Io sono Eärnur e sono il Re. . .
Si ripeteva questa frase fino alla nausea mentre cavalcava a spron
battuto verso Minas Morgul. Il vecchio Re aveva bisogno che quella
convinzione che lo sorreggesse, aveva bisogno di sentire che le sue
certezze lo accompagnavano e che quello che stava facendo era la cosa
giusta.
Il suo regno non era stato lungo, e dopo l’entusiasmo
iniziale dovuto alla sua fama di grande guerriero, il favore che godeva
tra il popolo si era andato via via spegnendo. Era sempre stato un uomo
d’azione, poco portato per le sottigliezze del governo e
della politica, inoltre il suo carattere era irascibile e rancoroso e
presto si era inimicato tutti i nobili e i principi di Gondor, sia per
motivi politici che personali. Certo il popolo lo aveva amato,
perché egli era alto, nobile e bello; ma ormai era vecchio e
anche se ancora prestante non era certo in grado di competere con
l’immagine della sua gioventù.
Il rumore degli zoccoli del suo cavallo lo riportò alla
realtà, la Torre della Stregoneria era sempre più
vicina ed il male palpabile che ne emanava lo fece tornare indietro nel
tempo, quando aveva affrontato lo stesso male.
Anche all’epoca cavalcava, ma allora era l’irruenza
della giovinezza e non il folle risentimento di un vecchio a guidarlo.
Cavalcava in testa all’esercito di suo padre Eärnil
II verso nord, per salvare il regno di Arnor dalla distruzione per mano
del terribile Re Stregone di Angmar. Si sentiva bene nella sua veste di
comandante, sul campo le decisioni erano facili da prendere ed egli
riusciva ad esprimere al massimo le sue capacità. Inoltre in
guerra era lontano da suo padre, lontano dai suoi consigli e dalla sua
spregiudicata azione politica. Solo trent’anni prima
Eärnil aveva sfruttato la sua popolarità ed il suo
ascendente sul Sovrintendente Pelendur per farsi nominare Re di Gondor
al posto di Arvedui, che oltre ad essere diretto discendente di Isildur
era anche lo sposo di Firiel, unica figlia di Re Ondoher.
Tuttavia, il successo di Eärnil era stato sufficiente a far
dimenticare a Pelendur le antiche leggi e a favorire l’ascesa
del comandante vittorioso piuttosto che quella del legittimo Re.
L’ironia della sorte voleva che adesso Eärnur fosse
a capo dell’esercito che doveva soccorrere lo stesso Re di
Arnor a cui suo padre aveva rubato il trono di Gondor.
La campagna contro Angmar fu cruenta ed ebbe successo solo in parte,
dal momento che l’esercito di Gondor non fu in grado di
salvare Arnor dalla distruzione, eppure per Eärnur furono
grandi giorni, in cui mise in risalto tutte le sue grandi
qualità di condottiero. In meno di due anni gli eserciti di
Angmar erano stati sbaragliati e il Re Stregone era stato ricacciato
nella fortezza di Fornost, che egli aveva strappato pochi mesi prima ad
Arvedui, il cui fato era ignoto. L’assedio della
città fu duro, ma non durò a lungo e presto
Eärnur ebbe l’occasione di affrontare il Re Stregone
in persona.
Il brivido che quell’incontro gli ricordava lo riscosse
brevemente dai suoi pensieri, riportandolo al presente. Ormai era
entrato nell’ombra di Minas Morgul, quella città
che fino a poco meno di cinquanta anni prima era Minas Ithil, la
splendente torre della Luna. Ora davanti a sé non vi era che
una torre nera da cui baluginavano inquietanti luci malvagie e da cui
filtrava in continuazione un’aura di disperazione. La stessa
sensazione di disperazione che aveva provato più di
settant’anni prima di fronte al Signore dei Nove.
I bardi avevano cantato che quando Eärnur e il Re Stregone si
erano affrontati, il cavallo del primo si era impennato per la paura
permettendo al Nazgul di fuggire. Questo era vero, ma non era andata
esattamente così, il suo cavallo si era si impennato, ma i
bardi non sapevano che egli sarebbe comunque riuscito a colpire il
Nazgul,
se solo all’ultimo secondo non gli fosse mancata la forza nel
braccio. Ancora oggi non riusciva a spiegarsi perché non era
riuscito a colpire il Re Stregone, stava caricando con l’arma
alzata, al culmine della sua furia. . . eppure nel momento di colpire
era stato colpito da un tale freddo, da un tale senso di frustrazione,
inutilità e disperazione che
non era riuscito a portare a termine il colpo. Inoltre il Re Stregone
non era fuggito di fronte al comandante di Gondor, ma solo
perché aveva visto Glorfindel cavalcare contro di lui, e
questo gliel’aveva fatto capire chiaramente fissandolo con le
sue orbite vuote prima di girare il cavallo e darsi alla fuga.
Il Re Stregone temeva Glorfindel, di fronte alla cui luce tutte le
creature del male non possono che fuggire, salvo forse
l’Oscuro Sire stesso, ma non certo lui.
Da allora aveva vissuto con quel ghigno malefico nella mente, da allora
la voce di ogni suo dubbio era quella del Re Stregone. Il Re Stregone
gli dava dello sciocco quando prendeva una decisione di governo, il Re
Stregone gli dava del ridicolo quando amministrava la giustizia, il Re
Stregone gli dava del vigliacco quando sceglieva una strategia in
guerra. Ma soprattutto il Re Stregone era la voce che gli ricordava che
lui non era il legittimo sovrano di Gondor; suo padre aveva rubato il
trono ad Arvedui, condannandolo ad una tragica morte in mare, e lui non
era altri che l’erede di un truffatore.
Aveva passato molte notti insonni, sognando Arvedui che malediceva lui
e suo padre mentre la sua nave colava a picco nella baia di Forochel,
sopraffatta da una terribile tempesta. Non sapeva quale destino
attendesse gli uomini dopo la morte, ma in qualche modo sentiva che per
lui non ci sarebbe stato un meritato riposo, il peccato
di suo padre lo perseguitava e l’avrebbe seguito anche nella
tomba.
Per questo ora cavalcava a spron battuto verso la torre di Morgul, con
la lunga barba bianca e i capelli al vento, perché aveva
bisogno mettere a tacere il ghigno derisorio del Re Stregone nella sua
testa, ma soprattutto aveva bisogno di provare a se stesso di essere
degno di quel trono che occupava da sette anni e per il quale si era
sempre sentito inadeguato.
La tenebra lo inghiottì del tutto mentre attraversava il
nero cancello di Minas Morgul.
Io sono Eärnur e sono il re! si ripeté mentre la tenebra di Minas Morgul lo inghiottiva.
Eärnur, Eärnil, Arvedui ed il Re Stregone sono personaggi di proprietà di J.R.R Tolkien e dei suoi eredi e sono stati usati con la ferma intenzione di non recare offesa a nessuno. |