Se un mattino d'estate un truffatore

di margheritanikolaevna
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 «È ancora possibile una speranza?»  grida il suo cuore smarrito.

 

 

 

All’improvviso Elizabeth si sentì toccare una spalla e si girò di scatto, credendo si trattasse del marito che l’aveva raggiunta nella zona dove stava aiutando, insieme a un’altra decina di volontari, a recuperare le migliaia di libri della biblioteca pubblica di New York semisepolti dalle macerie dell’edificio crollato.

Ma invece di Peter si trovò di fronte un giovane poco più alto di lei, col volto nascosto da una mascherina di plastica e il cappuccio della felpa tirato su, nonostante il caldo soffocante: la parte di lei che scherzosamente suo marito chiamava Mrs. F.B.I. registrò subito quella stranezza, mentre il suo istinto femminile colse nella stessa frazione di secondo il baluginio di due sfuggenti occhi blu.

Senza guardarla in faccia e senza dire una parola, il ragazzo le mise tra le mani un contenitore cilindrico e subito dopo si dileguò, sparendo - repentinamente come era comparso - in mezzo alla folla dei volontari, senza che lei potesse far nulla per fermarlo.

 

***

 

Quando fu abbastanza lontano, Neal Caffrey rallentò il passo, tirò giù il cappuccio e si tolse la mascherina, respirando più liberamente.

Senza dubbio i suoi colleghi ladri d’arte l’avrebbero giudicato un pazzo e avrebbe anche perso il suo danaroso committente: eppure restituire la tela che aveva rubato gli era sembrata da subito la decisione migliore, l’unica possibile.

Quel quadro era stato in passato simbolo di speranza, di nuova vita: allora solo per una famiglia, smembrata dalla follia nazista.

Oggi forse per un’intera città, piagata da un’analoga follia senza rimedio, né spiegazioni.

Quando, due isolati più in là, una pattuglia che sorvegliava le strade semideserte lo fermò, si lasciò perquisire con calma, sorrise e infine ringraziò gli agenti per ciò che stavano facendo; quelli lo salutarono ricambiando il suo sorriso, convinti di aver appena incontrato un cittadino modello.

Molto meglio giocare onestamente, considerò il truffatore, se si hanno in mano le carte vincenti… 

 

***

 

Sarebbe stato un ben triste Ringraziamento quell’anno per New York City, rifletté amaramente Mozzie contemplando, dall’alto del terrazzo di un grattacielo a pochi metri di distanza dove era salito eludendo i cordoni di sicurezza, l’orrenda voragine nera e grigia che s’apriva dove fino a qualche tempo prima svettavano, lucenti, le Twin Towers.

Dallo squarcio nel ventre della città saliva ancora qualche spirale di fumo, che pian piano si dissolveva nel vento del mattino.

La cenere era caduta per giorni e giorni, come avvenne sessanta anni prima nelle città vicine ai campi di sterminio nazisti; solo da poco erano stati spenti gli ultimi focolai e la nube di fumo che lui - come tutti gli altri newyorkesi, del resto - si era rassegnato a sopportare per settimane si era rarefatta, sgombrando finalmente il cielo sopra la città ferita.

Lassù, il vento gli tagliava la faccia, facendo sbattere le falde del suo soprabito beige come la vela di una barca impazzita nella tempesta; non fu il vento, tuttavia, a riempirgli gli occhi di lacrime…

Sospirò, tirò su col naso e si passò una mano sul volto; si sporse appena per spingere lo sguardo verso il basso, verso l’enorme groviglio di cemento e ferro dove fino a non molto tempo prima si era snodata la colorata catena umana dei volontari, accorsi da ogni parte d’America per dare una mano. L’uno accanto all’altro, ricchi e poveri, accomunati da una sciagura che aveva colpito tutti, dal basso verso l’alto di una società che si reputava invulnerabile, in una città le cui dimensioni superano quelle umane e in cui l’individualismo era quasi una legge.

Fu attraversato da un brivido, come una lama gelata, al pensiero che laggiù - confuso e irriconoscibile entro quel mare di polvere e cenere - ci fosse anche tutto ciò che rimaneva di Ethan Stanford: il suo corpo, come tanti altri del resto, non era ancora stato trovato e molto probabilmente non si sarebbe mai riusciti a isolare i suoi resti dal mare di rovine circostanti.

Vaporizzato, polverizzato, fuso.

Ethan… riusciva ancora, a volte, a ricordare il suo sorriso: eppure anche quello se l’era portato nella tomba. Anzi no, considerò Moz, nuovamente sull’orlo del pianto, nemmeno quell’immagine rendeva l’idea del suo dramma.

Non era dentro una tomba: no, la sua carne e il suo sorriso, tutte le sue speranze, erano divenuti aria, luce, polvere, vento.

Quello stesso vento che adesso, calato d’improvviso, gli accarezzava con dolcezza il volto.

Inspirò profondamente, si guardò a destra e a sinistra e poi, rapido e timido, quasi furtivo, lanciò un bacio nel vento.

Il vento dove ora riposava il suo amico di un tempo.

 

FINE





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