Vecchio

di Cable
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Sei vecchio,
lo senti dentro,
porti il peso degli anni tuoi.
Ma non torneresti ai beati giorni
della tua gioventù.
Ora hai appreso dai tuoi sbagli,
e non potresti mai più vivere
con troppa ingenuità.
Meglio restare un anziano saggio,
che ritornare giovane e incosciente.
A qual scopo ripeter tutto,
quando gli insegnamenti sono già parte di te?
C’è il tempo dell’avventura,
ma poi passa e ti fermi a pensare.
Pensi alla vita,
a quel che hai fatto,
pensi a te stesso
e alle paure che ora hai.
Il freddo che prima non sentivi,
la notte che non passa più.
Le avventure,
fugaci istanti,
viaggi e amici e risa e donne:
sono tutti là,
ad accompagnarti,
quando cammini solo e vai,
in pochi posti,
poco lontano,
non osi molto,
hai timore di cadere;
oppure,
forse,
di dimenticare,
paura di non saper tornare.
Un tempo sì,
la tua paura,
era il ritorno alla noia.
Volevi andare,
potevi fare,
non pensavi di voler tornare.  
Passavi notti in riva al mare,
con un falò e una ragazza di città.
Sapevi già che non l’avresti più sentita,
ma in quella notte non c’era malinconia.
Spensierato,
con poche cose,
i tuoi problemi finivano là.
E ora guardati,
hai da pensare alla pensione,
se mai arriverà.
Le malattie,
i tuoi acciacchi,
segni che la vita ingrata impone.
C’era tua moglie,
e tu la amavi,
con lei hai vissuto,
ma è finita poi,
per colpa di chi nessuno lo sa.
 La morte arriva e porta via,
e ti lascia stordito a cercare di capire,
quando non puoi,
quando non vuoi,
perché non immagini la vita
senza il tuo amore.
E ora si,
sei solo,
a rammendare ferite
e a ripensare al tempo.
Tuo nipote,
i suoi dieci anni,
con lui è bello restare a parlare.
Ascoltarlo ridere,
provare a imitarlo,
e quella tosse che sempre ti frena.
Ma sei sereno,
un po’ più disteso,
i tuoi fantasmi aspettano di là.
Ma poi lui va,
come fan tutti,
e resti solo
e
vecchio
a pensare.





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