Londra,23/12/2012
ore 00:15
Quando
il freddo è tutto ciò che senti e non hai nessun
motivo che ti convinca a continuare. Quando senti di aver perso
tutto,di aver
fallito,quando senti di essere tu stesso un fallimento totale. Allora
non
importa cosa ti dicano gli altri. Tanto,cosa ti diranno gli altri di
nuovo? Ti
diranno che non devi arrenderti,che la vita è piena di
difficoltà. La vita
stessa è una difficoltà e il nostro compito
è quello di “abbatterla” . Tutte
cosa già sentite. Sai,mi dispiace. Mi dispiace davvero.
O,ancora peggio: “Non
so che dirti”.
E allora non dite un
cazzo e tacete. Non parlate per una buona volta,state zitti. Non voglio
sentire
nulla,nessun rumore,nessun suono,nessuna voce,nulla. Non dovete per
forza dare
aria alla bocca. E non mi servono le vostre pacche sulle spalle.
L’uomo
dai capelli rossi premette ancora di più il cappello
sulle orecchie,coprendosi naso e bocca con la sciarpa di lana. La bella
sciarpa
nera che sua moglie gli aveva regalato l’anno precedente a
Natale. Continuò a
camminare a testa china fra le strade ghiacciate di Londra. Si sentiva
ancora
più abbattuto,in quanto sapeva che quel Natale lo avrebbe
passato da solo.
Aveva declinato l’invito dei suoi genitori e dei suoi
fratelli: non gli andava
di portare la sua depressione e nostalgia all’interno di
famiglie ancora
felici. Non avrebbe potuto sopportare le occhiate piene di compassione
del
padre,i discorsi di incoraggiamento della madre. Senza contare le frasi
fatte
che certamente avrebbero tirato fuori i parenti. Malgrado lo
scoraggiamento che
sentiva addosso,sorrise al pensiero dello zio Alfred che,ubriaco come
al solito
e con le guance simili a due pomodori, gli diceva con quella sua voce
roca: “Dam,brutto ragazzaccio! Ormai
hai sventolato
la bandiera. Dovevi pensarci prima di cacciarla fuori. Non ti
struggere: bevi
un po’ di questa roba”.
Zio
Alfred e le sue metafore. Damian riuscì a fare un
sorrisetto. Forse una delle cose più tristi
sarebbe stata perdersi
lo show dello zio sbronzo,quel Natale. Il vento si fece più
forte e lo costrinse ad
affossare la testa ancora di più nella sciarpa.
Affondò le mani coperte dai
caldi guanti nelle tasche. Le strade erano semi-deserte. I marciapiedi
erano
completamente bianchi,coperti da questa neve più compatta e
scivolosa del solito.
Le uniche vetrine illuminate erano quelle dei bar e dei ristoranti; le
altre
erano state agghindate apposta per la festa natalizia,e ti salutavano
allegre
con i loro “Merry Christmas” a intervalli regolari
di due secondi. Qualche
negoziante più ardito aveva azzardato anche una fantasia di
renne,Santa Claus e
agrifogli. Gli ottimisti già avevano esposto "Happy New
Year!"
Ma
a Damian tutto questo non faceva effetto. Forse l’anno
prima avrebbe potuto rallegrarsi di più alla vista di quelle
vetrine
colorate,magari perché accompagnato dalle voci squillanti
dei suoi figli.
Un anno prima.
“Guarda
papà! L’elicottero telecomandato! Se mi comporto
bene Babbo Natale me lo porterà,non è
vero?”
“Anch’io sono un bravo bambino! Sono
più bravo di Gulliver”
“No,non è vero!”
piagnucolò il suddetto.
Erano al parco e stavano facendo un pupazzo di neve. Gulliver aveva
visto uno
splendido modellino telecomandato di un elicottero nero volare qualche
metro
sopra le loro teste. Manon stava cercando dei rametti per fare le
braccia al
pupazzo,e aveva cominciato a punzecchiare il fratello più
piccolo: “Babbo
Natale lo porterà a me l’elicottero. Tu piangi
sempre come una
femminuccia,perciò ti porterà una
bambola” Gulliver gli lanciò
un’occhiataccia
di traverso,il labbro inferiore già pronto a tremare:
“Smettila!”
“Femminuccia!” “Stupido!”
“Tu sei un pappamolle!”
“E tu sei un cretino!”
“Zitto,femminuccia!”
“PAPàààààààààààààààààààààààààààààààààààààààààààààààà!”
Damian
ed Helen erano seduti su una panchina poco distante
dalle due pesti,quando sentirono Gulliver. Sospirò :
“Ci risiamo…”
Helen
ridacchiò: “Stavolta tocca a te,ti han chiamato
loro”
“Mi
chiedo quando impareranno ad andare d’accordo. Santo
cielo,si passano solo un anno di differenza,non cinque o
dieci.”
“Sono
bambini,e sono fratelli. Quanto si amano,tanto si
odiano. A volte” aggiunse guardando la faccia poco convinta
del marito. Sentì
il suo cuore battere più velocemente: succedeva sempre,con
Damian. D’istinto lo
baciò teneramente sulle labbra. Lui rimase sorpreso,ma
ricambiò il
bacio,contento. Poi la osservò con fare malizioso:
“Ehi,dolcezza. Ti ho già
vista da qualche parte?”. Helen fece una smorfia divertita:
“Spiacente,con me
non attacca. Sono già impegnata”.
Il
rosso stava per ribattere quando
sentì di nuovo la voce acuta di Gulliver strillare:
“PapààààààààààààààààààAAAAAAAAAAAAAAAAAA’!”.
Roteò gli occhi: “Vado,prima che
si strozzino a vicenda.”
23/12/2012
ore 00:30
Il
cuore stretto in una morsa di
tristezza,Damian svoltò l’angolo stando bene
attento a non urtare i pochi
passanti che lo sfioravano. Sotto il solito lampione verde,sedeva una
vecchia
di età indefinibile. Al collo aveva appeso un cartello: LORO
STANNO ARRIVANDO.
Da tre anni ormai,sotto il periodo natalizio,quella vecchia si metteva
lì con
il cartello e aspettava. Non chiedeva l’elemosina,anzi,se
provavi a lasciarle
anche solo un penny te lo lanciava dietro. Semplicemente si metteva
lì,in
attesa. Di cosa,non si sa. Però lei c’era. Che
costanza,pensò Damian.
Attraversò la strada e raggiunse la porta del suo pub di
fiducia, “The Shack”.
Nonostante il nome non promettesse nulla di buono, l’interno
era delizioso.
Tavolini di legno chiaro,luci basse,moquette bordeaux e un vecchio
jukebox
nell’angolo. Lui scendeva sempre al piano di sotto,quello con
il pavimento in
pietra. Era un ambiente più riservato,ideale per chi aveva
un appuntamento. Ma
non aveva nessun appuntamento,e oltre a lui,al barman e una coppietta
di
adolescenti fumati come
pigne,il locale
era vuoto. Si tolse il cappello e la sciarpa,che appoggiò
accanto a sé sul bancone.
Il barman -un sosia di Gary Oldman - lo salutò cordialmente:
“Ehi,Dam. Vecchio
mio,è da un po’ che non vieni a trovare lo zio
Joe. Come stai?”
“Lo
so amico,scusami. Sto da
schifo…”
“Si
vede”
“Grazie”
il rosso fece un minuscolo
sorriso,triste. Gli occhi azzurri erano lucidi,leggermente arrossati.
Il volto
pallido,i capelli scompigliati. Tra le ciocche infuocate cominciavano a
spuntare fili bianchi. Detto tra noi,non è che il divorzio
aiuti l’aspetto
fisico.
“Cosa
ti porto?” chiese
Joe,asciugandosi le mani in uno strofinaccio. Damian alzò le
spalle,sempre con
la faccia da cane bastonato: “Vodka and tonic. Doppio,per
favore”.
“Hai
intenzione di ubriacarti?”
“Forse…”
“Non
è che poi mi vomiti sul
bancone?”. Riuscì a strappare l’ombra di
un sorriso all’amico,che rispose: “Con
lo sporco che c’è sopra,non te ne
accorgeresti”. Joe si finse offeso:
“Ma
cosa dici? Il mio bancone è
pulitissimo. Tieni” gli porse il bicchiere. Poi
lo osservò meglio. Non sembrava un cane
bastonato: sembrava un cane bastonato condotto al martirio.
Cercò di non
lasciarsi sfuggire un sospiro. Dopotutto lui ci era già
passato,e sapeva
perfettamente che il suo amico non si sarebbe fermato a un bicchiere.
Cercando
di distrarsi,gettò un’occhiata al bancone. Forse
aveva davvero bisogno di una
ripulita.
Londra,stessa
data,solo un po’ più
tardi: 00:50.
Qualcuno
avanzava furioso a passo
di marcia nella neve. Una figura alta,slanciata,con un lungo cappotto
rosso e
stivali da pioggia neri. Una ragazza giovane,sui vent’anni.
Non indossava
guanti,né sciarpa. Aveva solo un cappello grigio con i pon
–pon. Lo odiava quel
cappello,ma era la cosa più calda per proteggersi le
orecchie. I capelli erano
tutti raccolti all’interno del curioso
copricapo,il volto leggermente tondo era arrossato dal
vento gelido che
soffiava. Non se ne curava,stringeva gli occhi e avanzava decisa. Stava
camminando da quasi un’ora,ininterrottamente. Non aveva una
meta,sapeva solo
che doveva andare il più lontano possibile dai suoi
genitori. Nel ricordare le
loro parole gli venne quasi da piangere,ma strinse i denti e
continuò ad
avanzare.
Cora
viveva a Londra da quasi un
anno. Si era trasferita insieme al suo
ragazzo,Brian,un’inglese biondo dagli
occhi azzurri che aveva conosciuto durante le vacanze con gli altri
studenti
del Trinity. Lui aveva trent’anni,dieci in più di
lei. Aveva abbandonato
l’università
e suonava il basso in una
band che cominciava ad avere un discreto successo a Londra e dintorni.
Erano ad
una festa insieme ad altri amici,ma quando i loro sguardi si erano
intercettati
avevano avvertito entrambi un brivido lungo la schiena. Avevano
cominciato a
chiacchierare,a scherzare,a flirtare un po’. Un’ora
dopo,nell’appartamento di
Brian, lei era già al terzo orgasmo. Il buffo è
che proprio Cora pensava a
quella relazione solo come a un qualcosa di fisico,non facendo progetti
di vita
insieme o simili. Perciò rimase sorpresa quando il giorno
dopo,al risveglio,lui
le aveva chiesto di andare a vivere insieme. Ma lei non poteva
abbandonare la
Facoltà di Giurisprudenza,le sue amiche,la sua casa. Aveva
già una vita
abbastanza complicata,non poteva aggiungerci anche un ragazzo. Eppure
c’era
qualcosa in Brian che l’aveva convinta ad accettare la
proposta. Così,dopo uno
spaventoso litigio con i suoi genitori, fatte le valige,salutati gli
amici,saliva sull’aereo insieme a quel ragazzo conosciuto
solo due giorni
prima. A Londra si era ambientata lentamente,e lui era stato
così premuroso ad
aiutarla a trovare un impiego: ora lavorava come segretaria
nell’ufficio di un
avvocato,un divorzista. Uno dei più famosi e importanti in
tutta la Gran
Bretagna. Le pagava uno stipendio quasi da fame,ma fortunatamente
c’era Brian a
darle una mano. La convivenza all’inizio era stata
facilissima: lei puliva casa
e stirava,lui cucinava e si occupava di stendere il bucato e dare da
mangiare
ai tre gatti che loro due avevano salvato dalla strada. Erano
felici,non
litigavano mai,uscivano insieme,si divertivano e facevano sempre
l’amore. Un
giorno però,circa tre mesi prima,Cora era tornata a casa e
aveva trovato Brian
che riempiva la sua valigia.
“Stai
partendo?” gli chiese
sbalordita.
Lui
non la guardò neanche:
“Sì,tesoro,scusami se non ti ho avvertita. Io e i
ragazzi siamo stati chiamati
per aprire il concerto di un gruppo rock in
tournée..”
“Quale
gruppo?”
“Non
li conosci” era stata la sua
risposta evasiva.
Si
sentiva abbattuta:”Va bene…ma
quanto starai via?”
Brian
sembrava non vedere l’ora di
partire a giudicare la velocità con cui finì di
preparare la valigia,prese la
giacca e il cappello,scoccò un bacio sulla bocca di Cora e
le disse: “Ci
sentiamo,ok? Ti amo”.
Tutto
questo tre mesi prima.
Com’era ovvio,Brian non si era mai più fatto
vivo,né per telefono né via e-mail. Si
era volatilizzato nel nulla,lasciando la povera ragazza nella peste con
l’affitto e alle prese con quei tre pidocchiosi gatti. Come
se non bastasse,i
suoi genitori avevano avuto la fantastica idea di andarla a trovare per
Natale.
Viste le condizioni in cui versava l’appartamentino,la madre
si era sentita in
dovere di “dare una sistemata”.
E non
perdeva occasione insieme al padre per cercare di convincerla a tornare
in
Italia. Ma lei non ne voleva sapere: era convinta che prima o poi Brian
sarebbe
tornato e tutto si sarebbe aggiustato. Quella sera,mentre stavano
lavando i
piatti,era avvenuta l’ennesima discussione.
“Cora,tesoro,passami
i piatti per
cortesia.”
“Mamma
non era necessario,lo sai
che posso farlo io…”
“Non
dire sciocchezze,cara. Tu non
sei neanche capace di far bollire l’acqua,figuriamoci a
lavare i piatti.”
“…sono
convinta che non serva una
laurea né per l’una,né per
l’altra cosa. Comunque,come vuoi.”
A
quelle parole il padre era
intervenuto: “ A proposito,hai poi ripensato a riprendere gli
studi?”
“No,papà.
Non mi sento ancora
pronta per ricominciare a studiare,e poi,con il mio lavoro,non ne
troverei il
tempo.”
“Ma
quell’avvocato per cui lavori
non avrà bisogno di una segretaria con delle competenze
specifiche?” aveva
insistito il pater familias.
“Ti
prego,stai tranquillo. Per
quello che mi fa fare,è necessaria la terza media.
Fidati”
“Bè,magari
potrebbe decidere di
aver bisogno di una con più esperienza nel settore,e allora
tu che fine
faresti?”
“Il
mio non è un lavoro part-time.
E in più lui è una persona seria,non mi
lascerà a casa da un giorno
all’altro,ok?santo cielo,quanto la fate lunga ogni
volta.”
Il
padre decise di lasciar perdere
e tornò a leggere il Financial Times. La madre di Cora
invece non demordeva:
“Pensala come vuoi,tesoro,io comunque resto
dell’idea che faresti meglio a
tornare a casa. Ti reggi a malapena in piedi,qui.”
“Mamma,per
favore,non ricominciare:
sto benissimo qui. Non ho bisogno di aiuto,e comunque voglio sentirmi
indipendente. E,tranquilla,basta risparmiare un po’ sulle
spese inutili,e vedi
che mi reggo benissimo.”
“Risparmiare
sulle spese inutili?”
ripeté la madre incredula,” Ti reggi benissimo? Ma
guardati,perdio! Se a
malapena ce la fai a sfamarti! Non ti rendi conto di aver toccato il
fondo,che
stai raschiando disperatamente? “. La ragazza non aveva retto
più. Era uscita
senza dire una parola.
...
Svoltò
l’angolo,trovandosi di
fronte una vecchia decrepita con un cartello appeso al collo:LORO
STANNO
ARRIVANDO. Stava per superarla,quando questa
l’afferrò per un braccio e piantò
quei suoi occhi cisposi in quelli di Cora,verdi come smeraldi.
Cercò di
divincolarsi,ma quella la teneva stretta: “Stanno
arrivando,piccola mia” disse
con voce tremula,mostrando le gengive. Un solo dente. “Stanno
arrivando,e
presto verranno a prendermi” continuò.
Cora
riuscì a sfilare il braccio
dalla mano/artiglio della vecchia: “Speriamo che facciano in
fretta ,allora.
Buon Natale” aggiunse prima di riprendere il cammino. Che
gente strana c’è in
giro?si chiese entrando in pub dall’aria accogliente. Dentro
faceva caldo,e non
c’era nessuno,tranne il barista e un’anima persa
seduta al bancone.
Damian
sentì il tintinnio della
porta che veniva aperta e si girò
istintivamente a guardare chi fosse,come per un riflesso naturale.
Sembrava una
ragazza,ma non riusciva a vederla bene in viso,ormai dopo il quinto
bicchiere
non distingueva più neanche il numero delle sue dita.
Tornò a concentrarsi
sulla vodka. Il bicchiere era vuoto. Di nuovo.
“Joe”
disse con voce
impastata,trascinando le consonanti
“verrsammeneunn’alltro,perfavore”.
“Te
lo scordi,Dam” rispose il
barista facendo sparire l’ennesimo bicchiere vuoto,ignorando
le proteste
dell’amico “se vuoi continuare a scaldarti il culo
qui dentro,posso darti solo
acqua. Altrimenti ti mando in strada con la vecchia pazza.”
Damian
fece una smorfia:
“Oh,mastazzitto… non sci può neanche
bere in pace…”
Cora
provò compassione per quel
tizio dai capelli rossi. Magari era appena stato mollato,e voleva
annegare i
dispiaceri nell’alcol. Poi d’improvviso
sentì crescere dentro un sentimento
diverso,simile alla rabbia: se era davvero così,se quel tipo
era stato davvero
mollato e cercava di rimediare così,allora era uno stupido
idiota. Come si può
pensare di dimenticare un amore attaccandosi alla bottiglia? E se la
storia era
finita,peggio per lui. Un motivo c’era sicuramente. Cazzone.
Si sedette su uno
sgabello e lo guardò storto. Il sosia di Gary Oldman si
materializzò davanti a
lei: “Cosa ti porto,dolcezza?”
La
prese alla sprovvista: “Oh,ehm…
vodka,per favore” disse,prima di arrossire per la sua
stupidità: prima
giudicava gli altri e poi si ubriacava come loro? Era proprio una
cretina. Con
la coda dell’occhio vide il rosso alzarsi.
Damian
avvertì una gran voglia di
pisciare. Se non correva subito al cesso se la sarebbe fatta nei
pantaloni. E
solo una volta si era ubriacato così tanto da soddisfare i
suoi bisogni
fisiologici nei pantaloni; ora a quarantuno (quasi quarantadue) anni
suonati non
voleva ripetere l’esperienza. Si alzò barcollando,
tenendosi in equilibrio dal
bancone. Raggiunse i cessi guardando la moquette farsi sempre
più vicina,poi
più lontana…se alzava la testa era sicuro che
avrebbe vomitato l’anima. Era
ubriaco da fare schifo. Gli venne in mente l’immagine di zio
Alfred che dormiva
ruttando alcol. Ecco,ora era diventato come lui. Gli venne da ridere.
Di fronte
alla gloriosa immagine della tazza sospirò di
sollievo,congratulandosi per la
sua resistenza. Impiegò cinque minuti buoni a svuotarsi la
vescica,dopodiché si
riallacciò i pantaloni e si diresse ai lavandini.
Aprì l’acqua gelata,guardando
il suo riflesso sbronzo e con gli occhi lucidi. Che schifo,si disse.
Guardò
l’acqua. Senza pensarci mise la testa sotto il getto
ghiacciato . Non
era una sensazione piacevole,sentire quel gelo colarti giù
per il
collo,bagnarti la camicia,inzupparti i capelli. Ma doveva farlo,per
riprendersi
dalla sbronza,altrimenti avrebbe passato la notte nel pub,a fare
compagnia agli sgabelli.
Quando
tornò in sala,era
decisamente più lucido. Aveva solo un po’ di
nausea e un forte mal di testa,ma
era nuovamente capace di ragionare e gli occhi erano a posto. Ci vedeva
di
nuovo. E si era accorto di essere finito nel bagno delle donne,che per
fortuna
era vuoto. Dopo
mezz’ora passata ad
asciugarsi alla meno peggio,era uscito. Mentre avanzava verso il suo
sgabello,si accorse di una figura seduta poco distante dal suo. Doveva
essere
il tizio entrato prima. Però aveva qualcosa di
strano…innanzitutto non era un
tizio,ma UNA tizia. Vedeva solo il suo profilo,il naso piccolo, e il
mento
dalla linea dolce,e una cascata di capelli
lisci,neri come la pece. Si sedette guardandola di sbieco
di tanto in
tanto. Lei aveva gli occhi fissi sul bicchiere vuoto. Improvvisamente
si girò
verso Damian,che
sobbalzò appena, e gli
chiese in tono irritato,quasi furioso: “Quanto si
può essere stupidi,in amore?”
Lui
la fissò sconcertato: “Io…cosa
intendi?”
“Quanto
pensi che la gente possa
sbagliarsi sul conto della persona che ama?”
Damian
si guardò intorno,non
sapendo cosa rispondere:” Ecco,io…in effetti,io
non credo che tu sia nel pieno
delle tue facoltà”.
Cora
sbuffò sprezzante:”Ma fammi il
piacere! E’ solo il secondo bicchiere,e,comunque,trovo che
sia abbastanza buffo
detto da uno che si è fatto la doccia nel cesso delle
signore”.
L’uomo
restò interdetto: non si
aspettava tanta lucidità. Scambiò
un’occhiata con Joe,che gli stava dicendo
qualcosa in labiale. Il rosso corrugò la fronte:
“Cosa dici? Non capisco”
sibilò. Joe ripeté cercando di scandire meglio le
parole. Ma quello continuava
a non capire. Roteò gli occhi e sibilò anche lui:
“Parla con lei,potrebbe
essere interessante”,e poi aggiunse:
“così magari la prossima volta ci pensi
due volte prima di ubriacarti”. Non gli diede il tempo di
protestare,perché
sparì in una stanzetta attigua. Bene,pensò
Damian,mi ha fottuto. Ora o esco di
qui alla chetichella,oppure scambio due parole con questa pazzoide.
Optò
per la seconda: “Ho sentito
uno strano accento nel tuo inglese,di dove sei?”
“Ti
interessa sul serio o lo fai
solo per stimolare la conversazione?”chiese
la ragazza,quasi ringhiando.
“Tutt’e
due.”
“Ho
visto qualcosa di familiare nel
tuo volto,ci conosciamo?” ribatté lei,non
rispondendo alla sua domanda.
“Cosa
fai,rispondi con una
domanda?”
“E’
quello che fai anche tu o
sbaglio?”
“Santo
Dio,sei odiosa tu,eh?”
esclamò esasperato il rosso alzando gli occhi al cielo.
“Sì,sono
odiosa,talmente odiosa che
il mio ragazzo ha pensato bene di sparire. E ora sono in uno
schifosissimo pub
a fare della schifosissima conversazione con un’idiota. E tra
qualche giorno
sarà Natale. Wow” concluse infine,con una punta di
amarezza nella voce, “che
anno di merda.”
Damian
la osservò meglio,mentre
tornava a fissarsi la manica del cappotto rosso. Qualcosa nel carattere
di
quella ragazza lo incuriosiva,incitandolo a insistere in una
conversazione.
Normalmente avrebbe lasciato perdere,probabilmente mandando a fare in
culo
l’interessato di turno. Però lei no,lei gli dava
l’impressione di potersi
aprire,di potersi sfogare.
“Ok,non
so quale sia precisamente
la tua disavventura. Se ti interessa,io sto divorziando. Questo
è il primo
Natale che passerò senza mia moglie e i miei due figli.
Contenta? Vuoi fare a
gara a chi sta più nello schifo?” disse con voce
molto calma. Lo aveva fatto
apposta per incuriosirla,per convincerla a parlare.
Lei
si voltò appena,guardandolo di
sbieco: “Dici sul serio?”
“Assolutamente
sì”.
“Posso
chiederti perché mi stai
dicendo questo?”
“A
essere sinceri,non lo so. C’è
qualcosa in te che mi spinge a confidarmi. E poi,sbaglio o sei tu che
hai
cominciato?”
Stavolta
Cora lo guardò con più
attenzione. Lo trovava affascinante. Maledettamente affascinante,a dir
la
verità,per questo si era azzardata a rivolgergli la parola.
Magari aveva
sbagliato i toni,però…
E
aveva la netta impressione di
aver già visto quel viso. Quegli occhi incredibilmente
azzurri ricambiavano
l’occhiata. Senti qualcosa muoversi nel suo stomaco,e non era
bile. Deglutì.
“Italia”
buttò lì,di getto. Lui
alzò un sopracciglio:
“Hai
risposto alla mia prima
domanda,per caso?”
“Sì”
disse lei in tono di sfida. Lo
vide sorridere. Pensò che aveva delle strane labbra. Ma la
cosa che più la
attirava erano quelle due rughe
profonde
ai lati,che gli conferivano un’aria interessante.
“Bene.
Io sono un attore” rispose
lui,nello stesso tono di sfida. Colse un guizzo divertito sul viso
della
ragazza. Non era perfetta,rifletté. Però era
molto carina. Gli occhi così
chiari contrastavano con i capelli neri,donandole un’aria
esotica.
“Ah,bello!
Ti ho visto in tv o al
cinema?”
L’uomo
alzò le spalle: “Può
essere!”
“E
come mai un attore si stava
ubriacando come un disperato?”
“Forse
un po’ lo sono…”
“Per
via del divorzio,o c’è
qualcos’altro?”
“Principalmente
per quello…inoltre
ultimamente ho l’impressione che tutto ciò che
faccio si trasformi in un
fallimento. E non parlo del lavoro,ma…a dire il vero,a dire
il vero non so
esattamente cosa mi faccia sentire
così…sarà una crisi di mezza
età…” concluse
con un sorrisino triste.
“Parli
con una che ogni mese si
sente così,perciò ti capisco.”
“Giusto…ma
tu perché sei qui?”
“Posso
dirtelo?”
“Se
ti va”.
“Non
farai mica la spia?” chiese
ironica.
Il
sorriso del rosso si allargò:
“No,non la farò”.
“D’accordo.
Da dove comincio? Dai
miei genitori,due fascisti incalliti,razzisti,omofobi, radicali del
cazzo?
Che mi hanno obbligata a prendere una facoltà che DETESTO?
Che per fuggire da
loro sono scappata a Londra con il mio ragazzo inglese?”
mentre parlava agitava
la mano in aria. In un moto d’esasperazione si
passò una mano tra i capelli
lisci. Damian era un filino deluso: così,era
fidanzata,perciò non c’era neanche
la possibilità di portarsela a letto…non che lui
facesse questo tipo di cose,ma
se lei ci stava…lascia
perdere,si disse.
“Il
tuo ragazzo è di Londra?”
“Sì…scusa,forse
avrei dovuto dire
il mio ex. Il fatto è che non so come stiano le cose tra
noi”.
“In
che senso?”chiese interessato.
“…diciamo
nel senso che è sparito
da circa tre mesi. E non so se abbia intenzione di ritornare,prima o
poi. Ma
probabilmente,anche se lui tornasse… non lo accetterei di
nuovo. Mi ha lasciata
senza darmi un motivo valido. Un giorno torno a casa,e lui è
già pronto per
sparire. Ora sono qui,senza ragazzo,con un lavoro schifosissimo,pagato
di
merda,con un affitto esorbitante e tre gatti del
cazzo…” concluse,con gli occhi
sempre più lucidi man mano che parlava. Si impose di non
piangere,non di fronte
a lui.
“…Mi
dispiace,non so cosa dire…”
“Io
sì” intervenne pronto
Joe,tornato all’improvviso. Vide i due sobbalzare dalla
sorpresa. Entrambi
sembravano infastiditi dall’interruzione. “So che
mi odiate” disse,magnanimo
“ma devo chiudere. Vi inviterei a dormire qui,ma non credo vi
trovereste
abbastanza comodi”.
“Tranquillo,Joe.
Ce ne andiamo”
disse il rosso alzandosi,prendendo dei soldi dal portafoglio. Cora lo
imitò,ma
Joe li bloccò: “Calma,calma…per
stanotte offre la casa. Quando siete arrivati
qui sembravate due sfollati. Tu hai dovuto farti la doccia sotto
l’acqua
gelata” aggiunse sarcastico indicando Damian,che
arrossì. Un colore che andava
d’accordo con i suoi capelli. “Perciò
ora portate il culo fuori dal mio
locale,e sparite. Non fatevi vedere fino al 31,quando sarà
lecito alzare un po’
il gomito”. Cora rise: “Ha
ragione…allora…Buon Natale,Joe?”
“Anche
a te,dolcezza” le rispose
Gary Oldman facendole l’occhiolino.
“Buon
Natale,J” disse
Damian,dandogli una pacca sulla spalla.
“Buon
Natale a te,Pel di carota”
ricambiò la pacca,approfittandone per spingerli fuori.
Quando furono usciti,spense
le luci e rimase a guardare per qualche secondo i fiocchi di neve
scendere,vorticare e cadere lentamente sull’asfalto. “Anche
quest’anno è già
Natale…” pensò,con una
nota di malinconia. Dentro di sè,augurò a
Damiandi passare una buona nottata.
Londra,
23/12/2012 ore 02:00.
Cora
e Damian camminavano lentamente,con
la testa bassa. Stavano in silenzio,sembravano aver esaurito gli
argomenti.
Cora si chiedeva come avrebbe dovuto spiegare questa
“fuga” ai suoi. Damian si
chiedeva E ora? E ora? La saluto,arrivederci e grazie
oppure…? Oppure cosa,ma
che mi viene in mente…Dio,non dirmi che sono ancora fradicio.
A
un certo punto Cora si
bloccò,lasciandosi superare. Dopo un secondo lui si accorse
che era rimasta
indietro: “Tutto ok?”
Lei
lo guardò con gli occhi
sbarrati: “Ora so dove ti ho visto…”
“Ah,sì?”
“Sì…sei
venuto dall’avvocato. Nello
studio legale dove faccio da segretaria. Sì,ecco dove ti
avevo già visto! Ma
certo!!! Come ho fatto a non pensarci prima,che stupida! Il tuo cognome
è
Lewis,vero? “chiese,dandosi uno schiaffo in piena fronte.
L’uomo
fece un sorriso strano:
“Sai,era meglio se avessi ricordato il mio volto per qualche
film e non per
questo. Così sembra patetico..”
“Perché?
Non sai quanti più
patetici di te vedo entrare in quello studio..”
“Quindi
tu pensi che io sia
patetico”. Non era una domanda. Cora rise,un suono fresco e
cristallino alle
orecchie di Damian.
“Che
c’è?”
“Niente,niente..”
Camminarono
un altro po’ in
silenzio. Arrivati all’angolo,si guardarono imbarazzati.
“Io
devo andare da quella parte”
disse lui.
“Io
invece devo prendere l’autobus…e
poi…dovrò spiegare ai miei genitori dove sono
scappata…”
“Ci
sono i tuoi genitori qui?”
chiese sorpreso. Lei annuì piano. Poi aggiunse,con un ghigno
sarcastico: “Per
passare delle buone vacanze tutti insieme,sai…”
Silenzio.
Damian aveva un’idea che gli
ronzava in testa,ma non voleva rischiare di ricevere uno schiaffo in
pieno
viso. E poi,un po’ si sentiva una merda a chiederle una cosa
così…insomma,era
una semi-sconosciuta,usciva da una relazione complicata.
Perché incasinarle la
vita? Non che una scopata potesse incasinare la vita. Se si fermava a
una
scopata. Ma non ebbe il tempo per chiederle nulla,perché si
accorse(con un
leggero ritardo) che lei gli aveva dato un timido bacio sulle labbra.
Se ne
accorse quando non sentì più quel calore sulla
sua pelle. La guardò
esterrefatto. Cora sorrideva.
“Cosa
significa questo?”
“Nulla.
Se vuoi. Mi andava di
farlo,e così l’ho fatto. Tanto nella mia
situazione…non vedo cosa può
cambiare”. Poi,vedendo che lui non le rispondeva,si
girò dalla parte opposta.
“Bè,allora io vado…Buon Natale,per
quello che vale…”
In
un attimo di lucidità
riacquistata in fretta,Damian le prese una mano. Senza dire una
parola,l’attirò
piano a sé,le cinse i fianchi con l’altro braccio
e la baciò. Dapprima quasi
con tenerezza,poi con più impeto. In un secondo le loro
lingue già si
esploravano a vicenda,lasciandosi dietro una scia di vodka. Lei si
inarcò per
aderire meglio al suo corpo,e gli carezzò i capelli. Si
staccarono per prendere
fiato,tutti e due con il volto acceso,ansanti,avvinghiati su un
marciapiede
deserto con la neve che scendeva silente.
Fu
lui il primo a sorridere: “Posso
dire che mi hai sorpreso…”
“Mm..non
dirmi che non ci stavi
pensando anche tu…” sussurrò lei
strofinando il naso contro il suo. Damian
sentì un brivido caldo corrergli su per la schiena.
“Ti
va di andare a casa mia?”le
mormorò all’orecchio,la voce roca dal desiderio.
“Vuoi
mostrarmi la tua collezione
di farfalle?”
“Volentieri”.
...
Presero
un taxi che passava
miracolosamente da lì. Si imposero di non saltarsi addosso
durante il tragitto
in macchina. Appena misero piede in casa,si avventarono uno sui vestiti
dell’altro,cercandosi con
la bocca di
tanto in tanto. Quando furono entrambi nudi,lui si accorse di quanto
fosse
bella la ragazza. Più di come se l’era immaginata.
Il corpo tonico e le curve
sinuose,due seni perfetti e la pelle più morbida che le sue
mani avessero mai
avuto la fortuna di percorrere.
Cora
era al settimo cielo,e fu
grata a sé stessa per essere stata così ardita.
Se non lo avesse
fatto,probabilmente a quest’ora non avrebbe avuto una scusa
valida per non
dormire a casa quella notte. Spinse delicatamente quella specie di
Rosso
Malpelo sul letto. Lui le sorrideva.
“Che
c’è,perché sorridi?” gli
chiese mentre gli circondava la vita con le gambe. Damian gemette.
“Allora?”sussurrò
lei,vicinissima
al suo orecchio,cominciando a ondeggiare piano .
Le
accarezzava la schiena: “ Perché
sei bellissima…ma non so neanche come ti chiami”.
Si
fermò un attimo. Eppure si
ricordava di avergli detto il suo nome,ma forse era la vodka. Sorrise:
“Mi
chiamo Cora”.
“Piacere
di conoscerti,allora” e la
baciò appassionatamente,stringendola più forte a
sé.
23/12/2012
ore 15,00.
Damian
fissava il soffitto. Si sentiva
euforico. Avevano fatto l’amore all’incirca mille
volte,ed ogni volta era stato
bellissimo. Divino. Ciò che aveva provato con le altre
donne,inclusa Helen, non
era paragonabile a ciò che aveva provato con quella ragazza.
Cora. Quanto poteva
avere? Venti,forse ventun’anni. Giovanissima. Così
passionale. Sentiva che da
lei avrebbe voluto più di una squallida storia di sesso.
Primo,lui non era
portato per queste cose. Secondo,aveva l’impressione che lei
fosse una ragazza
profonda,matura e coraggiosa. Non voleva che diventasse
l’avventura di una
notte. Si girò verso di lei,che dormiva dandogli le spalle.
La coperta era
abbassata fino ai fianchi,e da lì scendeva morbida sulle sue
curve sinuose a coprire le gambe. Sentì il suo
respiro lieve. Sorrise dolcemente. Aveva deciso: al risveglio le
avrebbe
chiesto di passare il Natale insieme.Non era detto che dovesse passare
un Natale di merda. Tonò a fissare il
soffitto,un’espressione
beata sul volto. Quello stronzo di Joe,che li aveva spinti fuori.
Doveva ringraziarlo.
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