.
“Grazie
Michael” rispose Sara annuendo e sorridendo
timidamente. Era una sua sensazione, oppure quello che sentiva era un
senso di protezione? Il solo fatto di sentirgli dire che per lei ci
sarebbe stato, l’aveva fatta sentire protetta, quasi al
sicuro. Era una sensazione quasi sconosciuta per lei, dato che in tutti
questi anni l’unica persona sulla quale avesse mai potuto
contare era stata sé stessa.
“Ti dispiace
se ti lascio sola giusto il tempo di cambiarmi velocemente?”
le chiese quasi controvoglia. Era strano, ma stava bene lì
con lei a parlare del più e del meno. Finalmente aveva
qualcuno della sua età con cui discutere di cose diverse da
nipoti che non chiamano mai, punti croce e mezze stagioni che non
esistono più. Non che le vecchiette del posto non lo
trattassero bene, anzi era come un nipote acquisito per loro, ma con
Sara…non sapeva spiegarselo, e forse una spiegazione logica
non esisteva, ma si sentiva bene con lei…
“Tranquillo,
ti aspetto qui” le disse quasi rassicurandolo
che di lì non si sarebbe mossa.
Michael le sorrise e, dopo aver preso un altro sorso dalla sua lattina,
entrò in camera sua.
“Non mi hai
ancora detto cosa fai per vivere” chiese
improvvisamente Michael mentre era ancora in camera sua a cambiarsi.
“Oh,
-Sara sorrise sorpresa di quanto poco tempo resistettero in silenzio- sono un medico al Chicago
Medical Center”
“Un medico uh?
–disse sorpreso- una
volta sono stato ricoverato lì da bambino”
“Beh, mi
dispiace per te, ma in quel periodo ero bambina pure io, per cui il tuo
tentativo di darmi della vecchia ha fatto cilecca!
–sorrise divertita sentendo Michael che rideva a sua volta da
camera sua- Tu invece
di che ti occupi?” chiese curiosa
“Sono un
ingegnere edile, mi occupo di curare nei minimi dettagli le planimetrie
degli edifici”
“Ecco
cos’erano tutti quei fogli giganteschi nel tuo
studio” disse mentre si alzava dal divano
perché incuriosita da delle foto che Michael aveva su un
mobile.
“Già,
mi hanno appena affidato un nuovo incarico…
-disse uscendo da camera e raggiungendola in salone mentre, con addosso
dei jeans scoloriti e delle Converse nere ai piedi, finiva di infilarsi
una polo nera su una felpa bianca a maniche lunghe- quella è mia
madre” aggiunse notando la foto che Sara aveva
preso in mano
“Era davvero
bellissima” disse Sara con un leggero tono di
tristezza nella voce, mentre rimetteva la foto al suo posto.
“Beh, con un
figlio come me pensavo che questo dubbio non esistesse
nemmeno…” disse Michael facendo
l’offeso.
“Ah si?
–arrossì per la battuta di Michael- Mi devo ricordare di dire in
giro che il tuo pregio migliore è la modestia”
aggiunse ridendo seguita da Michael.
“Questi invece
sono mio fratello Lincoln, sua moglie Veronica e loro figlio
LJ” indicò un’altra foto.
“Sembrano
proprio una bella famiglia” disse, mentre
finalmente distoglieva per un momento lo sguardo dalle foto e lo posava
su Michael. Non riusciva a credere che una persona potesse risultare
così bella con solo dei vecchi jeans scoloriti ed una
normalissima maglietta addosso.
“Già,
sono contento per entrambi. –sorrise- Voglio dire, sono perfetti
l’uno per l’altro e non ti nascondo che qualche
volta li invidio… –aggiunse con un
tono di amarezza nella voce- si
conoscono da quando erano bambini ed è stata solo questione
di tempo prima che capissero che insieme erano perfetti. Invece per me
trovare qualcuno con cui stare bene si è rivelata
un’impresa impossibile” disse un
po’ triste. “Per
lo meno finora…” avrebbe voluto
aggiungere, ma si trattenne per non sembrare una di quelle persone che
solo dopo aver parlato cinque minuti con una ragazza già
pensano sarà quella giusta. Lui non era un tipo del
genere…ma allora perché si sentiva
così…strano? Forse era un effetto del profumo di
albicocca che sentiva sui capelli di Sara? O forse era il buon profumo
della sua pelle? Scosse la testa quasi divertito da tutti quei
particolari che, di sicuro, una persona normale non avrebbe notato.
“Ti capisco,
-Sara si girò per guardarlo negli occhi- ma sono convinta che, prima o
poi, tutti sono destinati a trovare la persona giusta”
disse forse più convincendo sé stessa.
“Sai, sono
sicuro che a mia madre saresti piaciuta,
–sorrise divertito scuotendo leggermente la testa- adorava le persone che non si
danno per vinte. A me e a mio fratello ripeteva sempre di avere
fede” disse malinconico riguardando per un
istante la foto della madre.
I due rimasero un po’ in silenzio. Era la prima volta da
quando si erano incontrati.
“Così
anche voi ingegneri avete il permesso di andare a lavoro vestiti in
modo normale e non sempre con quegli elegantissimi abiti?”
chiese Sara rompendo il silenzio che si era creato.
“No,
-sorrise Michael divertito da quella strana domanda che nessuno gli
aveva mai fatto- per
oggi col lavoro ho finito, a dire il vero ho promesso a Lincoln e
Veronica che sarei andato a pranzo da loro.”
“Oh, e io ti
sto facendo fare tardi, vero? –disse veramente
dispiaciuta- Mi
dispiace così tanto!” disse andando
verso il divano dove aveva appoggiato la sua borsetta.
“No, no
tranquilla! –la rassicurò- sono in largo anticipo”
disse guardando l’orologio. In realtà sarebbe
dovuto essere lì già da dieci minuti, ma non gli
importava. “Lincoln
capirà” pensò.
“Beh, grazie
di tutto…le scatole, la Coca, il giro turistico”
gli disse sorridendo.
“Figurati,
grazie a te per la compagnia! –le sorrise e si
prese un po’ di tempo prima di andare avanti- Senti… non
è che ti va di venire? –le chiese
quasi maledicendosi per questo slancio di confidenza che, ne era
sicuro, l’avrebbe messa in imbarazzo- Dopotutto non penso abbia niente
di pronto per pranzo…” aggiunse
evitando di guardarla negli occhi mentre cercava le chiavi della
macchina e stando attento a farle pensare che l’aveva
invitata a pranzo perché altrimenti sarebbe stata a digiuno
e non perché moriva dalla voglia di stare ancora un
po’ con lei.
“Grazie, ma
non c'è bisogno che ti preoccupi,
–sorrise dolcemente colpita da quell’invito che, di
certo, non si aspettava- sono
già d’accordo con un’amica per mangiare
in un locale” gli disse porgendogli le chiavi
che Michael stava cercando disperatamente.
“Grazie
–sorrise piacevolmente sorpreso per questo gesto che faceva
sembrare che i due si conoscessero da tanto tempo- però non puoi
lasciarmi con la coscienza sporca, -entrambi uscirono da
casa di Michael- permettimi
di offrirti almeno la cena e, ancora una volta, uso la scusa del frigo
che è desolatamente vuoto” le disse
mettendosi di fronte dopo averla raggiunta di fronte alla staccionata
che divideva i giardinetti delle loro case.
“Muoio dalla
voglia di mangiare della pizza” gli disse senza
pensarci su.
“Perfetto,
-sorrise- e questa
volta hai accettato subito!” aggiunse
compiaciuto.
“Beh, hai
delle motivazioni inattaccabili…”
disse Sara divertita
“E’
il vantaggio di avere un avvocato come cognata…
–sorrise- quindi
pizza e film a casa mia, diciamo, verso le nove?”
le chiese mentre le porgeva la mano per salutarla.
“Perfetto,
però il film lo porto io!” disse
prontamente Sara stringendo la mano di Michael.
“Suona come
una minaccia… -disse scherzando- ma correrò il
rischio” aggiunse quasi malizioso.
Quell’ultimo sguardo malizioso non era sfuggito a Sara, che
seguiva con lo sguardo Michael mentre si dirigeva verso la sua macchina.
“Grazie per
non aver fatto nessun commento su mio padre” gli
disse poco prima che lui aprisse la portiera della macchina.
“Non
è mia abitudine giudicare le persone da quello che i loro
genitori fanno o non fanno…” le
rispose accennando un sorriso poco prima di salire in macchina.
Poco prima di partire rivolse un ultimo sguardo a Sara e la
salutò nuovamente con un cenno della mano e poi
partì.
Sara si ritrovò a seguire, con lo sguardo, la macchina di
Michael finché questa non svoltò
l’angolo.
Scosse la testa divertita mentre si copriva gli occhi con entrambi le
mani.
“Intelligente,
gentile, educato e…stupendo! Direi che trasferirsi qui
potrebbe rivelarsi molto più interessante di quanto
pensassi…” si disse mentre rientrava
in casa, seguita da quella sensazione che, aveva già provato
ma mai in quel modo esagerato, di avere mille farfalle nello stomaco al
solo pensiero di poterlo rivedere.
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