A diary for my silent screams

di Angelo Osaki
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Una piccola premessa
 

Tecnicamente questo  non è un diario, anche se il titolo può trarvi in inganno. Non voglio che pensiate sia uno di quei  diari usati dalle ragazzine per scrivere cose che non interessano a nessuno, ma uno strumento che io userò per tentare di capire cosa sta succedendo alla mia vita e a me stesso, quindi non ci sarà mai un inizio del tipo “Caro diario, oggi è successa una cosa terribile: mi si è spezzata un unghia! Capisci che cosa terribile sia? Ho pianto per un’ora, ma poi mi sono finiti i fazzolettini e ho dovuto ricacciare indietro le mie lacrime di vero dolore e rimboccarmi le maniche: domani devo assolutamente e inevitabilmente andare dalla mia estetista, la quale saprà sicuramente come risolvere questo grave problema! Mi vien da piangere solo a pensarci, figurati quando guardo quella povera unghia!”
No, non ne sarei mai capace, sarebbe un insulto alla mia già tormentata intelligenza. Piuttosto, sento il bisogno di qualcosa che mi aiuti a mettere ordine in questo periodo, perché necessito di ripercorrere mentalmente quest’anno, dalla primavera scorsa a ora, e capire cos’è che mi ha fatto cambiare tanto: non che mi lamenti, ma ci sono emozioni che devo riportare in superficie, per andare avanti.
E l’unica cosa che mi può aiutare è questa sottospecie di quaderno degli appunti che sicuramente non potrà né giudicarmi né darmi le risposte, ma sarà il mezzo attraverso il quale io scaverò dentro me stesso; il coltello che mette chiarezza.
Confesso di avere abbastanza paura di riportare in superficie emozioni che duramente sono riuscito ad acquietare: mi chiedo se potrebbero riportarmi indietro, nel buio che tanto mi terrorizza. Eppure devo correre questo rischio, perché potrebbe capitarmi qualcosa di peggiore: restare bloccato  nel punto in cui sono ora e l’ultima cosa che mi occorre al momento è stare fermo. Sono stato bloccato per troppo tempo, poi mi sono mosso nelle direzioni sbagliate, ma ora devo fare attenzione a intraprendere la strada giusta, perché ho l’impressione che sia un punto cruciale per la mia vita, quello in cui sono da poco arrivato. 
Il tempo non va sprecato, ne ho consumato troppo inutilmente per poter permettermi di giocare ancora. Giocare col fuoco mi è sempre piaciuto, perché provavo gioia nel vedermi bruciare. Bruciare di dolore, per le cose sbagliate.
Benché io abbia provato così duramente a smettere, capisco solo ora che non lo volevo veramente: stupido. Come potevo godere nel vedermi distruggere ogni cosa buona di me? Immobile, guardavo passare la mia vita, o perlomeno quella che doveva essere la mia, perché io avevo l’impressione che fosse quella di qualcun’altro. Ora, però, è il momento di fare un salto indietro e procedere con calma.  




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