Cuddling the
Boss
C'era qualcosa di magico
nella neve. Lo
pensava da quando era piccola e, negli anni, questa convinzione non
era cambiata. Nonostante ora la neve significasse per lei soprattutto
ambulatori affollati da nasi colanti e distorsioni; non poteva non
sorridere, mentre camminava attraverso il parcheggio, verso la porta
dell'ospedale. Il suo ospedale.
Non si era neppure coperta
molto, in
effetti, per sentire il freddo accarezzarla.
E poi aveva un meeting con
un grosso
finanziatore, quel pomeriggio e sapeva per esperienza che due gambe
appena velate, spesso, funzionano più di qualsiasi lucido
illustrativo.
I fiocchi disegnavano
piccoli ricami
subito sciolti sul suo soprabito rosso e contrastavano piacevolmente
con i suoi capelli scuri. Non che ci fosse alcun bisogno di farglielo
sapere, si disse lui, appoggiato alla portiera della sua auto, mentre
l' aspettava. Non avrebbe perso per nessun motivo al mondo
l'opportunità di stuzzicarla, doveva cominciare bene la
giornata.
Quando fu quasi giunta alla
sua
altezza, esitò solo per un momento, perché lei
stava
sorridendo e molto, anche. Probabilmente il sorriso più
ampio
che le avesse mai visto, una di quelle cose che gli ricordava con
precisione come fosse arrivato a chiamarla “raggio di
sole”.
Sorriso che si chiuse all'istante, quando lo notò.
Lisa si ricompose.
Lui increspò le
labbra in una
smorfia scettica: “Guarda che se te ne vai in giro a gennaio
senza
ombrello e quella gonna indecentemente corta ti prenderai qualcosa.
Non che io ti preferisca vestita da madre badessa, ma non mi va di
trovarti fuori dalla porta del mio ambulatorio...”
“Come se tu lo
facessi davvero, il
turno in ambulatorio... sai, una volta un dottore mi aveva parlato di
influenza, o qualcosa di simile, ma era così antipatico che
ho
preferito non ascoltarlo.”
House non
replicò, mentre le
loro strade si dividevano davanti alla porta del suo ufficio.
Lisa appese il cappotto
bagnato accanto
al calorifero, ed uscì di nuovo a prendere un
caffè
scuro.
Per un momento si vide
riflessa nella
grande vetrata di fronte, con le guance colorate dal freddo e gli
occhi brillanti, e si rifiutò di credere che House che si
preoccupava per lei tentando di non darlo a vedere, ne fosse la
causa.
Il caffè
sembrava non averle
dato la carica, quella mattina. Aveva sistemato i documenti per il
pomeriggio, aveva controllato le ultime richieste di esame, ed ora
sarebbe toccate al consueto giro di controllo per l'ospedale. Ma non
le andava di alzarsi, si sentiva stanca, e la testa le pulsava
debolmente.
Si passò una
mano sulla fronte,
cercando di ignorare i brividi che le correvano lungo il corpo.
Non poteva avere ragione
lui,
dopotutto.
Non poteva, giusto?
Frugò nel terzo
cassetto della
scrivania, cercando un termometro. Si concesse il lusso di chiudere
gli occhi ed appoggiarsi allo schienale della sedia, mentre attendeva
paziente che la colonnina di mercurio si fermasse.
La tacchetta che segnava il
99.5 F (*
equivalente a 37.5 C) della sua temperatura corporea si
meritò
un'occhiataccia.
Ma, tutto sommato, non era
così
grave. Sarebbe passato da solo nel corso della mattinata stando al
caldo, senza dubbio.
Tentò di
riprendere il lavoro,
ma sapeva già che non sarebbe riuscita a concentrarsi molto.
Aveva intuito una sagoma famigliare avvicinarsi alla porta del suo
studio.
Che, regolarmente, si
spalancò,
lasciando entrare i suoi passi irregolari. Lisa non alzò gli
occhi dai documenti sulla scrivania.
“Sei in ritardo.
A quest'ora avresti
dovuto venire a controllare se stavo visitando i signori Naso Colante
in qualche ambulatorio dimenticato da Dio.”
“Mi sembrava
superfluo, dato che, se
sei qui a scocciare me, è evidente che non stai facendo
quello
che dovresti.”
La voce risultò
un po'
arrochita, nonostante avesse cercato di metterci tutta l'energia che
aveva.
“Ah, ma scocciare
te è
esattamente
quello che io
devo fare. E' terapeutico, secondo il mio analista. E chi sono io per
confutare gli ordini della scienza?”
Lei
preferì
un dignitoso silenzio, così gli diede il tempo di
avvicinarsi
di qualche passo e sedersi sulla poltroncina che fronteggiava la sua.
“Non
stai bene.”
“E
tu non stai
lavorando. Non ho assolutamente nulla, House.” Non poteva
dargliela
vinta di nuovo...
“Vediamo:
occhi
lucidi, guance rosse, respiro affannoso... O hai la febbre o io ti
eccito.”
Suo
malgrado spostò
la sua attenzione verso di lui, tanto per riservargli uno sguardo al
vetriolo.
“Stai
tremando.”
“Sto
bene.”
“E
allora
dimostramelo! Provati la febbre.”
L'omino
sadico
nella sua testa si fregò le mani. Fregata,
fregata...
“House...”
“Cos'è,
non dirmi che hai paura di un innocente termometro! Guarda che non
parlavo di misurazione rettale!”
“Ho
solo preso un
po' di freddo. Ora mi copro, prendo del paracetamolo e poi
passerà
tutto.”
“Essenzialmente
sono d'accordo con te. Due soli punti non mi vedono favorevole.
Innanzi tutto, con cosa diavolo credi di coprirti? Hai una pigiama di
pile in quella borsetta da Mary Poppins? E poi, dopo aver preso il
paracetamolo, ti sdraierai nel tuo letto. A casa tua. E domani sarai
sufficientemente
in forma per
lamentarti di quanto le cose vadano male in quest'ospedale quando tu
non ci sei per mezza giornata.”
“Non
posso. Oggi
pomeriggio ho un incontro con un multimilardario il cui padre
è
stato curato in quest'ospedale e che ha intenzione di donarci
abbastanza fondi da pagare gli avvocati necessari a difenderci nelle
cause intentate contro di te.”
“Oh,
adesso non
cercare di instillarmi un malsano senso di colpa facendomi credere
che lo fai per me...”
“Non
preoccuparti, so che il gene del senso di colpa ti si è
atrofizzato molti anni fa.”
“Va'
a casa,
Cuddy. Le tue battute peggiorano, quando stai male...”
Lisa
scosse la
testa, ostinata, e tentò di riprendere a a lavorare. House
fece un sospiro di ostentata esasperazione, si alzò ed
uscì
dal suo ufficio, ma solo per farvi capolino cinque minuti
più
tardi, con un flaconcino azzurro, una bottiglia d'acqua ed un
termometro.
“No.”
fece lei,
senza nemmeno alzare gli occhi dal computer.
“Ed
invece sì.”
“Sono
ancora io
il capo, qui dentro, o no?!”
Lui
contorse la
faccia in una smorfia comica.
“Come?!
Il capo è
una donna?! Oddio!”
Vedendo
che lei non
reagiva alle sue provocazioni, le si piazzò di fronte.
“Se
un paziente
si rifiutasse di essere visitato, tu cosa faresti?”
“Io
non sono tua
paziente, chiaro?”
Hose
fece finta di
pensarci.
“Mmh...
No.” E
si sporse oltre il su braccio, spense il monitor del pc e le mise in
mano il termometro.
“Su.”
Controvoglia,
Lisa
misurò la febbre, attendendo nel più completo
silenzio
che passassero i tre minuti.
Quando
lesse 102.2
F (*¹39
C), si
spaventò un poco. Non credeva fosse salita così
tanto.
House
si fece
passare il termometro, e le piazzò davanti le pastiglie con
un
bicchiere pieno d'acqua. “Prendine due, mettiti qualcosa di
caldo e
sdraiati.”
Di
nuovo,
stranamente docile, Lisa mandò giù la medicina.
“Non
ho nulla da
mettermi, però.”
“Santo
cielo, te
ne vai in giro con una borsa che potrebbe contenere un elefante e non
hai un paio di pantaloni di scorta?! E va bene” Concesse, in
tono
rassegnato: “Puoi mettere i miei jeans.”
“E
tu cosa fai,
metti la mia gonna? Oppure preferisci uscire dal mio ufficio in
mutande? Secondo me girano già abbastanza storie strane su
di
noi...”
“Ti
assicuro che
sono lieto di averne messo in giro la maggior parte. Ma non
preoccuparti, ho un paio di pantaloni più comodi per quando
fa
così freddo e la gamba fa male.”
“Non
voglio andare in giro con i tuoi jeans addosso...” Protestò
debolmente.
“Non
essere
ridicola. Non saresti comunque in grado di andare da nessuna
parte.”
Lisa
mormorò
una protesta, ma era davvero troppo debole per rifiutare qualsiasi
cosa. Confusamente, vide House uscire dalla stanza e farvi ritorno
dopo quelle che potevano essere anche ore, con indosso i pantaloni di
una tuta ed in mano quelli che indossava poco prima.
Glieli
prese, senza
alzarsi dalla sedia. “Adesso esci, così mi
cambio.”
“No,
voglio
restare a sorreggerti nel caso ti sentissi troppo male!”
Professò
lui, solenne “E poi, cosa vedrei che non ho già
visto?”
L'occhiataccia
che
seguì risultò meno efficace di quanto avesse
voluto.
“Esci
di qui.”
Lui
sorrise,
serafico: “Costringimi.”
Se solo il mondo non si fosse messo a girare a quella
velocità
l'avrebbe senz'altro fatto, ma così riuscì solo a
farlo
voltare, mentre sfilava la gonna e le autoreggenti e metteva i jeans.
Le stavano tremendamente larghi, aveva l'impressione che con un
movimento troppo brusco sarebbero caduti rovinosamente. Per fortuna
riusciva a mala pena a stare in piedi.
House non commentò, mentre le passava un braccio attorno
alle
spalle, e l'aiutava a sdraiarsi sul divanetto dell'ufficio. Si
sarebbe stupita della mancanza di battutine da parte sua, se ne
avesse avuto la forza, ma così si limitò a
sistemarsi
rabbrividendo, e chiuse gli occhi, mentre lui usciva di nuovo dalla
stanza senza una parola. Sperava che non la lasciasse lì.
Era
un pensiero sciocco, lo sapeva, lui doveva tornare a lavorare, ma, in
un modo contorto, lo voleva vicino. Si stava assopendo, quando
sentì
qualcosa di morbido posarsi su di lei. Una coperta.
“Perché stai facendo questo?” Le parole
uscirono con
fatica sorprendente.
Greg le parve a disagio, ma il tono della sua voce rimase arrogante.
“Perché tu sei malata, ed io sono un dottore. Ed
è
questo che fanno, i dottori, sai? Curano i malati.”
Abbozzò un sorriso, anche se lei non poteva vederlo:
“E' il
mio dovere.”
Lei non riuscì nemmeno a rispondergli per le rime,
perché
il sonno stava prendendo il sopravvento ed era molto bello,
nonostante tutto, sentire la sua voce che si dissolveva, mentre, per
un folle attimo, aveva l'impressione che lui le stesse rimboccando la
coperta.
Greg non era sicuro di quello che stava facendo. Si rendeva conto
che, ad un osservatore casuale, avrebbe potuto apparire un bel gesto,
una cosa persino romantica.
In realtà, ovviamente, si trovava lì
perché era
un posto caldo e tranquillo, e poteva fare quello che gli pareva. E
non aveva pranzato con Wilson perché aveva già
controllato il suo pranzo, e sembrava perfino meno allettante dei
pasti della mensa. E poi, sai che soddisfazione poter dire di essere
stato nell'ufficio del capo a fare di tutto mentre lei dormiva... Non
che stesse facendo molto, in effetti. Se ne stava solo seduto, di
fronte a lei, a guardare il suo profilo che si alzava e abbassava
lentamente al ritmo regolare del respiro. E non era una cosa tanto
comune, per lui. Soprattutto se pensava a cosa gli sarebbe piaciuto
farle su quel divano...
Anche con i suoi jeans di almeno tre taglie più grandi, che
la
infagottavano completamente, nascondendo tutto quello che veniva
accuratamente mostrato dalle suo solite gonnelline insignificanti,
che, per inciso, adorava. Non si ricordava di preciso cosa fosse, la
tenerezza, ma se fosse stato appena più stupido, avrebbe
giurato che fosse quel qualcosa che l'aveva invaso mentre l'aiutava a
sistemarsi. Mentre la guardava, così insospettabilmente
fragile, al di là di tutto.
Oh, insomma. Qualsiasi cosa stesse facendo, un fatto era certo: non
stava aspettando che si svegliasse per vedere come stava. Non voleva
proprio sentirla strepitare che era in ritardo per qualsiasi dannata
cosa dovesse fare. In effetti, non ci sarebbe stata nessun'altra
ragione plausibile, se non quella di lasciarla dormire,
perché
lui appoggiasse le sue labbra sulla sua fronte, per provare la
febbre.
Gli restavano solo le ragioni non-plausibili, ma quelle era meglio
riservarle alle notti in cui non riusciva a dormire.
Lisa era fresca, e il profumo dei suoi capelli gli invase le narici,
suo malgrado. E poi il cervello, e tutto il resto. Lo lasciò
fare, per un attimo, glielo lasciava sempre fare,
prima di
riprendere il controllo. Poi, beh, c'era la consistenza della sua
pelle sotto le sue labbra. House sorrise, e fu un sorriso vero,
perché non ricordava nessuna sensazione più bella
di
quella, ma riuscì comunque a staccarsi prima che il tutto
iniziasse ad assomigliare ad un bacio vero.
Lisa si mosse, e gli
angoli delle
labbra le si piegarono all'insu.
Non si concesse di indugiare ancora, e scivolò fuori dalla
stanza, mentre lei si svegliava.
La testa non pulsava più così crudelmente, ma si
sentiva un po' intontita. Le tapparelle erano socchiuse, e una luce
azzurra illuminava la coperta che la copriva. La coperta. Lisa chiuse
gli occhi, e cercò di ricostruire con precisione cosa fosse
successo, e cosa, invece, fosse frutto della sua immaginazione.
Con ordine. Si era sentita male, e House l'aveva costretta a prendere
dell'aspirina e a sdraiarsi. E poi? Blackout-out. Si era certamente
addormentata, ma quanto aveva dormito? Oddio, la riunione!
Lisa scattò in piedi, oscillando a causa della testa ancora
un
po' offuscata, e tentò di svegliarsi del tutto.
L'orologio...
ancora un'ora. Grazie al cielo, aveva ancora un'ora per sistemarsi.
Per fortuna era già quasi pronta... un ultimo controllo
trucco
e calze, alla ricerca di eventuali sm...
Jeans.
Indossava dei jeans.
Dei jeans enormi, evidentemente non suoi, e non aveva la più
pallida idea di chi appart...
House!
House... le aveva prestato i suoi jeans. Le aveva messo addosso una
coperta. Ed era stata con lei, mentre dormiva. Ma, probabilmente,
anzi, sicuramente, questo l'aveva solo sognato.
Si cambiò e
piegò i
pantaloni sulla spalliera della sedia, lisciandoli con un sorriso.
Il
telefono
squillò, facendola trasalire.
“Pronto?
Ah,
salve... Sì, certo, tra un'ora... Come? Mi spiace veramente
molto! No, certo che non sono troppo impegnata, se desidera possiamo
fissare un appuntamento per settimana prossima... Sempre che il clima
ci arrida! D'accordo, arrivederla.”
Riattaccò,
e
si lasciò scappare un sospiro di sollievo. Certo, se avesse
saputo prima che l'aereo del finanziatore sarebbe stato cancellato
per maltempo, se ne sarebbe andata a casa, a godersi un'immeritata
influenza, ma era comunque sollevata al pensiero di poterlo fare ora.
Se se ne fosse andata prima, dopotutto, non avrebbe avuto l'occasione
di vedere House comportarsi in quel modo.
Non si
permise di
arrossire, mentre riprendeva in mano i pantaloni e accarezzava la
stoffa ruvida, che però l'aveva scaldata e protetta, a modo
suo.
House
aveva un modo
brusco e impacciato di prendersi cura degli altri, lo sapeva da
sempre, per questo i suoi rari gesti gentili erano tanto più
preziosi...
Negli
anni aveva
saputo raccoglierli e custodirli in un angolino di sé che, a
poco a poco, aveva iniziato ad occupare sempre maggiore spazio. Fino
al punto di non poterlo più mandare via dalla sua mente,
perché era sempre con lei, mentre lavorava, a casa, persino
mentre sognava.
Non era
facile
essere innamorata di lui, ma non poteva farci niente, sebbene in
passato ci avesse provato e con molta convinzione, anche. Era
una cosa con la quale aveva imparato a convivere, e adesso faceva
parte di lei. Non era certa che lui lo sapesse, lei di certo non
gliel'aveva mai detto, ed era ancora meno sicura di cosa provasse
lui, per questo preferiva far finta di niente: era molto più
pratico per tutti. Le faceva paura leggere le implicazioni dei suoi
gesti, quindi era meglio uscire dall'ospedale senza dir niente a
nessuno, tornarsene a casa e dormirci sopra.
La
mattina seguente
non nevicava più, ma il mondo era coperto da una coltre
bianca
e soffice, oltre la finestra alle sue spalle.
Lisa
odiava farlo, ma non riusciva proprio a concentrarsi, così
faceva solo finta di lavorare, mentre aspettava e
una sottile inquietudine si sistemava all'altezza del suo stomaco.
E il
rumore di
passi irregolari non si fece attendere, mentre la porta veniva
spalancata senza tante cerimonie.
“Allora,
come sta
la mia paziente preferita?” Nonostante la gentilezza delle
parole,
il tono metteva bene in chiaro che si trattava di una frase ironica.
“Mi
sembrava di
averti già detto che io non sono una tua paziente.”
“No,
è
vero, ma resti la mia preferita.” Asserì, mentre
le si
sedeva di fronte. “Comunque, mi sembra che il livello della
tua
acidità sia tornato a livelli ottimali, quindi direi che
stai
bene.”
“Ottima
diagnosi,
House, ora mi ricordo perché ti pago tanto.”
“Ah,
ma come
siamo simpatiche questa mattina, Cuddles! Ed io che sono stato anche
così gentile e mi sono preoccupato per te...”
Se lo
fece
sfuggire, e pregò che lei fosse abbastanza sensibile, o
spaventata, a scelta, da non chiedergli il perché l'avesse
fatto, dato che non ne aveva la più pallida idea nemmeno
lui.
O, se ce l'aveva, avrebbe preferito non avercela. Ed infatti lei
incassò meravigliosamente lo stupore, e seppe far finta di
nulla.
“Hai
ragione...”
Ammise infine, con un piccolo sorriso. “Ecco, questi sono
tuoi,
puliti e stirati.” Greg prese il sacchetto che gli porgeva, e
che
conteneva i suoi jeans lindi e piegati.
“Avrei
preferito
le tue autoreggenti in allegato, ma comunque...”
Lisa
trasalì:
“House! Mi hai spiato mentre mi spogliavo! Ed io che mi sono
fidata
di te... mi hai presa in giro...”
Gregory,
esasperato, le tappò la bocca con una mano: “Stavo
scherzando, capo. Non potrei mai approfittare di te...” Fece,
fintamente innocente.
“E
comunque,
questo è per te.”
Fece
cadere un
pacchetto, che Lisa prima non aveva notato, sulla scrivania e
guardò
altrove, cercando di non apparire a disagio.
Lei lo
guardò,
attonita: “Mi hai fatto... un regalo?”
“Se
con 'regalo'
intendi dire che sono andato a comprare una cosa senza metterla a
carico delle spese dell'ospedale, l'ho messa in un sacchetto e la do
a te, sì.”
Il suo
tono era
ancora più brusco, ed ora era palesemente imbarazzato.
“Guarda
che il sacchetto contiene anche qualche cosa, dovresti aprirlo, non
fissarlo imbambolata...”
Il
sorriso di Lisa
fu ampio e incredibilmente luminoso, mentre scioglieva la chiusura ed
estraeva della stoffa ruvida e azzurra...
E poi
scoppiò
a ridere, mentre spiegava i jeans e li voltava. House si
sentì
fastidiosamente sollevato nel constatare che le piacevano, come se
davvero gliene importasse qualcosa.
Lisa
passò
le mani sui vistosi strappi nella stoffa, proprio sotto le natiche e
sulle lettere che disegnavano la scritta: “BETTER ASS IN THE
WORLD”
e puntavano proprio lì, e scoppiò a ridere di
nuovo,
mentre lui la ascoltava con uno strano senso di piacere.
Lo
guardò
dritto negli occhi e lui seppe davvero perché lei sarebbe
sempre rimasta un Raggio di Sole: per quel sorriso, mentre lo
ringraziava.
“Grazie,
House.
Prendo la scritta come un complimento.”
“Lo
è.”
“Lo
so.”
E poi
era
decisamente ora di alzarsi e di andarsene, perché,
altrimenti,
lei lo avrebbe incantato del tutto e non lo voleva proprio. Anche se
una parte di lui, perfino più insopportabile delle altre,
che,
grazie al cielo, di solito riusciva a tenere a bada, gli diceva di
fermarsi ancora e di dirle altre parole inutili, Greg sapeva di non
averne bisogno, perché lei lo avrebbe capito comunque.
Era
così da
sempre.
“Allora
Cuddy”
Fece, schiarendosi la voce ed alzandosi faticosamente “Conto
che li
indosserai per uno spettacolino privato, magari a casa mia questa
sera, diciamo per le 21?”
Lisa
inclinò
leggermente la testa di lato, sempre sorridendo: “O magari il
giorno in cui tu farai tutte le tue ore di ambulatorio con un camicie
addosso.”
“Crudele.”
“Va'
a lavorare!”
Era
già
sulla soglia, quando lo richiamò: “Di nuovo,
grazie. Di
tutto.”
Anche
lui le
sorrise, infine, con un espressione che raramente compariva sul suo
viso.
“Anche
tu
l'avresti fatto, per me.” Ed era una delle sue poche certezze.
House
aprì
la porta ed uscì, ma, nel voltarsi per chiuderla, le rivolse
un'ultima occhiata, piena di quello che avrebbe davvero potuto
sembrarle... Ma House era House, quindi non era possibile. Ed infatti
il momento svanì, improvviso com'era venuto e lui
urlò,
mentre si allontanava lungo il corridoio: “Non vedo l'ora di
giocare di nuovo al dottore con te, Cuddy!”
E Lisa
scoppiò
a ridere ancora, felice.
Dall'autrice:
Storia partecipante (e miracolosamente terza, dopo Vally e Gio, il che per me equivale ad un risultato a cui non avrei mai osato aspirare!) al concorso "La Cuddy in
jeans" indetto dalla mia twin Mithril, sul forum "We ship House-Cuddy".
(http://huddy.forumfree.net). E' stata buttata giù di corsa,
(sì, per me tre mesi sono comunque pochi. T__T Lentezza cronica!) è
stata corretta troppo poco, e qui, tanto per cambiare, mi rimetto al
vostro buon cuore nella segnalazione degli errori... Ma mi ha divertito
tantissimo scriverla, è stato liberatorio, soprattutto in
zona esami.
Special
thanks to: Mith, innanzi tutto, per il concorso. Le Huddies che mi
hanno votata. :P Tutto l'adorato forummino in generale. Chi commentò le mie ultime su questi due. Grazie, ragazze!
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