Libertango

di Sundy
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Ogni volta che si stende l’ombretto sulle palpebre, Noelle si ricorda di quando, da giovane, voleva fare la cantante. Era sempre stata bella, aggraziata, emozionante, con gli occhi luminosi, un’ ombra di fatalità che la rendeva magnetica, impercettibilmente meno che irresistibile. Le mancava solo la voce. E quando dischiude le sue labbra ostentatamente rosse sulla voce di un’altra donna, una qualsiasi, che esce dalla radio della sua camera solitaria, Noelle ferma il pennello sulle palpebre scure e continua a canticchiare, con un’amarezza appena appena disillusa, il valore profetico di quel primo provino fallito di cui tutta la sua vita, da allora in poi, non è che una conseguenza.

Eppure, la sorprende sempre la consistenza di quelle sue palpebre truccate da attricetta di avanspettacolo, che ci ha provato in tutti i modi ma si è rassegnata al fatto che il suo destino è quello di cantare in playback, qualunque altra cosa stia facendo, per tutta la vita.

Anche per arrendersi così ci vuole un certo, inconfondibile stile.




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